ID( R )A-Il mare di Chiara Parola (Francesca Falchieri)


Roma, Sovera/Armando Editore, 2003


PRESENTAZIONE DELL’AUTRICE

Id®a-Il mare è un romanzo epistolare, costituito dalle lettere che la protagonista Ida scrive ad un’amica bolognese di nome Verbana. Quando scrive Ida, con una certa ironia, si sdoppia e si guarda vivere, raccontando in terza persona le avventure di un personaggio di nome Idra che è sempre lei, la parte più autentica di se stessa: Idra è il doppio di Ida. La scelta del nome Idra, con l’aggiunta a Ida di una r liquida, non è casuale. Infatti se, come sostiene Jung, l’acqua simboleggia l’inconscio, Idra rappresenta la parte più interiore di Ida. Le lettere sono quindi polifoniche: alla voce di Ida si alterna quella di Idra, nei suoi rapporti verbali con gli altri.
Per consentire al lettore di distinguere l’io di Ida, soggetto scrivente, dall’io dei monologhi interiori di Idra, mi sono servita di un artificio tipografico: l’uso del colore azzurro. Le parti comprendenti le riflessioni e i soliloqui di Idra vengono scritte da Ida non in nero ma in azzurro, il colore del pensiero, del flusso di coscienza, e soprattutto il colore dell’acqua, tanto amata da Idra.
Idra si sente distaccata dalla realtà materiale, dalle cose che la circondano e che guarda con un occhio diverso da quello comune. Forse è per questo che le piace tanto l’azzurro, che è il colore più immateriale: in natura è presente come trasparenza, fatto cioè di vuoto ( vuoto dell’aria, dell’acqua, del cristallo ). L’azzurro è il colore più profondo: lo sguardo vi affonda senza incontrare ostacoli e si perde all’infinito, come se il colore si sottraesse indefinitamente.
L’azzurro alleggerisce le forme di un oggetto, le apre, le disfa. Una superficie dipinta d’azzurro non è più una superficie, un muro azzurro cessa di essere un muro. Gli occhi azzurri sono carichi di limpidezza, calma, lontananza. I suoni e i movimenti, come le forme, svaniscono nell’azzurro, vi annegano, si dileguano come un uccello in cielo. In sé immateriale, l’azzurro smaterializza tutto ciò che si avvolge in esso. È la via dell’infinito dove il reale si trasforma in immaginario.


Lettera tratta dal romanzo di Chiara Parola, ID( R )A – Il mare, Sovera Editore:
Genova, 28 maggio 1994

Cara Verbana,
un giorno la copisteria che fa a Idra servizio telefonico le fornisce il numero di un certo signor Tino Ghisetti, che vuole parlare con lei. Idra gli telefona subito; le risponde una voce un po’ rauca.
« Ciao, se permetti ti do del tu. Io sono Tino Ghisetti ».
« E io mi chiamo Ida Bonfiglioli ».
« Sono un operaio, ho già quarant’anni, ma vorrei ottenere da privatista il diploma di ragioniere. C‘è già chi mi segue per le materie commerciali. Avrei bisogno che, a casa mia, tu mi dessi lezioni d’italiano, inglese e francese. Saresti disponibile? ».
« Dove abiti? » chiede Idra.
« A Levanto ».
« È molto distante da Rapallo, dove abito io. Dovresti rimborsarmi molte spese di trasporto; sai, il biglietto del treno costa ».
« Ah, per me non c‘è nessun problema. Ti pagherò l’abbonamento del treno mensile valido per tutta la Liguria. Potrai servirtene anche per altri usi personali. Allora, sei disposta a darmi lezioni? ».
« Sì, va bene, quando ci vediamo? ».
« Può andar bene sabato alle tre del pomeriggio? Verrò a prenderti in automobile alla stazione ».
« Sì, d’accordo ».
Sabato pomeriggio, sul treno che va a Levanto, Idra è preoccupata.
Io ho paura a dare lezioni sola a quell’uomo. Ho deciso, gli chiederò di andare a studiare in un bar affollato. Del resto, ho fatto bene ad accettare quest’offerta di lavoro: non vedo l’ora di avere l’abbonamento del treno gratuito. Così, la smetterò di chiudermi nei bagni per non pagare il biglietto.
Arrivato il treno a Levanto, viene a prendere Idra un uomo molto sciatto e trasandato. È malvestito, con un paio di jeans sdruciti e una camicia sporca; i suoi capelli castani un po’ lunghi sono spettinati e la sua barba non è rasata. Idra ha paura di lui e gli dice:
« Non voglio fare lezione a casa tua. Andiamo in un bar, va bene anche quello della stazione ».
« No, il caffè della stazione è troppo affollato: non c‘è neanche il posto per sedersi. Ti porto io in un bar che conosco non molto distante da qui. Vieni, ci andiamo in automobile ».
Idra sale esitante sull’auto di Tino, una Fiat Uno rossa e molto sporca. Prima di mettere in moto, Tino le porge dei fogli dicendo:
« Ecco il programma d’esame. Se vuoi guardarci subito… ».
Durante il viaggio Idra legge attentamente il programma, che le pare troppo vasto per poter essere preparato in poco più di un mese, come Tino vuole fare. Quando Idra solleva gli occhi dai fogli, guarda fuori dal finestrino e, esterrefatta e terrorizzata, si ritrova in aperta campagna, in un luogo completamente disabitato.
« Ma dove siamo? Non dovevamo cercare un bar? » chiede Idra.
“ Sì, ma poi ho cambiato idea. Adesso ti porto in una mulattiera e so io quello che faremo là “ risponde Tino con gli occhi lucidi e lo sguardo bieco e torvo.
Tino sta per afferrare Idra, che con mossa pronta gli sfugge, apre lo sportello e si getta fuori dall’automobile in corsa. Fortunatamente non cade e non si fa male. Comincia a correre come una forsennata in direzione opposta a quella in cui va l’auto di Tino. Ogni tanto si volta per vedere se Tino la insegue, ma non lo vede. Ha tanta paura, perché nei dintorni non vi sono case né un’anima viva. Finalmente vede un gruppo di abitazioni, che raggiunge presto, sempre correndo. Nel giardino antistante vi sono delle vecchiette che stanno chiacchierando. Idra si rivolge a loro, con respiro affannoso:
« Scusate, potreste indicarmi la strada per la stazione? ».
« Continui diritto per questa via. Non è molto lontana, le occorrerà un quarto d’ora di cammino ».
Ora Idra è più tranquilla, in quanto delle case abitate costeggiano la strada, in cui vi sono dei passanti. Ma è ancora sconvolta e scossa.
L’ho scampata grossa! Chissà cosa mi avrebbe fatto Tino in quella mulattiera! Forse voleva violentarmi.
Arrivata alla stazione, Idra prende il primo treno per Rapallo. Tornata a casa, è ancora turbata e sconcertata. *{color:blue}Non so perché, ma ho tanto bisogno di parlare ai miei genitori, di sentire la loro voce amica. Mi sento sola, ho tanta paura del mondo che mi circonda, che è pieno di pericoli per me. Non ho un soldo, non ho amicizie, non ho un uomo che mi sia compagno, e non voglio l’appoggio dei miei genitori. Non c‘è niente da fare: una ragazza sola al mondo non può farcela. Ho bisogno del sostegno di mamma e papà, per lo meno del loro aiuto economico. Quando si è a corto di denaro, si percorrono strade troppo pericolose.
Potrei telefonare ai miei genitori per chiedere loro dei soldi. No, non è possibile: il colombre mi raggiungerebbe subito…
Però, mi è venuta un’idea. Potrei mentire a mamma e papà, dicendo loro che non abito a Rapallo ma in un’altra località, per esempio Milano. Potrei convincerli a mandarmi dei quattrini a Milano, dove andrei a prenderli al fermo posta. In questo modo sarei protetta dalle raccomandazioni, sì sarei proprio tranquilla.
Fra l’altro, l’estate è vicinissima e prossima la chiusura delle scuole. I miei allievi non devono neppure sostenere l’esame di maturità e dunque presto non avrò più lezioni da dare. Come sopravvivrò?
Sì, devo proprio telefonare ai miei genitori perché mi facciano avere dei soldi: non ho altra strada. Adesso cerco una cabina.*
Idra si fa coraggio e telefona a Bologna.
« Mamma, sei tu? Ciao, sono io, Ida ».
« Ida! Ormai non speravo più in una tua telefonata. Dovresti vergognarti: non ci hai fatto avere più tue notizie da nove mesi! Eravamo preoccupatissimi ».
« Non dovevate preoccuparvi. Sapevate benissimo ( ve lo avevo detto io e ne avevamo discusso tanto insieme ) che ciò che mi induceva a non farvi avere più mie nuove era la mia ossessione della raccomandazione, da cui non riesco a liberarmi ».
« Sì, lo sapevamo ma siamo stati tanto in pensiero! Ma dimmi: dove abiti? ».
« A Milano ».
« Stai bene? ».
« Sì, sto benissimo di salute, ho solo seri problemi economici ».
« Come hai vissuto in tutto questo tempo? ».
« Sono sopravvissuta facendo lavori umilissimi: essere a corto di soldi mi impediva di pensare alla mia carriera professionale. All’inizio ho fatto un lavoro di vendita porta a porta, molto faticoso, poi ho cominciato a dare lezioni private. Potrei andare avanti così, continuando con le lezioni, ma c‘è un grosso problema: le scuole chiuderanno presto e io quest’estate non avrò più lezioni da dare. Potresti spedirmi dei soldi qui a Milano? ».
« Oh Ida, io dei soldi te ne manderei volentieri. Come tu sai, non abbiamo problemi economici e potremmo mantenerti anche se tu non lavorassi. Ma noi vogliamo che tu torni ad abitare a Bologna, qui vicino a noi. Avresti una vita tranquilla e serena, con il nostro aiuto troveresti facilmente anche un lavoro e abiteresti sola nell’appartamento al piano sopra il nostro, che sarebbe tutto per te ».
« Sì, ma non mi sentirei libera: la vita non ha senso senza libertà. Qualsiasi lavoro io trovassi a Bologna, non lo attribuirei ai miei meriti ma alla vostra raccomandazione ».
« Ma quale raccomandazione potremmo farti noi? Io, una casalinga, ragioniera, ex-impiegata, e tuo padre, dirigente d’industria, non abbiamo niente a che fare con il campo delle lingue ».
« Sì, lo so, ne abbiamo già parlato tanto. Da quando tu mi dicesti di conoscere un’amica carissima della prof relatrice della mia tesi, non sono più stata tranquilla. L’ossessione della raccomandazione è più forte di me. Non ne ho colpa io, è colpa vostra se mi è venuta: mi avete soffocato troppo, fin dall’infanzia ».
« Eh va bene Ida, resta a Milano. Ma non puoi chiedermi di spedirti dei soldi. Noi vogliamo incontrarti per darteli, per vedere se stai bene ».
« Ma certo che sto bene fisicamente: l’anoressia appartiene al passato. No, mamma non posso proprio vedervi. Dispiace anche a me: mi farebbe piacere fermarmi a parlare un po’ con voi. Ma, se io vi incontrassi, avrei paura che voi mi faceste seguire, veniste a conoscenza del mio indirizzo, delle persone che frequento. Così non mi sentirei più libera e l’ossessione delle vostre spintarelle arriverebbe presto a turbare la mia quiete. No, mamma, non posso proprio. So che sbaglio ma è più forte di me: sono malata, devi accettarmi per quello che sono ».
Dopo avere parlato tanto al telefono, Idra riesce a convincere la madre a spedirle dei soldi al fermo posta a Milano, dove va presto a prenderli. Così si sente molto più tranquilla. Continua a dare lezioni private, fino alla chiusura delle scuole in giugno ma, per spostarsi in treno, non usa più lo stratagemma di chiudersi in bagno. Ora ha i soldi per pagare il biglietto ed è lì, seduta comodamente nello scompartimento, a godersi il panorama dal finestrino. Nuvole plumbee circondano le colline che si stagliano nel cielo. Colpi di sole rendono la terra colore del bronzo e cirri dorati si alzano dal mare, di color cobalto.
Adesso Idra si trova in una situazione di tranquillità economica che le permette di pensare meglio al suo avvenire. Siccome nella vita, oltre a scrivere, vuole fare l’insegnante, telefona al Ministero della Pubblica Istruzione per sapere se il bando del concorso di abilitazione all’insegnamento è stato aperto. Le viene detto che dovrà aspettare ancora molto tempo. Fino a quando il concorso non uscirà, non avrà quindi molte speranze di insegnare nelle scuole statali italiane. Pensa allora di rivolgere la sua attenzione alla Francia dove, a differenza dell’Italia, c‘è penuria di personale docente. Ma quale regione della Francia privilegiare? Certamente non l’Alsazia dove, a Strasburgo, Idra ha già insegnato ma, perseguitata dal colombre, non si è trovata bene e ha dovuto fuggire.
Un giorno in un racconto di Italo Calvino, Ultimo viene il corvo, legge:
« Al mattino presto si vede la Corsica: sembra una nave carica di montagne, sospesa laggiù sull’orizzonte. Se si fosse in un altro paese ne sarebbero nate delle leggende; da noi no: la Corsica è un paese povero, più povero del nostro, nessuno ci è mai andato e nessuno ci ha mai pensato. Quando di mattina si vede la Corsica è segno che l’aria è chiara e ferma e non accenna a piovere ».
E se io andassi a insegnare l’italiano in Corsica? Anche se, come dice Calvino, è “un paese povero”, potrebbe offrirmi ugualmente delle opportunità di lavoro: l’italiano si dovrebbe parlare molto laggiù. Voglio prendere informazioni.
Idra telefona agli uffici corsi preposti all’insegnamento e apprende che effettivamente nell’isola c‘è bisogno d’insegnanti d’italiano. I posti, però, vengono assegnati solo ai domiciliati in Corsica. Così a distanza, Idra non può dunque sperare di avere un incarico. Decide dunque di partire presto per la Corsica e trascorrervi le vacanze estive per mostrare di avere un domicilio là, e l’idea di un nuovo viaggio la riempie di gioia e di speranze.
Finalmente viene il giorno della partenza. Idra a Genova s’imbarca sul traghetto per Bastia. Durante il viaggio, nello scintillio delle onde, a Idra tutta la vita preme, e vuole con tutte le sue forze renderla migliore. A volte l’azzurro è lieve, a volte più intenso, segnato da forti correnti e qualcosa, come una riva lontana, passa dinanzi ai suoi occhi, poi tutto va via, coi raggi accecanti del sole. Sogna grandi velieri d’altri tempi, che le sembrano solcare il mare. Cosa non viaggia nel vento dei suoi pensieri…
Sono contenta di andare su di un’isola. L’isola, alla quale si arriva solo dopo aver attraversato il mare, è il simbolo di un centro spirituale ed evoca l’idea di rifugio desiderato. La ricerca dell’isola deserta o sconosciuta è uno dei temi fondamentali della letteratura, dei sogni, dei desideri. La conquista dei pianeti non deriva anch’essa da questa ricerca dell’isola? L’isola è il rifugio in cui la coscienza e la volontà si uniscono per sfuggire agli assalti dell’inconscio: contro i flutti cerco il soccorso dello scoglio.


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