Racconto di Franca Smiderle


Nel sentiero dell’amore


«si accendono col sole
le nostre speranze»

Le sembrò di camminare senza sapere bene dove fosse diretta, camminava per una stradina piena di sassi e ai lati c’erano i rovi, restava punta dalle spine, camminava sola e l’unica compagna era una stella che brillava su di un cielo completamente sereno, per Giselle esisteva solo quella stella era la prima che si accendeva al buio, pensò a lui che gli avrebbe detto “ma di quale stella stai parlando? “Ma quella stella è un pianeta, è illuminato dal sole” ed allora sempre mentalmente lei rispondeva “bene da ora l’amerò di più perché ha la luce del sole.” Sapeva che quella strada era arrivata ormai alla fine e s’inoltrava per un piccola via alberata da gelsi lineari; le loro foglie erano state il pane dei bachi da seta e ricordava le donne che andavano a spogliarli per dare loro da mangiare, pensò a quelle tele tirate per quei vermi bianchi che con la loro bava preziosa formavano il bozzolo bianco e si rinchiudevano per diventare crisalide per poi uscirne farfalla. Camminò ancora fino a che calò la sera e alla sera pensò a Gabriele, aveva alzato lo sguardo gli parlò, ma quel giorno era stato faticoso, greve, pesante, Giselle camminava con un peso sopra le spalle e verdi prati stavano ai lati nessun albero, solo vasti prati, terra appena arata e frumento che a malapena si distingueva dall’erba.
Doveva salire nella collina e piano non sentì il peso che teneva sulle spalle, camminò ancora volle proseguire la stradina piana alberata di cipressi, conduceva al piccolo cimitero del paese, lì era stata sepolta sua madre e da bambina guardava quella fossa allibita e incredula, solo adesso aveva capito il perché di quella sconcertante incredulità, “perché non muore chi si ama” pensò. “Gabriele” pronunciò piano Giselle “restami accanto, non lasciarmi”. Ritornò a camminare per i prati camminò ancora, si riposò riprese il cammino e s’incamminò per il sentiero e sotto lo stesso cielo giurò d’amarlo per l’eternità. Dopo il giuramento Giselle si sentì legata “non importa si disse, questo legame sarà come la bava del baco da seta, sarà un filo prezioso ma resterà sempre una bava.
“Gabriele” lo chiamò lei con infinita tenerezza; lui rimase conturbato dalla provocante citazione di lei e se ne andò rubandole un pezzetto d’anima. L’anima di Giselle era sempre stata un fiume in piena col rischio di straripare, ogni tanto avveniva che il morale si abbassava in quel momento toccava con i piedi bene per terra. “L’anima di ogni uomo è un fiume” pensò Giselle e tutti i fiumi trovano risposta al mare; “il mare che infinita immensità”.

Crescevano le foglie dell’albero nascondevano lo scheletro, la pianta adorna dondolava beandosi al sole d’aprile, lungo la muraglia della sua cava erano fioriti i bianchi mughetti profumati, meravigliata staccò un fiore e lo depose su di un vasetto in peltro. Dall’alta finestra dell’amico aveva scorto il corso d’acqua della roggia passare; da una parte l’acqua scorreva dall’altra era ferma, cominciò a piovere e le gocce formarono il cerchio, là dove l’acqua era stagnante, tutto procedeva per il suo verso; 2Noi uomini” pensò Giselle “siamo l’acqua che scorre e solo quando vediamo il termine della nostra vita si formano i cerchi; sono i cerchi della nostra mente. Non abbiamo tempo di soffermarci, mai un minuto durante il cammino ci crediamo immortali”. Il silenzio circondò la sua anima; Alfredo scriveva a macchina lei leggeva D’Annunzio poi quasi senza parlare se ne andò; tutto tramontava anche il sole nonostante le nubi l’avesse nascosto: la luce diminuiva, la sera era propizia viveva momenti di oblio.

Giunse Gabriele e gli parlò senza guardarla, questo accade alle persone che si amano e si conoscono da tanto tempo, e solo la loro presenza anche cieca vede l’altro; lui se ne andò e ritornò, Giselle le riferì una frase che conteneva dell’occulto, fece così pensare profondamente Gabriele; il mistero di quelle parole gettate così al vento erano forme nel tempo che passava e del tempo futuro che in qualsiasi senso avrebbe continuato per chi avrebbe vissuto.
Ricominciò a camminare, il sentiero a volte si interrompeva e perdeva la via, trova altre strade sconosciute ma sapeva che avrebbero ricondotto nel sentiero amato; così la speranza rifioriva e in quei momenti la fede vigilava costante. Incontrava Gabriele che gli chiedeva cosa avesse voluto dire con quelle parole (frase nascosta) ed allora lei si avvicinava a lui dicendogli piano “lascia passare il tempo, lascialo scorrere sulle scie luminose, prenderà forma il senso primordiale e troverai le tue mani intrecciate e nella tua mente la luce”.
“Le tue mani Gabriele s’intrecceranno alle mie e la tua mente vedrà la stessa luce che vede la mia, e in quella strada noi cammineremo incontro al chiarore e in quella luce troveremo il vero sentiero dell’amore. Il tempo scandiva le ore e si coricava alla sera senza accorgersi che fosse trascorsa un’altra giornata, il cuore pulsava il sangue, respirava profondamente a causa dell’ansia che andava a turbarla.
Aveva camminato sotto l’acqua leggera; nella strada sassosa s’erano formati dei buchi, piccole fosse riempite d’acqua torbida, l’erba sul prato era alta e zeppa di gocce limpide che scivolavano lungo il terreno, attraversò la strada asfaltata passavano macchine di grossa cilindrata velocissime. Entrò al bar, la sala era riempita di lavoratori, muratori che discorrevano vigorosamente, lasciarono il ritrovo molto presto per ritornare al cantiere, uscì, aveva smesso di piovere, camminò. Gabriele la chiamò, l’avvicinò per dirle che il sentiero che lei cercava lui non l’aveva ancora trovato; “restami accanto” disse lei francamente e lo troverai. La giornata era trascorsa a metà e verso sera si sarebbe messa di nuovo in cammino. Ora la strada portava nella salita, era faticosa e camminava con fatica, Gabriele la seguiva con le orme del suo pensiero, orme invisibili ma che lei conosceva bene.
La mente di lui restava accanto a quella di lei, e non lontano avrebbero trovato la strada giusta. S’inoltravano ancora nel bosco e lì trovarono una donna anziana e le chiesero se avesse saputo dove conduceva quella strada, “nel sentiero dell’amore” rispose lei. Gabriele e Giselle si guardarono negli occhi direttamente; era stato come se vi cercassero parole, parole scritte e chiare, i loro occhi svelavano stupore e meraviglia ora traspariva uno spiraglio di luce.
Il sole leggero traspariva dalla bianca nuvola, si sentì accarezzare si sentì leggera e felice, lungo la strada verso la salita, verso la montagna, camminò a lungo, vide un giovine molto bello piegarsi per sentire il profumo dei mughetti (giglio delle valli) che stavano sui prati in mezzo all’erba, nel vederlo si sentì avvolta da un leggero fremito di tenerezza; lo avvicinò e gli fece la stessa domanda ce aveva fatto alla vegliarda; “quella strada” rispose “conduce nel sentiero dell’amore”, riprese forza e camminò ancora per molto, ogni tanto guardava il cielo, il sole era quasi sempre coperto dalle nubi. Gabriele non l’aveva veduto, forse era partito ma gli avevano detto che c’era, lo aspettava, desiderò rivederlo, scese la sera, era un momento di riposo, aprì i suoi libri di consulto che teneva con sé e si mise a dormire. Al mattino pioveva, l’acqua cadeva fitta, Giselle alzò gli occhi, dei volatili volavano. Il cielo grigio svelava che il sentiero dell’amore era molto lontano. “Gabriele” disse “restami accanto ora che la speranza si è affievolita e la strada è faticosa” e Gabriele giunse all’ora serale e chiamò lei che completamente invasa dai pensieri non lo sentiva, ma lu la richiamò e lei volse al suo amore uno sguardo per dirgli che c’era e che nessuno al mondo l’avrebbe distolta da lui, lui e la sua persona gaia e vivace, amante della vita” una personalità che lei sentiva di odiare e nello stesso tempo sentiva di amare, di possedere dentro di sé come un brillante che nessuno aveva mai scoperto prima d’allora e a Giselle per un momento gli apparve il sentiero tanto aspettato; riprese il cammino con fatica, percorse vie solitarie, dove c’era solo qualche casa abitata, le altre erano chiuse con un padrone che era andato ad abitare in città; la voglia di continuare l’invase, il cielo era sereno brillava un sole tiepido, nei monti più alti aveva nevicato, camminò ancora dove giunse in un locale aperto era un bar; entrò si sedette e ordinò un caffè mangiò un panino e l’uomo del bar le chiese se era sola, “sì” rispose Giselle “conduco la strada sola, sto cercando un sentiero, sono venuta qui in questa montagna a cercarlo” seguitò. L’uomo tacque e non volle chiedere altro, perché quella donna gli sembrò strana. Giselle era una donna strada e quando desiderava qualcosa faceva tutto il possibile per averla; si rimise in cammino, trovò qualche persona ma la lasciarono sola, andare per il suo cammino; “tutto il male non viene per nuocere” pensò; da sola aveva più tempo per pensare e meditare, si fermava a guardare il bosco fitto, la giornata era piovosa e il sottobosco era quasi oscuro, si sedette e si addormentò, sentì il canto del cuculo, si guardò in giro per vederlo ma non lo vide; allora continuò la strada, si sentiva ansiosa di giungere al culmine del misterioso sentiero. Dopo la notte cominciò un’altra giornata, il suo umore era mediocre ma ebbe fede e il tempo trascorse, si sentì stanca; il cielo si schiarì, osservò le pozzanghere dove si specchiava il soffitto del mondo e si vedevano nuvole bianche e la palla del sole; camminò, si guardò intorno non cambiava niente tutto era come prima; Gabriele era lì con lei, lo guardò ma lui teneva gli occhi bassi e allora Giselle si sentì la dea della fortuna che colpiva dove non c’era più speranza. “Perché non alzi gli occhi? che come perle ti guardano? Perché non sai quello che ti donerò” continuò lei, e mentre pensava a lui si addormentò profondamente.
Si sentì riposata e tranquilla, ora bisognava continuare la strada, camminava nella via solitaria della montagna, beveva il silenzio, respirava l’ossigeno, si guardava attorno con meraviglia, le sembrò di vivere altrove, tutto le parve irreale, il sole tornava e poi spariva l’aria era pura e leggera, si sentiva solo il pigolio canto di qualche uccello che saltava da un ramo all’altro. Sentiva Gabriele vicino nella mente, nel cuore, era lei la pioniera di quel sentiero, le venne l’ansietà del dopo. Respirava profondamente, ansiosa com’era faceva fatica a continuare il cammino, si sedette su di un sasso, c’era un cielo sereno e il sole brillava, sulle foglie degli alberi, nel sottobosco le ombre venivano spostate dalla leggera brezza, si sentiva il fruscio delle lucertole. Si sentì felice e serena, ora la strada non le faceva più paura, camminò ancora, era giunto il calar del sole; guardò il sole abbagliante e desiderò vedere Gabriele, le mancava, ma lui non era lontano da lei, anche Gabriele guardò il sole e pensò a Giselle, il sole unì i loro pensieri… Il sole tramontò le diede forza e voglia di vita, anche se la vita le appariva come una beffa. Si alzò un leggero vento e guardò il monte più alto, c’era ancora molto da camminare. Nella notte sentì lo scuotersi degli alberi, nella letizia mentre attendeva Gabriele, e Gabriele sarebbe giunto per dirle che gli voleva bene, intanto percorreva la strada di montagna, con stupore e meraviglia scopriva i ruscelli che lungo la roccia calavano il loro stupefacente seguito, salì ancora più in alto e guardò la vallata, il paesino in basso, la chiesetta appariva dipinta, camminò ancora, nella valle scorreva l’acqua limpida, gli alberi erano quasi tutti verdi, solo qualcuno era rimasto secco e allora pensò: “non tutti gli alberi rinverdiscono in primavera”. Ancora visse momenti di oblio e dimenticanze, alla sera prima di dormire pensò a lui; la pienezza di quella giornata vissuta in mezzo alla natura le diede esaltazione e felicità e gioia intensa; la piccola mano di un bambino l’aveva condotta nel sentiero che oramai vedeva apparire.
Il cielo era di uno splendore meraviglioso, la montagna sembrava unita all’azzurro dell’universo, Gabriele arrivò e nel suo intimo sentiva che Giselle l’amava, l’amava di un amore squisito e indipendente; il cuore di Giselle cominciò a battere forte e senza parlare lo guardava, guardandolo sentiva il sapore della vita, un sapore particolare che mai prima d’allora aveva sentito, camminò per i prati e raccolse margherite che crescevano copiose in mezzo all’erba, anche la margherita le parlò di lui e della sua semplicità. e alla sera la stanchezza la spossava, si distendeva e non pensava a niente, si addormentava ma nella notte si svegliava parecchie volte per assaporare la vita che sembrava sfuggirle dalla mani. Nella giornata era stata in compagnia di Gabriele e tutto quello che diceva l’addolciva, era un grande uomo, lei lo circondava di amore, passione, lo guardava con gli occhi che sembravano dirgli “ma non vedi che sei tu l’amore adesso?” Ma l’amore è impalpabile e intangibile; l’amore per Giselle lui lo sentiva forte come una freccia e Giselle si sentì finalmente avvolta dal bene prezioso che si chiama amore, se sembrò di entrare in quel sentiero che cercava. Lo vide partire alla sera, era come se con sé avesse portato una parte di lei; Giselle si fece forte e si disse: “le strade si congiungono e ci rincontreremo, basta lasciare che la matassa si dipani e i nostri passi saranno uniti”.
Il sole rosso al tramonto privo di raggi calò al di là del monte. Alla mattina si alzò presto, camminò sulla strada bianca che portava nel bosco, nella valle l’acqua limpida scorreva lesta, s’inoltrò nel sentiero, il bosco era fitto d’alberi, ancora sentì il canto del cuculo, cu, cu, cu, cu si sentì un concerto di uccelli, si fermò davanti a un grosso albero, nell’immenso paradiso naturale disse: “ti amo, ti amo” camminò ancora un po’, guardò verso gli alberi, l’azzurro del cielo a pezzetti traspariva tra il verde, ritornò sui primi passi, l’acqua della valle andava sui sassi puliti verso il mare. Quella voglia di vita pose le sue orme, attendeva di rivederlo. Alla mattina dopo, indifferente più che mai, lui arrivò, parlò del più e del meno mentre Giselle lo osservava, non le parve più lo stesso; “caro” pensò “tu mi fai girare per le strade dei monti per trovare quel sentiero che parla di noi e del nostro amore; tu rimani allibito per questo ma non temere, io desidero solo scoprire dove porta quel sentiero”. E detto questo lui se ne andò perché amava farsi desiderare. Cominciò un’altra giornata, Giselle incontrò Gabriele mentre aveva nelle mani un bocciolo di rosa profumato, sentiva quel profumo, alzò gli occhi, Gabriele la guardò con amore, le nacque nel cuore una speranza. Giselle era schiva nei suoi confronti, ma talvolta si appoggiava al tappeto del suo amore e senza nascondere quello che percepiva nell’animo si offriva a lui. In quei momenti vedevano il sentiero illuminato da un essere soprannaturale e non si poteva infrangere; un essere che si poteva chiamare Dio; “ogni uomo anche ateo non è mai completamente ateo perché in vari momenti della vita cerca un essere soprannaturale, e così si sente amato, protetto”: questo pensava Giselle, perché questo le aveva rivelato la vita.
Ancora molte cose gli nascondeva e lei avrebbe desiderato farsi piccola per scoprire quell’uomo che amava; intanto si rimetteva in cammino. Camminava, il cielo al mattino era coperto, ma si sentiva talmente bene che era come se ci fosse stato il sole, nella pianura l’orzo aveva già la spiga e l’aria di maggio era ancora frescolina; il giorno passò e non vide Gabriele, si sentì come vuota, la sera calò, calò la notte e al mattino aveva potuto andare in biblioteca a trovare una vecchina e si gustò quei momenti di vita serena.
Gabriele dominava nella sua mente e l’amore rinverdiva, si andava incontro all’estate, in quei giorni riposava per trovare la forza di continuare il cammino. Condusse un cammino sulla montagna, le rocce al vertice nel cielo erano maestose con le loro vene nevose, il sole andava e veniva accendendole di luminosità, i prati erano coperti di piccoli bianchi croco, macchie Bluette davano colore alle alture, erano le genzianelle, Giselle ne raccolse una e rubò un fiore di croco per piantarlo sul vaso assieme al tronco della felicità che teneva sopra la finestra a casa. Lassù c’erano molti sentieri, ma non trovò quello che lei cercava, invasa dall’amore per Gabriele.
Gabriele giunse tardi affaticato; dopo che gli era nato quell’amore per Giselle lui non era più lui, il suo entusiasmo spensierato si era completamente spento, desiderò Giselle con tutte le sue forze, ma lei aveva diretto il cammino verso quel sentiero e lui non riusciva a capire cosa aveva in mente lei, perché ormai l’amava infinitamente.
Avrebbe voluto svelare l’amore che le portava ma qualcosa lo fermava, una voce gli diceva “il tempo” e lasciava passare il tempo materiale perché percepiva che la sua vita era stata segnata. Giselle stava tranquilla ad osservarlo e riprendeva la strada; ora che la strada conduceva verso il burrone, il vuoto, vuoto tremendo le appariva, allora tornava indietro e ne prendeva un’altra, camminava e la fiducia perduta rinasceva e ritornava la Giselle di sempre, tranquilla, le ore passavano e il suo pensiero era per Gabriele che la osservava sempre più incredulo, Gabriele a volte avrebbe desiderato fuggire come la mosca sulla ragnatela, ma sentiva che ormai non aveva più scampo.
Lo incontrò e lei disse: “Buongiorno”, “oh, meno male che sia un buon giorno” rispose lui, Giselle aveva tenuto la testa bassa ma lui la seguì con lo sguardo, Giselle era stanca, molto stanca e desiderò d’essere amata nel vero senso della parola e lo desiderò, lo desiderò accanto e quando seppe che se n’era andato pianse lacrime asciutte.
La strada era lunga e ancora non si vedeva l’arrivo.
Camminava e per la strada trovava degli amici o conoscenti e scambiava con loro i suoi pensieri. Ma alla sera le scendeva una tristezza indefinibile e allora si affacciava alla finestra ad ascoltare il silenzio, quel silenzio che non era completo ma era trasmesso da un canto fondo degli uccelli o da qualche vocio di bambini che ancora giocavano all’aperto, s’immergeva completamente e la sua anima esultava timorata da un brivido esistenziale, chiudeva le imposte e accendeva la lampada, formata da un bianco abat-your, prendeva un libro e leggeva; il tempo volava e le veniva sonno, sognava, faceva sonni tranquilli, si risvegliava, ma quel giorno non avrebbe ripreso il cammino, era il suo giorno di riposo.
Giungeva Gabriele che le portava un po’ d’allegria e l’aiutava nel cammino, lei sentiva la sua presenza, la seguiva sensibile e attento alle sue necessità, certe volte la chiamava e la sua voce giungeva lontana a lei, portata come da un’eco; della fresca valle attorniata dal sasso; “la valle dell’eco” fresca valle estiva che ricordava da quando era bambina, quando andava a raccogliere i ciclamini nelle giornate calorose di luglio, dove ad ogni passo si sentiva lo strisciare delle vipere e stava ben attenta a dove metteva le mani, e gridava, per sentire ritornare la sua voce dall’eco. Nella realtà era la voce di lui che la chiamava; desiderò guardarlo, desiderò che non si trattasse di un sogno, né dall’eco. Ricominciò il cammino, l’aureola l’aveva donata a Gabriele, ora doveva condurre altre strade per trovare il sentiero dell’amore, e camminava sola, Gabriele non l’aveva veduto, la sua giornata l’aveva trascorsa a pensarlo. “Caro immenso insieme” aveva pronunciato lei, adorna come sempre dall’amore, vigile attento. Le sembrò di soffrire decisamente per il vuoto che le aveva lasciato; ma la strada era aperta e niente e nessuno poteva fermarla. Nella strada aveva raccolto bianchi fiori da un cespuglio, erano chiamati fiori d’arancio, profumavano di un profumo dolciastro ed erano la sua passione.
Una cicogna nera volò sbattendo le ali ed andò ad appoggiarsi sopra la statua del campanile del paese, il fuoco solare calava dal monte, le campane cominciarono a suonare, nel prato erano raggruppate parecchie persone e alla sera l’aria era fredda ed umida; ritornò nei primi passi. Alla notte si svegliò parecchie volte, alla mattina giunse Gabriele, Giselle parlava senza guardarlo; sentì lo sguardo di lui attorniarla, anche Gabriele teneva nascosto un segreto e amava osservarla silenzioso, lei sparì. Gli sembrò di sentire il peso della vita schiantarla, “non cederò” sentenziò “e continuerò a cercare il sentiero dell’amore”. Gabriele conosceva il carattere di Giselle, il carattere forte e preciso di lei aveva fatto sì un temprare lui, così facile; il suo motto era “prima di agire si deve ponderare”. L’acqua cadeva leggera, s’intravedeva nello specchio e la betulla era coperta da un velo; durante la giornata si sentì sperduta, era stata tra la gente ma la sensazione di solitudine che provò era stata immensa, la via da percorrere non era facile. Si presentò Gabriele, Giselle cercò di mascherare quello che la turbava, anche Gabriele cercò di superare le preoccupazioni; e lei gli parlò piano “immenso insieme” disse “ti amo tanto continuerò a camminare perché ho trovato il sentiero”. Lui la guardò stupito non avrebbe creduto che solo lui potesse essere l’amore vero. Lui comprese e se ne andò. S’incamminò, il cielo era nuvoloso e la giornata appariva triste, l’animo di Giselle era pieno di emozioni, di sensazioni persistenti ma continuò il cammino. Il cielo era turbolento, tra nere nubi appariva per qualche minuto il sole, ma presto spariva e ricominciava la pioggia, camminava nella valle, l’acqua scorreva; nelle alture fragole selvatiche mature davano colore al verde dell’erba, l’aria pura dei boschi fece parte di tranquillizzarla; la fiducia l’accarezzò.
Gabriele vide in lei la dea della fortuna e su di lei posò i suoi pensieri, si sentì vuoto sgombro da ogni iniziativa; desiderò dare a Giselle la sua esistenza futura; e Giselle l’aveva accolto nella sua mente e per lui cercava disperatamente quel sentiero. Il cammino continuò, e divenne faticoso, ma allora per dimenticare la realtà si adagiò in pensieri futili, innocui e senza importanza, trovò un amico che non vedeva da tempo, parlò e disse: “se hai bisogno di me io sono sempre presente”; questa frase le diede fiducia e scese in lei la serenità. Alla notte riuscì a dormire solo poche ore e al mattino fece molta fatica ad incamminarsi; ma nonostante le sembrasse che il tempo non passasse mai, venne la sera, passò la notte.
Il tempo meteorologico continuava a cambiare, quando pioveva forte si fermava a ripararsi, poi ripartiva ma la sua voglia di vita s’era spenta; apatica e indifferente continuava la via ma senza entusiasmo. Aveva parlato a Gabriele ma lui ebbe fretta e se ne andò; si sentì stressata da evenienze preoccupanti, ma nonostante tutto volle dimenticare, volle uscire, andare a sentire un concerto, si sarebbe vestita bene, profumata e curata; si sarebbe immersa nella beatitudine, lontana dalla realtà; avrebbe immaginato un cielo sereno senza traccia di nubi. Gabriele le aveva parlato alla mattina con dolcezza, l’aveva osservata e dentro al cuore sentiva il sentimento che gli sbocciava come il fiore delle magnolie, bianco e grande; nessuno avrebbe notato quei fiori ma Gabriele aveva una grande sensibilità e lo percepiva. Giselle si sentì amata, si sentì cercata, realizzata e volle pregare durante la strada; le sembrò d’amare con l’amore che le aveva donato la madre. Riversava il bene che percepiva e lo riceveva in cambio come di riflesso.
Il suo amore brillava pari ad una pietra preziosa e aveva i colori dell’iride, incontrava Gabriele preso da mille cose da fare e Giselle camminava tra i sassi d’una valle asciutta sotto il sole di giugno, faceva caldo e sentiva l’estate avvolgerla di tranquillità, senza pensieri di sorta avrebbe riposato, avrebbe dipinto, si sarebbe chiusa in camera per meditare; ormai il sentiero dell’amore l’aveva invasa e sentiva che non era distante, con questa illusione continuava la strada. Nella giornata brillava il sole e l’aria accarezzava dolcemente i capelli, era un giorno di festa e partì entusiasta, camminò per la strada del bosco, il bosco era fitto, l’aria fresca: stesse in compagnia ma era stata più sola di quando era sola, si sentì incompleta, insoddisfatta, venne la sera quando la sua stanza le sembrò una reggia. S’immerse nei libri, ma poi non riuscì a dormire, si sentì riposata lo stesso e ripresa dai momenti tristi s’incamminò per la strada che era la stessa, durante il tragitto trovò Gabriele, si guardarono negli occhi e si rincuorarono a vicenda perché la vita a volte è faticosa; lei con gli occhi chiedeva amore, lui un perché, Giselle avrebbe rivelato al più presto il suo amore chiaro quanto la luna, nelle notti più buie; allora le apparve il vuoto che le aveva lasciato la genitrice, non guardò dal burrone, girò e continuò la strada perché disse: “la vita è da vivere fino in fondo”. Continuò a camminare, la strada le sembrava più chiara, Gabriele con i suoi discorsi l’aveva adulata, lei guardava il cielo nuvoloso e fece finta di niente. E camminava nella montagna, ormai il sentiero dell’amore l’aveva quasi scordato, il suo amore era completamente concentrato su Gabriele, ma nella vita mancava quel sentiero. Cosa fare? Andare avanti senza realizzarsi? Si fece in continuazione queste domande; ma il cammino le aveva donato molto, “dovrei accontentarmi” disse; ma pensò: “se il destino mi dovrà offrire ancora molto, perché ritirarsi? (era ragionevole il suo pensiero).
Intanto nel suo piccolo mondo di città di provincia succedevano cose incredibili e le sembrò di avere girato per tutta la terra, restando ferma. Camminò ancora molto, attorniava Gabriele con sentimento, le sembrò d’essere ignorata da lui, allora sentì crescere ancora quell’amore incrinato nell’animo, lo sentì espandere il profumo rimanendo estasiata. Forse nel sentiero dell’amore era entrata senza accorgersi. Man mano che il tempo passava si accorgeva di avere bisogno di lui accanto, ma amava anche la libertà, la solitudine e così passando per la strada sassosa non pensò a Gabriele, volle liberarsi di qualsiasi amore e vivere amando se stessa; ma le sembrò di scoppiare dal troppo amore che sentiva dentro di sé, si sentì ricca di umanità d’animo, doveva offrire tempo e amore a chi non ne aveva, uguale all’uomo ricco che regala il proprio denaro.
Sentì un canto di merlo, poi di rondine, nel silenzio, la serenità la liberò da qualsiasi pensiero sussistente; continuarono le rondini col loro pigolio, allora le sembrò d’essersi creata un cerchio di beatitudine, il sentiero dell’amore era alle porte. Di sera il cerchio rosso del sole scendeva nella nube, per passare al monte e ascoltava la sua anima, sentiva la vita scendere piano e assorbirla tutta; sensazioni, vibrazioni mordaci svelavano sentieri passati tramontati, che ritornavano vivi; non si poteva fermare, doveva continuare il cammino. Il suo corso andava, le sembrò faticoso, la pioggia cadeva lentamente e rada, Gabriele lo pensava lontano, ma lui sentiva Giselle vicino, sapeva che per lui aveva tracciato il cammino. E Gabriele la incontrò, la guardò negli occhi, gli occhi di lei svelavano l’amore sazio che aveva per lui e lui timorato se ne andò. Giselle l’avrebbe aspettato, il suo cammino sarebbe stato a priori, perché senza Gabriele non avrebbe raggiunto il culmine del sentiero; allora le sembrò che solo lui fosse il suo mondo, solo lui la sua vita. Gabriele aveva veduto trasparire il sentimento ma per lui quell’amore rimaneva un mistero.
Il mistero consisteva in una pietra colorata, che dava i suoi colori solo al buio, fosforescente indicava come un orologio il tempo e per questo lui rimaneva incantato, amava Giselle di un amore prezioso che sentiva crescere nell’animo, giorno dopo giorno. Camminando era entrata sul prato ancora da falciare a raccogliere fiori, erano piccolissimi e profumati, di colore lilla, li portò con sé e alla sera li depose sul vaso che teneva sul tavolo; “Giselle” disse Gabriele “lascia la mia traccia”. E camminava stanca, le sembrò di amare infinitamente il mondo intero. Sentì il tempo passare e portarla via piano, in quel momento desiderò di vivere per sempre; era entrata nel sentiero dell’amore. Era alberato di cipressi, ritti guardavano il cielo, al di là dei cipressi c’erano platani, al di là dei platani c’erano betulle, al di là delle betulle querce, grandi querce possenti, Giselle camminò ancora fino a raggiungere la meta: un bambino l’aspettava; il tramonto del sole era un incanto, “il sole” pensò “tramonta e poi ritorna” “noi lasciamo i nostri figli” “il sole non muore!” (I figli sono di tutti gli uomini).

E a Gabriele disse:

Raccoglimi come conchiglia
portata dal mare, sulla spiaggia bagnata
dall’ultima onda;
prendimi
ti porgerò l’insieme occulto
dell’anima mia.


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