Sulle ali del vento

di

Ermano Raso


Ermano Raso - Sulle ali del vento
Collana "Le Schegge d'Oro" - I libri dei Premi - Poesia
15x21 - pp. 52 - Euro 6,20
ISBN 88-8356-178-3

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Prefazione

Il titolo della silloge di Ermano Raso è una promessa al lettore e allo stesso tempo una speranza per ognuno di noi; abbandonarsi al vento, farsi trasportare dalle sue ali: perché? Perché il vento accarezza e muove ogni cosa: le chiome degli alberi e i pensieri, la superficie dell’acqua e le emozioni, le nubi e i sentimenti più riposti. Invocare il vento vuol dire cercare una dimensione più limpida, tersa e trasparente, vuol dire spazzare via d’un colpo, dai cieli che sovrastano le nostre città, le troppe antenne, i troppi fili, i troppi pali che oscurano l’orizzonte e al tempo stesso i cuori. Vuol dire spingere lo sguardo più lontano, in un anelito di infinito che non può non sentirsi compresso da una società in cui tutto è merce. Questo è il dramma scontato quotidianamente dagli uomini: quel sentirsi al tempo stesso infinitamente grandi e infinitamente piccoli, quel cercare una nota, una rispondenza, un soffio che dischiuda all’improvviso l’orizzonte lasciando brillare ogni cosa della sua luce naturale; e quel non trovare, oppressi come si è da orizzonti che invece si chiudono sempre più. Un dramma a cui non tutti sanno dare voce e ancora meno sanno azzardare risposte: è certo meno faticoso, forse anche meno rischioso, fare spallucce e accontentarsi di aprire la finestra e spingersi con lo sguardo fino al palazzo di fronte. In fondo, cosa c‘è da cercare ancora?
C‘è molto, invece. È questa la risposta di Raso, modulata in una cinquantina di poesie che del vento hanno la leggerezza e il suono sottile. Un suono che, scrive il poeta, “si ascolta col cuore, non già con l’udito”. Esattamente così vanno lette queste liriche: col cuore. Abbandonandosi, come si farebbe col vento. È così che esse si dischiuderanno, come un fiore in boccio, e lasceranno fluire piano la loro ricchezza. Che è per l’appunto quella dei germogli, della lenta scoperta di una primavera splendida di verde e di sole. Come definire altrimenti una lettura tanto intessuta di natura e che porta alla luce, nel contempo, i pensieri e le emozioni più segrete? Come a primavera si risveglia la vita, così sulle ali del vento l’anima del lettore si desta, accorgendosi che intorno a lui c‘è tutto un mondo palpitante e vivo, ricco di colori e profumi. Ed ecco che sotto i nostri occhi si distendono le belle immagini con cui Raso cerca di incastonare, come creando splendidi cammei, le sue illuminazioni (che non hanno, si badi, l’irruenza della folgorazione improvvisa ma si aprono piano, con una delicatezza fatta di stupore ma anche di saggezza antica): la natura viene accolta e amata in ogni suo aspetto, privilegiando in particolare quelli più umili e dimessi. Non ci troviamo di fronte a una natura eroica, nobile o nobilitata; quel che il poeta vede e sente è esattamente quello che ognuno di noi potrebbe vedere e sentire, se solo avesse cuore per farlo. Viene in mente una celebre poesia di Montale, “I limoni”; c‘è qui, anche se non esplicita, la stessa polemica nei confronti dei “poeti laureati”, coloro che sanno parlare solo di “bossi, ligustri o acanti”; non così, suggerisce Raso, si riesce a fare poesia; sono i limoni, i passeri, i rami di pesco quelli che si animano, ci vengono incontro con suoni familiari. E, a quel punto, ogni magia è possibile: “raccoglierò” – scrive Raso – “gocce di luna in una notte di stelle e ruberò briciole di cielo adagiate sull’erba; anche il mare [...] lambisce i miei piedi / accarezzandoli pietoso con le mani delle onde; si risvegliano le montagne / gigantesche sentinelle della valle / in attesa della pennellata dell’aurora”. È possibile soprattutto la magia di tutte le magie: la fusione tra uomo e natura, la percezione che tutto è uno, che la natura sente e trema e ama come l’uomo, e l’uomo può farsi vento e terra e profumo; e da questo inno all’amore panico può sorgere una qualità dell’amore tra uomo e donna che prescinde dal possesso, dal rancore, dalle aspettative frustrate, da tutto ciò che avvelena la purezza di un sentimento per sua natura divino; un amore che si può proiettare nell’infinito perché anche i corpi diventano superflui, mescolati come sono a una natura che incessantemente nasce e muore e poi risorge. Per questo le liriche di Raso sono vero inno alla vita; per questo non potranno lasciare indifferente nessuno.

Bianca Cerulli


Sulle ali del vento


AUTUNNO

Autunno nella natura,
autunno nella vita.
Piangono foglie ingiallite
i longevi platani del viale
che poc’anzi ondeggiavano orgogliosi
alle carezze dell’amico vento.
Piangono lacrime silenziose
gli occhi velati di tristezza,
fino a ieri baciati
dall’effimero soffio della gioventù.
Imbiancheran di brina
i rami spogli,
quali braccia protese al cielo
alla ricerca dei raggi freddi
d’un sole dimentico.
Coloreran d’argento
i capelli radi,
privi ormai delle onde fluttuanti,
fiero vessillo
di un’era ormai scorsa.
Sugli alberi,
come viandanti in sosta,
frettolosi si poseranno i passeri;
nel cuore,
come api nell’alveare,
tumultuosi s’assieperanno i ricordi.


TRAMONTO

Il sole che fugge tra i lontani monti
ed io a rincorrerlo con veloci pensieri;
l’imbrunire che prevale sul chiarore del giorno
spargendo cenere sull’azzurro del cielo;
a grandi passi s’approssima la sera
che illuminerò accendendo la luna.


SUL FAR DELLA SERA

Sul far della sera
i miei pensieri si disperderanno
nel vento di tramontana
spazzati via come foglie morte:
fogli di un calendario vissuto,
raminghe pagine
strappate al diario della mia vita,
che la spugna del tempo
ha ormai sbiadito.
Forse alcuni saliranno in cielo
sulle ali delle rondini
accompagnati dal canto degli alberi
e dalla dolce fragranza
dei fiori di tiglio:
dapprima imporporati
dal sole calante,
poi cullati
dall’incipiente imbrunire.
Allora lasceranno il mondo,
saran onde nell’etere,
silenti messaggi scagliati nell’infinito:
della luce assai più veloci,
fino a giunger colà
dove dimorano gli angeli.


MATTINO

Il sole nascente
dipinge l’aurora;
poi nella mente
un pensiero affiora:
“Mattino sul mondo
mattino nel cuore”.


CAMMINANDO, VOLANDO

Ho camminato, la notte,
per i sentieri del cielo
mano nella mano
con la dea dell’amore,
complice la luna
a rischiararci la via.

Ho volato, il giorno,
dopo il buio senza stelle,
sulle ali del vento
incontro ai bagliori dell’aurora,
per raccogliere frammenti di speranze
scagliati nel cielo dal sole nascente.

Ho rincorso, al declinare della luce,
sulla scia dei pensieri,
il disco infuocato dell’astro calante
fin là dove muoiono i sogni,
per tentar di arrestare
il fuggir della vita.

Vorrei varcare la soglia del tempo
e lanciarmi nel passato
per mutare il presente,
poi balzare nel futuro
per osservare l’oggi
con gli occhi di poi.

Vorrei essere una goccia di rugiada
posata sui petali della rosa
per potermi dissolvere, domani,
ai primi raggi di sole.


QUALCOSA NELL’ARIA

C‘è qualcosa stamane nell’aria:
più allegri cinguettano i passeri,
che festosi stormeggiano
sui rosei rami del pesco
antistante al giardino;
più cristalline appaiono
le gocce di rugiada che lacrimano
dalle neonate foglioline degli alberi.
V‘è, racchiusa in quelle stille,
tutta l’incontenibile felicità delle piante,
ora che la carezza della primavera
le ha destate dall’incantesimo dell’inverno.
I fiori del giardino paion sorridere,
mentre dal limitare della recinzione i lillà,
e dalla prossimità della gradinata i limoni,
delicatamente espandono
la loro dolce fragranza
che si fonde nell’aria
di questo magico mattino.
Non s’ode più il vento
stormire tra le fronde dei pini:
ecco: s‘è arrestato per consentirmi
di udire il palpitare del creato.
Col cuore, non già con l’udito,
ascolto il sussurro dei fiori,
i dialoghi degli animali,
e, dalla fontana del cortile,
il silenzio dell’acqua che scorre.
C‘è qualcosa stamane nell’aria…


FRAMMENTI DI CIELO

Raccoglierò gocce di luna
in una notte di stelle
e lacrime di stelle
in una notte di luna.
Allo spuntar del giorno
ruberò briciole di cielo
adagiate sull’erba
quali stille di rugiada.
Nello scrigno dei ricordi
poserò il fuoco dell’alba,
l’incanto del tramonto,
la pace della sera.
Nel turbine dei pensieri
deporrò la quiete del silenzio.


IL CANTO DELLA VALLE

S’ode un fremito percorrere la valle
allo spirare del vento tiepido di primavera.
Vedo, sui monti che svettano in lontananza,
le prime nevi sciogliersi al dardeggiare
sempre più assiduo dei raggi solari.
I vertici dei pini ondeggiano
in una danza di benvenuto
alla nuova stagione che bussa,
mentre il mugghiare del fiume
si muta in canto,
per destare dal sonno gli abitatori dei boschi,
per allietare le ore agli abitanti dei borghi.
Anche il vento dell’amore
ha ripreso a soffiare sulle vele del cuore:
soffia sulle grigie ceneri di speranze bruciate,
su quel fuoco che tempo addietro
disintegrò tratti della mia vita.
Echeggiano i miei pensieri
tra le propaggini dei monti
alla mercé dello zefiro.
E ancora mi preme il ricordo di allora;
di quell’alba che ci colse sugli argini;
dell’erba alta che ci nascondeva,
complice, amica del nostro romanzo;
del lento scorrere del fiume,
dapprima canterino, come oggi,
poi silenzioso, quasi ad ascoltare
i nostri delicati sussurri. E intanto,
lo sguardo steso sulla lunga valle,
la mente persa in ere passate,
mi sorprende il crepuscolo: più tardi
si leverà l’astro della notte: suo sarà
il compito di dipingere il paesaggio notturno
rischiarando pallidamente le montagne,
aspergendo d’argento rivoli, laghi e cascate.


LA CAREZZA DEL MARE

Seduto sulla spiaggia deserta,
remando contro la solitudine,
mi raggiunge il ricordo di te
sulle ali dell’ultimo gabbiano
che vola solitario nell’aria imbrunita
abbandonata dal giorno.
Nell’impero del silenzio
odo distinto un batter d’ali che,
ora dispiegate, fendono l’aria
sfrecciandomi accanto rasenti,
quasi a volermi strappare
quell’assiduo, sottile dolore
che spense sul mio volto il sorriso.
Ha colto, il pennuto, la mia tristezza
che ora grida al cielo
liberandola dalla prigionia del cuore.
Anche il mare, come l’alato,
vuol portarmi conforto: lambisce
i miei piedi accarezzandoli pietoso
con le mani delle onde,
poi si veste di lutto
indossando la notte.
Grazie gabbiano, messaggero del cielo,
per aver dotato di ali i miei pensieri;
grazie mare, foriero di pace,
per avermi cullato stasera:
il tocco del vostro amore
ha scongiurato il vanire di un sogno,
ha ridestato in me la poesia.


TU

Ho alzato le vele del cuore:
tu sei il vento della speranza.
Figlia della luce,
goccia d’estasi stemperata
nell’oceano della mia tristezza,
nel mio cuore poserò
la memoria di quegli attimi,
profusi nell’aria
dalla tua magica fragranza.

Tu scriverai dentro di me la poesia.


IL SOFFIO DI EOLO

Vedi? Laggiù, all’orizzonte,
si son spenti gli ultimi bagliori,
ed oltre quei monti,
con la calma dei saggi,
ormeggia la sera.
Lo senti il vento
srotolarsi tra gli abeti?
Il vento amico,
il soffio di Eolo,
che ci porterà la notte.
E l’erba danza nei verdi pascoli.


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