El candor de la novena fuente

di

Francesco Sinibaldi


Francesco Sinibaldi - El candor de la novena fuente
Collana "I Gigli" - I libri di Poesia
14x20,5 - pp. 124 - Euro 10,00
ISBN 978-88-6587-2178

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In copertina: “Portrait of sexy woman in violet party mask” © TEA – Fotolia.com


La nuova silloge di poesie, intitolata “El candor de la novena fuente”, rappresenta l’ennesima gemma nell’opera poetica, ormai cospicua, di Francesco Sinibaldi. È importante sottolineare che sono presenti poesie e prose scritte in varie lingue, caratteristica che accompagna sovente la tensione all’universalità della lirica sinibaldiana.
In questa raccolta poetica ritroviamo la costante ricerca dell’armonia, prima nel proprio “essere poeta” e, poi, nelle espressioni delle molteplici emozioni che pervadono l’animo grazie all’osservazione continua del mondo circostante, per riportarne le immagini, a volte, “ispirate al dolore ed ai perduti ricordi”; per creare e ricreare le magiche atmosfere che avvolgono nel silente vagare; per fissare nella memoria, in modo indelebile, le suggestioni di un mondo che rappresenta idillio e consapevolezza della propria condizione, fino a sentire il “suono perpetuo” della Natura che riconduce alla Creazione.
Francesco Sinibaldi offre il suo flusso lirico e si mette sempre in ascolto delle pulsioni e delle percezioni, delle vibranti emozioni e dell’immancabile sensazione di amabile quiete che accompagna la sua poesia come a ricercare l’atto di salvazione che possa avvicinare al senso della Grazia.

Massimo Barile


Prefazione

Nel corso della terza settimana del mese di settembre 1991, a distanza di due mesi dall’inizio dell’attività letteraria e dopo alcuni giorni dalla produzione dei racconti scritti tra fine agosto e i primi giorni di settembre, mi recai a Santa Maria Maggiore per trascorrere una settimana di vacanza in montagna.
In uno dei giorni compresi tra il 16 ed il 20 settembre 1991, nel primo pomeriggio di una giornata calda e luminosa, scrissi il racconto “ Valle dei pittori l’avevan chiamata…”, una composizione dedicata alla Valle Vigezzo e alla sua vicenda storica.
Pensai di scrivere questa composizione nel Centro del Fondo situato nella pineta di Santa Maria Maggiore e a questo scopo utilizzai la panca in legno posta all’estremità destra del Centro rispetto all’entrata e direttamente rivolta alla pineta.
In lontananza, posta nel cuore della pineta, notai la presenza di una grande gru meccanica che stonava con i colori e la quiete della vallata, ponendosi in contrasto con le immagini luminose che avevo davanti e creando una sensazione di interiore conflitto.
Dopo un attimo di esitazione decisi comunque di scrivere il racconto.
In uno dei giorni successivi alla stesura, mentre mi trovavo ancora in montagna, con l’aiuto del vocabolario dei sinonimi cambiai alcuni termini della versione iniziale allo scopo di rendere la composizione più fluente ed armonica.
Nel racconto compaiono immagini della Valle Vigezzo e la descrizione di luoghi situati a Santa Maria Maggiore.
Martedì 3 marzo 1992 mi trovavo in città, nella stanza dove stavo proseguendo l’attività di produzione letteraria iniziata nel mese di luglio 1991.
Dopo pranzo, consapevole della presenza di una situazione emotiva favorevole alla produzione di composizioni aventi un certo livello di armonia e contrasto tra i suoni, iniziai a scrivere una nuova poesia, a cui diedi il titolo de “L’eterno”, con l’intento di creare qualcosa di forte e di intenso sia per il contenuto che per i termini utilizzati.
A tale scopo decisi di favorire l’utilizzo di termini e lettere dure (b, c, d, p, r, t,) descrivendo delle atmosfere velate ed accennate dalle ombre inquiete della Natura, ove ci fossero richiami all’idea dell’eterno e al ricordo delle morti.
Iniziai la composizione con il congiuntivo presente ponendo il termine “viver” tra due suoni chiusi e proseguii cercando di creare delle immagini ispirate al dolore ed al suono perpetuo dei perduti ricordi, con riferimenti agli oscuri e misteriosi profili che vagano nei meandri della Natura (“…ed i boschi oscurati dal cader delle fronde”).
Nella parte finale della poesia, creando contrasto con quanto espresso nella parte iniziale e centrale, accennai ad un’immagine di grazia e di conforto concludendo poi con un’invocazione alla morte ed ai suoni d’eterno (“…canto al sol morte eterna”).
Iniziai la composizione alle ore 14,00 e la conclusi alle 14,45 dopo aver effettuato ripetuti cambiamenti dei termini utilizzati.
Sabato 27 febbraio 1993, nella fase centrale del secondo anno di produzione letteraria, mi recai a Santa Maria Maggiore con l’intento di tornare nel luogo dove, un anno e mezzo prima, avevo composto il racconto “Valle dei pittori l’avevan chiamata…”.
In viaggio, mentre mi recavo in valle, pensai al titolo da dare alla nuova poesia ed inizialmente scelsi “Sito nel luogo del primier idillio”.
Con questo pensiero, nella tarda mattinata di una giornata nuvolosa e carica di nostalgia, entrai nel Centro del Fondo posizionandomi, per questa occasione, su di una panca posta in posizione centrale nel fondo e non direttamente rivolta verso la pineta.
In quegli attimi, ripensando alla stesura del racconto scritto nel mese di Settembre 1991, ebbi un’impressione di notevole lontananza da quel momento ricordando quel tempo come un qualcosa di remoto e superato.
Tutto intorno a me, nella pineta, la neve era ghiacciata ma le panche erano libere ed adatte per lo scopo della mia presenza.
Mangiai un frutto e poco prima di iniziare a scrivere decisi di cambiare il titolo prescelto a favore di uno più snello e fluente, “Sito del primier idillio”.
Mi predisposi a scrivere la composizione in quella situazione ambientale ed in quegli attimi notai che iniziava a nevicare con dei piccoli fiocchi che scendevano lentamente coprendomi nel più assoluto silenzio, così aprii la composizione con un’immagine ispirata a questa magica atmosfera (“Il ticchettio dei fuggitivi fiocchi…”).
In quel momento in Pineta non c’era alcun segno di vita, il Centro del fondo era deserto e non sentivo alcun rumore. Davanti a me, nel giardino di una villa posta a pochi metri, vidi due grossi cani, uno bianco ed uno nero, che giocavano rincorrendosi nel prato, un’immagine che mi avrebbe accompagnato per l’intera stesura della poesia.
Dopo circa 30 minuti conclusi la composizione sotto una nevicata che era diventata intensa, le mani erano quasi gelate e la poesia, in conseguenza della situazione emotiva presente in quelle circostanze, mi parve subito particolarmente fluente ed armonica.

L’Autore


El candor de la novena fuente


L’orizzonte dei tempi perduti

Il picchio cinguettante
e ricco di colori abbandonati
dal raggio del sole
s’appoggia alla cima
e tra le ombrosità di una
quercia ricolma di bocci
rigogliosi ed incantevoli,
mentre nei pascoli
abitati da frotte di pecorelle
smarrite e poco vive si
notano cumuli di fronde
dal sospiro simile al
vociferar per la campagna
di mille amati uccellini
dagli occhi piangenti
come una cascata di passerotti
gioiosi e intristiti al contempo.
L’orizzonte, fuggendo oltre
le grazie di un’età tranquilla
e ricca d’amori rilucenti
candide sorti, si oscura
colorandosi nei meandri
della buia ed incantevole
atmosfera, ed anche il sospiro
dei faggi torna a vagare
di passo in passo regalando
al cuore dei pastorelli
una sensazione d’amabile quiete.


Pensieri e ricordi

Talvolta, nei sorrisi, un barlume assopito
dimora in silenzio donando a quel sole
la parvenza di un sogno, e di un nuovo
ricordo; e al fine rinasce, come mesto
poetare negli albori di un pianto.


Come mesto poetar negli albori di un pianto

Talora, nel canto, un afflitto pensiero
dona pace e torpore al mutar dei sorrisi
nell’oscuro di un sogno, ed ovunque
quel fiore si dipinge nel soffio di una
mesta illusione, col passare del vento
e il soave ricordo di una dolce canzone.
Al fiatar di quel sole, alla tenera sorte
di una candida rima, alla morte, al
candore, al fuggir della vita negli albori
di un pianto.


Indian summer

Slowly, in the
candour of a
starry enchantment,
a couple of birds
sing in the meadow
with a delicate
sound calling
the quietness of
an inner torment,
while every fine
leaf looks like
a river and a
beautiful breath
appears in my
mind giving
a pleasure and
the strength of
a singing: I call
you, my dear,
I wait for a
candle…


Give me the sound…

While the
morning breeze
covers the meadow
with a transparent
dust, I can see
your profile,
beautiful blackbird;
a luminous sunshine
tries to remember
the taste of an
hidden affliction
while nature appears
like a dominant
feeling in an empty
desire; and there,
in the sky, the
timid image of
a novel mountain:
delicate fine bird,
give me the sound
to call that belief
and the pure
intuition of a
positive faith…


La neige et l’éternité

Avec la cadence d’une pensée fugitive
le son de la neige toujours disparaît; je
chante l’atmosphère d’un jour très heureux,
avec la montagne qui donne le sourire d’un
matin allumé dans un souffle de poésie; je
vois la lumière d’un son perpétuel, l’amour
qui revient et la voix naturelle d’un tendre
oiseau.


La luz que ha iluminado el mundo

Un suspiro lleno
de dulzura es
como una imagen
que suavemente
canta la luz de
la vida y el dulce
sabor de una nueva
armonía; laudable
y claro aparece
en el cielo un grupo
de aves y el
perpetuo sonido
de una casta poesía
que ilumina el
llanto de una joven
mujer, y en este
momento un susurro
de paz cubre una
hoja regalando
a la mente el pasar
del tormento.


Pensieri d’eterno
(Composizione scritta in data 30/6/1993)

Meravigliosa aurora baciata dal passeggiar delle fronde
cadenti, ecco il boccio impaurito di un mite fiorellino
che s’appresta a richiamare i fringuelli esultanti oltre il
limite della staccionata; verdi chiarori di un tramonto
purpureo e bello si riempiono di gioia con l’incanto
nascente nei fiati proibiti di un fuscello di quiete, e la
pace dimora nelle ombre e nei sorrisi della sera, allorché
il passero canterino , traendo seco della sudata sorte la
grazia dei soli, inna all’orizzonte nel nome di una festeggiante
e candida atmosfera, che salta e suona, tra lampeggi e
graziosi barlumi.
Ridono gli uccellini di bosco e tutto il prato sì ridonda
come il suon dell’eterno.


La chandelle

Dans la lumière
d’une chandelle
les images de
la nostalgie donnent
le profil d’une
étoile pleine de
candeur, avec
une poésie qui
souffle tendrement
où le son du
soleil décrit le
présent et la voix
de la mer.
Ici la vigueur du
berger couvre
le premier rayon
du matin, tandis
que les oiseaux
volent dans le ciel
avec le frisson
d’une feuille
solitaire qui chante
avec toi la rime
de la vie.


Simile al canto

Come augello felice che siede
nel vanto di una timida fronda,
come il canto del sole che dona
l’eterno e fugge inquieto tra le
rime di un fiore.


Adagiato nel canto

Siedo soave al limitar del nuovo idillio,
ridente al canto e al fin festoso e vivo
onde il mattino brillo e negli spazi fugge
decantando l’infinito; odo nei campi il
suono desolato del sole pensieroso, la
fresca rugiada e il sapor dell’eterno che
vaga silente e nel raggio dimora.


Vedo una luce

Vedo una luce nel pianto del sole, e
con essa, al fiorir d’un bagliore, la
sorte che geme e tremante passeggia
ricordando ai mattini il dolore di un
fiore; odo il tramonto negli occhi
ridenti che gareggian nel cielo, noto
un chiarore dove fugge il mio cuor.


The meaning in youe eyes…

Suddenly, with a certain happiness, I
hear the sunshine where the light of
a tender caprice discovers a sadness,
and so my sensual word appears near
the sound of a fountain where everything
shines calling the new song and a luminous
fate: and there, in my mind, there’s a
little design…


Dolce beltà

Corposo silenzio,
che ancor m’incanti
al suon del primo
e mattutino raggio,
odo dolcezze
nella soave e fresca
arietta che brilla
d’immenso e poi
fugge nel cielo
baciando d’augelli
il festoso vagar,
tra rami e giardini
e nel cuor dei
dolori.
Dolce bellezza,
che tacita incanti
al morir dei
tramonti e nei
pianti del sole,
dona il rimpianto
all’alba di un
sogno e poi lieta,
e baciata nei
tocchi delle primule
in fiore, ritorna
nel manto a sognare
l’eterno.


So, little desire…

When I try to remember the first
instant of a nostalgic moment, there’s
a young bird and the sound of a feeling
where a border outshines with a luminous
darkness recalling my youth…


Une chanson dans la fleur

Dans le jardin un souffle de lumière couvre
le profil de la fontaine des rêves, avec un
faisceau qui illumine la maison où les projets
donnent le sourire d’une femme désolée; j’écoute
la chanson de cette expérience, la rime solitaire
qui parle avec toi où le tendre oiseau décrit le
matin, la neige, l’harmonie, le chant du soleil.


Il garofano

Co vivi suoni e lieti odor, ecco il garofano da’
petali chiari; gl’occhietti fuggitivi di que’ sole
morente s’acquietan spossati nel canto infiammato
d’un castano cipresso, che siede laggiù, tra barlumi
e rosette.
Trilli leggeri d’un beato augellin s’incontran nel
sole, e perpetui rimandi di quel cuore morente ora
fuggon pe prati, a cor’ de ruscelli e a fior de le tinte
più varie.
Vivi, o garbato rimando di quiete, sana lo perenne
respiro tra fiaccole amene e lanterne proibite.


The poetry of forgotten souls

The white hand falls on a reddish marble, with
a morning light where an half-shadow tries to
discover a whisper of love and the breath of a
sullen desire; here, in his heart, a perpetual
recall appears like an inner volition in the flight
of an intense present, and this troubled idea
comes back in an instant to remember the sound
of a luminous prayer.

[continua]


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