Diario del Che in Sicilia di Ezio Falcomer

Diario del Che in Sicilia



Indice dei capitoli



  • 1 Decollo
  • 2 Ipercinesi
  • 3 Latitudini
  • 4 Dialettologia e fonematica afrodisiaca
  • 5 Romagna mia
  • 6 Un haiku da cinquanta euro
  • 7 Oggetti smarriti
  • 8 Conigliagione
  • 9 Indiana Daddy
  • 10 Locus Amoenus
  • 11 Sport preferiti
  • 12 Vita contemplativa

  • 13 Matelico o spacchiuso?
  • 14 Anagrafe tattile
  • 15 Cinquantenni posati e maturi
  • 16 Vanitas Vanitatum
  • 17 Ninfa dei boschi e dei fiumi
  • 18 Lacuna blu con fauna
  • 19 Scambi culturali
  • 20 Scogli
  • 21 Catene alimentari
  • 22 Rivelazioni
  • 23 Crescere
  • 24 Amaca amica
  • 25 Dazione ambientale
  • 26 Il padrino
  • 27 Onorificenze
  • 28 Manna
  • 29 Mannà
  • 30 La Leggenda del Santo Pescatore
  • 31 Pratiche di benessere
  • 32 Compito per le vacanze
  • 33 Watson again
  • 34 Entomomachia da camera
  • 35 Ecosostenibilità
  • 36 Entropia da camera
  • 37 Mistero trinitario
  • 38 Uomo della Medicina cellulare
  • 39 La passante
  • 40 Caffè coniugali
  • 41 Show Must Go On
  • 42 Trans politica
  • 43 Apocalittica
  • 44 Ratti
  • 45 Swahili
  • 46 Catechismo
  • 47 Tuttifrutti Honolulu
  • 48 Sassi off shore
  • 49 Vegani
  • 50 Aloa, Politburo!
  • 51 Flower Party
  • 52 Democrazia cristiana
  • 53 Gommoni
54 Protezionismo No Global
  • 55 Sintonia
  • 56 Escatologia e musical
  • 57 Medora
  • 58 Pomodoro al pepe
  • 59 Ritorno in Northumbria
  • 60 Idilli con naufragi



PRIMO



“Capitolo 1 di 60. Decollo”

(Agosto, Anno del Signore 2009). Dove si narra rocambolica vicenda picaresca, in cui improbabile Pater Familias, dalle brughiere della padana Northumbria, accompagna figlia Unigenita, scaturita dal Millennium Bug, nella remota terra dei Sicani. Dove si viene inoltre a sapere che il Pater Picaro è affetto da devastanti disturbi anarco-liberali e individualisti e da cronica distrazione, la quale ultima pare geneticamente propagatasi alla piccola Picara.




“Capitolo 2/60. Ipercinesi”
Dove immediatamente il Che, ovvero il Pater, pianifica la stesura del trattato “Lo zen e l’arte di viaggiare con i figli piccoli”. Stenografa su busta di pane il primo capitolo: “Ipercinesi e taylorismo dei bisogni”. E anche il terzo paragrafo: “Le risposte del pranayama”.

“Capitolo 3/60. Latitudini”
Dove, di sfuggita, il Nostro rileva quanto le donne del Sud abbiano i chakras ben allineati.


“Capitolo 4/60.
Dialettologia e fonematica afrodisiaca”
Dove l’Eroe medita sulla propria nozione di Sud femminile, concludendo che il suo sentore di Sud parte dalla dorsale appenninica tosco-emiliana, in quanto ritiene che gli accenti gallo-padani abbiano purtroppo minore sex appeal rispetto a quelli dal toscano in giù. Infatti si prese come moglie (ora ex) catanese immigrata al Nord.

“Capitolo 5/60. Romagna mia”
Dove il Nostro ammette che anche l’accento emiliano e il romagnolo lo sfagiolano, lo incistano, gli fanno sangue, hanno molto goeddu, come dicono in Piemonte. E che adesso non arrivino querele dal Nord Ovest e dal Nord Est, e richieste di bannatura per offese etno-linguistico-razziali ed esilio e radiazione da tutte le blog community apostoliche e romane. Marco Polo, compatriota del Nostro, ha addirittura preferito l’Estremo Oriente, mentre il Che al massimo ha dato qualche timida occhiata in Calabria e in Sicilia, e invece in passato ha avuto amori prematrimoniali rigorosamente sabaudi, e sardi… che facevano parte sempre del Regno di Sardegna… e quindi erano sabaudi a tutti gli effetti. (News accademiche. In questo momento, a cinque mesi dal tour siciliano qui narrato, il Nostro sta approfondendo gli studi di filologia romanza in direzione del castigliano, soggiogato soprattutto dal fascino prepotente y conquistador(a) dell’accento madrileño… uy, que lojura, mi vida…)

“Capitolo 6/60. Un haiku da cinquanta euro”

Dove il nostro Picaro, spapocchiato su sedia plasticata assai molliccia, simil Schifidol, rossa, taroccata Coca-Cola, alla stazione di C…, produce immortale haiku (“Fibrillazioni / schegge e riarsa luce / mediterranea”). Poi la Ninha reimpone il principio di realtà, riferendo di avere smarrito la banconota da cinquanta euro regalatale, per la promozione, dai peronisti nonni paterni.


“Capitolo 7/60. Oggetti smarriti”
Dove si fa l’elenco degli oggetti smarriti dai nostri Eroi a sette ore dall’inizio del viaggio: copia di Repubblica, biro nera, confezione di preservativi ritardanti, custodia del Nintendo, collanina con cuoricino in puro argento e banconota da cinquanta euro. La Mater, intervistata al telefono, manifesta contenuta irritazione, fatalistica rassegnazione, stoica apatia, epicurea atarassia, serafico sarcasmo.


“Capitolo 8/60. Conigliagione”
Dove il Che, con grande sorpresa, viene a sapere dalla Prole che i conigli si possono catturare facendo il verso delle carote.
(Apprenderà in seguito che la notizia proviene dal film “Doolittle”)




“Capitolo 9/60. Indiana Daddy”
Dove il Picaro sperimenta molteplici orgasmi quando l’ereditiera, juventina, lo paragona, benché milanista, a Gigi Buffon e anche a Harrison Ford in una sequenza chiave di “Indiana Jones e il Tempio Maledetto”, caratterizzata dalla presenza incombente di serpenti velenosi, scorpioni neri, ragni antropofagi, civette e altri orribili mostri, che circondano la radura nella giungla in cui Indiana e il piccolo accompagnatore, incuranti, continuano a giocare a carte alla luce del fuoco.


“Capitolo 10/60. Locus Amoenus”

Dove l’Eroe giunge con la Picara alla Struttura Ricettiva Ecoambientale dove faranno base (d’ora in avanti, il Locus). Il Picaro prende visione del parco naturale, del mare su cui dà la collina, delle varie specie protette; ma soprattutto memorizza la localizzazione esatta di tutte le amache.



“Capitolo 11/60. Sport preferiti”

Dove il Che si sente un vero mediterraneo. Decide che nel Locus camminerà per nove giorni solo in ciabatte da spiaggia e, meglio, a piedi nudi, su superfici il più possibile piane.


“Capitolo 12/60. Vita contemplativa”
Dove il Picaro prosegue la riflessione sulla sua indole mediterranea. Nel Locus sarà calmo, lento, rituale, contemplativo; avrà nella mente l’Essere di Parmenide, nel cuore agavi, ginestre e azalee, negli occhi e nelle viscere le carni delle signore.

(continua)



SECONDO

“Capitolo 13/60. Matelico o Spacchiuso?”
Dove, davanti ad arancini al burro e a un pane alla milza, da pastiddaru di Siracusa, cugino catanese acquisito tramite ex moglie chiede provocatoriamente al Protagonista se è un vero matelico o solamente uno spacchiuso. Il nostro, disorientato, telefona ad Andrea Camilleri, per chiarimenti.

“Capitolo 14/60. Anagrafe tattile”

Dove il Nostro prende contatto visivo e manuale (nel senso di “strette di mano”) con le piacenti signore presenti nella Struttura Ricettiva: mamme, animatrici, amministrative e cuoche. Quella che, in un’accezione di rozzo, bieco e deplorevole maschilismo, potrebbe tradursi col termine di “fauna”. Il Picaro non manca naturalmente di registrare, seppure a fatica, i nomi di padri, animatori ecc.

“Capitolo 15/60. Cinquantenni posati e maturi”
Dove il Che, constatando la presenza nel Locus del non esiguo numero delle circa-trentenni, tenta di autoipnotizzarsi con un mantra ricavato da una battuta di Sean Connery nel film “The Rock”: “Sono troppo vecchio per queste cose”. E pensa di averne abbastanza, ormai, delle near 30 per rimettersi nei guai.


“Capitolo 16/60. Vanitas Vanitatum”
Dove, fra un fumetto di lische di pesce al vino rosso, un pesto alla trapanese, una pasta ai ricci di mare, una caponata alle mele e un panettone di Castelbuono al cioccolato, il Protagonista medita sui temi biblici della vanità di tutte le cose, litaniando a memoria Giobbe e l’Ecclesiaste. Poi si concentra su un ottimo distillato al pistacchio.

“Capitolo 17/60. Ninfe dei boschi e dei fiumi”
Dove l’Eroe prosegue la meditazione su tematiche pessimistico-esistenziali, nonché sulle ninfe dei boschi e dei fiumi con cui è venuto a contatto (vedi capitolo 14), alle quali assegna nomi-senhal secondo la più alta e illustre tradizione cortese provenzale: Eulalia, Volinia, Atanasia, Vandala, Mefista, Medora, Velauna, Dionea, Pandora, Selima. Secondo ortodossa, basica, elementare e territoriale psicologia maschile, si consolida in pochi secondi adeguata classifica faunistica.


“Capitolo 18/60. Lacuna blu con fauna”
Dove l’Editore comunica quanto segue in questa Nota: “Purtroppo, l’Autore del manoscritto ha dimenticato di consegnare il foglio con la classifica della Fauna femminile di cui al capitolo precedente. Lo contatteremo quanto prima per riempire questa grave lacuna nel romanzo”.

“Capitolo 19/60. Scambi culturali”
Dove la piccola Picara, portatrice al cinquanta per cento del pacchetto azionario genetico del Nostro, inizia a fare conoscenza con i Gremlins coetanei. Mezzi di contatto e scambio culturale: i vari programmi Nintendo, gli indovinelli e i giochi di abilità linguistica, il completo monitoraggio delle parolacce conosciute, nonché le barzellette a contenuto osceno.

“Capitolo 20/60. Scogli”
Dove la piccola Eroa usa icastica e verghiana similitudine per descrivere il proprio edipico cordone ombelicale col Pater: “Come le cozza attaccata allo scoglio”. L’Editore propone all’Autore di coniare il nuovo eponimo del Protagonista: Edippater.


“Capitolo 21/60. Catene alimentari”
Dove il nostro Edippater declina l’offerta degli animatori di una passeggiata nei boschi e fra pericolosi roveti, finalizzata alla raccolta di more. Ma collabora volenterosamente e diligentemente alla degustazione della marmellata finale, mostrando ai presenti quale sia il suo naturale posto nella catena produttiva e alimentare. Bibliografia citata: Karl Marx, Charles Darwin, Vilfredo Pareto, film “Il Re Leone”. I presenti mostrano più di una perplessità.




“Capitolo 22/60. Rivelazioni”
Dove l’Editore mostra foglietto stropicciato e unto di sugo, strappato a forza all’Autore, in cui sono riferiti, purtroppo incompleti, i dati della classifica di cui al capitolo 17. “In pole, Medora 33 anni bionda occhi due pozze taglienti ma luminose ceruleo-verdi marine denso inguinale e intrigante accento palermitano forme che accennano a scuola boderekiana ma maggiore ambratura della pelle interessante stretta di mano che denota sapiente tattilità bagaglio postuniversitario precario beni culturali e fauna subacquea…ahimè non single… proclamo Dulcinea del presente romanzo picaro-chisciottesco… ripeto mantra Sean Connery in “The Rock”: “Sono troppo vecchio per queste cose”.

“Capitolo 23/60. Crescere”
Dove, in sogno del Nostro, si svolge il seguente dialogo tra il Picaro e Dulcinea-Medora.

Picaro – Conoscerti è per me un’occasione di crescita, di grande crescita.
Medora – Lo sento, ma non lo vedo.
Picaro – Accendo la luce?
Medora – Sarebbe molto gentile da parte tua.


“Capitolo 24/60. Amaca amica”
Dove il Che nota come la Infanta apprezzi la permanenza sull’amaca con prolungata e generale inerzia muscolare e sguardo concentrato su abissali distanze, e pensa: “Tutta suo padre”.

(continua)



 TERZO

“Capitolo 25/60. Dazione ambientale”
Dove il Nostro è costretto a pagare il pizzo. La sua gentile amica gli spiega che le autoreggenti le sono costate una fortuna per regalargliele così, con leggerezza.

“Capitolo 26/60. Il padrino”
Dove il nostro Eroe, attraverso un esponente della famiglia dei C…, del mandamento di P…, tenta di prendere contatto con la Cupola. Ma nel Duomo non si trovano scale abbastanza alte.

“Capitolo 27/60. Onorificenze”
Dove giunge una notizia bomba da Londra. Il Che, in quanto vittima reiterata del pizzo, è insignito dell’Ordine della Giarrettiera.


“Capitolo 28/60. Manna”
Dove il Nostro, sulle Madonie, assaggia la manna di frassino. Poi ne mangia come un lupo. E, logicamente, si trasforma in un lupo mannaro.

“Capitolo 29/60. Mannà”

Dove la Ninha, divertita dalla trasformazione del padre in lupo mannaro, afferma: “E poi il lupo dice: ‘Mannà…ggia’. E l’Eroe, fra sé: ‘E poi dice pure: Mannà… tevene a f….’ ”.

“Capitolo 30/60. La Leggenda del Santo Pescatore”
Dove, sul peschereccio, Santo, di 24 anni, di A…, racconta al Picaro una storia. (L’Autore assicura, seriamente, di aver riportato in modo oggettivo quanto ascoltato dall’intervistato).

“Sono Santo, faccio il pescatore. Tra aprile e luglio pesco soprattutto il pesce spada. Negli altri mesi facciamo peschereccio, spesso con gruppi turistici. Io guadagno molto bene. Sono uno di quelli che più guadagnano, qui in paese. E poi mi piace da matti fare subacquea, e pescare di tutto. Io il pesce ce l’ho nel sangue. So tutto di pesci. Ma non sono stato sempre così. Tutti i miei fratelli e cugini sono diplomati e c’è anche qualche laureato. Io invece no. Ero una testa calda. Ho lasciato la scuola in seconda media. Non riuscivo a starci, proprio, a scuola. Mi sono messo nel giro dello spaccio di cocaina, e la tiravo, anche. Ero sempre schizzato, su di giri. Facevo una vita pazzesca. Vendevo cocaina soprattutto alle signore ricche di A… e C…. C’è una domanda incredibile in quell’ambiente. E io alle signore ce lo ficcavo pure dentro. Non ho fatto carcere. I carabinieri mi hanno fermato solo una volta. Poi ci sono uscito da quel giro. Adesso faccio pesce spada per cinque mesi. Poi faccio peschereccio e turismo. Il resto dell’anno vado in giro coll’Apino abusivo senza targa a vendere il pesce per i mercati. La mafia, qua da noi, controlla tutto. Qua gli immigrati non possono fare tanto casino, che la mafia è anche capace di farli fuori se non rigano dritto. Io, se potessi, gli immigrati ce li riporterei a forza, a casa loro. Ma qua da noi non possono permettersi di fare quello che vogliono, come nel resto d’Italia. La mafia qua da noi assicura il lavoro e mantiene l’ordine. Io ho avuto la fortuna di mettere la testa a posto molto in fretta, e in tempo, e mi sono salvato. Io ho visto morire gente di cocaina, con spaccati i polmoni dalla polvere di marmo con cui l’avevano tagliata. Comunque, io mi sono salvato”.

“Capitolo 31/60. Pratiche di benessere”
Dove il Che, visto il surmenage di presenza e di affettività richiesto dalla Semiclone, risultato della sua dispersione genica, riconosce senza tema di presunzione di avere una capacità industriale di coccole, peraltro subdolamente rese più efficaci dallo sfruttamento delle nozioni di massaggio sino-ayurvedico e dei linguaggi non verbali della biodanza, dell’introduzione ai quali è molto grato alla Mater, a cui fece anche da pazientissima cavia. Essere figli di genitori intrippati con tutte le più raffinate tecniche erotico-affettivo-psicosomatiche delle medicine orientali, della bioenergetica e della controcultura posthyppie, porta i figli ad essere altamente esigenti e poco inclini ad accettare come coccole cose ordinarie e dozzinali. La coccola la Picara la intende come preciso tocco sui canali energetici e sulle linee di tensione muscolare più comuni, scala di digitopressioni raffinata sui punti più tipici dello shiatsu; riconosce inoltre i cinque tipi di tocco del massaggio cinese, basati sui cinque elementi del legno, del fuoco, dell’acqua, della terra e dell’aria, che sono cinque tipologie di tocco assolutamente diverse e non confondibili. Se in più aggiungiamo che è femmina e ha un insopportabile gusto per i dettagli c’è da far tremare i polsi…


(continua)



QUARTO

“Capitolo 32/60. Compito per le vacanze”


Dove il Nostro legge, nel dopocena, a genitori e operatori del Locus il seguente testo….

Dunque, immagino che tutti dovete fare i compiti per le vacanze. Di Italiano, sapete che quegli esauriti di prof vi sparano prima o poi il fatidico “Racconta le tue vacanze”… grande fantasia, come al solito… Io l’ho fatto, anticipato, e me lo sono già tolto.

Svolgimento. 
Nella Struttura Ricettiva Ecoambientale del Locus si svolge una breve e intensissima full immersion di sopravvivenza, con limitate e scadentissime scorte alimentari. Oppure ci si ciba di foglie, radici e piccoli insetti che ogni allievo soggiornante dovrà catturare solo con le sue forze.
Il corso prevede arrampicata libera, attraversamento della giungla senza mezzi tecnici di orientamento, ma solo basandosi sul cielo, sul terreno e sulla corteccia degli alberi. Sveglia alle cinque di mattina, innumerevoli flessioni, percorso strisciato sotto reticoli di filo spinato.
Che i migliori poi entreranno nei gruppi ecoterroristi clandestini affiliati a Greenpeace…
 Vi è la parte di studio specialistico di ogni genere di piante. Per le piante, ad esempio… la sequoia… il baobab… la mangrovie, molto tipiche di queste parti… o il ciliegio (da cui si estrae la manna, prodotto base per ottenere… il caucciù… o i detersivi per lavatrici o lavastoviglie)… e pure l’eucalitpo! (che mi ricordo che Eulalia, animatrice, mi ha detto che col suo legno ci si fanno i paletti per conficcarli nel cuore ai… come era già, Eulalia? … ah sì, nel cuore ai lupi mannari! Che i lupi mannari sono dei soggetti che hanno subito la metamorfosi a causa dell’eccessivo ingerimento di manna )…
In questo posto bisogna distinguere l’albero in modo dettagliato in base alla forma delle foglie. Ci sono, ad esempio, foglie a… losanna, a zurigo, a ginevra… foglie romboidali, foglie… tromboidali! Foglie trapezoidali, pedali, foglie scalene, foglie falene, lucciole… escort di lusso! Foglie lombari, renali, cardiache, cervicali eccetera.
Fra i mammiferi c’è da studiare in questo posto, ad esempio, i koala… la donnole, i masculi…
Fra gli insetti, molto diffusa è la vedova nera, ma anche la vedova inconsolabile, ma molto di più la vedova consolata… E fra gli insetti, ancora.. il cervo volante… il leone marino, il cavallo sottomarino, il ghepardo cacciatorpediniere, l’antilope portaerei C-6, colpito e affondato!
Importanti, nel Locus, anche i rettili, come i gechi (da cui fu fatto il film “Dottor Gechi e Mister Hyde”). E poi ancora, di rettili, il velociraptor, il t-rex, lo pteranodonte che Spielberg ci ha girato, qui, qualche pezzo di Jurassik Park) …eccetera eccetera ….


(Il testo viene requisito immediatamente dai responsabili del luogo, la causa di calunnia e diffamazione è appena iniziata)

“Capitolo 33/60. Watson again”
Dove il Nostro, a Giardini Naxos, conosce due inglesi, sorprendentemente omonimi ma non parenti: i signori Watson, rispettivamente di Brighton e di Southampton. Il primo è proprietario di una scuola privata: la “Elementare Watson”. Il secondo gestisce una drogheria: la “Alimentare Watson”.

“Capitolo 34/60. Entomomachia da camera”
Dove il Che assume la cintura nera di Entomolotta (o Entomomachia) da camera, consistente nel cacciare o uccidere cimici, ragni, falene, zanzare eccetera, sotto gli occhi attenti e apprensivi di figlia in preda a convulsioni isteriche da fobia.

“Capitolo 35/60. Ecosostenibilità”
Dove l’Eroe protagonista si scopre ecosostenibile. Le sue urla, indirizzate alla Ninha, vengono bene eco-sostenute e assorbite dalle pareti della camera e dai ghiacciai delle Dolomiti siciliane, senza provocare valanghe e slavine e senza conseguenze in termini di costi umani.

“Capitolo 36/60. Entropia da camera”

Dove il nostro Picaro, vista la condizione della camera in cui dorme da alcuni giorni con la Piccola, riformula la legge sull’entropia. Alla luce dei nuovi dati emersi dall’arrivo nel Locus, l’entropia sarebbe l’equivalente della Costante di Boltzmann moltiplicata per il logaritmo naturale delle possibilità di distribuzione casuale dei capi usati e degli effetti personali di Padre e Figlia. Le possibilità di trovare un oggetto sono inversamente proporzionali all’urgenza e all’ansia con cui lo si cerca.

“Capitolo 37/60. Mistero trinitario”
Dove si dimostra che al Padre, a volte, per comprendere la Figlia, serve un grande senso dello Spirito… Santo… molto Santo (ma è ragionevolmente plausibile anche l’affermazione inversa).

“Capitolo 38/60. Uomo della Medicina cellulare”
Dove il Nostro, alle grotte di Pantalica, improvvisandosi sciamano cheyenne, compie rito animistico per supplire alla mancanza di campo del cellulare. La Creatura, valida assistente squaw, seguendo le istruzioni dello stregone, con le mani cattura in un batter d’occhio un’onda Tim. Il cellulare improvvisamente funziona e si stabilisce il contatto con i nonni materni. Prima frase della ex-suocera alla Piccola: “Disgraziati! Sempre a zonzo, ah? E dove te portò de bbello quello scecco de tu’ patri?”. Donna charmante e dalla brillante tenzone polemica di scuola siracusana.

(continua)



QUINTO

“Capitolo 39/60. La passante”
Dove l’Edippater degusta plum cake farcito di crema di pistacchio e con glassa al cioccolato bianco sulla piazza dei Ventimiglia a Castelbuono e, a sontuosa passante di composite fattezze arabo-normanne e di sode e tornite morbidezze rubensiane, mentalmente rivolge feudale e trobadorico omaggio in monoverso quinario: “pezzo di gnocca”.

“Capitolo 40/60. Caffè coniugali”
Dove si racconta che il nostro Che ha instaurato ormai un sostanziale rapporto coniugale bigamico con Vandala e Mefista, cuoche e cameriere del Locus. Poligamia priva però del solo formale elemento della consumazione carnale. Ciò apporta il fondamentale vantaggio di avere un caffè gratis e su richiesta a qualsiasi ora del giorno e ovunque (tavolo, amaca eccetera, fatta esclusa camera da letto), più altre piccole ma privilegiate attenzioni. Inoltre, l’assenza di consumazione carnale permette la facile risoluzione dei due matrimoni, sia per la Sacra Rota cattolica che per i Dottori dell’Università del Cairo, ottimo viatico alla conservazione dei buoni rapporti con il movimento dei Fratelli Musulmani.

“Capitolo 41/60. Show Must Go On”
Dove si ha una sensazionale notizia per il mondo dello spettacolo. L’Eroe picaresco viene cooptato dai due educatori e animatori, Eulalia e Gioele, nell’organizzazione dello spettacolo finale del soggiorno nel Locus. Il nostro Picaro dovrà tradurre nei confini di un Rai Tre Educationl la sua sfaccettata poetica registica, che si muove indubitabilmente tra le influenze di Strehler, Ronconi, Kubrick, De Palma, Ridley Scott e Tarantino. Nello Show, genitori e figli saranno spettatori e attori insieme. Eulalia, Gioele e il Picaro pianificano sceneggiature, canovacci, improvvisazioni con varianti e materiali scenografici. Il delirio egotico del Nostro è controllato e sedato dal tempestivo impiego di tranquillanti e antipsicotici.

“Capitolo 42/60. Trans Politica”
Dove il Picaro edipico medita sulla sua definitiva maturazione come figura autorevole/autoritaria di Pater Familias. Si riterrebbe ormai pronto per l’entrata in An se quegli sprovveduti non si fossero ingenuamente compromessi e fusi con i forzitalici di facili costumi e privi di midollo, permissivi, edonisti e craxiani e democristiani insieme. Il Picaro, del resto, vive un momento politicamente drammatico. I suoi storici e più intimi amici, tutti più o meno rifondaroli, lo considerano un eretico sionista, al soldo dell’imperialismo americano, migliorista, revisionista, criptopidiellino. Gli ex-cognati, pidiellini, gli dicono che puzza di sinistrorso da far schifo. Il Picaro dispera sulla possibilità di instaurare un fruttuoso rapporto con l’Onorevole Casini. Ardua la prospettiva di superare i malintesi con gli amici di Forza Nuova e Veneto Naziskin. Che fare? Dio è morto, Marx è morto, Lenin è imbalsamato e non c’è più nemmeno Moana Pozzi. Più serena la posizione della piccola Picara, obamiana della prima ora.

“Capitolo 43/60. Apocalittica”
Dove l’Edippater si perde totalmente nell’estasi contemplativa del Duomo di Cefalù e ripercorre l’intera Bibbia nei favolosi capitelli del Chiostro, fra intatti grifoni, coccodrilli, arpie, arche, adami ed eve, bestie e mostri apocalittici, dragoni e donne rivestite di sole, evangelisti, leoni, tori, aquile, angeli… L’uscita dall’estasi è facilitata dalle improrogabili necessità della Piccola di scofanarsi una brioche al gelato di cioccolato. Il Nostro ripiegherà su una più morigerata granita al caffè con panna, che i nativi descrivono con l’aggettivo di “vastasa” (eccessiva, esagerata… ma in realtà è termine intraducibile).

“Capitolo 44/60. Ratti”

Dove il Che concepisce short post.

 Corteggiamento. Il ratto alla ratta: “I tuoi occhi brillano come due topazzi”.

“Capitolo 45/60. Swahili”

Dove, da Turi, capo della Struttura Ricettiva, uomo dai mille mestieri e di lunga esperienza africana, il Nostro apprende che in swahili “mùngu” vuol dire Scimmia, “mungù” vuol dire Dio. Si innescano nella mente del Picaro darwiniane e nietzscheiane riflessioni.

“Capitolo 46/60. Catechismo”

Dove la cristianissima Picara, amatissimo risultato della dispersione genica dell’agnostico Picaro, provoca difficile conversazione sulla fine del mondo. La Piccola riferisce della prossima terribile fine del mondo del 2012, secondo il calendario maya, come da gossip di corridoio in scuola elementare. Il Pater la tranquillizza dicendo che la vera fine del mondo avverrà in data da stabilirsi, e che sarà una figata, in quanto Dio si svelerà agli uomini, Gesù ritornerà, tutti i morti del passato risorgeranno e nessuno morirà più, e tutti saranno per sempre giovani, belli, freschi, in carne, senza la pancia. Il Picaro invia fattura alla Cei richiedendo adeguato compenso per il suo diligente apostolato e per il suo impegno pastorale e catechetico.

“Capitolo 47/60. Tuttifrutti Honolulu”
Dove l’Eroe concepisce goliardico divertissement su geografia politico-culturale italiana.

Sinistra radicale: Lenin-Trotzki-Che Guevara-Madre Teresa che-solo-Stalin-è-stato-cattivo, oouh yeees.
Pd: Ombre Rosse con diligenza catto-post-comunista-parocchial-kennedyana, oouh yeees.
Idv: AntoBatman, il convitato Di Pietro, Italia dei LaVori Forzati, che-solo-io-a-Silvio-lo-faccio-nero, ooouhh yeees.
Lega Nord: Dio Po perdonare, Io no, che ballo una Verde Mironda, ooouhhh yeees.
Pdl: panem et circenses alle plebi televisive, e non bisogna essere troppo Fini, ooouuhh yeeesss.
Beppe Grillo: Sancho Panza y la revolucion cabaret, ouuh yeeeess.
Nessuna Resistenza al CLN: Chiese Lobotomiche Nazionalpopolari, Amici, Grande Fratello, Isola dei Famosi, ouuhh yeeess.



__(continua) __



SESTO

“Capitolo 48/60. Sassi off shore”
Dove Publio Cornelio Picaro, detto l’Africano, ottenendo sei rimbalzi con sasso piatto lanciato a pelo d’acqua, acquista popolarità e imperituro carisma presso le masse popolari infantili (leggasi Gremlins). Celebra il Trionfo pasteggiando a totani e Grecanico davanti all’altare di Dioniso.


“Capitolo 49/60. Vegani”
Dove l’Eroe e il Capo del Locus, Turi, riconoscendosi fratelli nell’appassionato consumo di carne, possibilmente al sangue, progettano il nuovo sito:

www.asasizzaeamegghioveddura.com

(non cliccate, non esiste ancora)

“Capitolo 50/60. Aloa, Politburo!”

Dove il Che, al grido di “Aloa, sono il capo delle Samoa”, prepara collane di petali di bouganvillee per festa pagana notturna di Ferragosto, dove è prevista totale immersione battesimale nella sangria e colonne sonore rock, reggae e rom. Ciò è dovuto all’influsso dei padri near 50 (il Nostro, Diomede e Gandalf), in senile fibrillazione per il quarantennale woodstockiano, che spacca i maroni ai near 40 e 30, che vorrebbero giustamente non essere più stressati da miti generazionali venduti per assoluti. Ma il Che e gli altri due sodali Patres Conscripti Senatores si appellano al secolare dominio e alla saggezza degli Anziani nel guidare le comunità preistoriche, antiche e medievali, dominio gravemente e pericolosamente messo in discussione dal sovversivo giovanilismo moderno. Più tardi, la suddetta Troika del Soviet Supremo prenderà una decisione storica, inaugurando l’era della glasnost e della perestrojka: nelle musiche del rave ferragostano, sarà inserito un trenta per cento di disco-music, con briciole di techno, house ecc. Pesa in modo non indifferente la questione del consenso presso le near 30.

“Capitolo 51/60. Flower Party”
Nasce ufficialmente il logo della festa ferragostana, riprodotto a caratteri cubitali.
“Flower Party. Festa del Mancciari. PDR: Picciotti Della Rascatura”.

(mancciari = mangiare, rascatura = avanzi di pentola delle panelle fritte, se ben ricordo)

“Capitolo 52/60. Democrazia cristiana”
Dove l’Edippater si scopre inaspettatamente democristiano di corrente dorotea. Se le vostre figlie mostrassero impazienza di entrare nella centrifuga adolescenziale e iniziassero a chiedervi “quando avrò il telefonino? …quando il piercing alle orecchie, al naso, al labbro, alla lingua eccetera? … quando i tacchi a spillo? … quando la prima minigonna ascellare?”, voi, in assenza di precisi accordi con l’Alto Comando Alleato, e senza una plausibile versione da dare in pasto alla stampa… voi allora siate dorotei, rispolverate le tecniche dei grandi padri, da Aldo Moro a Zu Giulio Andreotti: mediate e dilazionate, dilazionate, dilazionate, non compromettetevi mai con impegni precisi, con dichiarazioni avventate e vincolanti, logorate, logorate, “il potere logora chi non ce l’ha”. E dunque mantenetevi su un prudente: “Mah, quando avrai diciott’anni, forse… forse…”.

“Capitolo 53/60. Gommoni”
Dove Turi l’Africano, maestro di cucina, di subacquea e di swahili, Capo dei Capi della Struttura Ricettiva, narra il seguente facezio:

- Cumpari, ho comprato un gommone!
- Quant’è lungo?
- Sei metri.
- Miiinchia, e che cazzo devi cancellare?




“Capitolo 54/60. Protezionismo No Global”

Dove si svolge il seguente dialogo.

Picaro – Ma come, non ci avete l’Ikea qua in Sicilia?
Turi – La mafia non ce li fanno entrare. 
Picaro – Davvero?
Turi – E’ da cinque anni che ci provano. Non vogliono pagare il pizzo? E la mafia non ce li fanno entrare.
Picaro – Organizzata però sta mafia!
Turi – Sono giovani, pieni di entusiasmo…

“Capitolo 55/60. Sintonia”

Dove il Nostro e l’animatrice Eulalia accordano alla perfezione i loro movimenti perineali ravvicinati, ballando a piedi nudi un Ray Charles e una Macarena.

“Capitolo 56/60. Escatologia e musical”

Dove, di fronte alla maestosa bellezza del Cristo Pantocrator del Duomo di Monreale, l’agnostico Padre riassume all’Unigenita in parole povere il nucleo cristologico del Credo. La Piccola rimane affascinata dalle parole “e il terzo giorno è risuscitato… e di nuovo verrà nella gloria… e il suo regno non avrà fine”. La risurrezione dai morti, la fine dei tempi e l’eternità l’acchiappano sempre. Per la terza volta in pochi mesi dice che vuol essere battezzata. Poi, all’uscita, dice che da grande vuole fare la “ragazza sexy” come in High School Musical e poi la “femmina top model”. Una domanda angosciosa si pone: chi glielo racconta alla compagna Binetti? Il Picaro, tra, sé: “E’ inutile, non siamo una famiglia normale. Padre nichilista pagano, madre teosofa new age, figlia velina cattolica (e attuale compagna iperemotiva madrilena almodovariana con due casiniste figlie, infelici monache claustrali dei Mac Dnald’s e dei King Burger). Potrebbe funzionare per un remake aggiornato dei Robinson?”.

“Capitolo 57/60. Medora”
Dove, davanti a barocca cassata, in bar gelateria di Capo d’Orlando, il Nostro Don Chisciotte compone in versi sciolti per la sua Dulcinea, di cui al capitolo 22.
Schema metrico: 8, 11, 6, 7.
Allitterazioni: m, r, d, e, a, o.

Medora, amore di Erode
ardo e dormo in radure di dorame
merdoso di odore
ma di aroma moderno.

(l’autore cerca analisti, semiologi ed ermeneuti per farsi spiegare che cosa ha voluto dire)

“Capitolo 58/60. Pomodoro al pepe”
Dove tutti i soggiornanti partecipano alla produzione della conserva di pomodoro. Il nostro Picaro propone all’animatrice Eulalia di schiacciare i pomodori a quattro mani per “instaurare un dialogo emotivo e non verbale onde creare un contatto intenso fra i nostri corpi sottili e le nostre aure e farci crescere sul sentiero della spiritualità”. Eulalia non accoglie l’invito, porgendo elegante diniego. Il Che medita fra sé: “Con questi bassi trucchi alla Osho non ci cascano più. L’argilla di Ghost avrebbe funzionato meglio, ne sono certo”. 


“Capitolo 59/60. Ritorno in Northumbria”
All’aeroporto di Punta Raisi si conclude questa vicenda picaro-chisciottesca. L’adoratissimo Monstrum genetico siculo-veneto viene depositato, come testimone in una 4×400, nelle mani della Mater, che cala a sua volta dal… Nodd. Il Pater ritorna al suo destino di high(low)lander della bassa brughiera padana. Il ritorno nella Gallia Cisalpina è accompagnato da depressogeni pensieri che si adagiano su scene tipo maggesi e aratri solitari abbandonati nella campagna nebbiosa, stile poesia Novembre di Giovanni Pascoli, che fai più in fretta a posare i testicoli sull’incudine; o a quella fitta pioggerellina nebulizzata, che rimane a mezz’aria per giorni e giorni, non cade mai e ti entra nelle reni, e che Eulalia traduce con l’espressione “a suppa viddani” (la minestra del villano). Il Picaro non avrà più nelle orecchie il sensuale accento delle ninfe sicule; non più il “curtigghiari” conversation play, sotto le pergole, accompagnato da gocce d’ambrosia Salaparuta. Ritorno con saudade, orfana dell’orgia di luce mediterranea. Ma niente paura. Ad Augusta Taurinorum, Refugium Peccatorum, il Nostro sciacquerà i suoi plumbei umori nei magmatici clamori underguound di vita artistica e intellettuale, fra echi parigini, dublinesi, berlinesi, Greenwich Village e Soho (e attualmente sensibili anche alla movida merengues), con un “walking in the wild side” di ricerca e sperimentazione letteraria, artistica, affettiva, carnale… (che quello che ha di buono il Nostro, da vero torinese stile Fiat, è che non se la tira mai, ama la misura, l’ordine, il decoro, le cose “bin fait”, ben fatte, e il colore beige… Littizzetto, help me, leggimi…).

(curtigghiari = fare cortile come delle comari, battibecco, pettegolezzo, cazzeggiamento)



“Capitolo 60/60. Conclusione dell’Autore. Idilli con naufragi”
L’opera si chiude. Rimanendo aperta. Come un romanzo ellenistico, come il Gargantua, il Don Chisciotte, come il romanzo picaresco spagnolo, come il Tom Jones, come Hucklebberry Finn, così il Diario del Che in Sicilia, s’impantana in idilli mancati, echi di utopia, impossibili ritorni all’Eden, nella fine della fuga dalla paternità. Conclusione. Conclusione. Ho bisogno di una conclusione. “Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus”. “L’ora del destino è suonata, gli espropriatori saranno espropriati”. “Padre, Padre, perché mi hai abbandonato?”. “Ebbene, sì, maledetto Carter, mi hai scoperto anche stavolta!”. “Hakuna Matata”. Voltaire e Anais Nin uniti nella lotta, che figliano sul letto dell’Apocalisse il Dragone Rosso e la Donna rivestita di sole. Come finivano già i Promossi Spesi? E i Prospesi Mossi? Possiamo ancora parlare di complesso di Edipo? Da dove nasce la fanciulla Picara? Dalla testa del Padre, come Pallade? O dallo scroto di Urano evirato, come Afrodite? O dall’Uovo cosmico covato dalla Notte, sposa del Vento? O semplicemente dall’acquietarsi delle urla del Valalla? E’ stato un bel naufragio e il naufragar m’è dolce, in fin dei conti. Dove non si può fare teoria, si fa narrazione, dove non si può fare narrazione si deve fare delirio, come il presente. Fino a giungere alle illuminazioni, simili a quelle del naufragio psicotico del Battello Ebbro di Rimbaud. E con le sue parole chiudo il mio, di naufragio psicotico: “Benedì la tempesta i miei risvegli in mare. Più leggero di un turacciolo ho danzato sui flutti”.


“Che vogliate al contrario
magicamente con le vostre mani
sciogliermi e liberarmi da ogni laccio,
e gonfiare col vostro fiato amico
le mie vele, altrimenti è il fallimento
di tutto il mio progetto
ch’era quello di farvi divertire”.

(William Shakespeare, “La Tempesta”)


(NB L’Autore precisa che tutti gli episodi di natura “galante” con i personaggi femminili della struttura ricettiva, narrati nel presente racconto, sono frutto di pura fantasia e inventati al solo scopo di aumentare la resa goliardica, carnevalesca, boccaccesca e rabelaisiana dell’opera. Del resto la prepotente e accentratrice richiesta di attenzioni genitoriali da parte della piccola Picara ha impedito la benché minima distrazione di natura… terrena)


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