Opere di Epittéto


LA NATURA


1 – Alba sul Garda

A manca il cheto sciabordìo dell’onde
a carezzar le rocce di scogliera,
a dritta il lento ritmar dei flutti
tra l’ancheggiar di chiglie in angiporto.
A fil dell’orizzonte fiammeggiante
il balenar dell’acque in lumi accesi.
Ed un godere pien di tutti i sensi.


2 – Malìa

S’adagia immacolata
la silente falda
e l’alma ammaliata
forte in sè rinsalda.


3 – Il diamante

Stasera Vespero pare un diamante
nella volta del ciel incastonato.


4 – Del sol

Del sol la luce,
il cielo terso,
nei boschi il canto.
Nel cor lo schianto
d’un fato avverso,
fosco e truce.


5 – Nuvole

Nuvole a pecorelle
nell’alto azzurro sparse,
come i miei pensieri.
In lor vagar sorelle
di gioie, d’umane farse,
di sogni e di misteri.


6 – Lo sperone

Su lo speron roccioso posto a fiume
l’andar dell’onde miro verso valle,
pugnando coi pensieri antichi e tanti
ch’assedian turbolenti il corpo e l’alma.

Sussurran l’acque in vorticar di schiume,
bollendo gocce chiare, bige e gialle,
ricordo dei rovesci il giorno avanti,
mentr’oggi va il seren con l’aria calma.

Del par in cor si scioglie la procella,
si stempera nell‘àere il vano assillo,
la vita torna a nuovo, lieta e bella.
Fassi il respir ansante più tranquillo.


7- Il vino

Corposo, olente,
vestito di cristallo
in riflessi sanguigni.
Sudor di gran vitigni,
con te io canto e ballo,
in vuoto dir saccente.


8 – Le pratoline

Nate al sol di maggio,
quiete al suol diffuse
in ridente raggio.
Al calar socchiuse,
al mattin v’aprite
volte al ciel, stupite.


9 – Primo mattino

Al sommo del pianoro faticato,
repente Febo i suoi teli scaglia.
M’investe.
Sapeste
i focati sprizzi, il rotar dorato
di facelle appese che il mirar abbaglia,
il guardo a valle ed in fuor proteso.
Vo finir: lassù tutt’era acceso!


10 – Canicola

L’astro estivo impietoso e cieco
scaglia a terra in polverio rovente
la sua potenza di signor del foco.

E tutto avvampa per la gran calura,
sfinito piega il verde nell’arsura.

Ma ecco da lontano giugner l’eco
d’un sordo brontolio, poi più potente:
s’empie il ciel di nembi a poco a poco.

E giù per valli e monti ed in pianura
piova fitta cade e a lungo dura.


11 – I viandanti

Dolcissimo maggio
dai cento colori,
dal giovane raggio.
Ognuno rincori
nel greve suo viaggio.


12 – Primavera

In bianchi fior il mandorlo
dal verno appar sbocciato,
virgineo, in gran parato.


13 – Temporale

Il ciel di nubi denso
tra lampi rumoreggia
e di livore intenso
tigne il dì ch’ albeggia.

Silente è la campagna
in trepidante attesa.
Violenta pioggia bagna
poi tutta la distesa.


14 – Il viale

Il tratto alberato
a festa è vestuto
di fiori e colori.

Lo spirto malato
ristora compiuto
e par che migliori.


15 – Ultimo mercante di neve

Fermi la man e il passo al limitar del prato,
il nitore del manto scintillando acceca.
Se l’udito presti ad ascoltar attento,
par la neve mover in misurati tratti,
la fredda goccia qua e là cadendo
cavar dal basso soffocati toni.
Per non violar l’incanto di cotal purezza,
al ritorno m’affretto, in stupefatta vista.


16 – Autunno

In caldi colori sfuma
dal colle giù giù alla piana
il primo autunno.La bruma
scioglie e vaporosa plana

in fitto danzar di stilla.
Il guardo ammaliato indugia
sfiorando il suol che brilla
e in vista tal rifugia.


17 – Sul fiume

S’insegue l’acqua nella sua movenza
giocando in placide volute,
qui dà prova di forte sua valenza,
là tra i gorgoglii discute;
in fondo all’ansa, ove l’onda muore,
materna culla silenziose forme.
A riva il verde che protende in fuore
fa cono d’ombra a chi disteso dorme.


18 – La mia vallata

La cima innevata
s’incendia al tramonto:
il guardo in su s’appiglia
tra fede e maraviglia.
Che vegli, è il racconto,
la splendida vallata.


19 – Il prugno

Il prugno incurva al peso
di suoi succosi frutti
e par troneggi obeso.
Poi tosto son distrutti,
in disperar completo,
da grandine a tappeto.


20 – Incanto sull’erba

Silenziosa sento
l’erbetta che cresce
in mare di luce.
Tra volute il vento
fraganze rimesce:
seco mi conduce.


21 – Lungo il fiume

Fredda e immota la natura stende
il corpo arboreo all’ombra del mattino:
in bassi voli il merlo a terra scende,
s’aggira a passo lento il contadino.

Poi sciabolando il sol di foco inonda
la piana tutta e par allor che esploda
in mille faci il lungo andar dell’onda.
In garrulo duello ecco s’accoda

la rondin giù per scivoli festosi,
si libran lievi nugoli d’insetti,
incerti movon passi sospettosi
pulsanti sauri in ripidi muretti.

E chiusi gli occhi, lo mio spirto assorto,
vo rigenerando membra a membra,
poi al massimo Fattor la mente porto,
grato d’un mirar che arcano sembra.


22 – La pesca

Ahi! , vinta dall’inganno
a morte ti dibatti;
diradano gli strappi,
gli occhi ormai disfatti
fisi al pescator.


23 – Tiglio, fratel caro

O tiglio profumato,
vivesti i tempi acerbi
di tanta gioventù.

Crescemmo entrambi a lato
ritmando i rossi verbi
di folle in su e in giù.

Or tu non ci sei più,
brusco al suol spiccato
per man d’un dissennato.


24 – Solstizio d’inverno

Gli astri, in deiformi nomi,
l’alba alcionia scaccia
e il novo dì propone.

Il sol dai dardi domi
fiaccato invan minaccia,
di taglio, all’est prigione.

Al mio calar del passo
un frullo vol di piume
rifugia in macchia amica.

Ed io che incedo lasso
in ciò ben scorgo un Lume:
e l’alma vola aprica.


25 – Violenza in città

Vissi nodosi anni
fra smog veicolari,
col verde delle fronde
all’uom parando i danni.

Poi un dì con cave fonde
m’avulser pari pari.


26 – Novembre a Brixia

E’ notte. Al cheto chiaror opalescente
si stende il prato
in fitto strato
di larghe foglie rugginose e gialle.
Alzando il guardo
lungo il filar di piante in ampia volta,
la fantasia s’accende e l’alma placa.


27 – All’ombra fredda

All’ombra fredda della scura forra
zittisce il verso degli augel ciarlieri;
da riva a riva guadano i sentieri

ove il corso riduce l’acque chiare.
Incerto, il piede ad ogni picciol rampa
scivoloso scende ed in sasso inciampa,

sospinto storto da pensier dispersi.
Ma poi dal monte, all’iniziar del viaggio,
si lancia l’astro in fendente raggio:

nova vita par allor che scorra
nel boschivo fondo, a ridestare
impulsi, dianzi nell’immoto immersi.


28 – Canicola

Ristà il cantor dei prati
su l’orlo della tana,
tra l’erbe dello sfalcio.
In sommità del salcio
cicala meridiana
frinisce in sòni ebriati.

L’amaca, in tal ambiente,
mi culla dolcemente.


29 – Acque chiare

L’acque chiare dal dirupato letto
al piano mòvon in allegro coro,
tra ricciute spume.
In sul pél del fiume
il sole attizza mille punti d’oro,
lucendo l’onde in sempre novo aspetto.
All’ansa giunte, fra di lor disperse,
sinuose vanno ad abbracciar le sponde,
con fluir disciolto.
Poi mutando volto,
più sotto ite, volgonsi gioconde
a vincer petre non ancor sommerse.

E gran diletto
preme in petto
a tal cospetto.


30 – Selinunte

Nel lucor notturno
son arcane forme
attorno attorno.
E poi
su di me, che miro,
la cerulea volta
punta a pecorelle,
tenue madreperla
con nel mezzo bianca
la rotonda lampa.


31 – Vespero

Al destar di Vespero,
in succession di lumi
s’accende la città.
Il cielo broncio e nero
in vaporosi fumi
gocciando se ne sta.

Sul bagnato
zigzagano i passanti.
Pel selciato,
tremuli e filanti
riflessi variegati
serpeggiano sfumati.


32 – San Benedetto

Stamane il sottobosco,
nel dì di Benedetto,
di primule s’è ornato.
Col guardo ammaliato,
sì dolce n’è l’effetto,
più pena non conosco.


33 – Marzo

Raggriccia il corpo allo spirar tagliente
d’quilone forzoso.
Pur intorno s’aggira quasi un niente
di narciso odoroso.


34 – Il lago

L’acque azzurre, calme e levigate,
pulsan bagliori d’accecante luce,
in disteso manto.

A tale incanto
s’acquieta l’alma ed un po’ ricuce
ferite aperte da ragion passate.


35 – Giove pluvio

Corrusco vai tonando
dall’uno all’altro capo,
poi taci, meditando
di fulminar daccapo.

C’è madre questa sorte,
che mentre men l’aspetti
ti cala male e forte
e più non ti rimetti.


36 – Procella d’estate

Saette in seno serbi
in brontolio di rombi,
scurendo la città.

La gente tosto sperdi,
poi in diluvio inondi
chi fuori ancor ristà.


37 – In campagna

Lo scroscio del piovasco
irrompe nella corte,
in ribollio di acque.

Si piegano le messi.

Ma è un fluir fuggiasco
che presto giugne a morte,
come repente nacque,

tra gorgoglii sommessi.


38 – L’erbosa viottola

Al pian si snoda, dispettosa al piede,
l’erbosa viottola de la campagna
per cui a sera il contadino riede,
calcando i fondi che la roggia bagna.

Lungh’essa i crucci a bisticciare reco,
le spalle curve pel gravoso peso.
Mestizia e doglia s’accompagnan meco,
in amor proprio vulnerato e offeso.

Ed ecco un dolce profumar di tiglio
svegliare brusco in agitar di sensi
lo spirto assorto, che in un dar di piglio
s’avviva sciolto da sospiri intensi.


39 – Il melo

A la stagion dei frutti
gran pomi ei figliava,
ma tutti li atterrava
il baco roditor.

Son tanti i miei pensieri,
son troppi, son legioni,
tarlati pure lor.


40 – La calabrosa

Col suo manto, calabrosa
tutto strigne nella morsa
dell’arcigno padre inverno.

Pur quest’alma mia lebbrosa
mesta è giunta a fine corsa
d’una vita, vero inferno.


41 – All’imbrunire

Le gambe son di pietra,
prigion il verbo in bocca,
dolori in ogni dove
trascino a passeggiar.

Ma il sol da sua faretra
gran dardi in giro scocca
e par di voglie nove
lo spirto confortar.

E passo dopo passo
l’interno mio sconquasso
scemando va a cessar.

A casa quinci torno
all’imbrunir del giorno,
in lieto zufolar.


42 – Il nido

A forza s’è insediato
tra i coppi sotto il tetto,
malgrado il mio dispetto,
il furbo volator.

E tanto ha ei figliato,
che i piccoli importuni
fin quando non abbruni
m’assordan di rumor.

Poi quando a mozzafiato
si lanceran dal nido
di certo il loro strido
mi mancherà nel cor.


43 – Goccia di rugiada

Ratto il guardo intra l’erbe coglie
cangiante raggio di gemmata stilla
su stelo gonfia: al tremolar di foglie
in scivolo sen va e più non brilla.


44 – Canicola

Or che l’astro in vertical s’è posto,
al par d’un foco rutilante in cielo
d’accesi dardi tutta l’aria acceca,
facendo scura la distesa pelle.

Ma rada nube a lui si pone accosto,
pudica; sui lor baci stende un velo
che un poco di frescura grata reca,
rendendo l’ore estive amene e belle.


45 – Il tempo e la montagna

Quando lo Zeno mette il cappello,
molla la falce, impugna il rastrello.


46 – L’alpe

Le creste incendi, in variar di toni,
al calar del Carro, tuo regal consorte:
s’accorcia il fiato, mute le ragioni,
sospeso il piè, a baglior sì forte.

Fulgente dono da natura posto
sul sentier penoso dell’uman viandante,
a ricrear lo spirto, or non più discosto
dal suo Fattore, in gran fé vibrante.


47 – La Còrna alta

Rocciosi mostri i denti
tra picchi e squarci erbosi,
tingendo gli alti venti
di fiotti luminosi.

Repente poi t’ascondi
tra nembi minacciosi
e tutto a valle inondi
di scrosci tempestosi.


48 – Moscherini

A nugoli gli insetti
nell’estro mattutino
sussultano impazziti
in amorose danze:
lievi vibranti note
che in sonore canne
s’incalzano gioiose.


49 – Ottobre

Bei boschi generosi
di frutti saporosi,
sparsi in quantità.

Ed io, che senza posa,
raccolgo lesto, a iosa,
castagne qua e là.


50 – Armonia

Lascio fare alla natura
che bilancia con gran cura
il bene e il mal, il men col più,
il qua e il là, il su col giù.
Con un po’ di fantasia
vi si coglie un’armonia.


51 – Primavera e autunno

Sole che giunge
troppo ci punge.
Quando sen va
bene si sta.


52 – Il paesello

Paesello, paesello,
vai disteso sul pianoro:
oh sereno, dolce ostello
d’alme ardenti di ristoro.

La casetta dei piccioni
occhieggiante sulla valle,
son di legno i gai balconi,
afrorose le tue stalle.

Sulla pietra ai lavatoi
son battuti i grossi panni,
mane e sera vanno i buoi

lenti a bere l’acque fresche.
Parlottando in bassi scranni
stan coi bimbi le fantesche.


53 – Sicilia

Dolce, calda terra di Sicilia
di frutti generosi in tutto ornata,
da terse antiche acque appien baciata,
d’un Dio, dio del bèl, amata filia.

Native genti van tra lor festose,
cortesi e pronte a lo stranier saluto,
e pur ritrose, con il guardo muto,
s’altrui dimanda sulle interne cose.


54 – Lo stornello

Ancor sul far del giorno
spazia il dolce verso,
solitario e terso,
dell’amoroso storno.

Poi al forzar del coppo,
attento scruto il tetto:
ei frulla al mio cospetto
qual palla d’uno schioppo!


55 – Disteso manto

Tremule scendon le silenti falde
posando bianco un disteso manto;
le une all’altre si compatton salde
in calar pacato, fitto e tanto.

A lieto arrivo dal celeste viaggio,
del fiero verno un primiero assaggio.

A tale vista l’alma si rallegra:
cessato brusco ogni interno affanno,
a nova vita s’apre, dianzi egra,
casta al pari del nevoso panno.

I petti accesi da cotale incanto
all’Uno miran in secreto canto.


56 – La superstrada

La nuova superstrada
s’allunga in andar presto,
tra “ oh “ d’ammirazione.

Ma l’occhio tiene a bada
un punto e tosto un gesto
di gran disperazione.

V’era un filar di tigli,
annosi, amati figli:
spianati. Come spesso,
in forza del progresso.


57 – Riflessi

La macchia ai piè del rivo
stamane freme e danza
di luci e di colori.

E’ il sol che scaglia ardori
in tutta sua possanza
nel pien del caldo estivo.

Bruciato dai riflessi,
guatai, ma poi non ressi.


58 – Il fiume in piena

Furibondo, tumultuoso,
la tua rabbia intorno esplodi
sommergendo e massi e piante,
fin le sponde a tracimar.

Gorghi, spruzzi, limaccioso,
tronchi svelli, forse godi
a mostrarti straripante
e la gente a spaventar.

E pur ieri andavi cheto,
le anatrelle dondolando,
correntelle sul tuo greto,
poco in là, di quando in quando.


59 – Il canto d’amore

Dall’alto del cembro
solitario e terso
lancia il merlo il richiamo d’amore.
Dal filtro dei rami
prorompe e scivola intenso
sull’acque disperse del fiume.



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