La favola dell’arcobaleno di S. Martino

di

Francesca Giannetti


Francesca Giannetti  - La favola dell’arcobaleno di S. Martino
Collana "Le Gemme" I libri per l'infanzia
12x17 - pp. 20 - Euro 7,00
ISBN 978-88-6587-6091

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In copertina: “Rainbow over tulip field” @ Olha Rohulya – Fotolia.com


Pubblicazione realizzata con il contributo de IL CLUB degli autori in quanto l’opera è finalista nel concorso letterario Jacques Prévert 2015


Prefazione

Francesca Giannetti offre, con tutta la sua passione per la scrittura, una favola d’amore nella quale emerge chiaramente l’intenzione narrativa di innalzare la concezione dell’amore ad un significato universale e totalizzante.
Il desiderio di regalare una magica visione è intenso e viene raccontato, in modo perfetto, grazie alla sua scrittura che è dolcemente avvolgente, intensamente sentita nel profondo dell’animo e capace di adagiarsi lievemente sulle pagine, come a donare una carezza d’amore.
La favola narra che una ragazza “dagli occhi di brace” si affezionò ad un uomo ed il suo cuore era stretto dal dolore quando non poteva incontrarlo. Un nefasto giorno, sorprendentemente, l’uomo si allontanò da lei negandole anche un semplice sguardo e, per la ragazza, il dolore fu lancinante.
Durante una meravigliosa notte stellata, alla povera ragazza apparve la dea Iris, creatura luminosa di bellezza accecante, che voleva aiutarla perché sapeva bene che lei aveva un “cuore puro” ed un animo candido purtroppo lacerati dall’amore illusorio.
La dea le offrirà un dono speciale: diventare immortale e poter essere il più grande arcobaleno in modo da mostrarsi all’amato proprio nel giorno della festa di San Mar­tino.
La ragazza diventerà parte della magica natura, trasformata in un bellissimo arcobaleno e, quando l’amato la vedrà, rimpiangerà di non aver avuto il coraggio di cogliere quell’offerta d’amore immenso e puro.
La leggenda narra che l’uomo, dopo aver fatto l’amore con l’arcobaleno di San Martino, sia scappato nelle “bande colorate dell’arcobaleno” e si favoleggia che l’uomo abbia chiesto alla Dea di diventare parte di quella volta multicolore.
Il sogno d’amore è raccontato da Francesca Giannetti con una scrittura che sa essere dolce e lieve, pervasa da un alone di magia e da un naturale incanto davanti al mondo, sempre resi nel miglior modo possibile grazie ad un forte senso del fantastico e ad una fervida fantasia.
Ancora oggi, si narra la favola dell’arcobaleno di San Martino e dell’uomo che amava quel meraviglioso arcobaleno, coronando il sogno di due innamorati, in una totale fusione d’amore celestiale.

Massimiliano del Duca


La favola dell’arcobaleno di S. Martino


LA FAVOLA DELL’ARCOBALENO DI SAN MARTINO

Ci fu un tempo in cui la ragazza dagli occhi di brace s’affezionò talmente tanto allo sconosciuto che, inizialmente sembrava ricambiare il suo sentimento che, a poco a poco, le sembrava inutile continuare la sua vita senza lui che, nel frattempo, s’era ritratto.
Ogni volta che non lo vedeva la morsa della disperazione la stringeva sempre più e, più aveva paura di non rincontrarlo, e più questo succedeva. Alla povera ragazza sembrava quello il dolore più lacerante mai inflittole senza sapere quello che le spettava. Seppur sempre di rado, accadeva ancora l’immenso miracolo tanto sospirato di rivedere quell’uomo tanto desiderato, quell’uomo che quando la vedeva le parlava ancora, le sorrideva e non con quelle stuzzicanti labbra mille volte e poi altre mille sognate, ma con gli occhi che con il loro sfavillio rilucevano di sincera gioia di riconciliazione. Così era, sì. Così sembrava. E ogni volta che accadeva, di ricevere quegli intensi sguardi profondi grumosi e fumanti come cioccolato fuso, la ragazza si diceva quanto fosse valsa la pena d’attendere tutto quel tempo spinoso e si gongolava lasciandosi cullare in quegli ultimi attimi d’usurante felicità. Ma di lì a poco, inspiegabilmente, proprio tutta quella felicità si trasformò in un enorme boa costrictor dalle dimensioni inimmaginabili che avvolse la ragazza tra le sue soffocanti spire, senza lasciarle via d’uscita alcuna. Accadde questo perché lo sconosciuto, nonostante tutta l’attesa, non le avrebbe mai più concesso nemmeno più uno sguardo, nemmeno una parola. Quei momenti, d’improvviso, sembravano solo il frutto di una mordace fantasia di lei. Adesso lui era davvero uno sconosciuto. Iniziò ad ignorarla sempre di più, sempre di più, sino a quando i loro incontri casuali lui, li tramutò, da chiacchierate spensierate, ad un penoso saluto reciproco scambiato più per circostanza condita ad educazione che per il piacere di essersi visti. Questo trattamento la paralizzò nella più frustrante impotenza immonda. Non c’era nulla che lei potesse di fronte al volere di lui. A lei non restava che arrendersi. Senza dire nulla si ritirò nel suo mondo, quello che lui, con la sua presenza, le sue chiacchierate, i suoi sguardi aveva variopinto del colore del sole. Ogni sua occhiata aggiungeva uno schizzo di tinta qui e là arricchendolo. Ora tutto quello che era di sole era ritornato tra le viscere della tenebra più nera che con i suoi pensieri oscuri era riuscita a prosciugarsi tutto. Di quel mondo multicolore quasi nemmeno più il ricordo e, quando qualche memoria le si affacciava nella mente, lei tremava nel scacciarlo perché ricordare equivaleva a riviverlo, troppo dolore inutile. Blindò tutti quei sentimenti meravigliosi in un forziere che per lei valeva più del più immenso tesoro, e lo gettò in fondo alla sua anima più profonda. Non lo voleva più ricordare. Mai più.
In una notte come le innumerevoli che l’avevano preceduta, la ragazza se ne stava con le braccia acciambellate nelle quali aveva abbandonato il capo arreso. Dalla finestra, aperta come di consueto, penetrava il flebile chiarore delle stelle del quale lei chissà se si fosse mai accorta rapita com’era da tutta quella malinconia inarrestabilmente divorante. An­che se lo sembrava, quella notte, non era come le altre, se n’era accorta anche lei perché nel petto il cuore se lo sentiva ancora più in necrosi del solito. Non era solo la luce delle stelle ad entrare quella volta ma anche qualcun altro che si palesò a lei dicendo:
«Sento le suppliche che rivolgi di continuo alla volta celeste. Nemmeno io ti posso aiutare come vorresti. Come io stessa vorrei. Ma la mia visita qui non vuol essere vana. Voglio alleviare il tuo cuore puro da quest’insopportabile tormento.»

[continua]


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