Il lento processo di “alfabetizzazione previdenziale” genesi, evoluzione e prospettive della previdenza obbligatoria e complementare

di

Cristiano Fiumara


Cristiano Fiumara - Il lento processo di “alfabetizzazione previdenziale” genesi, evoluzione e prospettive della previdenza obbligatoria e complementare
Collana "Koiné" - I libri di Religione, Filosofia, Sociologia, Psicologia, Esoterismo
14x20,5 - pp. 162 - Euro 11,50
ISBN 978-88-6587-3717

Clicca qui per acquistare questo libro

Vai alla pagina degli eventi relativi a questo Autore


In copertina: Bandiera della Società Operaia di Tortona (tratta da “Una stretta di mano – Le Bandiera della Solidarietà” – Regione Piemonte)


Il libro rivela interessanti tratti della storia di persone comuni (artigiani, commercianti, agricoltori, operai, ecc..) che hanno contribuito a far nascere verso la fine dell’Ottocento l’attuale modello di welfare del nostro paese e di cui poco si parla. Racconta la storia di alcune Società di Mutuo Soccorso del Piemonte, per scoprire la genesi della nostra previdenza, grazie al contributo degli attuali Presidenti e Segretari.
Svela in maniera semplice e comprensibile il percorso politico-sociale che ha fatto nascere e sviluppare il nostro sistema pensionistico, per poi analizzare le cause della sua attuale crisi.
È integrato dall’esperienza professionale e personale dell’autore, quando racconta appassionatamente l’avventura dei “Salotti Previdenziali”: si tratta d’incontri finalizzati alla diffusione della cultura previdenziale rivolti a professionisti, studenti, lavoratori dipendenti e autonomi. Interessante, inoltre, l’analisi e la comprensione della funzione svolta dai fondi pensione e dalla COVIP (Autorità di Vigilanza del settore previdenziale), di cui gli aderenti, talvolta, non conoscono l’esistenza. Tutto ciò in un mondo globalizzato governato da fattori d’instabilità che condizionano spesso le nostre scelte per il futuro.
Infine rappresenta una panoramica dell’esperienza in materia di previdenza complementare in ambito Ue e Ocse e il grado di diffusione di tale tematica nel comparto scuola.

“Credo sia un’occasione unica per affrontare questioni complesse e impegnative, semplificandole attraverso un excursus storico, una sintesi normativa, un indirizzo fiscale, qualche dato statistico ed infine una parte di esperienza personale. Concludo con delle riflessioni sull’attuale architettura del sistema di previdenza pubblica e complementare del nostro Paese!”

C.F.


Il lento processo di “alfabetizzazione previdenziale” genesi, evoluzione e prospettive della previdenza obbligatoria e complementare


Premessa

Cresce la spesa per il welfare. Lo afferma l’Istat nell’Annuario Statistico Italiano 2012, evidenziando che ammonta a 469 miliardi di euro la spesa per la protezione sociale sostenuta in Italia nel corso del 2011, pari a 29,7% del PIL. Il 67,2% della spesa per prestazioni si concentra nella previdenza1, mentre alla sanità è destinato il 24,9% della spesa2 e all’assistenza il 7,9%[3]. Fra le fonti di finanziamento dell’intero sistema di protezione sociale nel 2011, i contributi sociali rappresentano il 52,9% del totale, il 46,2% sono contribuzioni diverse, in gran parte trasferimenti statali. Inoltre quasi un pensionato su due risulta con un reddito da pensione inferiore a 1.000 euro; il 37,7% ne percepisce uno fra 1.000 e 2.000 euro, mentre per il 14,5% dei pensionati il reddito pensionistico è superiore a 2.000 euro lordi al mese4. Come si legge nel rapporto, nel 2011 “le famiglie in condizione di povertà relativa sono in Italia 2 milioni 782 mila5 corrispondenti a circa 8 milioni 173 mila individui poveri, il 13,6% dell’intera popolazione”. Anno dopo anno, nel nostro Paese, sono peggiorate le condizioni di vita per le famiglie numerose, soprattutto se con figli minorenni, residenti nel Mezzogiorno e con convivenza forzata tra più generazioni. Un peggioramento delle condizioni economiche degli italiani lo si coglie anche dal fatto che aumenta il numero delle famiglie che non si possono permettere di riscaldare adeguatamente l’abitazione6 e di quelle che arrivano con molta difficoltà alla fine del mese7. Stabili, invece, le statistiche relative alla percentuale di nuclei familiari che non si possono permettere una settimana di ferie lontano da casa almeno una volta all’anno e non possono far fronte a una spesa imprevista con mezzi propri. Ci tengo, infine, ad evidenziare che la spesa in giochi e scommesse nel corso del 2012, per contro, si è attestata a circa 17 miliardi di euro (in gratta e vinci, slot, video poker e lotterie varie), mentre le risorse investite in previdenza complementare ammontano a 7 miliardi di euro. Queste poche cifre rappresentano l’immagine di un Paese che, se da un lato sta pagando a caro prezzo il conto della crisi economica, costretto a confrontarsi con un welfare sempre più in difficoltà, dall’altro continua a comportarsi con irresponsabile superficialità. La nostra intera società è costretta ad adattarsi alle esigenze della sua popolazione che invecchia, ma dovrà anche affrontare le nuove sfide per altre fasce d’età in modo che tutte le generazioni siano in grado di continuare a sostenersi e vivere insieme costruttivamente. Questo significa che dovremo riesaminare le nostre politiche e pratiche in materia di urbanistica, sviluppo rurale, trasporti pubblici, accesso all’assistenza sanitaria, famiglia, istruzione e formazione, protezione sociale, occupazione, partecipazione civica, tempo libero, ecc… Il cambiamento demografico deve essere visto come un’opportunità, che può portare soluzioni innovative a molte sfide attuali economiche e sociali, ma ciò richiederà una nuova valutazione e la rielaborazione di alcune politiche economiche e sociali all’interno della società. Dare la possibilità e gli strumenti alle persone anziane per invecchiare in buona salute e per contribuire più attivamente al mercato del lavoro ci aiuterà a far fronte alla nostra sfida demografica in un modo che sia equo e sostenibile per tutte le generazioni. Coinvolgere i giovani da subito diventa necessario per aumentare la consapevolezza dell’interdipendenza tra le generazioni, soprattutto, in termini di sistemi pensionistici. Gli impegni del nostro Paese e dell’Europa intera dovranno tornare a:

  • riguardare il mondo del lavoro, la partecipazione ad attività sociali, l’istruzione per gli adulti, il volontariato, l’autonomia delle persone, il mantenimento di condizioni di buona salute, ecc.;
  • diffondere cultura previdenziale e finanziaria nelle scuole;
  • rimuovere gli ostacoli che impediscono alle persone più anziane di continuare a lavorare;
  • identificare interventi prioritari di solidarietà.

Le imprese dovranno impegnarsi a migliorare le condizioni di lavoro dei dipendenti più anziani e le organizzazioni della società civile si dovranno impegnare nel promuovere il volontariato nella terza età. Ebbene, tutto ciò, sembra far rivivere delle importanti esperienze del passato che hanno contribuito a far nascere e a sviluppare uno dei sistemi pensionistici più rappresentativi dell’Unione Europea: l’INPS! Questo mio lavoro vuole contribuire a ricordare alla attuale generazione di giovani le origini della nostra previdenza pubblica e le cause che hanno ingenerato la necessità di affiancare, ad una indispensabile previdenza di base obbligatoria, una forma di previdenza complementare guidata da principi di volontarietà, con una forte connotazione di solidarietà intergenerazionale. Concludo ricordando, tra l’altro, che il 2012 è stato l’Anno Europeo dell’Invecchiamento Attivo e della Solidarietà tra Generazioni: un’occasione per tutti noi per capire come oggi gli europei vivono e restano in salute più a lungo.


CAPITOLO I

Perché iniziare dalla storia del mutuo soccorso?
Si narra che le Società di Mutuo Soccorso (di seguito SMS) abbiano avuto una genesi nel modello storico dei “collegia opificum” (associazioni di artigiani) della Roma antica: una forma intelligente di organizzazione per affrontare i disagi dovuti a malattie, invalidità, guerre, povertà e vecchiaia, insomma una vera e propria protezione per diverse categorie professionali (attive in epoca imperiale, prima del declino barbarico). Queste spontanee associazioni di uomini hanno avuto successo presso il popolo per molti secoli, fino all’avvento delle corporazioni di tipo medioevale, create da artigiani e commercianti per la difesa degli interessi delle loro categorie.
Le SMS, nella forma più recente, sono comparse in Europa tra il XIX e il XX secolo; il mutuo soccorso nasce, in concomitanza con il capitalismo, come forma organizzata di reciproco aiuto. Costituisce una prima risposta collettiva alle conseguenze del processo di industrializzazione e contraddistingue l’affermazione concreta della rivendicazione di dignità e di autonomia di interi gruppi sociali che dichiarano apertamente la volontà di difendersi collettivamente dai rischi del libero mercato: la perdita del lavoro, la malattia, la vecchiaia e la morte. La seconda metà dell’Ottocento rappresenta l’epopea delle SMS: le stesse si sviluppano sia su base territoriale che professionale, sia nei centri urbani che nelle campagne, di orientamento socialista, ma anche di orientamento cattolico. Numerose associazioni mutualistiche a base professionale (dai fabbri ai farmacisti, dai sarti ai tipografi) traggono origine da antiche corporazioni di mestiere. Una legge promulgata nel 1886 (la legge n. 3818 del 15 aprile 1886), e tuttora in vigore, attribuisce a queste organizzazioni una personalità giuridica e ne definisce gli ambiti di intervento8. Negli anni in cui il numero delle SMS cresce9 e crescono gli aderenti, si amplia anche l’ambito delle loro attività per rispondere a bisogni che via via si allontanano da quelli di piccolo sostegno economico per promuovere istruzione, prevenzione sanitaria, attività culturali e ricreative, collocamento al lavoro, trasmissione del mestiere e sostegno previdenziale.
La mutualità dà vita, inoltre, ad altre forme di organizzazione: cooperative, organizzazioni sindacali, organizzazioni artigiane, associazioni culturali e ricreative. Ma ciò che ne garantisce la stabilità e la crescita è il meccanismo assicurativo, la governance, il lavoro volontario dei soci che provvedono a raccogliere il denaro e a ridistribuirlo, ma anche ad animare la vita sociale e ad elaborare e trasmettere il sistema normativo e valoriale. Fino al primo decennio del Novecento le società di mutuo soccorso continuarono ad espandersi in tutto il Paese sia come numero di associazioni che di associati (il culmine è nel 1904 con 926.000 soci) e ne fecero parte le più svariate categorie professionali, le stesse che in tempi successivi diedero vita a associazioni professionali e a forme di rappresentanza delle imprese artigiane, comprese le prime camere del lavoro, ma soprattutto le prime banche di credito cooperativo, le prime scuole di formazione professionale, i primi presidi di sanità preventiva e di tutela per la vecchiaia. L’attualità del mutualismo scaturisce proprio dalla crisi di quel sistema economico e sociale che ne aveva favorito la nascita, e dal venir meno degli equilibri istituzionali che, dal dopoguerra fino agli anni Ottanta, hanno reso possibile l’edificazione dei moderni sistemi di welfare (quello che i francesi hanno denominato “lo stato provvidenza”). Poter finanziare istruzione e salute attraverso la fiscalità generale, coinvolgere i datori di lavoro oltre che i lavoratori nel finanziare un sistema previdenziale a vocazione universalistica sono state grandi conquiste di cui anche il movimento delle società di mutuo soccorso può vantarsi.
Forse occorre ricordare che il welfare moderno, nelle sue migliori espressioni, vede la sua genesi nei principi di universalismo e di redistribuzione che hanno contraddistinto le esperienze mutualistiche. Se analizziamo rapidamente l’elenco delle cause che hanno messo in crisi i moderni sistemi di welfare emergono innanzitutto fattori strutturali. Quello demografico, in primo luogo. In un equilibrio demografico ad alta natalità, quale era ancora quello degli anni Cinquanta è stato possibile costruire un regime previdenziale a ripartizione, tendenzialmente universalistico, poiché il numero dei lavoratori attivi superava di molto il numero dei percettori di pensioni. Ora quell’equilibrio si è incrinato, favorendo l’insorgere di elementi di crisi fiscale: l’aumento della domanda e dell’offerta di servizi ha comportato un aumento della pressione fiscale che non riscuote più il consenso dei cittadini. Bisogna infatti riconoscere che, talvolta, il costo dei servizi erogati attraverso le strutture pubbliche è forse davvero elevato se commisurato alla qualità dei servizi medesimi. Occorre oggi rivitalizzare alcune delle finalità delle SMS: educazione e cultura previdenziale.
Le numerose iniziative intraprese in questi ultimi anni per organizzare seminari e convegni sulle esperienze delle SMS possono trasformarsi in una occasione unica di incontro in cui si ritrovino le ragioni di un’azione educativa rivolta agli adulti di oggi; non più analfabeti come lo erano i soci delle società di fine Ottocento, ma forse frastornati dai media, dai troppi messaggi pubblicitari, da un consumismo che sta peggiorando la qualità della vita di tutti e da un nuovo modo di vivere “sul web” che talvolta ci allontana dalla realtà!


Natura giuridica delle Società di Mutuo Soccorso

La legge n. 3818/1886, ancora vigente, costituisce la principale fonte normativa in tema di società di mutuo soccorso con personalità giuridica, integrata con la legislazione successiva10. La suddetta norma disciplina le società di mutuo soccorso “registrate”, che ottengano cioè la personalità giuridica mediante l’iscrizione prevista; mentre non si applica alle società di mutuo soccorso irregolari (l’iscrizione, in questo caso, è facoltativa, e non obbligatoria, nella misura in cui la mutua non eserciti attività d’impresa). Gli artt. 1 e 2 della legge n. 3818/1886 enunciano gli scopi principali e quelli accessori, o eventuali, delle società di mutuo soccorso con personalità giuridica. È necessario che lo statuto contempli almeno una tra le attività indicate all’art. 1. Al di fuori degli specifici scopi previsti dalla legge (essenzialmente riconducibili ai settori previdenziale, assistenziale e culturale), la società di mutuo soccorso registrata non può svolgere altre attività; in particolare, è ad essa precluso l’esercizio di attività commerciale. In caso di violazione di tale regola, il tribunale può, previa diffida, ordinare la cancellazione della società dal registro delle imprese (art. 7 legge n. 3818/1886).
Tra le attività precluse alla società di mutuo soccorso vi è quella assicurativa; la giurisprudenza ha tuttavia validato l’attività svolta da una società di mutuo soccorso che provveda, tra altre attività, a stipulare contratti di assicurazione a favore dei propri associati presso compagnie nazionali di assicurazione, facendo solo da tramite tra i propri associati e le compagnie assicuratrici. I sussidi, che la società di mutuo soccorso è preposta a corrispondere ai propri soci, presuppongono la disponibilità delle relative somme nel patrimonio sociale; è di conseguenza preclusa alla società stessa la promessa ed erogazione di pensioni ai soci. Il profilo lucrativo della partecipazione alla società non è previsto nella gestione delle società di mutuo soccorso.
Tutte le società di mutuo soccorso, registrate o meno, sono tenute a devolvere, all’atto dello scioglimento, il patrimonio residuo ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, come risulta dall’art. 16 del d.lgs. n. 220/2002. Deve ritenersi che l’obbligo di devoluzione del patrimonio ai fondi sussista, oltre che nel caso di scioglimento, anche nel caso di trasformazione in società lucrativa, consorzio o ente non mutualistico, come pure in caso di decadenza da agevolazioni fiscali (art. 2545-undecies c.c.; art. 17 legge n. 388/2000).


Le peculiarità economiche e assicurative del mutualismo

Il mutualismo aveva nell’intenzione dei suoi promotori, uno scopo che superava il puro fine assicurativo economico. Il meccanismo stesso del mutualismo, sul piano economico, risolvendo alcuni problemi vitali di assistenza e di previdenza, fungeva da mezzo di integrazione dei ceti popolari. Il funzionamento economico ed organizzativo era dunque un aspetto essenziale del mutualismo, e si basava alla radice su un meccanismo di tipo assicurativo. La forma più generale e diffusa che questo meccanismo assicurativo assumeva era quella della assicurazione contro le malattie acute.
Di regola, tutte le SMS avevano come loro scopo primario quello di corrispondere un sussidio in denaro ai soci che cadevano ammalati, per un certo periodo. Già dall’inizio comunque furono presenti anche gli altri obiettivi classici del mutualismo: i sussidi per le vedove e gli orfani dei soci; i sussidi per i malati cronici o invalidi permanenti; le pensioni di vecchiaia, i sussidi per disoccupazione forzata. Il prevalere dell’assicurazione di malattia e delle altre forme di sussidio ai soci era assoluto. Quasi tutte le società, inoltre, tendevano a riservarsi, negli statuti, la possibilità di un adeguamento dei contributi o i sussidi in caso di necessità, assicurandosi così una notevole flessibilità. Entro questi ambiti, la diffusione del mutualismo nell’Italia liberale fu un fenomeno di tutto rilievo, sia come diffusione, sia come importanza economica. Il numero delle società e dei soci crebbe costantemente fino all’inizio del ’900. Ciò che diventa interessante segnalare, è che anche il patrimonio aumentò più che proporzionalmente al numero dei soci: ciò è spiegabile solo in minima parte con l’inflazione (assai moderata) di quel periodo. Si trattava di una crescita che si basava non su poche realtà importanti, ma su una moltitudine di piccole società in attivo. Le SMS erano infatti passate da 443 a ben 6.347 fra il 1862 e il 1904; la media degli iscritti per società era diminuita però da 191 a 146. Il patrimonio medio per società, nel contempo, era solo raddoppiato. Vi era un “turn over” altissimo, che indica le notevoli difficoltà incontrate dalle SMS, specialmente in quegli anni (sono gli anni delle grande emigrazione dal sud). Il destino delle società dipendeva soprattutto dai modi con cui le SMS operavano sul terreno economico, investendo o redistribuendo le risorse dei soci. Tali attività andavano dal piccolo prestito, all’investimento in titoli, fino ad attività imprenditoriali vere e proprie. Alcune SMS fecero fortuna sul piano finanziario in certi periodi addirittura battendo moneta sostitutiva in situazioni di scarsezza del circolante. La quota delle donazioni, dei contributi dei soci onorari, ecc., che era stata particolarmente importante agli esordi dell’esperienza mutualistica, diminuì sensibilmente nel corso degli anni; invece, aumentò sensibilmente la quota delle entrate patrimoniali.
Per quanto concerne, invece, la struttura della spesa, la stessa non cambiò nella stessa misura; anzi si mantenne in sostanza pressoché inalterata, quindi la quota dei sussidi ai soci restò sempre prevalente. Cosa dimostrano questi dati? Tutto questo testimonia sostanzialmente che i caratteri del modello di sviluppo «leggero» erano i fattori su cui si fondava l’espansione del mutualismo italiano in quegli anni. Infine diventa interessante accennare, brevemente, alla vicina esperienza Svizzera: la maggior parte delle SMS offriva sostegno ai propri membri in caso di malattia, decesso, vecchiaia, invalidità e disoccupazione, insomma un vero e proprio sistema di previdenza sociale. Nel contempo si ponevano l’obiettivo di moralizzare ed educare la popolazione operaia. Nel 1865 uno Svizzero su 40, faceva parte di una SMS, mentre la stessa proporzione era di uno a tre in Inghilterra. Dal decennio 1880-90 alcune SMS cominciarono anche a introdurre assicurazioni sulla vita, ponendosi in concorrenza con le società per azioni. Nel 1912 le SMS Svizzere furono costrette ad adeguarsi alle rigide prescrizioni federali per poter beneficiare di sussidi: le stesse furono così sottoposte al controllo delle Stato e si trasformarono, in molti casi, in Compagnie di Assicurazione. Attualmente le “Benefit Mutual Societies” (SMS) presenti sul territorio europeo garantiscono servizi sanitari e sociali a oltre 160 milioni di cittadini, assorbendo circa 350 mila occupati11.


[continua]


Note

1 Parliamo del 17,8% del nostro Pil.

2 Pari al 6,6% del Pil.

3 Pari al 2,1% del Pil.

4 È quanto si legge nel 3° Rapporto dell’Istat sulla coesione sociale realizzato insieme all’Inps e al Ministero del lavoro nel corso del 2012.

5 Circa l’11,1% delle famiglie residenti.

6 Passano dal 10,6% del 2009 all’11,5%.

7 Passano dal 15,3% al 16%.

8 Tale tematica sarà oggetto di approfondimento del prossimo paragrafo.

9 EURICSE, Working Paper n. 032/12, “Dalle Società di Mutuo Soccorso alla Mutualità: risposte alla crisi del welfare”, pagg. 3; 5; 7, Adriana Luciano, Fondazione Euricse, Italy.

10 In particolare con le previsioni delle leggi n. 59/1992 e n. 28/1999, del d.lgs. n. 502/1992, del d.lgs. n. 220/2002, e della recente riforma societaria, oltre alla legislazione in materia tributaria.

11 Fonte: Forum Internazionale della Salute, Roma, 12 giugno 2012.


Se sei interessato a leggere l'intera Opera e desideri acquistarla clicca qui

Torna alla homepage dell'Autore

Il Club degli Autori - Concorsi Letterari - Montedit - Consigli Editoriali - Il Club dei Poeti
Chi siamo
La Rivista
La voce degli Autori
Tutti i nostri Autori
Per iscriversi
ClubNews
Il notiziario gratuito
Ultimi inserimenti
Homepage
Per pubblicare
il tuo 
Libro
nel cassetto
Per Acquistare
questo libro
Il Catalogo
Montedit
Pubblicizzare
il tuo Libro
su queste pagine