Opere di Epittéto


IL CIELO


1 – Ispirazione

Zitto or godo l’insufflar d’Eràto
che l’alma allieta in sopor di spirto.
Quivi tace lo sferragliar dei moti
tra lor sconvolti da perenni accessi.
E son tutt’uno col respir del mondo
in teso afflato col divin Autore,
non più mortal per dolci e puri istanti.


2 – Lamento

Euterpe lieta, mia amorosa Eràto,
in alto poetar sorelle invitte,
antiche muse d’un cantar beato,
d’arte e grazia genî in forme scritte.

Or mesi sono, mie dilette figlie,
che in petto più non s’alza vostra voce
e ciò m’arreca in lagrimar di ciglie
un forte strazio, giusto ancor più atroce.

Eppur io credo non vi sia abbandono,
ma sol dolente ed infinita pausa,
a che s’innalzi l’interior perdono
a Chi di tutto par la somma causa.


3 – Sofferenza

Quando osservo certe chiese
mi si stringe forte il cuore:
mura pregne di sudore,
l’alte volte, folli imprese.

Vedo tanti sventurati
vinti in piaghe disumane
per chetar credenze vane
di ministri sfaticati.

Quei Lassù staranno in pace,
questi al foco in forte brace.


4 – Il Capro

Or qualche tempo andato,
d’orar mi son scocciato.
Pregavo a gran fatica
e mai una voce amica
dal Dio del ben vocato,
dai Libri consacrato.
Da quando fo il cattivo
orbene in quiete vivo.
Eppur non son convinto
che il Capro m’abbia vinto.


5 – Confusione

Invero son confuso:
atteso il mal diffuso,
financo in casa mia,
non so qual Dio Tu sia.


6 – L’affine

Al chierico stordito
dicea divertito:
“Sei tu pronto
a uscir da questo mondo?”

Ed ei rispondea,
al ciel la man levando
tra l’incornar di dita:
“Tié, che l’ora mia
ancor non sia finita!”


7 – Sempre lui

Chierico t’han nomato,
ma è solo sopravveste
d’un tal com’un di noi.
Ti vedo inver spogliato
andar nell’ore meste
a duol dei fatti tuoi.


8 – Tommaso da Kempis

Ripeter devi spesso:
se non morrò a me stesso
e semplice vivrò,
al Ciel non salirò.


9 – Annientamento

Se alfin a me giungessi
disvelando Tua sembianza,
piéta sia che tal potenza
poi non m’abbia ad annientar!


10 – Domanda

Al Dio su in ciel
di tanto in tanto:
“Qual vate fedel
m’hai posto accanto?“


11 – Poeta o profeta?

Eppur cred’io,
è convinzione mia,
ch’ha profetare sia
lo stesso Iddio.


12 – Disperazione

Nell’anima deserta
tra l’ombre di visioni
confonde l’infinito.
In un frugar ansioso,
sol vuoti silenziosi
e gran disperazione.


13 – Il dubbio

Ecco il bene, ecco il male,
chi li indaga a Te risale.
Ma c’ho un dubbio molto grosso,
più resistervi non posso:
avrai pur ragioni tue,
ma sei sol o siete in due?


14 – Convinzione

O tu che leggi sappi
che la romana Chiesa
di statua ha le sembianze
da tempo ormai corrose.
Le vesti invan ti strappi:
a trarla in gran discesa
fûr male costumanze
e sue doppiezze odiose.
E’ questo il forte scotto
d’un praticar corrotto.


15 – Deserto

Nel deserto del mio Io,
disperata solitudine
nell’Universo indifferente.


16 – Il chierico romano

Già dissi ben aperto
del chierico romano
e qual destin l’aspetti.
Men duole: avea per certo
il fabular arcano
ed i sentier più retti.
Ma gli anni han reso chiaro
un predicar da baro.


17 – La voce

Dovrei dirmi fortunato,
ché il Divin in me respira:
sol che l’alma accesa d’ira
m’urla dentro, a perdifiato.


18 – Funerale

Preci, canti, tanti preti:
chissà poi se ciò t’allieti…


19 – Perché

In Tua man sono un barattolo
preso a calci, un vil giocattolo.


20 – Alterco

Cerco, scappo, e ancor Ti cerco,
fede e ratio in duro alterco.


21 – Rimedi

Se nel Ciel non credi
o non più confidi,
stai seren, sorridi,
son per te i rimedi:
vivi l’ore stesse
come s’Ei esistesse.


22 – Clero

“Peccasti forte, o mio bel birbone,
tra Venere, mendacio e falli vari,
facendo il Pargoletto gran soffrire.
Foco t’aspetta, giusto guiderdone,
dannato eterno in pene senza pari.
Pentérte dèi, se tal non vuoi perire!”

Così tonava l’alto Magistero
rendendo questa vita sì infelice
da generar di colpa un timor denso.
Allor credea che il tutto fosse vero:
m’avvidi poi che quel che l’uno dice
tradur in fatti poi non par propenso.

Ma tanto fûr pesanti i turbamenti
ch’ancor ne soffro in certi bui momenti.
E pur che oggi s‘è ridotto, il clero
di minacciar non cessa il mondo intero.


23 – Giubileo “2000”

L’irenico Pastor, ginocchioni
assorto, gran manto variegato,
fulge in toni appariscenti.
Intra pieghe, gli uman lamenti,
i cavi ventri, un andar piegato,
l’empio sghignazzare dei demòni.


24 – Diversità

Gli agi terreni
son prosperi beni
per te.
Grandezza interiore
è splendido fiore
per me.


25 – Prediche

Predicare è il suo mestiere:
“Questo e quello far dovete,
da quest’altro v’astenete,
aspro è il Calice da bere”.

Poi nel far cambia registro:
segue onor e dio mammona,
veste, beve, più non dona,
pur del Ciel si diè ministro.

Forte e chiaro in ciò dissento,
d’esser altro non mi pento.


26 – Il primo verso

Forse mio è il primo verso,
ma poi tutto andrebbe perso
s’Ei da me la man traesse
e più niente rivelasse.


27 – Perdono

Quanto intorno s‘è costrutto!
Angiol, santi, teologie,
scaltri dogmi, gran bugie,
scontri duri, tanti lutti.

E tu Dio, in angol chiuso,
dileggiato, profanato,
da vil serpi osannato,
prigion fatto per lor uso.

Pièta,pièta,Onnipotente,
sia perdon per questa gente.


28 – Dove sei?

Prego, prego, infin t’invoco:
dentro mòro, a poco a poco.


29 – Epittéto ed io

In corpo schiavo, ma di mente sciolto
col sommo frigio le mondane vie
da tempo corro e nel vagar ascolto
le mille voci ben bugiarde e rie
su quelle poche, mansuete e pie.

E di trovar salute ormai dispero
in queste lande, ed all’Eterno chiedo
ragione d’un conflitto così fiero:
ma poi al Suo silenzio piego e cedo.
E mesto all’interior rifugio riedo.


30 – Giubilei di categoria

Vai, Giubileo, per le strade di Cristo,
lacerato ve’ in rivoli sospetti,
ch’a numerarli tutti ho perso il conto.

Coscienze son confuse, a dir insisto:
tra Dio ed il vociar di tanti petti
s’insinua mercenario il tornaconto.


31 – Il novelliere

Il mio novelliere
è senza forziere:
purezza e fede,
nessuna mercede.


32 – Credente

Compunto ascolti il bel Vangelo
che a negar i ben t’invita:
poi su Jesus stendi un velo
ed arraffi a man spedita.


33 – Ecumenismo

Sono in tanti a celebrare
l’ecumenico bel rito,
con parole assai fraterne.

Ma dall’abito talare
il fedel resta avvertito
che saran discordie eterne.


34 – Dominus Jesus
(Ratzinger)

Se tu Magistra detti a le Sorelle
qual‘è la vera Fede in quel Signore,
non t’aspettar, ingenua, che poi quelle
si stringano dappresso in gran fervore.


35 – La musa

O tu che lieve danzi
ìntra gli amati accenti
di questi versi miei:
dimmi, amor, chi sei?
In mille dir mi tenti,
velata a me dinnanzi.


36 – La croce

Chi scambiare vuol la croce,
che lo piega dolorante,
tornerà con piè veloce
chè l’altrui è più pesante.


37 – Dal pulpito

Tuona, rimbrotta
ed ancor più minaccia,
nel furor s’infiamma.

Ma è sol voce dotta,
che non lascia traccia
nel diuturno dramma.


38 – Capi religiosi

I popoli dispersi
coi nomi più diversi
si dan tra gioie e lutti
a Dio, uno sol per tutti.

Ma i capi religiosi,
in lor ragion faziosi,
s’azzuffan a capo chino
pel proprio cadreghino.


39 – Se una volta

Oh, se per una volta, una volta sola,
tuonasse il tuo silenzio
dicendo Chi sei e chi son io!


40 – Il ruolo

Eppur sento che il mio ruolo
avrò un tempo dispiegato:
in un mondo senza duolo,
dal Divino illuminato.


41 – Enigma

Se in questa terra pur gemendo vivo,
sì, vi sarà ragione.
E meditando arrivo
ai mille ma, che mia domanda pone.


42 – Jesus

Se, Jesus, saputo tu avessi
degli orror in tuo nome commessi,
il gran Padre tu avresti pregato
di non farti in terra mai nato.


43 – Iddio

Di Lui vorrei stilar
un’orazion compiuta.
Inutile tentar:
la penna resta muta.


44 – Imprecazioni

Chi l’Iddio bestemmia a caso
crede più di san Tommaso.


45 – Quanti

Quanti, quanti santi asceti
in colloquio con gli Eterni,
poi travolti dal silenzio
dentro al cor ormai deserto!

Ma che fûr quei tempi inquieti
al pensier dei duri inverni
sol compagni, amaro assenzio,
del mio vivere sofferto?

Quelli almen con gioie intense,
pur se il Sommo poi le spense.


46 – Chi chiama

Ancor quell’ansia che nel core preme
e debol rende la mia poca fibra:
mi volgo attorno a ricercar nel mondo
il vil nemico che segreto trama.

Ma nulla trovo e pur la carne geme.
Poi lento scopro quale forza vibra.
In me dentro ed ancor più in fondo
ben Lo sento che a gran voce chiama.


47 – Parole amare

Quante e che speranze
in lor peregrinare
ahimè affossate.
Ed or non ho più istanze
ma sol parole amare,
odiose, al Ciel levate.


48 – Crisi

Passerò, e non c‘è scampo,
a novella dimensione.
E si sa, in questo campo,
entra in crisi la ragione.


49 – Smarrimento

Nella Divin ricerca
ciascuna religione
nasce forte e pura.

Poi in cammin trascura
primiera sua ragione:
l’una con l’altra alterca.

E l’uom sempre più solo
smarrisce fede e ruolo.


50 – Il male

Il cattivo vive a lungo,
più del buono, almeno pare.
La ragion a cui io giungo
sta nel mal da riparare:
anzi ch’ei pervenga a morte
mutar possa vita e sorte.


51 – Il silenzio

Sette anni stette zitto
Romualdo detto il Santo:
oggi ahimè saria sconfitto
dal clamor ovunque e tanto.

Prima o poi sbotterebbe
e il silenzio se ne andrebbe.


52 – Reciprocità

Io sono, perchè Tu sei in me.
Ed io in Te.


53 – Con Socrate

Chi più lieto sarà,
s’io che andrò di Là
o voi rimasti qua:
solo il Dio lo sa!


54 – Ricerca

Il buon Dio io vo cercando
ma nessuno sa dov‘è.
Poi lo scopro esultando:
Egli è vivo entro me.


55 – Il meschino

Da Lui meschina sorte
a me fu riservata.

Di nuovo e bel non dissi
né il mio oprar fu ambito.
In terra sempre vissi
com’un non mai esistito.

Con ira al Ciel levata,
attendo che sia morte.


56 – Sacerdozio

O falso lacrimar pei banchi vuoti:
ir tra volti mesti, stanchi e persi,
dismetter ozi, vizi, sopravvesti
e praticar virtù secondo i voti!


57 – Il divin Autore

Le membra sciolte ed i sensi in pace,
in dolce sopore.
Nel silenzio sento che accanto giace
il divin Autore.


58 – Piccola via

Non le forti imprese, non la fama
da molti intese.
Ma il piacer perfetto
di cotidiani gesti
in noi riposti.


59 – Antonio Rosmini

Ahi, moristi vilipeso,
poi t’han fatto al fin beato
ma le piaghe della Chiesa
non si son ancor sanate!
Per di più sono aumentate,
arrecando forte offesa
a Dio, a coprir chiamato.
Di gran ruinar s‘è inteso…


60 – Pietro

Te ne stai sul tron di Pietro,
ori, argenti, porporati
tutti quanti impellicciati,
quel tuo manto in triplo metro…

E la gente muor di fame,
patimenti, tanta sete:
ahi, tu dici d’esser prete
poi conduci lusso infame.

Facil segue predizione
su tua certa perdizione.


61 – Benedetto XVI, Bush e l’Iraq (2OO8)

La finestra all’alto piano
dei tuoi accenti ancor risuona
sull’Amor per la persona
di quel Figlio d’artigiano.

Poi t’aggiri non più solo
nei giardini vaticani,
le tue mani nelle mani
d’un vil Capo bombarolo…


62 – Aridità

Per quanto perfetto
sia fermato il verso,
non trapela un cenno
d’insufflar divino.
M’addolora in petto
il lavoro perso:
non basta il senno
se non t’è vicino.


63 – Scritture

Il Vecchio ed anche il Nuovo
ne dicon tanto e bene,
ma dentro non commuovo:
il dubbio mi rattiene!


64 – Quegli

In punto di morire
m’ha pure maledetto,
ma questo suo inveire
non ha sortito effetto.

Malgrado quel rancore
s’abbia il mio rispetto:
che viva in Dio Signore,
da grande Amor protetto.


65 – La voce

Nella notte silenziosa
par che tutto attorno dorma.
Pure dentro voce ascosa
mugghia e chiama in bestial forma.


66 – Chi altro?

Questo dir mi dà sconcerto:
forse d’Altri è solo merto.


67 – Rimedi

Quando più non v‘è possanza
e sovvien diperazione,
Dio ci diè a consolazione
il ricorso alla speranza.


68 – Equilibrio

Il Ciel mi vuol bene,
guidando i miei passi
con mano sicura.
Di più: mi rattiene
pria ch’ oltrepassi
la giusta misura.


69 – Il Vate

All’Uno in ciel
di tanto in tanto:
“Qual Vate fedel
m’hai posto accanto?”


70 – Rifiuto

Qual spirto superbo e decaduto
in queste plaghe tristi fui esiliato.
Pei triboli patiti andrò graziato
o dall’Eterno ancor trarrò rifiuto?


71 – Il devoto

Se levi un gran lamento,
o tu che sei devoto,
pel Dio che più non senti
e par che morto sia,

lenisci il tuo tormento:
Ei suol rifarsi noto
in interior accenti
più forte ancor di pria.


72 – La piena

Se m’osservo esteriormente,
vedo un essere deforme
sulla soglia del marciume
da gettar o riciclar.

Se mi scruto interiormente,
son travolto da un enorme
spirto in piena, un grande fiume
che nel Tutto va a sfociar.


73 – Il dramma

Il mio dramma, è presto detto,
non è creder nel Risorto
anzi che nel Risvegliato
o in un altro Illuminato.

Io fatico col rispetto
dei dettami. Ho il fiato corto
nell’amar chi m’ha odiato,
il diverso, il disgraziato.

Dono invece, son sicuro,
sol di spirto domo e puro.


74 – La gabbia

Corre in terra mia presenza
senza consenso
né conoscenza
d’un duol sì intenso.

Fin nel Ciel, sciolta l’essenza
dall’atra gabbia,
s’avran dolenza,
disgusto e rabbia.


75 – Ricerca

T’ho invocato in mille sere,
e giorni e notti ricercando
dove mai Tu fossi ascoso.

Senza riposo.

Or giugnon certe voci vere
di porre quei tormenti al bando,
ché ai forti lai sempre Amor risponde.

Dall’alte Sponde.


76 – La mala pianta

Son io una mala pianta,
cresciuta senza guida,
che piega al vento.E quanta
gente attorno infida.

Tu Chiara, pecorella
solinga in tanto gregge,
di nostro suol pulzella,
che in alto solio segge.

Sorella, aiuto, aiuto,
soccorri, o son perduto.


77 – La preghiera del cuore

Del cuore preghiera, mistica prece,
secreta tensione, grata al Divino,
soccorri l’errante, volgi il destino
di ogni fratel che mal si conduce.

Tu sei la mia brace.

O forte orazione, intima voce,
quieti chi piange il perché della vita,
la sua nullità, la vil dipartita
che reca dappresso e in sé maledice.

Tu sei la mia pace.


78 – Il cammino

La neve scende a larghi fiocchi
in vortici silenti, a turbinio.

Anch’io

son preda di pensier tanti e tocchi
che devian dal cammino retto e pio.

Dio mio.


79 – Giorno dopo giorno

Giorno dopo giorno con l’ugne strappo
brandelli di tempo, in presunzione
di non perire.
Il mio avvenire
ha picciol tratto: ecco ogni azione
volgo allo spirto e lì m’aggrappo.


80 – Senza scampo

Dissolto in letargia,
tra lotte furibonde
e delusion profonde
sen fugge vita mia.

Più non ha energia
l’alma, non più facella:
vinta in chiusa cella,
di scampo non ha via.


81 – Tensione

S’espande d’improvviso
lo spirto, innamorato,

salendo a Te.

Poi ecco, senza avviso,
dall’Alto son cacciato,

non so perché.


82 – Il viaggio

Testardo,
in viaggio profondo
m’ascolto.
E sempre
silenzio inquietante
risponde.


83 – L’eco

Vuota è la mente,
arido il cuore:
vita interiore
t’attristi vieppiù!

Se cerchi dolente,
o anima in pena,
di trar nova lena
da voci Lassù,

sol l’eco del niente
ritorna in lor vece,
giacché ogni prece
par vana quaggiù.


84 – Se

Se Lui in me non fosse,
corpo morto sarei.

Non vedo, e pur Lo sento
in palpitante attesa.


85 – Confusione

Fonda regna in me la confusione:
a volte urlo “Credo!”, ed altre a volte
confesso con ritegno di pregare.
In fede mi par d’essere in prigione,
ambigue le quistioni e non dissolte
dal solito bla bla del luminare.

Mi sembra allor di vivere ingessato
e immobile ristò e più non fiato.


86 – Lamento

Salgo a Te e discorro
in speranzoso verso,
gli affanni in fila scorro
ma par sia tempo perso.

Son voci appese al vento
a cui non presti ascolto,
sperar anche un momento
par proprio dello stolto.


87 – Divinità

Al caso, senza scopo,
m’affidi:
così prima o dopo
m’uccidi.


88 – Vorrei

Vorrei il ciel conquidere,
domar estese schiere,
di venere il piacere
goder e l’auro strignere.

Vorrei salire il Monte,
mirarmi nello spirto:
sentier di vita erto,
di santa quiete fonte.


89 – Moderazione

Le membra doloranti
s’infirmano di febbre
e son ritrose al moto.
Del par ristan fiaccate
le forze al Ciel levate
in dialogo devoto.
Sì il Poverel direbbe
in amor dei propri fanti.

Per cui niun dovrebbe
zelar per certi Santi.


90 – Qua e là

Qua e là in ogni posto
ho frugato invano.
E mai corrisposto,
sfumavi lontano

quest’alma schifando.
Mi parlavi invece
i canti ispirando,
sciolto a mia prece.


91 – Il bene, il male

Nel fiele l’alma intigne
se cede al mal vizioso.
Le azion si fan maligne,
all’uom e al ciel astioso

ognun si volgerà.

Lo spirto inver s’accheta
spargendo in larga messe
bontade e dolce pièta.
In noi quell’Altro tesse

la propria eternità.


92 – Doppiezza

Ricorso fanno al diavolo
le Chiese coi proseliti,
per far coscienze timide
appieno spaventar.

Così vien lor più facile
opprimere gli spiriti
e con terrore sadico
sui tanti a trionfar.

Accade allor d’assistere
a riti sibaritici,
con dei ministri fradici
tra i miseri a vociar.

E i fedeli a gemere
fra preci e santi cantici,
ma fuor dai ricchi pulpiti
la vita a trascinar.


93 – Non vale

Allor che questi toni sento e stendo,
il cor s’allegra e tutto il corpo scuote,
assorto attento in quel che vo dicendo.
Se Tua potenza dentro mi percuote,

la diva Musa alta in me respira
donando canto a l’esangui vene;
di travagliar lo spirto non s’adira
e preci innalza a Te, eterno bene.

Ma questo è sol, ché ne l’oscure mosse
del resto del cammin più nulla scorgo,
altrove vòlte le benigne posse.

S’Ei volle a forza la terren presenza,
non vale l’uom dannare in questo borgo,
tremante al presto dì di sua licenza.


94 – Il santo profumo

Tenue profumo a segnar la traccia
di santi nomi in pregiato esempio,
dall’Uno amati prima ancor che in vita.
Donaronsi del tutto,
fu tutto lor donato.

Dal fato sempre usato
senza uman costrutto,
in stento andar la meta mia è fallita,
d’alma e soma non s’eresse tempio:
di tal presenza la memoria taccia.


95 – Dov’è

“Non cercar lontano
Quei ch’è già vicino,
giusto in te!”.
Ma dov’è?
Ei tace. Aspro spino
il vocar invano.


96 – Tracotanza

Da più parti si buccina
che noi pazzi sanguinari
siam di Dio a somiglianza.
Tal pretesa sopraffina
di sentirci con Lui pari
sa d’ingiuria e tracotanza!


97 – Che Chiesa

“Ritornate al buon Pastore,
o smarrite pecorelle …”,
tuona il clero professore.
Sia la Chiesa a cambiar pelle
con riforma francescana,
a virtù di specie umana.


98 – Sbagliate mosse

Se il Creator ci fosse
dovria vocar perdono
per sue sbagliate mosse
nel farmi qual io sono.


99 – Nature storte

Bene dice il buon Lutero:
anche solo il dimandarsi
sulla vita e sulla morte
è segnal di spirto vero.

Basta allora tormentarsi
per mutar nature storte.


100 – Parere

Se Lui vive nel mio io
mi par quasi d’esser Dio.


101 – Il clemente, il misericordioso

O Clemente, o misericordioso!
Così t’amo, fiducioso.


102 – La mano

M’afferra Spirto amico
che fuor non s’appalesa:
è come man, io dico,
sul capo mio distesa.


103 – Incoerenza

“Mi serbi a Dio…”, sovente
sussurra il miscredente.
E mai che il praticante
d’egual sia disiante.


104 – Friedrich

La purezza del pensiero
dà coraggio, il cor infiamma,
della vita al duro dramma
ecco assesta un colpo fiero.

Così Schiller va dicendo
a noi grevi d’ogni mali,
sofferenti senza eguali,
ch’ogni giorno andiam morendo.


105 – Chi si volge

Chi si volge a far del bene
sempre il Ciel per man lo tiene.


106 – Rimedi

Se nel Ciel non credi
o non più confidi,
stai seren, sorridi,
ecco a te i rimedi:
vivi l’ore stesse
come s’Ei esistesse.


107 – Doppiezza

Compunto ascolti il bel Vangelo
che a negar i ben t’invita:
poi su Jesus stendi un velo
e rapini a man spedita.


108 – La coscienza

Ecco, ditta la coscienza,
probo vivi, l’odio arresta,
in bontade sii d’esempio,
vesti l’alma di virtute.

No, par tutto un’insipienza,
ragion grida forte e lesta;
se t’ascolti faran scempio
di tue spoglie volpi astute.

E nel dubbio mi dibatto,
sbatto il capo, come un matto.


109 – Periodico “Famiglia Cristiana”

Tra tette e sederi
il cattolico Cristo
è andato a finire.

Il Galileo di ieri
lacrimare l’ho visto,
e il Maligno gioire.


110 – Il poverello d’Assisi

Ai dì nostri, fratel Ciccio,
imitarti par capriccio.
Or si vive in altri tempi:
povertà non trova esempi!


111- San Domenico

O Domenico, Domenico
il tuo dire fu all’arsenico:
“…Meglio star con giovini fate
che con quelle un pò attempate…!


112 – Non son io

O voi che mi leggete,
non sono io che parlo!
E’ Lui, ma non temete:
ci ama. Più non ciarlo.


113 – Credo

Non ho fede o religione:
credo sol nella ragione.


114 – Pastori

Di là pompa magna, autorità,
casta, agi, astuzia, omertà.
Di qua senza pastor l’errante gente.
E Lui, occhi a terra, a sussultar piangente.


115 – Il progetto

Velato progetto
son nelle Tue mani:
e senza affetto
ieri, oggi. Domani?


116 – I figli di Dio

Figli tutti siam d’un Dio
noi gridiamo con orgoglio:
salvo poi sul tuo e sul mio
far ricorso ad ogni imbroglio.


117 – Sempre gli altri

Di ripensar la fede
il nostro clero chiede
e mai che tenga conto
ch’ a questo non è pronto.


118 – Il Tutto

Sovra di noi v’è il Tutto:
ne vo al pensier distrutto.


119 – Stupore

In fede si suicida la ragione,
tonava il folle crucco:
di fronte ai tanti credo, in religione,
ognun ristà di stucco.


120 – Gli astri e l’altre stelle

So di un tal di mente aperta
ch’ebbe a dir e va dicendo:
“Per anni mille e poi seicento
con gli occhi al ciel e mente chiusa
miraron gli astri e l’altre stelle
senza far la gran scoperta.
Sempre invece, in cor mentendo,
con saputo e forte accento
han spiegato, oh scienza infusa,
l’Aldilà e sue cose belle.
E giammai che preti e frati
di persona sianvi stati”.


121 – L’agostiniano

Ben diceva fra’ Lutero,
steso, in letto di sua morte:
del buon Dio siam mesta corte
di mendichi, a onor del vero.


122 – Lo sforzo

Parlare con Dio, ovvero pregare
da sempre mi costa un intimo sforzo.
Zampin del Nemico intento a disfare?
Molesto pensier in cui mi rafforzo.


123 – L’inconoscibile

Non son niente: è lui che m’ispira,
mi costringe, mi guida la mano
e sul foglio vergare mi fa.

Se tu leggi, nei versi respira
la potenza di Chi sovrumano
il Creato creando ci dà.

E mi chiedo per quale ragione
nella scelta vi sia pure io:
in sondar le ragioni di Dio
non m’è dato capire più in là.


124 – Il volo

Stracco vado a letto
a giusta ricompensa
di tanto travagliar.

Lo so, non sono solo
nel mio diuturno volo.

S’acquieta l’intelletto,
ai guai più non ripensa,
va in sogni a sprofondar.

Lo so, non sono solo
nel mio costretto volo.

Un riposar sereno,
domani maggior lena
in cose ancor da far.

Lo so, non sono solo
nel mio maldestro volo.

Ma nel ronfar più pieno,
un calcio nella schiena
e a terra vo a cascar.

Lo so, non sono solo
nel mio pesante volo.

A lungo mi ribello
a quella Forza bruta
che non mi fa rialzar.

Lo so, non sono solo
nel mio mortale volo.

Maligno spiritello:
la prece levo muta,
e presa vai a mollar.

Lo so, non sono solo.
C’è Lui: proteso, in volo!


125 – Daccapo

Tu sei il Tutto, l’Assoluto,
poni man su questo capo.
Il voler tuo sia compiuto,
pièta àbbi, ancor daccapo.


126 – Fuge, tace, quiesce

Cercavo la pace
nei pensier frugando,
ansia sol cavando.
Or che tutto tace,
l’io quietato giace.


127 – C’è Lui

Oggi non son solo:
c’è Lui, è qui con me.


128 – Colloquio

Nei recessi del mio io
in colloquio sol con Dio.


129 – Buddha

Se il corpo duole
pe’ troppi affanni,
lo spirto suole
patir dei danni.


130 – Ricchezze miserabili

Se mi spoglio dei miei beni
per i miseri del mondo,
“Bene!”, dici, “Così vuole
il santissimo Signore.”

Ma nel ventre poi trattieni
(questo è scandalo profondo)
di ricchezze una gran mole.
Si rallegran preti e suore.

“Pur donando ai mendicanti
tutto quanto mai possiedo,”
spieghi o Chiesa agli ignoranti,
“di sfamar ognun non credo.”

Ed allora a patti scendi
e coll’ugne i ben difendi !


131 – La Provvidenza

La divina Provvidenza
sempre movesi a soccorso
di chi sceglie a sua compagna
la sorella povertà.
Sì diceasi tempo fa.

Ma cogli anni l’esperienza
ha mostrato il vero corso:
del denaro non si lagna
più nessuno in verità.
Anche Dio piacer ne ha.

Ecco allora il Vaticano
rastrellar quel tot per mille
per poi far con noi l’indiano,
investendo in banche e ville
dei minchion la carità.
Prima o poi finir dovrà.


132 – Desolazione

Diceami un desolato,
raccolto in Suo perdono:
“Quando in Dio mi dono,
più forte vo in peccato.“


133 – Il supremo Autore

Oh, tu che leggi
le sparse carte
e più non sarò:
ristai attento,
l’orecchio teso.
Udir potrai
ancor vibrante
lo alto verbo
del mio Fattore.


134 – Chi sono

Un pugno di sabbia,
mondata dal vento,
in lento scivolar.
Sua l’opra,
per la qual il vacuo mio
s’addita.


135 – Debolezza umana

In tuo ragionar molto m’avvinse
il quieto ascolto ed il fuggir gli umani
per amor divino, o Giovanni il santo.

Ma poi il dialogar con tua cara gente
mutò il fier distacco in cera sciolta:
come ognun, panni mortal cingesti.


136 – Il catino

Di fronte all’infinito
mi sento piccolino,
curvato dai perché.

Vuotar come nel mito
il mar con un catino?
Risposta, sai, non c’è.


137 – Il Misericordioso

Una storia con un Orco
sempre pronto a divorare
ogni figlio appena sporco

anche solo nel pensare.
Non ti dico gli anatemi,
e le macine nel mare

cinte collo, e tu che tremi
al pensiero su che fare
mentre a stento in vita remi.

Questo Dio è da gettare,
una farsa, un’invenzione
di chi vuol prevaricare.

Vo cercando la magione
d’Un che dica: “Son clemente,
non feroce qual lione.

Il mio Cuore è gioia ardente
per il santo, il peccatore,
per il ricco e il non credente.

Son per tutti solo AMORE!
D’ogni essere mortale
son pietoso genitore.”

Allor questa religione
sol m’appare consolante:
via quell’altra ch’è prigione,

oste vil dell’uom pensante.


138 – Il sommo sacerdote

Ori ed argenti trapunti
in panno pregiato,
calzato
firmato,
la mano curata
gemmata,
in scranno intarsiato,
cortigiani consunti.
O tu consacrato
ci parli di Lui.
A che punto
sei giunto!
I tempi son bui.


139 – Afflizione

A Te mi son rivolto
da sempre, in convinzione
dell’Essere più buono.

Se dentro poi m’ascolto,
m’assale un’afflizione:
non sento il Tuo perdono.


140 – Con parole mie

Al Dio del ben talor mi volgo, e prego
con mie parole in interior raccolto.
La prece altrui sento invece estranea,
pur se santa e pia.

In dialogar con l’Alto strillo e spiego,
l’udito attento al divino ascolto.
La voce eletta non mi par spontanea
e l’attenzion si svia.


141 – Mansur al-Allag

Ben cantava il sufi islamico
per l’Amato l’amor mistico,
pria del suo tormento tragico.

Pei suoi tempi un dire drastico
che lo trasse sul patibolo.
Ai potenti amaro ed ostico

che si valser d’ogni tribolo,
ei danzando andò al calvario,
di terror nemmeno un briciolo.

Quinci il rogo, né pur l’ossario.
Su al-Hallag, il santo eretico,
non calò però il sipario:
il suo spirto fu profetico.


142 – La missiva

La preghiera che sale
è semplice e viva.
Ei ben sente che vale,
pura fonte sorgiva
d’un amore filiale.
Un’orale missiva.


143 – Dardo avvelenato

Quando parlo con un prete
contestando in dir fraterno,
noto sempre gran fastidio
ed un far di sufficienza.
Ei par dir: “Ma va, tacete!
Il parlare dell’Eterno
spetta a noi che siam presidio
del divin e sua credenza.
Non ammetto interferenza:
sol ascolto ed obbedienza.”
E sen parte, nello sguardo
il velen, qual posto in dardo.


144 – La porta

Come fece il gran Maestro,
ho buttato giù la porta
degli onor. In libertà

vagabondo sol con l’estro
d’ispirato, senza sorta
d’altrui lacci o di chissà.

Se il fuir terren prestigio
pone il saggio a fiero motto,
ai suoi piedi il Ciel avrà.

E pur so, col sommo frigio,
che pagar un duro scotto
finchè vive quei dovrà.


145 – Il deserto

Chi ama Dio sogna il ver deserto
voci ed orme lungi rifuggendo,
vento e sabbia in un sol concerto.

In antro roccioso, i pensier vincendo,
al par di statua, fisi gli occhi chiusi,
a poco a poco al mondo va morendo.

Il certo e incerto van tra lor confusi,
s’accende l’alma di celesti cori,
gli spirti eterni l’un nell’Altro fusi.

Domati in tutto i voluttuosi ardori,
più nulla preme ed il Maligno tace,
stirpato dentro e cacciato in fuori:

la mente e il corpo in perpetua pace.


146 – Il credente

“Mi serbi a Dio!”, sovente
sussurra il miscredente.
Mai no che il penitente
si mostri sì fervente…
In suo andar pel mondo
ei crede d’esser mondo,
ma dentro è sol sporcizia.
Ahi, quanta in Ciel mestizia!


147 – Il sant’uomo

“Chi Dio conosce non ne fa parola;
chi non lo scorge a lungo inver ne dice!”
Così il sant’uom. E profonda gola
tu vedi in nostra Chiesa incantatrice
e pur tra quei che vanno a praticar.
Fuggi un tal Celeste blaterar.


148 – Ansia depressiva

Da tempo ormai non sento la sua Voce
ed il mio spirto in buio fitto vaga,
immerso e vinto in un silenzio atroce.

A destra e a manca inutilmente indaga
tra i pensier di saggi, santi e dotti,
in cerca di sollievo alla sua piaga.

Intorno un van ciarlìo, parole a fiotti
di mentecatte menti al fondo vuote
ch’empion sol d’angosce e giorni e notti.

Un filo di speranza ancor mi scuote:
ch’Ei giochi a rimpiattin com’altre volte,
ma dopo un lagrimar su queste gote

ritorni, a fin che l’ansie sian disciolte.


149 – La guida

La mano che qui scrive
dall’Alto vien guidata:
fuor di voce alata
la strofa mia non vive!


150 – Il Dio morto

Io quand’ero giovincello,
il terror della campagna
stava in piogge e siccità.

Rogazioni, processioni,
tutti al ciel gli occhi vòlti
a pregar Chi sta lassù.

O buon Dio, troppa acqua,
tutto quanto va a marcire,
noi qui sotto ad annegar.

O buon Dio, troppo caldo,
son le fonti tutte in secca,
ogni messe qui a bruciar.

Poi il satellite sparato.
Ecco il meteo previdente
a schiarir la verità.

Basta preci, basta lai,
morto è il Dio, sembra chiaro,
tanto allor vocato invan.


151 – La cassa

Ai miei tempi la Madonna
per i borghi e le cittade
se ne andava a girellar.

Canti, preci, processioni,
tutti quanti come in gregge
con la statua via a pregar.

Caricata di gran doni,
ondeggiante sotto il peso
d’ori, argenti in quantità.

Poi un bel dì non l’ho più vista,
son tant’anni ch’è sparita,
più nessuno a lacrimar.

Ancor oggi mi domando:
quelle gioie sì preziose
in qual cassa mai saran?


152 – L’equilibrio

Non appena compio un gesto
a sollievo di chi stimo,
scoppia in casa una bufera
che basito star mi fa.

E per giorni avviene questo:
ribellion più non reprimo,
liti e urla mane e sera,
pari a belve noi si sta.

Voi ridete, ma è affar serio.
Non più pace, non più amore,
quattro mura solo un covo
di violenza e di viltà.

Le ragion del putiferio?
Mel domando in fondo al cuore.
La risposta poi io trovo:
non question di civiltà.

Non appen si fa del bene,
il Maligno ne risente
e zizzania spande intorno
per di nuovo troneggiar.

Non far niente, ci conviene.
Se soccorrer vuoi la gente
tosto il Mal farà ritorno,
l’equilibrio ad aggiustar.


153 – I mistici

Solo in pochi la gran Possanza alberga,
e attorno sta l’umanità dolente.


154 – Il compleanno 651

Nel duro incespicar del mio cammino
ver me non vedo tesa mano amica,
né voce che dall’ Alto un poco dica
a sollevare e spirto e capo chino.

Nel mondo son sperduto senza scampo
la bussola del ben ormai perduta,
la bocca torta in ghigno al suono muta.
Ahi tristo e vil destino, fin ch’io campo!

E pur la gente intorno, al compleanno,
in festa mi saluta e pur s’allegra,
sorda al gran tonar di tanto inganno.

E chiedo al Ciel ragion di quel che sono,
impreco per mia vita e cieca ed egra:
ma poi vergogno e vo pietir perdono.


155 – Vita e morte

Il Divin in folle arguzia
fa riviver la natura
ricorrendo con astuzia
al piacer che amor cattura.

Se la Terra fè feconda,
fu condanna pe’ viventi
a una lotta furibonda.
Qui i conquisi, là i vincenti.

Non capendo la ragione,
forte surge il turbamento
tra non mai consolazione:

la coscienza urla forte,
fra anatemi ed il tormento,
il perché di vita e morte.



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