Noi stupende femmine e meravigliose donne (innamorate)

di

Eva Amore


Eva Amore  - Noi stupende femmine e meravigliose donne (innamorate)
Collana "I Gigli" - I libri di Poesia
14x20,5 - pp. 78 - Euro 8,20
ISBN 978-88-6587-7951

Clicca qui per acquistare questo libro

Vai alla pagina degli eventi relativi a questo Autore


In copertina: «Group young beautiful smiling women» © Valua Vitaly – Fotolia.com


La preghiera è una parte preponderante della mia vita. È anch’essa l’aria che respiro, O certo prego per Aldo, l’uomo del mio cuore, invoco la Dea per me stessa al bisogno. Al contrario degli ebrei, io la ringrazio tutte le mattine di essere femmina.
Non seguo uno schema fisso, degli orari, il tutto è spontaneo, diversificato e può variare. Ringrazio passeggiando delle montagne, di un albero, di un fiore, di un volo di uccelli, di una donna, una bambina. Ringrazio per molte cose belle che ci sono nel cosmo, sulla terra. Con le parole, ma soprattutto col canto, faccio preghiera di lode. Modifico al femminile le canzoni (De André: “Dea del cielo se mi cercherai in mezzo alle altre donne mi troverai…”; “Signora io sono Eva quella che non ha la bicicletta… (di Chiesa). Resta con noi Dea Madre la sera… …Preghiera di intercessione… Fa Dea Madre che tutte noi Floriana abbiamo una vita meravigliosa, un amore stupendo che ci diano piacere e gioia per il tempo e l’eternità. Fa che noi Olimpia…” sempre con nomi femminili.
Come vedete sono preghiere molto semplici, che si possono anche fare in mezzo alle attività quotidiane.

Vostra Eva


Introduzione

È un libro, questo, che dedico a tutte noi femmine, noi donne, nel bene e nel male. In primis a noi innamorate in cui l’amore palpita, vive e sogna, facendo sbocciare in giardini d’incanto, fiori di inestimabile bellezza e valore. È l’amore della Dea Madre che dà luce al sole e l’altre stelle e così noi, diamo luce ai nostri mariti, innamorati, o amanti. Soprattutto anche diamo vita ai frutti del nostro ventre, del nostro cuore, intonando canti di speranza. No, non saremo mai noi solerti e appassionate fautrici della vita, a volerla distruggere con la pazza violenza della guerra.
O il “maschilismo bieco” ci è ostile, nel mondo in maniera crudele siamo calpestate, dimenticate e uccise.
Molte donne del passato che praticavano il culto verso la Dea Madre, sono state orrendamente massacrate come streghe dalla chiesa cattolica (si parla di non meno di 300 mila donne, ma c’è anche chi ritiene che purtroppo il loro numero sia molto superiore). Il culto alla Dea è stato annientato sostituendolo con quello a Maria Vergine.
Il male fatto dalla Bibbia (o soprattutto dalla sua interpretazione) nella storia, alle donne, è immenso.
A volte siamo noi stesse, schiave e succubi dell’educazione maschilista, le nostre prime nemiche, e non siamo unite.
A volte (o spesso), cadiamo negli stessi vizi maschili, come gli eccessi di alcol, fumo e droga, rovinandoci la salute e perdendo forse femminilità. Troviamo però, anche uomini amanti del vero, del bello, con cui vivere un appagante rapporto amoroso. L’amore non ha età e sesso; ci sono e nascono anche degli splendidi amori tra persone dello stesso sesso. Purtroppo nel mondo, il sessismo, l’omofobia, l’oscurantismo medioevale, sono ancora molto diffusi e vanno contro ogni scienza, ogni umanità, contro l’amore.
(I preti contro il “grande peccato” della masturbazione, insegnavano che questa danneggiava gravemente il corpo. La scienza ha poi smentito tutto, ritenendola naturale e anche benefica. Dagli studi seri ora si sa che è il reprimersi che può essere un nemico psicofisico delle persone. Si sa che fare sesso invece fa bene.
Comunque, noi donne, nonostante tanti impedimenti ancora, abbiamo dato e diamo prova di grande capacità a tutti i livelli dello scibile umano.Io, in particolare ho voluto porre l’accento su una scrittrice africana e su varie imprese sportive delle nostre ragazze.

Vostra Eva Amore


Noi stupende femmine e meravigliose donne (innamorate)


Dedicato a tutte le donne


Sogni del mio essere ragazza

Ragazzo, maschile e portentoso,
romantico canto nella tua virilità.
Ragazzo, innamorato del mio corpo,
della mia anima,
delle soavi vibrazioni
della mia femminilità.
Che meraviglia!
Ah i miei passi, i miei pensieri
che percorrono le distese del tempo
e della terra cercandoti!
Oh la ma vita che freme
impazzita dal desiderio
di essere da te amata,
da te tutta penetrata e posseduta!
Ragazzo!
Tormento delle mie notti bianche.
Vascello stupendo dei miei sogni.
Incanto supremo dello sbocciare
del mio essere donna.


La mia verginità colta

Vivevo negli incantati sogni,
nei profumi meravigliosi
della mia adolescenza in fiore,
ancora non era sbocciato in me il primo amore.
Il giglio della mia castità
gridava nel vento
il suo desiderio immenso
di essere contemplato,
innaffiato, baciato, accarezzato.
Con un sorriso di stupore,
essere finalmente colto.
Un meriggio prima dell’occaso,
tra la sgargiante, calda estate,
avvolta dalla campestre quiete,
viandante solitaria camminavo.
Ad un tratto, nel palpito del tempo,
come per surreale magia,
sbucò l’anziano scapolo Tommaso:
alto, grosso ed imponente.
A me si avvicinò dolce ed ammaliante;
ed io stetti muta ad aspettarlo.
Le sue morbide carezze
mi scompigliarono i capelli,
risalirono audaci lungo le mie cosce,
la sua bocca, la sua lingua mi cercavano,
mentre io, supplicante di desiderio,
tutta già gli appartenevo.
Sul tappeto fiorito e ascoso,
in un’atmosfera di tenerezza
intima e appassionata,
finalmente il mio giglio candido fu colto.
Non mi pentii di tutto questo
e fui sua tantissime altre volte.
Ero con lui docile, romantica
e, nella pura mia bellezza,
di Tommaso ero pazzamente innamorata.


Incontro con Tommaso

Nella salmodia ansante
degli astri della notte,
io, Eva, splendente ed invitante
come la galassia intera,
ti attendo Tommaso,
mio erculeo, imponente, trasgressivo, molto più
anziano uomo.
Io, dolce, romantica, ragazza
che fa volare le sue poesie
verso tutte le atmosfere del mondo,
sono pazzamente attratta
dal tuo amoroso canto.
Da quella tua sapiente, calda,
rudezza mascolina,
con cui tu mi prendi e mi possiedi.
Mentre io mi dono tutta senza
pudore,
tu sai come far vibrare di gioia e di piacere
ogni più intima essenza di me stessa.
Nel cuore celato della notte,
tu sei mio, ed io sono tutta tua;
il nostro amplesso
diventa splendida preghiera,
innaffiata da un orgasmo favoloso.


Nell’alcova di Tommaso

Il caldo afoso dell’estate
accendeva le turbolenze dei miei sensi,
come un fuoco inarrestabile,
il desiderio sessuale divampava
in tutto il mio essere ragazza.
Nelle ombre calanti della sedotta notte,
verso l’alcova del mio amante mi recavo.
Immersa in una candida nube
di romantico languore,
in quella semplice pura casetta,
che per me diventava reggia,
ebbra e fatale, spoglia di pudore,
a Tommaso tutta mi donavo.
La notte, quieta e silenziosa si stendeva,
in un mare brulicante di mistero;
ma la nostra carne in festa emanava
respiri di stupore e palpiti
con gl’innamorati cantici.
L’amore prendeva vita in noi,
come sacra, inestinguibile passione.
Tommaso era un formidabile amatore,
ed io, Eva, gran femmina com’ero,
godevo orgasmi in alta marea.


Nel giovanile incanto

Come un sospiro nel vento
volava la rondine
della mia femminile primavera.
Ad una pura e dolce fermata,
sotto un albero variopinto di gemme,
attendevo lo splendore fiorito,
il maschile avvolgente sorriso
di Armando, il mio ragazzo del cuore.
Il diletto dei sogni arrivava,
e, nel silenzio zampillante d’amore,
io ascoltavo rapita
il suo concerto di vita.
Terreni favolosi misteri
emanavano i suoi occhi neri,
scintillanti e soavi
come un oceano di stelle.
Come una speranza profonda,
nella mia amorosa notte fonda.
I miei viaggi incantati
si fondevano fecondi
con la sua virile, accesa, pelle.
Lui, stringeva tra le braccia
le mie morbide valli serene,
le colline ripiene
di latte e di miele.
L’autunno seccò i fiori,
non vi furono più luci, colori,
addio paradisi bramati,
Armando era svanito.
Inondava d’inverno
la mia terra innamorata,
una solitudine ghiacciata
invadeva
tutto il mio cuore.
Ora, note assai più sublimi
musicano il mio canto di ragazza
e la fanno volare
verso il nuovo desiderato amore,
per poter superare l’orizzonte
infinito del mare.


A Floriano

Mi hai incontrata
tra lo straripante e tumultuoso andare
di un corteo sindacale:
spiccava la mia chioma bionda,
tra i cartelli inalberati al vento,
gli slogan inneggianti
alla rivoluzione comunista.
Eri figlio della ricca borghesia,
conquistato dal bisogno proletario;
pendevi dalle mie parole
più che dalla cattedra universitaria.
Ti apparivo come il simbolo
fulgente della sfruttata,
della calpestata della storia.
L’operaia che avanzava ormai cosciente,
sulla via della liberazione umana.
Mi telefonavi spesso e fitto,
volavi i dì di festa nel mio nido,
tra le rose e le viole del pensiero.
Per te il mio corpo, i miei occhi, che passione!
Erano più della rivoluzione.
Ma Eva era sempre tutta casta,
mai ti ho dato un bacio,
mai una carezza:
ad un altro affidavo il cuore,
a te la bandiera rossa.
Caro Floriano guerriero,
demolitore del capitalismo,
sii sempre il compagno
dei e delle diseredate della terra.
Ama il sole di giustizia,
la fratellanza e la gioia universale;
contempla oltre il tempo
il paesaggio immenso
che brilla all’infinito,
oltre le stelle, nel Divino.


In Cecoslovacchia

Eri un gran bel fusto bruno
ed io ti sono apparsa
ricamata d’incanto
nel cuore della comunista tua terra.
Due seducenti colline
mi danzavano in petto,
un fascino intenso emanava
la mia scultura speciale;
il viso inondato di sole
t’invitava a seguirmi.
Tra l’asfalto e il cemento stupiti
ballavamo abbracciati.
I pensieri nutrivano gesti,
vocaboli strani.
Tu, Franz, distribuisti dolci
alla tua Eva golosa.
In un folto bosco impazzimmo
di carezze e di baci,
nascosti a nemiche visioni
non conoscevamo pudori.
In quell’alcova scoperta
a lungo ci ubriacammo
dei nostri succulenti sapori,
dei nostri piaceri ed odori.
Ora la tua patria comunista
come un sogno ormai è svanita.
Ma io spero che tu sopravviva
per continuare a regalare
le tue maschili ebbrezze sessuali.


Ricordo di ragazzo del Brasile

Il mio corpo di giovane ragazza
si crogiolava nel sole
di terre lontane.
Percorreva l’antico sogno:
l’America Latina.
In riva alle acque profonde
del Rio delle Amazzoni,
mi attendeva Pablo, il ragazzo
più affascinante del Brasile.
Fu un samba infuocato,
un carnevale dei sensi;
giorni, notti, vestiti
di sessuale follia.
Il suo astro amoroso
brillava d’invito
alla fusione totale.
La mia anima volava
libera e avventurosa;
strappò il corpo al delirio
nel libidinoso giardino
e nascosta partì
sulle spalle dell’onda.
Ora che il suo fuoco ardente
non incendia più la mia carne,
ora che il mio gabbiano
ha fermato il suo volo,
rimpiango quel maschio stupendo
e ancora vorrei con lui danzare
quelle note sfrenate
d’erotismo, di sesso.


Mia bionda apparizione

Ti sono apparsa Enrico
con le mie spighe d’oro
per impreziosirti l’aria;
col mio splendente sole
per dar sorriso alle tue ombre;
coi fiori meravigliosi
che danno incanto ai sogni;
coi folli amplessi
che ti incendiavano le notti.
Dai tuoi occhi, dal tuo cuore
sono scomparsa;
come una stella che svanisce nell’alba,
come un dipinto sublime
nascosto, sparito dall’anima,
come una pura colomba bianca
che vola verso un altro amore.


Ho avuto paura Alfredo

Ho avuto paura Alfredo,
ho avuto paura
di perdere il sacro seme
della mia libertà,
di non potere più
con gli occhi miei sovrani,
contemplare l’immergersi del tempo
nell’infinito mare del divino.
Paura di obliare le voci,
i colori, i singhiozzi del mondo,
per incantarmi, bearmi di te,
della tua maschile essenza.
Temevo di essere comprata, defraudata
dello splendido fiore
della mia femminilità,
del soave incanto della poesia.
La tua immensa ricchezza m’immergeva
nell’ebbrezza e nel lusso dei festini,
nei tuoi fastosi viaggi ingioiellati,
in cui del tutto emergeva
il tuo turpe egoismo disumano.
Tutti quei diademi terreni
mi tentavano,
della mia vanità s’impossessavano.
Ho invocato la Divina Creatrice,
salvezza e gaudio in ogni situazione
e, mentre piano piano
dalla mia visione tu sparivi,
il flauto del divino
ha ricominciato a suonare in me
e non mi sono più sentita sola
e non mi sono più sentita triste.


Ricordando Jorge

Nell’incanto montuoso
del defunto impero del sole,
sulle sponde armoniose del lago
“mas alto del mundo”,
mi attendeva il sorriso di Jorge,
sovrano degli Incas.
Contemplavo il turchino
del Titicaca ridente.
M’imbarcavo con il bruno
antico amante regale,
nel silenzio soffuso
di seducenti emozioni,
sulle placide onde
galleggiavano i baci.
Nel meriggio planante
sulle Ande intorno
salivano le nostre
effusioni amorose:
i sentimenti volavano
sulle ali del vento verso i paradisi
dei romantici amanti.
Fu un amore fuggente,
un dolce respiro nel tempo.
Lo sfumare della luce
tra l’ombre calanti.
L’appassire del fiore
nello sguardo autunnale.
Fu un lieve, soave anticipo
dell’eterno universale
incanto d’amore.


Non ti amo più Flavio

Anche se come splendido virile astro
nel cielo del mio desiderio sì brillato
e le dolci note della mia anima
hanno accarezzato il tuo silenzio
nutrendolo di poesia innamorata,
io non ti amo più Flavio, non ti bramo più.
La segreta misteriosa essenza
dei sentimenti umani
è al di là di ogni comprensione,
oltre ogni scoperta della scienza.
Nel profondo invisibile del cuore,
in me il divampante fuoco dell’amore,
si è acceso per un altro uomo.
È con lui che ora mi libro
verso il grande incanto.
Tu non mi sei più splendente aurora,
suprema visione in terra del divino.
Separiamo i nostri respiri Flavio,
ma condividiamo i nostri passi
verso la sapienza del creato.
Voliamo nel cielo oltre le stelle,
nell’iride della Dea saremo uniti.


A Petrù

Nel blu intenso del mar Nero
fendevo come misteriosa
sirena l’onda.
Sdraiata sulla spiaggia d’oro,
abbracciavo col sole la tua vita.
Ti cantavo il mio universo di canzoni;
erano tutte per te le rose rosse,
tu mi ascoltavi affascinato, ma poi…
non ti ho più incontrato.
In Italia mi seguivi, coi tuoi scritti
battevi alla mia porta,
nella speranza di farmi aprire il cuore,
col desiderio di essere mio sposo.
La mia giovane anima volava
nei cieli sconfinati della libertà,
come pura colomba non cercava
stretti legami d’infinito.
Caro compagno romeno,
con cui ho sfiorato i cieli dell’amore,
vivi felice e intenso
con la tua ragazza in fiore.
Con lei hai la speranza
nel più gioioso amplesso,
di trasfigurare il mondo,
di trasvolare il tempo.


Ricordando Pierre

Vagabonda e squattrinata,
nella città del lusso e della moda,
per alcuni giorni mi posai.
Con Pierre, compagno ideale,
trascinavo i giorni e le notti
per le strade di Parigi.
Gli artificiali splendori,
gli accecanti bagliori,
erano le stelle del cielo.
Graffiavano il silenzio
le lamiere viaggianti,
il cemento imprigionava
il mondo dei sogni.
Come talpe c’immergevamo
nella pancia cittadina.
Pierre, con baci e carezze,
intrepido mi trascinava
verso la nostra umile,
segreta alcova notturna.
Nelle notti celate
dai nostri sessuali bagliori,
con gioia facevamo l’amore.
Il corpo di Eva si apriva come l’onda del mare
e Pierre s’inabissava
nei misteriosi fondali
dove il piacere sopprime
ogni affanno, ogni male.
Si dileguava nel respiro
la baldoria dei sensi;
come pazza avventura
fu solo un ricordo,
un passato trascorso.
Ma sempre in noi dimorerà
quel palpito soave e carnale.


Canto a Rinaldo

Giravo per le strade
di una festa cittadina,
ero senza meta
in quei mondi sempre uguali.
Tra giostre, suoni e voci,
le strade tutte piene,
il cuore mio era vuoto,
silenti i miei pensieri.
All’improvviso è sorto
il viso di Rinaldo,
il suo sorriso caldo
l’infinito spalancava,
la sua voce fresca
si levava oltre i clamori,
la speranza, era un’aurora che fioriva.
Stupita mi son fermata
al banco dei suoi sogni,
m’entravano nell’anima,
risvegliavano l’amore.
Una farfalla bianca
impreziosiva l’aria,
il suo sguardo spasimava
per le persone del mondo.
Volava verso l’Africa,
per tutto il Medio Oriente.
Come Rinaldo anch’io
mi sono innamorata
dei sentimenti puri
che giungon sino al cielo.
Ora anche il mio amore
è molto più profondo
e con lui abbraccio
le creature del mondo.
Mi desidero pura


Mi desidero pura

Mi desidero pura,
mi desidero innamorata,
come l’abbraccio della Divinità
nell’oceano eterno,
il sorriso angelico
nel mondo infinito,
la meraviglia creata
nella sua prima aurora.
Mi desidero pura,
mi desidero innamorata,
come l’anima di Eva nel giardino incantato.
Il suo amplesso ardente e sublime
con l’Adamo del cuore,
il beato desiderio del suo grande amore.
Mi desidero pura,
mi desidero innamorata,
come lo sguardo e il sorriso di luce,
della Maddalena con Gesù;
il loro candido,
stupito palpito.
Mi desidero pura,
mi desidero innamorata,
come tu Mamma mi hai voluta e creata.
Come nel tuo supremo amore
tu mi guidi
verso la pienezza eterna
della felicità.


La Poetessa e la colomba

La Poetessa uscì
nello stupore del giorno
imboccando la strada
che porta alla piazza.
Deserto appariva il cammino,
le case si ergevano
nella luce del sole.
Con l’anima percorsa
dalla gioia di vivere,
la poetessa cantava
canzoni d’amore.
Ma, un cacciatore nascosto,
lacerò l’atmosfera
con un colpo improvviso.
Una pura colomba serena
uccisa dalla crudeltà umana,
stramazzò ai piedi
della poetessa innamorata.
Gelò il suo canto di pace,
le fece piangere il cuore.


Donna oppressa

Bimba, bocciolo di rosa,
strappata al giardino puro della vita.
Bambina ghermita dall’orco malvagio,
che ha divorato i giochi dei sogni.
Fanciulla stuprata dai sadici ragni
dell’orrenda violenza.
Ragazza venduta e violata,
nella sua libertà sacra
dagli abominevoli squali
della faraonica ricchezza.
Donna sfregiata, immolata
dai taglienti rasoi dei pregiudizi,
coperta da un velo
di silenzio e oblio,
percossa dalla dura sferza
del maschio vincitore.
Donna inginocchiata, spezzata,
dalle esplosioni dell’orrore.
Donna che cammina
per la strada del calvario,
che come Maria piange
lacrime di sangue.
Donna travolta dal fiume di dolore
del male del mondo.


Storia di un transessuale

La tua anima è una perla
di grazia femminile,
una dolce cetra innamorata,
mentre il tuo odiato corpo
siede sull’olimpo della virilità.
Tra le torture della barbara prigione,
gridi in silenzio il tuo dolore,
lenendo la febbre del tormento,
col tenue balsamo dell’illusione.
La lama del disprezzo ti ferisce,
ti allieta la comprensione umana
e nel paradiso del futuro
la tua rosa splende d’incanto.
Bianche fate ti accompagnano,
esplorano il tuo mistero nella storia,
ma la tua mente non muta,
esser donna per te è naturale.
Piano, piano la barba prende il volo,
la magica pozione scultura in te
un mondo di stupore,
mentre nell’intimo tuo sguardo
brilla una Eva d’amore.
Tra le ortiche degli affanni,
le preghiere in braccio all’ansia,
arriva finalmente il sole atteso.
Su un raggio di sogno
culli i battiti del cuore,
mentre il mago della scienza
schiude la corolla del tuo fiore.
…Le tue lacrime gridano di gioia:
“miracolo ora sono donna”.


A una lesbica

Sorella, sorella lesbica,
non nascondere la tua bellezza
d’innamorata dei tuoi sogni.
Non arrossire davanti
alle truculente e ipocrite
parole dei per bene.
Non lasciar lapidare
la tua sessualità.
Non tremare davanti
ai sacrileghi
faraoni divini,
ebbri nei secoli
di denaro e sangue:
maestri e giudici del nulla.
Anche tu puoi vivere
il tuo universo
d’amore e gioia,
incontrando la compagna
del tuo cuore.
Con lei, in un infinito
amplesso,
puoi librarti oltre le stelle,
sino alle soglie del divino.


Ad Ardea e Silvana

Era il tempo bello e difficile
in cui già si abbracciavano
le passioni d’amore.
Palpitano nel corpo e nell’anima
i primi fragili e gioiosi amplessi
di ragazzi e ragazze
avvinti nel piacere
e nella speranza.
Chiusa in un deserto di tempo
Silvana invano aspettava il fiorire del cuore.
Ma il giorno incantato
finalmente arrivò
e, l’inaspettato suo palpito,
il viso di Ardea rimirò.
In lei, sorda alle voci false e crudeli
degli sterminatori dei sogni,
la sorgente dell’amore zampillò.
E Ardea, inondata
dalla stessa meraviglia romantica,
abbracciava Silvana
come la luna al sole.
Ma il falso tepore del nido natio
trasformò il suo puro stupore
in una prigione squallida
e i sacri pulpiti religiosi e mondani
la condannarono agli inferi.
Lei, annichilita colomba,
accecata e con le ali tarpate,
fuggiva lontana dal suo paradiso terreno
e si profanava, si suicidava
tra le mani di ragazzi che le crocifiggevano
il corpo e l’anima.
Nel silenzio, stravolta dal dolore,
dal profondo delle viscere Silvana urlava
il suo disperato messaggio
e pur atea la Dea supplicava:
“Fa che la mia amata tra le mie braccia torni”.
E un giorno come dipinto
dall’arcobaleno del caso
Ardea e Silvana
le loro strade incrociarono.
Ardea sentì in tutto il suo essere
un irrefrenabile ardore.
Si sentì morire, e poi risorgere porgendo le sue labbra,
la sua bocca vogliosa
ai baci dilaganti e voraci
della sua affascinante compagna,
superando in un mistico
erotico volo
tutte le inaridite
gravità della terra.
Silvana e Ardea si unirono
al cospetto di tutto il Divino.


A Rosy e Fabio

Nell’immensa foresta
di cemento e asfalto
della città brulicante
di umani respiri
Rosy e Fabio abbracciavano la vita.
Sorridevano gettando nel vento
le ghirlande incantate
della loro giovinezza.
Insieme apprendevano
le radici profonde
della cultura dei padri.
Lumini accendevano
nei loro pensieri fitti di sguardi
sul presente e il futuro
dell’umano destino.
Rosy era aspersa d’amore
e attendeva paziente e benigna
l’invito soave, la dichiarazione
dell’amico del cuore;
ma i giorni, i mesi veloci passavano
e i discorsi del ragazzo
non mutavano.
Rosy nel suo tormento pensava:
Fabio era timido,
certo anche lui l’amava
e tutta infuocata
dal sole del cuore,
una sera d’estate
lo baciò con passione.
Molto sorpreso
da quel femminile coraggio
Fabio non ricambiò
ma rimase di ghiaccio.
Fuggì nella notte
tutto nauseato
del vicino di banco era innamorato.


A Gelsomina

Gelsomina non passeggia più
immersa nel verde
tra i fiori dei sogni.
Non contempla più
solitaria nel vento,
la magia del tramonto.
Più non sorride
ai luminari del cielo,
ai fratelli e alle sorelle
dell’umanità intera.
Gelsomina ha il cuore ferito
dai taglienti coltelli
degli amanti del male.
Sanguina il corpo violato,
calpestato e percosso
nel cieco animale ludibrio.
Urla e piange
la sua anima candida,
sacra dimora d’amore,
invasa dai mostri della violenza sessuale.
Gelsomina ora giace straziata,
avvolta da un velo,
una nebbia gelata.
L’angelo della sua ricca natura
con la coltre del tempo,
la speranza d’eterno,
seppellirà la sua atroce avventura.
Ma forse mai più
nel commiato del sole
resterà sola e senza paura.


A Delara

Cresciuta in una terra spietata
dove i torrenti del fanatismo e dell’odio
ogni giorno irrorano
e travolgono il popolo.
Dove il sesso bello e gentile
soggiace legato
da orripilanti catene.
Delara ha bevuto
la coppa più amara.
Nel cuore consunto
della sua giovinezza
è stata accusata di estrema violenza.
La fanciulla, disfatta e allibita,
nega il delitto,
quel male tremendo.
Ma la macabra sfinge
di quel paese lontano
senza pena al patibolo
la conduce per mano.
Delara ha lasciato
le ombre calanti,
i sogni nascosti,
e le amiche fraterne
vicine e lontane.
Nella dimora dell’amore svelato
ora dipinge arcobaleni di luce.


Fiore calpestato

Eri sorella di ogni tempo,
correvi spensierata con il vento,
ridente abbracciavi la creazione,
la tua vita era una poesia d’amore.
Nel giorno affossato,
nella notte impietrita,
volavano i falchi predatori
delle ingenue fanciulle.
Sacrileghi ti hanno imprigionato
il sole, hanno percosso,
calpestato il tuo fiore.
Ora vaghi intontita
in un labirinto di vita,
non contempli più il cielo,
sui tuoi occhi è sceso un velo,
s’è gelata la voce,
i sentimenti son in croce.
Risorgi ragazza, risorgi,
non tremare,
con fede viva
torna a cantare,
il tuo candore
non è svanito.
Il sogno non è finito.


A Giuseppina

Giuseppina dipinge,
con la penna dello stupore,
aurore infinite di vita
ridenti di colori;
tramonti colmi di speranza
che volano oltre l’orizzonte,
nel mistero.
Dipinge, con la penna dell’anima,
i puri incantati viaggi
tra le distese del tempo,
tra i cherubini dell’amore.
Dipinge, con la penna del pensiero,
gemme e perle di sapienza
di inestimabile valore.
Tra la festa dei libri
che rispecchiano le nuvole e il sole,
invita a seguirla
per la strada del candore.
Ma la gente, frettolosa e ghiacciata,
appare e scompare,
crudele e sprezzante rifiuta
il dolce convivio
con la poesia del cuore.
E Giuseppina colpita dai dardi
dell’indifferenza umana,
irrora di sanguinanti lacrime
il suo giorno più amaro
dell’odissea temporale.
Ma, sugli altari del sapere,
le stelle poetiche risplendono;
nel divino futuro regnerà
il poema infinito.


A Buchi Emecheta

Nel cuore caldo e pulsante dell’Africa
Buchi aveva schiuso
i suoi orizzonti di sogno
e con la penna variopinta dell’anima
descriveva i giorni e le notti
dell’amato suo popolo.
Col suo puro femminile stupore
sollevava i veli dell’oblio
delle candide nere sorelle;
le accompagnava verso i sentieri
che conducono alla speranza.
La savana brulicava di voci,
di silenzi, di sguardi profondi
in cui palpitavano
miriadi di mondi.
Il suo primo romanzo vibrante d’amore
ora era pronto,
aspettava l’editore.
Ma il marito tracotante e di pietra
distrusse la perla
della sua giovinezza.
Buchi colpita e ferita
dalla blasfema protervia
non si accasciò
e a scolpire aurore di vita
coi suoi raggi d’incanto
lei seguitò.
Ambita e valente scrittrice
nel cammino della storia
lei diventò.


Alle azzurre del tennis

Le azzurre del tennis
i campi del globo hanno calcato
e sfoderando la loro fulgida,
cristallina classe,
hanno incontrato sagaci avversarie
mietendo allori di vittoria.
In una magica atmosfera di festa
le ragazze a stelle e strisce
hanno affrontato
per assidersi sul trono della gloria.
Rapide, grintose, precise
come gazzelle leonine,
su ogni briciola di terra,
su ogni traiettoria della palla
hanno lottato sventolando
la bandiera della vittoria.
Ora, straripanti d’allegria,
sono salite
sul monte della storia.


A Carolina Kostner

Nei palazzi del ghiaccio del mondo,
tra gli sguardi stupiti
e gli applausi scroscianti
degli amanti del ballo virtuoso,
Carolina si libra serena
coi suoi lampi di talento squisito.
Gira e volteggia
come leggiadra farfalla,
come candido cigno
in una danza vorticosa d’amore.
Nello splendore degli anni,
nel sorriso del sole,
sul prato gelato raccoglie
i fiori d’oro
della sua arte armoniosa.
Nella galassia del tempo
la stella di Carolina
brilla sempre più bella.


Alle ragazze della pallavolo

Belle, flessuose, aitanti,
le atlete azzurre
hanno calcato i campi
della Polonia europea
e con la tecnica e il cuore
hanno affrontato
le possenti squadre avversarie.
Veloci e agili
come eleganti gazzelle,
esperte e abili
come prestigiose fate,
volanti e potenti
come angeli amanti,
su tutte le palle si sono avventate
demolendo i muri avversari.
Sull’Olimpo d’Europa
un sogno ancora si avvera:
le stupende ragazze italiane
risplendono d’oro e di gloria.


A Antonia (105 anni)

Da tempo, Antonina
ha varcato le soglie
del secolo della fortezza.
Nel suo lungo, breve tragitto terreno
ha visto tremare due volte la terra
e, dalle briciole delle case sventrate,
uscire migliaia di sogni in polvere.
Antonina, già da bambina,
protetta da un’aureola di luce
ha valicato le tenebre
della cattiva sorte
e, tra la miseria del tempo,
ha sorriso e ha pianto.
Stringendo la speranza
si è immersa
tra le rovine della storia
e ha coltivato giardini
rigogliosi d’amore.
Serena e feconda ha avvolto
in una candida nube dorata
il mistero degli anni.
Ancora nel tragico fato
s’addensa la pena
e, tra i declivi fioriti,
imperversa la morte.
Antonina, Benedetta e graziata
dalla Fattrice del mondo,
eleva una prece,
espande la sua saggezza.


A Eluana Englaro

Agile come cerbiatta leggera
correvi e danzavi la vita,
il futuro dei sogni splendeva
nella tua primavera incantata.
Ma, nel sinistro schianto improvviso,
giacesti inanimata,
nell’oscura ombra confinata.
Non contemplavi più
gli splendidi arcobaleni
che per te e accanto a te
volavano verso gli orizzonti
lontani e misteriosi del cielo.
Non sentivi più i menestrelli
della gioia cantarti
canzoni di passione d’amore,
mentre abbracciata al ragazzo
del cuore raggiungevi
l’apice del naturale piacere.
Non potevi gustare più
i deliziosi cibi
della mensa imbandita
nella calda pace domestica.
Nutrita da una linfa
disumana e violenta
di una scienza di ghiaccio,
sei stata per lunghi piangenti anni
un albero secco nel tempo.
Ma un giudice con gli occhi umani
le preghiere e gli strazi
di tuo padre ha ascoltato
e tu Eluana finalmente liberata
dagli orrori della vita terrena,
come una rondine candida
hai potuto volare verso la stella
della beatitudine eterna.


Non morire sorella

Non morire, sorella,
non morire!
Tra le dense nebbie drogate
in cui si perdono
il corpo ed il cuore.
Non morire
tra le suadenti chimere
che ti spogliano
di poesia e di amore,
tra le sfilate
vestite di fatuo,
le lune di latta del tempo.
Non morire
tra le pietre preziose
del mondo
che non comprano
la gioia dell’anima.
Non morire, sorella,
splende nella notte
la stella più bella
del cielo:
come pura colomba
t’invita a volare
verso il giorno infinito.


A Stefania

Nel mistero profondo
che fa sgorgare la vita
Stefania giace oppressa, schiacciata
dall’immenso macigno dell’handicap.
Dopo l’effusione di lacrime
che le inondavano il corpo e la mente,
tra amici privi di Pasque fraterne,
Stefania ha dipinto in cielo
l’arcobaleno della speranza.
Nel giardino nascosto
e fecondo dell’anima
raccoglie i fiori del suo stupore
e candida d’amore
li depone sulle pagine
tristi del tempo.
Le sorride la luna romantica
stupita dai suoi versi di sogno,
vola la variopinta farfalla
nel sole della sua primavera.
Rapita dalla soave musica
dei grandi maestri
Stefania, vincendo
difficoltà inaudite,
è diventata pianista.
E suona celebrando la festa
del suo puro mondo interiore,
lancia con le sue note alla gente
un messaggio di bellezza e di gioia.
Ora è amica e sorella
dell’umana avventura
e il suo handicap
non le fa più paura.


Alle ginnaste ritmiche

Belle, flessibili, eleganti,
le ragazze salgono impavide
sul trono della ribalta.
Nel mondo moderno che pullula
di immagini lubriche
e di grossolane opere torve,
le ginnaste si ergono
con le loro candide grazie.
Mentre nell’atmosfera serena
il ritmo della musica sale,
come cerbiatte leggere
le fanciulle danzano,
sculturando nel tempo
leggiadre figure di sogno.


Il suono dell’arpa

Alessandra,
bella come l’aurora,
serena come il sole
che inonda di luce
la vita,
limpida come le sorgenti
delle vergini montagne;
sublima il giorno e la notte
di dolci note,
di armonie di sogno.
L’arpa incantata
inabissa i cupi mostruosi
ritornelli infernali.
Gli urli assordanti,
incatenati, osannanti
al progresso.
Alessandra,
con semplice, gioiosa maestria
accarezza le corde
e la sinfonia amorosa
sale sulle ali del vento,
vola nei cuori in attesa
del buono, del bello.
Naviga sulla luna d’argento,
musicando di mièle
la danza degli astri.
Nel mondo infinito
accompagna il canto degli angeli
e delle beate anime celesti.


A Stella

Non darla via la tua rosa Stella
per qualche grammo di tossica sostanza
che come un gigantesco topo
ti rode il cervello e il corpo,
il presente e la speranza.
Non offrirla per pochi spiccioli di carta
che alimentano bisogni artificiali,
per una fuoriserie bardata a festa,
per una villa,
o una vacanza in riva al mare.
Non reprimere però
il tuo sessuale desiderio.
Fa’ l’amore con la persona che ti attrae,
che ti offre la giusta dose di piacere,
che giammai ti brutalizza l’anima
e non violenta il tempio del tuo corpo.
Scacciando il pudore tuo nemico,.
in un umano e divino amplesso,
fonditi con lui o con lei
oltre le stelle.
l’orgasmo e la gioia
più copiosi sgorgheranno
ad innaffiare la preghiera.


Ad Adriana (amica poetessa)

Sentivi il cupo silenzio del tramonto
tra le crocifisse speranze del giorno.
Vedevi la tigre che divora i sogni
farsi sempre più vicina.
Ma che magnifica sorpresa, Adriana,
quando, spogliata dell’ultima
briciola di carne, hai visto
svanire l’abisso del nulla.
Dal sublime monte del mistero
sgorgava una sorgente di luce,
e tu vestita d’ansia,
di stupore celeste,
ti sei messa a volare
verso lo splendore infinito.
Nella patria senza tempo,
il tuo volo molto breve sarà
e, nell’incanto dell’eterno poema,
la tua colomba arriverà.


A Eveline

Nel giardino incantato
della sua stagione in fiore
Eveline sognava l’amore,
e tra le danze armoniose
di una grande festa
pensò di averlo trovato.
Si donò rapida,
splendente di speranza,
sull’altare del sogno
pronunciò il suo sì
senza profonda sostanza.
Ivo, non era il romantico sognato,
il fantastico poeta dei suoi giorni,
era freddo, taciturno, compassato,
il sonnolento, tipico borghese
da sempre nel suo cuore disprezzato.
Eveline masticava bocconi amari,
viveva come separata
nella casa,
ma, tra le nuvole
della disperazione,
il viso di Lucio
le apparve come il sole.
La cullava con i suoi canti d’allegria,
l’accarezzava con le sue parole
e, sotto lo stupito sguardo
delle stelle,
la baciava in una sinfonia di poesia.
Invasa dal nuovo folle amore
con lui fondò un altro nido;
ma l’oasi di pace durò poco,
l’uomo del suo cuore s’ammalò
e fu l’ora della croce.
Mesta e fervida Eveline lo seguiva
in quella tetra odissea del dolore,
ma presto Lucio
giunse al termine del tempo
delle lacrime e dello stupore.
Eveline si sentì con lui morire,
si vide perduta in ogni cosa
e, abbracciata al vento del suo nulla,
fu facile preda della depressione.
Risorga e non tramonti in Eveline
la speranza meravigliosa
del divino eterno amplesso
con l’uomo del suo cuore
oltre l’angusto sguardo della terra.


A Melita

Dov’è finito Melita
il tuo sogno d’amore?
Nella primavera del tempo
sembrava così affascinante.
Carmine ti avvolgeva
con l’incenso delle sue parole,
illuminava i tuoi giorni
e le tue notti
col calore del suo sole.
Ma dopo lo splendore dell’astro
è arrivata l’oscura nube
dell’assenza.
Carmine più non ti culla
con turchine note,
è diventato ghiaccio,
un orso che spaventa.
Il tuo cuore ancora per lui danza,
ma la tua anima
è triste, depressa
e questo giorno fatidico e crudele
il mistero umano si è svelato.
Rientrando più presto dal lavoro
lo hai sorpreso avvinto
ad una sconosciuta bionda.
Hai gridato, ti sei sentita
calpestata,
come pugnalata d’improvviso.
Sì rapito da quella fatale amante
orrendo, senza misericordia,
tuo marito ti ha scacciata.
E tu Melita innamorata
giaci sopraffatta nell’oblio.
Ti senti ancora bella,
appassionata
e non capisci il terremoto dell’addio.


A Marisol

Eri felice Marisol, eri felice
nella linda semplice casa
dei tuoi sogni.
Nel giardino della primavera
dell’amore
Giulio con incanto ti cullava
e dal grembo del tuo desiderio
già due fiori erano sbocciati.
Ma nel giorno cosparso
di trappole nascoste,
in un boato tremendo di lamiere,
Giulio incontrò la prematura notte,
senza un bacio, un arrivederci.
Sentisti un terremoto di dolore
che distruggeva la tua vita,
l’amore se n’era andato via
ghermito dal tempo traditore.
Ma i pargoli invocavano soccorso,
chiedevano il tepore del tuo cuore
e tu scacciando le nuvole del pianto
ti cospargevi di dolcezza,
li illuminavi con soli di sorriso,
tutta effusa
sul loro inconsapevole candore.
Ma la madia ben presto si svuotava,
erano misere le tue risorse
materiali,
ma per fortuna
al desco familiare
pensavano i genitori:
è naturale.
I giorni e le stagioni passano
e sempre più ti senti sola,
la tua anima e il tuo corpo fremono
nel loro splendore di giovinezza.
Forse Marisol già sogni
un altro amore
che sappia cantare alla tua bellezza.


A Corinne e a Roby

La primavera dell’amore
fioriva nel giardino di Corinne;
il sole per lei dipingeva
un arcobaleno dai mille colori.
Ma il cuore di Roby lasciò
il suo porto di pace,
una ninfa gelata e fatale
il suo sorriso ghermì.
Corinne, trafitta
dalla lancia dell’abbandono,
sanguinante correva
e tra le case di paesi e città
urlava il suo disperato richiamo.
Trafelata scriveva su tutte le strade:
“Senza te non esisto… Roby ti amo”.
Tra la fredda foschia del tempo
affidava al vento
la sua appassionata canzone accorata.
Dal deserto del desiderio
Roby il puro invito ascoltò
e tra le braccia
del suo stupore romantico
come astro che brilla lui ritornò.
Il canto di Roby e Corinne
risuonò nell’aurora
come usignolo tra i fiori
e, oltre le tombe
che seppelliscono il mondo,
raggiunse l’estasi dell’infinito.


A Duilio e Candida

Il frutto dolce e amaro
dell’aurora della tua vita, Duilio,
è stato divorato da leoni feroci
della selva del profitto.
Sulla soglia della giovinezza
brilla una luna di speranza pura,
ma gli avvoltoi della creazione
sembrano spegnere ogni luminare,
ogni luce futura.
Ti dibatti in una palude
di miserie,
scali vette di fatica quotidiana,
non hai più gli occhi
per contemplare il cielo,
per rivestire di stupore
la natura.
Ma, tra le feritoie della notte,
hai visto Candida,
avvolta in un arcobaleno
di bellezza,
nella misera catapecchia
dell’esistere
splendeva il suo sorriso
vestito a festa.
Il tuo cuore gaudioso bramava
i palpiti della sua muliebre esistenza
e fiorisce la vostra poesia d’amore
tra i versi dell’incantata primavera.
Candida la tua stella della vita,
la tua fresca sorgente dell’incanto.
Candida la fata dei tuoi sogni,
la tua unica perla di ricchezza.
Vorresti fonderti
con lei nell’universo,
cullarla e nutrirla come sposa,
ma i vostri pascoli son spogli,
non c’è nulla per costruire il nido.
Eletti procreatori di ogni dote,
auriferi magnati del destino,
costruite una casetta
a Duilio e Candida
per far sbocciare i fiori dell’amore.


A Virna e Claudio

Virna splendeva di diademi di sole
sulla terra incarnava l’amore.
Claudio la vide
come il più bel fiore del parco
e ne rimase affascinato.
Con un azzurro sorriso
lui le parlò
e la splendida figlia di Eva
s’innamorò.
Furono carezze di luna,
baci di stelle
nella notte soffusa
di poesia d’incanto.
Furono mari di parole,
foreste di sguardi
in un connubio soave
con il creato armonioso.
Nella speranza radiosa
albergava la vita,
per i due innamorati
brillava infinita.
Avvolti in una nube
candida di sogno,
immersi nella bellezza,
volavano audaci
verso la gioia sublime
dell’eterno divino stupore.


A Sergio e Ambra

Tra i candidi colori
delle fanciulle aurore
Ambra e Sergio si amavano
e nel giardino dei sogni
palpitanti d’incanto contemplavano
gli splendidi fiori del loro futuro.
Ma la famiglia di Ambra
lontano emigrò
e la bianca, pura colomba
il volo della gioia obliò.
Furon castelli di sabbia
tra i deserti tumultuosi del tempo,
canti stonati dispersi
dal turbinio del vento,
osannate chimere
vestite di fatuo
e il giglio del rimpianto fioriva.
Un giorno trasfigurato di stelle
Ambra tornò al sito natale,
i volti, le strade e le case
le ritraevano i suoi anni più belli
e ancora le vibrava nel cuore
il primo bacio,
la sinfonia dell’amore.
Con l’anima dipinta
di verde speranza
Ambra bussò alla porta del sogno
e asperso dallo stupore
Sergio le offrì il sorriso bramato.
Il sole tinse di festa
l’orizzonte del cielo,
la luna della notte sultana
brillò tutta romantica
mentre i due innamorati
intonavano un canto
di gaudio infinito.


A Vanessa

Tra i prati fioriti del mondo,
leggiadra come variopinta farfalla,
Vanessa sognante volava,
il nettare dell’amore bramava.
Percorsa da un tenero
femminile abbandono;
da un intenso, invocante
desiderio sessuale,
la sua rosa tuttavia
non voleva donare
ad un anonimo, fugace
calabrone carnale.
Dalla profonda aurora del tempo
arrivò Orlando, il compagno dei sogni.
Portava nell’anima sorrisi di sole,
di perle e smeraldi intrecciava parole.
Più dolce del miele Vanessa tubava,
al principe azzurro
puri amplessi donava.
Era un amore che palpitava di cielo,
abbracciava i respiri
dell’orizzonte terreno.
Era un fiore fecondo
di romantica poesia,
un canto felice nel tempo
che rasserenava l’umana follia.
Nel soave gaudio del sesso profondo
verso il paradiso volavano
senza alcuna paura.


Giglio e Luciana

Luciana danzava la vita,
la gioia d’amore in lei sorrideva.
Giglio adornava il suo campo,
la vide e ne restò affascinato:
Luciana, la rosa più bella.
La donna gli donò il suo profumo,
i pascoli furon ridenti e fecondi,
dove le mucche crescevano gravide
e nei tini fermentavano mosti.
Il tempo gocciolava i suoi rintocchi
nel loro nido d’amore
di verdeggianti declivi e colline.
La vita stringeva tra le dita
molto nettare e qualche punta di spina,
come ogni cosa, ogni respiro, ogni istante.
Il caldo e ridente agosto
in un giorno fu gelato:
Tumore, apostolo di morte,
affiancò Luciana giovinetta.
Giglio restò soffocato
nelle sue note di flauto spezzato.
Tomba non fu madre del nulla
ma sposa di Lampo Divino
spalancò così il suo sepolcro
e fu gioia e novità di vita.
Giglio e Luciana celebrarono in cielo
nuove nozze, indissolubili ed eterne.
Luciana danzava la vita,
la gioia d’amore in lei sorrideva.
Giglio adornò il suo campo:
furono pascoli ridenti e fecondi.


Bellezza femminile

La bellezza sei tu:
prendono luce sul tuo viso
i topazi e i rubini
sì del divino.
La meraviglia sei tu:
tutti gli incanti della terra
hanno splendore nel tuo corpo.
La luna ti colma di stupore,
il sole splende nel tuo sguardo.
La poesia sei tu:
Danzano le stelle
nei tuoi passi.
Cantano i pianeti
nella tua voce.
L’alba riempie
il tuo sorriso.
Il tramonto indora
i tuoi sogni.
La vita sei tu:
i frutti prodigiosi
della terra
maturano soavi
nel tuo ventre
felici abbracciano
il tempo festosi colorano
il mondo.
L’amore sei tu:
ti effondi amante
nel creato
ogni uomo vorrebbe
il tuo candore.
I poeti e gli scrittori
immortalano il tuo nome.


Novant’anni
(a mia madre)

Novant’anni di frenetiche corse,
di passi placidi del cuore
tra ubertose valli fiorite
ridenti dei baci del sole,
tra steppe aride e selvagge
in cui pascolava il dolore.
Novant’anni di canti
giulivi, tristi, agrodolci,
accompagnati da arpe e violini,
dalla sinfonia della Dea.
Novant’anni d’esplorazioni del cosmo
sul destriero del pensiero,
della contadina sapienza.
Novant’anni di voli dei sogni
tra i misteri
del pensiero danzante.
Novant’anni di pitture d’amore
con gli arcobaleni di colori
tra le stillanti
rugiade di sudore.
In quanta acqua
dolce e salata
sotto il tuo sguardo
ha nuotato la vita!
Che soffio di vento
nel seno del tempo!
Che parvenza di respiro
in braccio all’eterno!
Ristòrati di speranza, mamma,
non temere.
L’oscura notte non verrà,
non potrà prevalere.

La tua chiara alba
sgorgherà nell’infinito giorno
dove la luna e le stelle
brillano nella pace,
nel gaudio
senza rimorso.


In morte di mia madre

Nel caldo infuocato agosto
l’inverno con la sua gelata neve
ha ricoperto, madre,
le splendenti rose
delle Tue tante primavere.
La mantide della cupa notte
nel silenzio, senza un bacio,
Ti ha ghermita.
Ti porterà tra le spire della polvere,
dove riposa ogni fatica della terra,
dove troneggia la speranza
dalla resurrezione.
Ora la tua colomba eterna
è volata oltre le lacrime del mondo
ed io so che la grande Dea
le darà ali per librarsi nella gloria.


Fanciulla della Dea

Fanciulla della Dea,
se hai ancora negli occhi
quei cieli limpidi, infiniti,
spandi il tuo sguardo!
Affinché ogni uomo, ogni donna,
sappia che il Regno dei Cieli
non è sparito, non è lontano.
Fanciulla della Dea,
se hai ancora la voce
imbevuta da quella musica d’angelo,
diffondi la tua melodia di gioia
sul pianeta,
affinché tutto il mondo creda
che la vita è una bella festa,
vissuta nel canto della Signora.
Fanciulla della Dea,
se hai ancora il viso
bagnato d’arcobaleni di rugiada,
accendi nel tempo la tua luce.
Affinché i figli della materia del secolo,
sappiano che il loro strisciare nel buio
è affiancato da un altro cammino sereno,
che porta all’alba della verità.
Fanciulla della Dea,
se hai ancora il tuo pensiero
come danza di galassie e stelle,
getta nell’orbita degli oscuri spazi
i tuoi splendenti luminari.
Affinché l’uomo e la donna sappiano
che la sapienza è nella purezza,
nel bello universale.
Fanciulla della Dea,
se hai ancora l’anima
nel sole acceso dell’incanto,
espandila sugli spenti esseri.

Affinché fiorisca tra i loro ori di terra
e sentimenti di catrame,
l’oasi viva della poesia.
Fanciulla della Dea,
se hai ancora il tutto
nel soave candore dell’essere,
corri nel tempo, nello spazio,
valica i monti, pianure e mari,
infilati tra le speranze umane:
tu che fai nuove tutte le cose.


Per tutte noi tue figlie

A te, Divina Madre
la mia preghiera per tutte noi,
tue amate, dilette figlie.
Le tue figlie spogliate
dalla feroce tracotanza maschile
degli arcobaleni di luce
delle aurore Divine,
e relegate negli oscuri tramonti
dei firmamenti umani.
Le tue figlie sposate
dai Re delle tempeste dei secoli,
schiave di tutti gli abomini
e dei vizi del mondo.
Le tue figlie calpestate dai ciechi
galoppi dell’era che uccide
la poesia e i sogni.
Per le femmine annegate
nell’oceano della violenza.
Per i loro giardini di seta
invasi dai demoni della materia.
Per le candide rose straziate
dai bruchi della morte sessuale.
per le ridenti gazzelle rinchiuse
nelle gabbie degli orrori
dove lacrime di sangue cadono
dagli occhi dell’amore.
Ti prego, o Grande Madre,
per la rugiada di gioia
che stilla sul loro prato.
Per la luna di speranza
che brilla sui loro volti.
Per l’incanto innamorato
che splende nei loro cuori.
Dea madre, noi donne tutte
desideriamo essere
liberate dal male.


A Mende

La notte incendiò di terrore
il riposo quieto
dei miseri e delle misere.
La luna come falce
crudele brillò,
mietendo il grano dei sogni.
Orfana del sorriso,
dal suo nido distrutto,
con le deboli ali
Mende volò
tra l’orrore ed il caso
nelle braccia protese
del vampiro del male.
Furono gesti sfregiati
dalla frusta dell’odio,
crocifissi silenzi
nella stagione del canto,
giorni e notti rinchiusi
nella prigione del dolore.
Nel sole ardente del Sudan
che brucia la terra e l’amore,
i turpi mercanti ingabbiano
i puri e gioiosi usignoli.
Prezioso, disprezzato trastullo,
tra mani feroci e negriere
un giorno Mende arrivò
su un’isola bianca.
Dalla tomba della vita
sventolando il vessillo
della dignità umana,
tra i mille colori
della festa del tempo,
Mende fuggì
verso la speranza.


A Florinda

Nella festa del tempo,
tra le gemme fiorite dell’esistere,
incantevole come il sorriso
dell’aurora,
Florinda danzava la vita.
Sognava nel giardino del suo cuore
l’incontro soave
col principe della sua bellezza
e ben presto giacque avvinta,
dolce e affascinata prigioniera,
dell’azzurro ragazzo dei sogni.
La reggia del suo desiderio
solo in Arnaldo si stendeva
e i baci di tutte le stagioni
all’innamorato donava.
La leggiadra fanciulla
con lui trasfigurava le notti
imperanti e crudeli nelle cieche
odissee della terra.
Si beava del mistico alone
di candore che si sprigionava
dai loro amplessi romantici,
tra la plenitudine incantata
della luna e delle stelle del cielo.


A Flora

Nel dolce abbandono
della sua femminilità fiorita,
con Baldo prescelto dai battiti del cuore,
Flora molto spesso faceva l’amore.
Puro e gioioso il loro piacere
dilagava inondando di stupore
l’essenza di tutta la terra.
Come sacra e benedetta preghiera
il loro amplesso armonioso volava
sin nell’intimo della Dea Celeste.
Un giorno più fertile di speranza,
i due innamorati romantici,
decisero di seminare nel tempo
un loro speciale chicco di vita.
Nel grembo accogliente di Flora,
irrorato da tutto il suo essere
il miracolo umano e divino germinò
e cresceva, cresceva, sano robusto
ansioso di contemplare i colori
che si sprigionano dai raggi del sole.
Il giorno dell’aurora beata arrivò
e Flora, accompagnata
dall’alito caldo di Baldo,
in una festa multicolore di sogni,
fece sbocciare alla luce
un femminile bellissimo fiore.
Come lei avrebbe donato
arcobaleni di pace e d’incanto
alla terra, alla creazione.


A Giada

Serena, splendente di sole,
Giada su tutti irradiava
il suo umano calore.
Palpitava il suo cuore
per ogni ferita, ogni storia nascosta,
per la pecorella smarrita.
Una sera, densa di nubi,
obliata dai luminari del cielo,
a casa di un amico si trovò:
a lei pareva sincero.
Ma il demone della violenza sessuale
trionfava in quell’uomo,
lo rendeva viscido, schiavo brutale.
Invano la ragazza difese
la preziosa sua rosa,
ebbra di sì male e di odio
la belva la violentò,
la scaraventò sulla strada.
Col suo giardino deturpato e violato
giacque stravolta;
l’anima fu tutta una rivolta,
spogliata di pace e d’amore.
Ma il tempo sanò il suo travaglio
e lo spirito risorse fecondo,
innaffiando ancora
di speranza la vita,
facendo sbocciare fiori nel mondo.


A Jula

Tra i semplici stupiti sguardi
sui paesaggi più sereni del tempo,
gli incantevoli suoni del flauto
in cui la sua vita danzava,
Jula sognava romantica
il primo abbraccio e bacio d’amore.
In una festa di suoni e di voci,
di mille diademi di colori,
da Osvaldo si sentì attratta
e, sospinta da una calda ebbrezza
colma di speranza e stupore,
tutta le si donò,
senza freni, senza inibizioni.
Con lui, ormai ragazzo del cuore,
spartiva i giorni e le notti,
i sogni e i trasporti d’amore.
Ma, ben presto, discesa dal soave pianeta
della sua primigenia illusione,
s’accorse che Osvaldo abitava
in un cinico mondo
arrogante e spietato
di cui lei era diventata trastullo,
orripilante sfogo
della sua furia animale.
Jula, pura e soave maestra
di bellezza e d’incanto,
pativa e versava lacrime amare;
finché in un giorno radioso fuggì
lasciando il suo amante sepolcrale.
Ma, ancora lui la seguiva,
con orribile acredine
la perseguitava,
per riportarla nella sua putrida tana.
All’ennesimo giusto rifiuto di Jula,
tra l’assenza quasi spietata

della gente che popolava la strada,
con balzo felino Osvaldo
si gettò su di lei
trafiggendola con violenza
estrema e mortale.
Risorgano gloriose Dea Madre
le nostre care sorelle
immolate sui tanti
maschilisti altari.


A Jasmine

Nel cuore calpestato del Pakistan
Jasmine viveva nel sole
la sua splendida storia d’amore.
Tra le dune del deserto fiorite a festa,
col ragazzo sublime e amato,
soleva fare l’amore.
Una musica di gioia
la sua anima danzava,
ma intrigante e maligna
la gente la guardava,
senza pietà la crocifiggeva.
La sua famiglia alla deriva
tra la virulenza cieca
del maschilismo imperante,
senza misericordia
con inaudita violenza,
tra la paglia e il fango
domestico l’imprigionò.
Alle ombre calanti di un vecchio
sconosciuto e ripugnante,
calpestandola senza pudore,
gli abbracci e i baci di Jasmine
suo padre vendere voleva.
Una sera cristallina di sogni
Jasmine superò le sbarre
dell’infame prigione
per raggiungere il ragazzo del cuore.
Ma bieco e crudele,
suddito fedele della più orribile
maschile bestemmia,
l’efferato padre la raggiunse
e spietato le squarciò
la femminilità in fiore.
Risorga la nostra sorella
nell’eterno incanto
della Dea dell’amore.


Ad Aziz e Shima

Nel paradisiaco battito del cuore,
nella terra sul cui suolo vivevano,
ma che era molto lontana del Pakistan,
Aziz e Shima si amavano.
Tra le soffici dune,
splendenti di speranza,
riscaldati da arcobaleni di sole,
facevano l’amore.
Ma gli impietosi, sacramentali
nidi famigliari
il loro rapporto osteggiavano;
i ciechi fattori di Shima,
un altro uomo le imponevano.
Colmi di latte e miele di cielo,
i due amanti fuggivano
per vivere liberi
il loro incanto stupendo.
Nell’alcova del paradiso
le loro speranze intrecciavano,
disegnando con pastelli di sogno
il loro eterno futuro.
Il quotidiano pur duro lavoro,
provvido per la loro ribelle famiglia,
leggero si sprigionava
coi loro sorrisi puri e felici.
Ma, un brutale, orrido giorno,
il sole si eclissò
e nessun astro volle brillare.
Dal regno assoluto delle tenebre
sbucarono i tetri assassini
della libertà e dell’amore.
I due innamorati romantici
volarono verso un regno lontano
dove nella meraviglia e bellezza
vivono gli eterni amplessi amorosi.


A Rosita

Nel caldo focolare domestico
Rosita era nata e cresciuta;
su soffici poltrone borghesi
dalla sua famiglia era adagiata.
Seguendo l’umana natura
la sua vita si sviluppava
e la sua femminilità domandava
un giusto amplesso sessuale
col ragazzo dei sogni,
col compagno del cuore.
Ma, sospinta da uno sguardo cieco e crudele,
da una sovrana, bigotta, fede parvenza,
la sua famiglia la blindava,
la cintura di castità le imponeva
sino al fatidico sì sull’altare.
Tutta ferita e piagata
da quell’incredibile durezza di cuore,
Rosita il suo orrido nido lasciò;
zampillando sacro sudore
nella città più vicina.
Come i farisei di tutti i tempi
i genitori la ripudiarono,
continuando imperterriti
la loro oscena commedia
nella chiesa cattolica.
Ma finalmente Rosita
offrì la sua vergine rosa,
in un arcobaleno d’incanto,
al suo principe dell’amore
e della speranza.


Se sei interessato a leggere l'intera Opera e desideri acquistarla clicca qui

Torna alla homepage dell'Autore

Il Club degli Autori - Concorsi Letterari - Montedit - Consigli Editoriali - Il Club dei Poeti
Chi siamo
La Rivista
La voce degli Autori
Tutti i nostri Autori
Per iscriversi
ClubNews
Il notiziario gratuito
Ultimi inserimenti
Homepage
Avvenimenti
Novità & Dintorni
i Concorsi
Letterari
Le Antologie
dei Concorsi
Tutti i nostri
Autori
La tua
Homepage
su Club.it