Eros Anikate Maxan Eros invincibile in battaglia

di

Enrico Margaroli


Enrico Margaroli - Eros Anikate Maxan Eros invincibile in battaglia
Collana "I Gigli" - I libri di Poesia
15x21 - pp. 140 - Euro 11,00
ISBN 978-88-6037-8644

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Prefazione

Nelle sette sezioni che compongono la silloge di poesie “Eros anìkate maxan” di Enrico Margaroli, si ritrovano le varie fasi d’una visione lirico-esistenziale-spirituale della concezione dell’eros e, attraverso una versificazione che riconduce ad un classicismo ricercato, le liriche contengono numerosi riferimenti arcadici e mitologici nonché, a più riprese, alcune tematiche della tradizione poetica classica.
Nella prima parte “Donne, nuvole e stelle”, v’è l’introduzione all’estetica, alla bellezza, alla visione della figura della donna, simbolo del desiderio, come a fermarsi a “rimirar una donna che esce dall’onde o si schiude dai calici dei fiori”, pervasa dal sole “accarezza con amore”, irradia luce vitale e produce quel fremito d’amore; dalla sua pelle profumi e stupori, passione ed incantesimo dal suo corpo “fatto di valli, calli, selve, templi arcani, sacre sorgenti e mistiche spianate”: ecco allora l’eterno anelito, la ricerca dell’amore puro, vero e fedele, che non getta nel baratro ma fa sognare, “occhi negli occhi” con un sol cuore, che conduce all’estasi.
E poi, ne “La solitudine di Narciso” è quello stesso “sole vitale” che fugge come gli anni, in un lento dissolvimento, è l’Eros che “piomba come un rapace sulle prede”, senza confini, che “trascina all’inganno” e “ubriaca di sogni” sull’abisso di un’altra dimensione dove “tutto è vano”, dove l’estasi narcisistica è vana.
E ancora, come a discendere sempre più nella visione dell’eros come “furor divinus”, ecco la sofferenza, l’offerta nel delirio, negli ardenti sospiri, la penetrazione nella conoscenza delle forme e dei desideri, nell’incendio del fuoco eterno.
Enrico Margaroli riprende poi, sempre utilizzando una versificazione attenta ed efficace, alcune figure di “donne antiche”, estrapolandole dalla mitologia, come ad esempio Filomela e la sorella Procne dagli Dei mutate in rondine ed usignolo, la virgiliana Didone che si uccide per amore di Enea, o ancora “Io” figlia di Inaco, re d’Argo, sacerdotessa di Era, che aveva amato Zeus.
Nelle sezioni finali come ne “Il ritorno al casto amore”, ecco sprigionarsi la visione del “dolce amore”, della “divina apparizione” che immette il senso della vita nel profondo del cuore ed il sorriso della donna amata fa rinascere alla gioia. La donna diventa “angelico nome” da sussurrare e nel componimento “L’eros in Dio”, così scrive Enrico Margaroli: “Donna, io non ti amo più di quell’amore/che nostra sede fa sentire il mondo,/ma di quel che solleva al Creatore/con tutti i suoi pensieri il cuor profondo,/e al di là delle lagrime congiungo/con la tua immortal l’anima mia,/e imperitura l’estasi raggiungo”. Ecco allora che, nelle evidenze delle liriche di Enrico Margaroli, si attua una elevazione dello spirito, al di sopra del “fango del mondano fallimento”, un innalzamento verso la sublime figura, pura e luminosa, di una dea venuta dal cielo per la quale “la vita è degna d’esser vissuta” e, dopo aver superato le tempeste e gli affanni, ci si trova a seguire il giusto e il vero; e ancor più evidente, è l’innalzamento verso il divino, nella sezione “Oltre l’eros con Maria”, quando nella figura della Madonna, “porta di eterna salvezza”, “eternamente splende nel suo sorriso ogni cuore” e, con il suo manto d’amore, avvolge ogni peccato e la sua Grazia “fa sentir fiorire nel cuore il vero amore”.
Dalla dimensione dell’eros, dallo status erotico, nella poesia di Enrico Margaroli possiamo entrare in un mondo che oltrepassa la ragione, siamo nell’Essenza, immersi nel piacere, in una delle leggi della Natura. La razionalità conduce nel “finito”, l’Eros libera da limitazioni spazio-temporali e diventa universale. L’eros è il medicamento ma noi siamo in sua balìa perché i nostri desideri sono misteriosi come l’eros.
Enrico Margaroli, con le sue poesie, si immerge in un viaggio interiore che separa le varie manifestazioni della vita, dall’impulso passionale, dall’iniziale desiderio di placare nel corpo tale vibrante eros, poi, attraversando l’allegoria dei rapporti tra il corpo e lo spirito, nell’esplorare, successivamente, tutte le possibilità fino all’illusione di eterno nella quale ci si inebria fino alla catarsi, si giunge, infine, alla purificazione delle passioni, al momento in cui l’Uomo si apre e si attua il superamento dell’umano verso l’Assoluto.

Massimo Barile


Eros Anikate Maxan Eros invincibile in battaglia

I


DONNE, NUVOLE E STELLE


Simbolo del dolor y la ternura,
la dulce Ofelia, la razòn perdida,
cogiendo flores y cantando pasa
G. A. Bècquer


Ovunque io miro

Ecco, azzurro il mattin filtra dai vetri
ed io mi alzo e spalanco le persiane
e un fiume di splendore invade i tetri
angoli e accende i mobili e le lane.

Già la vetta del monte è tutta d’oro
e biondeggiano i campi in lontananza;
i passeri cinguettano fra loro
e la farfalla sull’erbetta danza.

Il fiume che del mar corre all’assalto
passa col rombo di una grande orchestra;
io mi infilo i calzoni e con un salto
scavalco il davanzal della finestra,

entro nel bosco e sulle fresche zolle
corro e non bado ai rami ed alle fosse,
nell’erma valle, sul dorato colle
vago, oh una donna se con me qui fosse!

Una donna, una donna! Ovunque io miro
se esca dall’onde del torrente apriche,
o si schiuda dai calici dei fiori
o dalle scorze delle querce antiche.

Una donna! Nei lampi delle fonti
mi sorride, nei zefiri si muove,
ai miei baci si inarca sotto i ponti,
sulla fronte mi bacia quando piove,

nelle nubi nei campi mi conduce,
nel sole mi accarezza con amore,
quando è notte negli astri mi fa luce,
con i picchi mi addita il Creatore,

ed io allargo le braccia in mezzo ai campi
e la stringo… ma fugge, e di lontano
gli occhi suoi belli ridono nei lampi
del lago e i suoi capelli sono il grano.


Il tesoro nella sabbia

La favolosa selva di smeraldo
il sole viene a lucidar con l’oro
ed ai suoi raggi il villaggetto baldo
si desta ed escon gli uomini al lavoro.

Nel pomeriggio lungo il fiume caldo
delle fanciulle sparso sta il tesoro
e ronza attorno a lor qualche ribaldo
che brama carpir lor gloria e decoro.

I monelli nei prati barbaglianti
pirateggiano gli alberi da fruttta
coi bastoni, coi sassi e con la palla,

mentre elle stese nell’arena asciutta
sotto le ciglia giovani giganti
vedon passare con la clava in spalla.


Le vergini al torrente

Le vergini alla vasca del torrente
giungono schiamazzando allegre e snelle;
camiciole di seta risplendente
velan le morbidissime mammelle.

Poi cader lascian sulla sabbia ardente
lungo i fianchi le magiche gonnelle,
e lo zefiro dolce e irriverente
spande il salace odor della lor pelle.

L’acqua, l’aria, le fronde, l’ erba fine
da un fremito di amor sono percosse.
Specchiando con graziose risatine

nell’acque immote le lor cosce grosse,
si inseguono in minute mutandine
candide, gialle, verdi, azzurre e rosse.


Notte d’estate

Nella tiepida notte d’estate
veglia in cielo una luna splendente,
sotto cui volan lievi le fate
verso i sogni dell’arida gente.

Diana va per la tremula landa
sopra il lago e la vetta gagliarda
e dai fiori dell’ampia veranda
una vergine ignuda la guarda:

- Oh, adagiato fra i teneri arbusti
vedrai tu, fortunata, Endimione,
e, lasciando i propositi ingiusti,
scenderai a una tenera unione?

La tua mano leggera fra i fiori
giocherà con la testa sua bionda?
Otterranno i tuoi nivei splendori
del suo amore la pioggia feconda?

Se sapessi, o mia splendida luna,
come invidio la dolce tua sorte!
O avrò anch’io l’immensa fortuna
di un amor che distrugge la morte? –

Così dice e le dita distende
nel boschetto che il ventre protegge
ed intanto la luna discende
di nubi entro un estatico gregge.


Il primo volo

Aperto il cancelletto del giardino,
in una gonna azzurra ricamata
ella uscì sul suo bel biciclettino
dallo sguardo materno accompagnata.

Così fa il primo volo l’uccellino
quando la madre invita la nidiata
e l’aquila dal nudo picco alpino
aspetta l’ora della sua picchiata.

Sedici anni! Davvero un bocconcino!
Davvero una cosuccia prelibata!
Un bel seno, un bel viso, un bel vitino,
tutta roba, pensate! mai toccata!

Simile a certe antiche dipinture
che allo stupore si apron dei nostri occhi
in tombe antiche ed in stamberghe oscure
tale dalla sua fronte ai suoi ginocchi!

Piena di tante sue speranze pure!
E le manine! Che soavi tocchi!
Bianche si posan sulle cose dure
come sull’acqua dei leggeri fiocchi.

Oh tra i silenzi e i fior delle radure
per giorni e giorni, senza pensier sciocchi,
quanti baci e carezze malsicure,
e, pur che voglia lei, quanti marmocchi!


In un divino esaltamento

Che bello! Se mi amasse non vorrei
dormir la notte e il giorno un sol momento,
ma sempre in un divino esaltamento
notte e giorno felice opererei.

Oh cose che nel cuor io troverei
da dirle sotto il vasto firmamento,
se fulmina, se fiocca o soffia il vento
sempre lei nel mio cuore, sempre lei!

Simile a un pazzo me ne andrei pel mondo,
avendo un mondo in me grande, infinito,
in cui viver con lei, fiero e giocondo.

Ma vedendo il suo grembo farsi tondo
fabbricherei per l’ospite gradito
un nido accanto al rivo vagabondo.


Mezzo agosto

Come è dolce, come è bello
spensierati passeggiare
dove il burbero castello
sorge a picco sopra il mare!

La tua mano nella mia,
risa e canti nella bocca,
passeggiam con allegria
sotto gli archi, sulla rocca.

Ce ne andiamo (è mezzo agosto)
visitando le rovine,
ma in realtà io cerco un posto
bello, in mezzo all’erba fine.

Tu non so che cosa cerchi,
ma ti sembri interessare
al castello e agli alti cerchi
che strapiombano sul mare.

Talor fuggi e innanzi corri
con gran ridere e strillare,
sotto le alte e grigie torri
io ti inseguo per baciare.

Così andiamo (è mezzo agosto)
visitando le rovine,
ma in realtà io cerco un posto
bello, in mezzo all’erba fine.


Un dio di Ovidio

Oh se mentre ci guardiamo
fra gli scogli innanzi al mar,
ci volesse un dio di Ovidio
in due statue trasformar!

In due statue sinuose
di bel marmo immortalar,
però senza il cupo azzurro
dei tuoi occhi cancellar!


Verso un mondo novello

Come due caravelle
noi solcavamo il mare
dell’ondoso terreno
verso il Mondo novello
di un boschetto sereno,
e le caste mammelle
come un vento impetuoso
gonfiavano le bianche
vele del reggiseno.


Le furbizie di Eros

Nuda la donna piace molto meno
di quando alza due dita la gonnella,
o, un bottone slacciandosi sul seno,
si vede e non si vede una mammella.


Quando mi sei lontana

Non vedo, ovunque io sia, quello che ho attorno
ma sempre assisto a un cinema nel cuore,
nel qual tu sei nel bel vestito adorno
l’attrice ed io attorno a te l’attore,

e passeggiar tra i fiori o sotto l’orno
lungo il rivo ti vedo, nel fulgore
del sole, e per i campi far ritorno
al nido che ti ha fatto un vero amore.

E vivo come solo sulla luna,
essendo da una luce circondato
che per notte o per nube non s’imbruna.

Non giro sulla ruota di fortuna,
ma aleggio, come s’io non fossi nato
per passare alla tomba dalla cuna.


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