Romanza sottovoce

di

Diego Capitano


Diego Capitano - Romanza sottovoce

15x21 - pp. 118 - Euro 10,50
ISBN 978-88-6587-8255

Clicca qui per acquistare questo libro

Vai alla pagina degli eventi relativi a questo Autore


In copertina e all’interno illustrazioni dell’autore


Prefazione

Diego Capitano, poeta dei nostri tempi

La componente espressiva di Diego Capitano cattura il silenzio e lo trasforma in trame, scene e frammentazioni di vita che illuminano la verità.
Ma perché, mi chiedo, la verità la concepiscono solo i poeti? Forse l’effervescenza della tempra dell’anima in amore con lo spirito, battezza la sfera solitudine con un linguaggio sobrio, efficace, intraprendente e proiettato a far capire che il mondo è un paradiso di bugie, a differenza del poeta, che invece scava finanche sulla roccia per diventare argilla di quanto riesce a comprendere dietro le quinte di un teatro molierano con il gioco delle parti.
Diego Capitano, seppur in lontananza, viaggia sulle scie che furono care a Platone, Aristotele e anche a Nietzsche, poiché si affida alle basi solide dell’interpretazione e soprattutto della conoscenza senza trascurare concetti conoscitivi legati al pensiero pensante.
Leggendo tutto il contenuto, che apprezzo molto, quest’opera dal titolo “Romanza sottovoce” va letta tutta d’un colpo, poiché s’apre a panorami in cui ogni riflessione diventa obbligatoria.
Il poeta di Racalmuto non trascura la metafisica in questo viaggio forte di spiritualità interiore e soprattutto realistica; egli respira la psiche in una dimensione onirica dove gli aneliti di “Gabal Al-Nar: la montagna di fuoco”, nonché: “Con me per sempre” e “Come in un vecchio film”, sono itineranti motivi che centrifuga dentro un mondo in cui vive, rendendosi conto che intorno a noi vibrano “Ossa d’anime”: “Da un buio all’altro” tra invisibili “Pentagrammi di silenzio”, che lo portano alla sola ricerca d’un unico Eterno Amore.
Ecco, in questo panorama Diego Capitano sfoglia petali di verità sotto una luna antica, dove le immagini indelebili e chiare, rappresentano il suo pensiero seppur fragile, ma forte di quell’essenza che solo il poeta sa rivelare nel sacrario della vita.

Gianni Ianuale
Premio della Cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri – sezione Poetica


Presentazione dell’Autore

L’uomo è sinonimo d’intelligenza e quindi di genialità qualunque essa sia; ciò lo ha distinto e reso padrone della terra a cospetto di tutte le altre creature viventi.
Io in quanto uomo-poeta, non per sortilegio ma per dono divino, scaturisce in me la poesia, quasi inspiegabilmente dai labirinti dell’anima, del cuore e della mente, canti d’un benevolo fuoco inestinguibile nato dall’adolescenza, da un amaro-dolce sapore di lacrime e gioie, d’amore e dolore.
Rifugio mio vitale la poesia e mia libertà posta alla presenza di Dio e degli uomini, con onestà e consapevolezza del bene e del male nello scibile umano.
Silenzio fattosi vivo come parola, come atto d’amore straordinario e doveroso verso la vita, verso il mondo terreno e spirituale, nonché: sofferenza pura per la salvezza dell’uomo.
La mia poesia, un sensibile equilibrio d’armonie nell’avvicendamento del buio e della luce, intenta ad interpretare la vera pace e il vero amore come contributo all’intera umanità, un’immagine di speranza nella parola per elevare ed infondere il bene e la giustizia nei cuori di tutti: indiscutibilmente, e dare un senso alla fiducia d’ognuno, atta a fare prosperare l’universalità d’un amore monco, che in parte nell’uomo manca.
Un linguaggio la mia poetica, d’originale individualità per semantica e filologia, un raccontare e raccontarsi con gli altri dinanzi lo specchio dell’anima, con temi di scottante attualità nelle storie più varie, toccanti, non trascurando di omaggiare: l’ingegno, l’eroicità, i grandi lumi del passato, la natura e Dio.
La mia “Romanza Sottovoce”: un grido continuo verso l’ingiustizie ed i soprusi, un silenzioso mitigare di umane sofferenze; affine alla cantica essa esplode e s’espande nel suo interiore moltiplicandosi in miriadi di canti che fanno pensare e riflettere sulla vita, sul dolore e sull’amore in tutte le sue sfumature.
Si notano nell’opera per soggettività d’indole, sfumature: pittorico-narrativo, che somatizzano e sfiorano versi concettosi e filosofici, con tratti evidenti perloppiù crepuscolari, sofferenze e cicatrici d’un trascorso non lieto, che si rispecchia e si confronta con quella sociale; e con forza fa emergere dal mio profondo, dalla coscienza, sempre uno spiraglio di conforto e di speranza: piccola anima sofferente che auspica bene e amore per tutti sulla terra.
Romanza Sottovoce, un piccolo poema melodrammatico dalla libera metrica, tipica del romanticismo dall’atmosfera particolare carica di sentimento amoroso nei versi, un lirismo intimo e passionevole con tocchi evidenti di sentita marzialità poetica.
Contenuti forti, crepuscolari e religiosi che s’intrecciano con canti melodici dove io di tutto questo ne sono l’unico, umile solista e attore principale.
Lanciato nel dinamismo della modernità, i miei canti si stagliano liberi verso l’infinito, verso la rinascita d’un mondo privo dì frontiere, privo di barriere, mettendo a nudo nel mio intimo d’uomo vero, umile, parte integrante della natura e dell’universo nei suoi innumerevoli sani valori di umana civiltà.

Diego Capitano


Romanza sottovoce


Come il principe dei nembi
è il poeta che, avvezzo alla tempesta,
si ride dell’arciere: ma esiliato
sulla terra, fra scherni, camminare
non può per le sue ali di gigante.

“L’albatro” da “I fiori del male”
di Charles Baudealire


Bellezza tu cammini sui
morti che deridi,
leggiadro fra i tuoi vezzi
spicca l’Orrore, mentre,
pendulo fra i più cari
ciondoli, l’Omicidio
ti ballonzola allegro
sull’orgoglioso ventre.

Da “Inno alla bellezza”
di Charles Baudelaire


ROMANZA SOTTOVOCE

Gran peso su quest’anima dolorante… d’ombra
povera dagli arsi silenzi bruciata come pia Madre
degli afflitti.
Occhi non ha per vedere… né orecchie per sentire…
ma tutto vede e sente con i sensi del cuore.
Romanza sottovoce d’un breve romanzo questa
vita-poesia dai veloci giorni nell’affanno indecisi…
simile ai tuoi eterei capelli sericei agli altri ancor
segreti non al viso mio che timido e innamorato
risuona ad un tuo sorriso.
Anima cometa! In giro per l’universo spaso… con
più di due ali s’invola dalla terra con amarezza…
folletto d’una fiaba da nessuno mai inventata…
ignuda nata e svestita vissuta.
D’amore ricolma e incolore… ma grave essa vive
tutt’ora addosso al cuore… fuoco eterno dei miei
occhi semplici d’invisibile poeta: romantico nella
mera tribolazione.
Per gli altri piange bianco barbaro in un mondo
che non ha fine… ma finisce ogni giorno il mondo
negli occhi per sempre chiusi dei bimbi morenti.
Paurosa è quest’aria soffocata dalla noia… fitta
d’incertezze per tutti… carica di luce e senza più
vere parole… come questa mia dolente canzone…
prigioniera d’una folle vita assassina… che la sua
collera scaglia al reo figlio senza colpe.
Non sarò centenario mai in questo verde prato
di miosotidi virgulti… sarà centenaria la morte di
quest’epica romanza al di là dei marosi flutti e
delle soleggianti… terrene stupidità.
Maledetta romanza!… Che tanto a me ricordi un
maledetto Tristan Corbiére nell’assurdo vivere
senza gioie… senza feste e senza sole.
Affranto lupo di carezze privo… forse mannaro di
parole e di tristezze inquiete ingordo… avido di
pace e di quel semplice amore rinchiusi nel furtivo
altare d’un immenso cuore.
Clandestino sconosciuto sulla terra che tutto lascia
del suo grigiore di buio infestato… e da una nera
penna che l’esistenza imbrattami su dispersi bianchi
fogli che fanno ancora… la mia disperata e ardente
poesia.


TU… POESIA!…

Tu… poesia!… Mi maledici… mi stordisci e
mi osanni: memoria triturata nella mente…
in terra lasci la mia pelle con tutti i sospiri
e i suoi stracci e doni all’anima vane le tue
magiche illusioni.
Parole come creta… lasci me ch’io ti plasmi…
con la sofferenza addosso… in solitudine…
in atroce silenzio e poni sul cuore l’enfasi
di creatore… tra piacere e dolore confuso:
finire con l’estasi e con la morte.
In questi tuoi incomprensibili versi… celata
appari d’umana falsità… ma trasudate dalla
fronte e dall’anima… parole al mondo lasci
di verità grandi e indissolubili… esauste di
tanto continuo dolore… tanto iterato morire.


L’ORA LANGUIDA DEL CREPUSCOLO

Ecco… L’ora languida del crepuscolo!…
La mia agonica ora… maledetta dalle lacrime… celata
da vecchie stelle disperse su aride zolle d’un cielo
annerito e sugli aridi solchi d’un volto già spento…
come spenta è la luce della sua crepuscolare anima:
“L’Ultimo dei Poeti Maledetti!…”
Falò gigante dentro al cuore divampa che da tant’anni
brucia e ferisce profonda la sua fiamma un corpo vivo
ancora… amarulento nell’anima.
È caduto tutto dalla gioconda giovinezza: fiori e foglie
nutriti da rubenti rosacei maggesi dai riflessi indorati
d’un irripetibile sole mai più tornato.
Dove sei mia innocente infanzia svanita!… che più io
non mi riconosco?…
Muto siedo sovente tra mille silenzi attorno che frangono
i miei timpani quando sono loro: i pensieri a far baldoria…
diafani… evanescenti… nomadi volano in vortici smisurati…
spazi d’un azzurro notturno incolore… di nero imbrattato
ogni giorno che va… da lunghe scie di parole che ornano
e ricamano nubi… lunule lune e astri lucidi in versi mutare
immortalati: non eterni… ma effimeri in effimero tempo.
Eremo spirito misero son’io!…
Nel mio inscindibile crepuscolo… tra gl’immortali spiriti
del cielo… vecchio soffio sulla creta asciugata dal tempo!…
Solo cenere inghiottita dal vento!…


VENTO IO NEL VENTO!…

Vento io nel vento!…
Acqua lapidata in fondo al mare…
Polvere dispersa nel tuo annoso fango.
Sangue ferito sulla tua croce.

Delirio sovente nell’anima mia…
Pensiero esiliato nel caos della terra…
Carne dilaniata in pasto ai lupi…
Cuore caduto sul tuo amore.

Sogno io nel sogno!…
Battello vuoto all’orizzonte in avaria…
Anima dolente del tuo calvario…
Spenta meteora tra stelle splendide.

Rimpianto muto nell’amara mente…
Strumento nel coro degli Angeli…
Poesia viva intinta d’azzurro celeste…
Abbraccio amore… tra le tue braccia.

Fuoco io nel fuoco!…
Parola silente nelle tue smielate labbra.
Amore e cibo della tua pura anima…
Respiro e linfa della tua agognata vita.
Vento io nel tuo vento!…
Insieme nel fiato del mondo.


FIATO DEL MONDO

A capo d’un verde ramo… sifone vitale l’ultima sua foglia
del crine e immane sforzo d’alleanza tra terra e cielo.
Così mi hai raccolto madre!… Piccola nuvola nel grembo
della vita… al cuore tuo stretto… a te legato carne nella
carne… pegno d’amore tra le madri e la luce divina.
Bambino ignaro… innocenza che nasce… motivo celeste
il pianto… vagito della terra che si libera nel fiato del
mondo e dell’universo.
Tutti si procede per strade diverse… dal Nadir allo Zenit…
dall’Oriente al tramonto del sole… qui in questo dedalico
ginepraio di strade dipanare non riesco un quieto andare
sui tanti caduti frammenti intrisi di sangue.
Dalle mie nude foglie scivola l’ultima goccia di rugiada in
nascente aurora… come ha voluto il cielo e d’assemblare
finisco nelle sue prime luci immerso… le mie sciolte radici
dentro ormai questo vaso di terracotta alla presenza del
sole… vaso che non incuriosirà Pandora… già che di segreti
privo dal male incontaminato… agli occhi del Bene aperto.
E lascio a te in questo lembo spezzato di tempo… far nascere
vita nova del mio sangue ora leopardato dagli orrori d’un
mondo che ha scordato ancora una volta la sola verità.
Questo mio lasso ramo non teme piogge pulite… può fare
paura il buio della terra senza la parola di Dio nel cuore.
Grande è il suo silenzio: fiato nel mondo… eco d’amore.
eternità che nell’anima s’infonde.


QUEI RAGAZZI DEL ’58!…

Di quei rocamboleschi ragazzi che baloccarsi vidi
a me insieme sui chiari ciotolati… sui basalti color
carbone e tante volte sulla nuda terra appiattita
dai sazi armenti in ritorno dai colli e dai mille carretti
dai muli stanchi quando le auto si pareggiavano coi
primi neri telefoni del paese.
Sono perdurate immagini sfuocate… ancora ne sento
le stridule voci di tutti e i fracassi ormai tumulati nella
memoria d’un tempo andato e d’un adulto cuore.
Ogni tanto se ne incontra qualcuno: vissuto… brizzolato
ai sessanta vicino… alcun’altri già si sono offerti al cielo…
assai prima… l’amarezza in bocca lasciando… e lacrime
ai loro cari… poi tristezza tanta nell’animo degli amici.
Quei discoli ragazzini del ’58… che si credevano eterni
e indiavolati… convinti d’aver soggiogato l’infallibile
fato e la vecchiaia… adesso come tutti addosso grami
gli cadono e vi s’ammucchiano gli anni… e li deride la
vita con i crudi suoi malanni.
A nulla è servita la scaramantica spensieratezza alle
ore né l’indifferenza al tempo che va… quando al mattino
più non riflette lo specchio la gioventù… i glabri sorrisi…
la pazza voglia d’amare le più belle cose… ma traspare
muta quell’odiata verità che ad ognuno inaudita e amara
gli spetta.
Vedesi l’uomo riflesso l’immago d’un volto disfatto che
si va sbarazzando… disfacendo della sua imperitura
anima.
Mi rattrista dentro l’umore: il fatidico tramonto che
verrà!… Lei: la vita… di sé per sé! Sarà sempre con
quelli che sono e saranno… io vita mia che vai!…Tanto
ti delusi… come te con le tue stesse bugie… e com’altri
mi hai fregato!…
A mai più irrefrenabile ragazzo del ’58!… Ecco lo sapevo!
Rigami un’altra volta questa lavica lacrima un viso liso e
spaccato il cuore.


Tantalo Suplicium

Rabida si torce in me la notte… ah! Insonnia:
fiera puttana dal feroce piglio tu quest’uomo
mordi dalla veglia dilaniato.
Bianca in pesto buio crudele a me t’affianchi…
quando c’è fuori pace e ronfa la quiete al pianto
adagio di seleniliche stille.
Sciacallo randagio che inutile azzanni in veglia
la mente… nessun rimorso tange il tuo cuore
e umida tu palpiti dalle budella alla gola… senza
compassione alle già morte ore.
Mai bella… né da nessuno amata… energica e
tetra rantoli e d’insonnia vorace… ogni anima
sotto il tuo cupo artiglio sfinisci.
Ladra e barbara sul mio letto divori e rende pena
il bacio tuo furente… lascia che l’occhio assonni
e stendesi sul cuscino la mia mente.
Tu che le lenzuola disfi a donna amante simile…
ma che si perde con la notte in lunghi… stanchi
sbadigli… o al primo sogno del tonto mattino.
Amara chimera è la notte mia insonne… così
con sovercheria non mi ravvisa né mi distingue
e né mi comprende il giorno… e patisco innanzi
al fato… direi: impotente… svigorito… come fu
di tantalo pietoso il suo supplizio.


ROMANZO
(Ad Arthur e Paul)

Pure le stelle stasera in quest’aria fusa sono ebbre
di tanto odore di birra e vino… a cascate si riversano
in boccali e tavoli.
Al diavolo anche tu!… Notte che dalla sobrietà fuggi
fra incomprensibili canti… risate e risse.
Trasogna quest’oggi morente la gran Musa dei poeti…
da marci olezzi di rutti stordita nel tanfo sgradevole dei
rifiuti in strada… non sì dolce il profumo seviziato dei
penduli fiori dai balconi… ucciso dai palpiti d’un vento
sbronzo nei riverberi dei fari.
Si muta in sfide il gusto nel disgusto del bere forzato…
e alacre sperpera l’allegria l’annebbiato intelletto già
canzonato e diffidente.
Ahi! Infame teatro di losche maschere!
Madide le fronti di sudore imperlate… bivaccate su
bianche sedie grondano di laide plastiche sbilenche.
Guardano tacite queste pupille con sguardi ferini…
infuocati dall’afa e dall’umore in fiamme… una godevole
lettura mi consola.
Sopra i gradini: sputi… scoli di salse e birra… suole ungono
di consunte scarpe e sandali estivi… dai bruni ricci un
ragazzetto il naso storce ed il muso al beone per terra
assopito… con le ginocchia di sasso puntate contro il suo
cuore alticcio.
Ho bevuto anch’io un bicchiere di locale vernaccia e
un po’ di birra… vinto mai dal sapore e dalle euforie dei
folli giovinetti… ma ebbrezza ho trovato di più in questo
libro di poesie tra le mani dall’Inferno edito… tanto più
forte del mio nelle scabrose e sciolte rime… inebriate
dai fiori del male: nudi… riarsi… fendenti.
Sul tavolo sgocciolante accanto al bicchiere di vino…
altri maledetti versi del giovane Rimbaud nella celebre
“Romanzo”… e sotto la sua vecchia storia d’un infernale
amore… indissolubile per il grande Paul Verlaine… giovani
maledetti in maledetta storia.
Amici-amanti… innamorati alla follia… maledetti poeti
coniati e ascesi dall’inferno per questo inferno.
Quell’amore tanto privo di libertà… nascosto alla gente..
umiliato e ucciso… per te Arthur come tanto desideravi..
oggi finalmente: l’hanno reinventato.


[continua]

Se sei interessato a leggere l'intera Opera e desideri acquistarla clicca qui

Torna alla homepage dell'Autore

Il Club degli Autori - Concorsi Letterari - Montedit - Consigli Editoriali - Il Club dei Poeti
Chi siamo
La Rivista
La voce degli Autori
Tutti i nostri Autori
Per iscriversi
ClubNews
Il notiziario gratuito
Ultimi inserimenti
Homepage
Avvenimenti
Novità & Dintorni
i Concorsi
Letterari
Le Antologie
dei Concorsi
Tutti i nostri
Autori
La tua
Homepage
su Club.it