Il gioco dei pensieri

di

Cristiano Comelli


Cristiano Comelli - Il gioco dei pensieri
Collana "I Gigli" - I libri di Poesia
14x20,5 - pp. 234 - Euro 13,50
ISBN 978-88-6587-5896

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In copertina: fotografia dell’autore


Gli aforismi sono sempre la fotografia di un attimo che si fa concetto. Da un punto, anche minuscolo, può sempre nascere una linea. E diventare sempre più lunga a misura dell’importanza attribuita all’attività dell’approfondire quanto si pensa. Quelli qui proposti sono pensieri aperti, dilatati su chi li ha scritti che non pretende certo di averne esaurito la fecondità e proiettati su chi li leggerà che li potrà allargare a proprio piacimento, anche negarli, smontarli e rimontarli. Non ho verità da insegnare, soltanto concetti da proporre, e sono felice se chi verrà a contatto con essi saprà anche dire, con la propria testa e con una propria elaborazione di pensiero, che non sono accoglibili. Pensare è la maggiore forma di democrazia. Incomprimibile. Affascinante. Stimolante. E chi ritiene che pensare sia tempo perso ha rinunciato, a mio modesto avviso, a dare all’esistenza il nome che più merita.


Introduzione dell’autore

Pensare è sentire di vivere. Per meglio dire, io l’ho sempre vissuto come la capacità di saper fermare in modo fotogrammico e straordinariamente intenso la nostra esistenza. È pensando che impariamo a scoprirci, è pensando che impariamo ad amarci, anche a donarci. Il pensare è poi sempre un ricominciare, non ammette mai una parola definitiva. Non vi è nulla di acquisito in modo indiscutibile e incrollabile. Mai. Il pensiero ci impone di continuare, non è un punto, è una linea. Ci impone di continuare a coltivarlo, a renderlo sempre più efficace. E lo fa a suo modo, a volte anche soltanto con degli accenni, con dei piccoli lanci al nostro cuore e alla nostra anima. Non germinarono forse da questo alcuni dei pensieri più fecondi dei filosofi vissuti dall’inizio del mondo fino ai nostri giorni? Pensare è dire a se stessi: sono in questa realtà e non posso, di più, non devo disinteressarmene facendomela sfuggire. Quanto mi circonda mi darà pure delle idee, delle stimolazioni, delle emozioni che intendo sottrarre al fluire incessante di un tempo che non perdona di averlo sprecato. Non ritorna. Forse i pensieri, ecco, sono i pennelli con i quali colorare continuamente la tela del nostro tempo in continua ridefinizione. Una tela che conserva sempre i colori che vi abbiamo apposto in precedenza e concede sempre spazio ai nuovi arrivati. Se il tempo, infatti, non è disposto a perdonarci di averlo buttato via, ci è invece sempre alleato nel sedimentare quanto abbiamo pensato. Ci è sempre compagno nel dire: ecco, guardate, vedete cosa avevate pensato vent’anni prima e cosa vi siete trovati a pensare ora. Quelli siamo sempre noi, pensieri in viaggio per non stancarsi mai di scoprirsi, pensieri mai esausti di tradursi in forme compiute, pensieri che insegnano anche, perché no, ad attribuire un senso a quella che chiamiamo solitudine. Finché abbiamo i nostri pensieri con noi, stiamone certi, soli non lo saremo certamente mai. Essi ci nascono spontaneamente, sono come frutti prelibati che esigono solo di essere raccolti. Vi è un momento particolare per farlo, ci si potrebbe chiedere? Sì, secondo il mio modesto punto di vista sì, è quello in cui li si sente talmente premere dentro di se che sembra quasi di udirli dire “facci uscire alla superficie, vivici, donaci”. E non si stancano mai di dirci questo, solo che non vogliamo abbassarne il volume. Ecco, se ne abbassiamo il volume a sentirci stanchi siamo noi. E stancarsi dei proprii pensieri equivale a fare entrare nella propria vita la noia. Già, quel coltello chiamato noia che si conficca nelle nostre carni disabituate ormai a regalarsi alla riflessione e a quanto essa sa dare sia come riferimento per la conseguente azione sia come arricchimento del proprio modo di essere. E allora la presente raccolta di aforismi nasce proprio da questo scopo. Non so dire ma neppure mi interessa stabilire perché alcuni di questi pensieri sparsi siano usciti più lunghi e altri siano caratterizzati da una maggiore brevità. Anche qui, forse, è il pensiero a darci il metro per misurare in quale modo dobbiamo dire esattamente le cose. Nella consapevolezza che una parola in più o in meno vanificherebbero l’effetto, che i pensieri si nutrono di parole ma non devono finire per esserne schiavi. O forse le parole non calibrate deformerebbero un pensiero intollerabilmente. Qualcuno assai più intelligente di me affermò “penso dunque sono”. Parafrasando il buon Cartesio e la sua asserzione fondamentale del Discours sur la methode, direi invece “penso dunque mi scopro”. Che forse è un altro modo per dire di essere. Il pensiero è forse la prima scuola di libertà. Nulla, forse, insegna l’importanza di gestire responsabilmente la propria libertà come i pensieri che si creano. E si creano con la consapevolezza che, un giorno, non basteranno più. Cioè con la consapevolezza che essi preparano sempre la strada ad altri pensieri. Il pensare prima prepara il cammino al pensare dopo con un pensiero più elevato che conserva intatte, anche se talora restano poco visibili, le tracce del pensiero precedente o primitivo. E uno dei pericoli di cui assolutamente mi guardo è proprio questo: che quanto ho scritto all’interno di questo volume possa, per me, avere il carattere del definitivo, del non più completabile, di quella molecola insieme di atomi che non possa accogliere in sé altri atomi. Se si abbandona l’idea che un pensiero è sempre comunque un frutto che si muta a seme per generare altri frutti io credo che si possa anche abbandonare l’idea dell’essere sempre più uomini e del crescere. Il pensiero è un bambino che cresce, e cresce spesso anche oltre le nostre intenzioni e oltre quanto noi immaginassimo. Tanto che a volte magari ci troviamo a essere stupiti di dove il nostro pensare sia giunto. A me personalmente è capitato. E spero che da questa raccolta emerga anche la mia sensazione di stupore e di meraviglia rispetto a quest’idea. Mai, però, lo garantisco, di un compiacimento che possa anche solo lontanamente ricordare una presunzione che ho sempre voluto tenere fuori dalla porta della mia esistenza. Questa raccolta nasce anche da un’elementare constatazione: un pensiero è come un bel dono che ci si fa, e i doni non devono mai essere mai tenuti solo e gelosamente per se stessi ma quanto più possibile condivisi. Non definirei filosofia questo tipo di pensieri. Lo definirei, con il rispetto che si deve ai filosofi veri, una dichiarazione d’amore verso il mondo. Dichiaro quanto mi è parso di constatare a livello di comportamento umano, senza la pretesa di imporre verità evangeliche o di individuare elementi di regolarità nell’azione umana. Tanto più che, anche se fosse possibile, non mi piacerebbe essere regolare e metronomicamente preciso. In questa raccolta razionale e irrazionale convivono. Con una consapevolezza. Dovremmo tutti essere maggiormente grati, o comunque valutare più rispettosamente la nostra componente di irrazionalità. Vi è stata un’epoca detta illuminismo nella quale si pretendeva di dominare tutta la dinamica storica attraverso la ragione, senza il bisogno di aiuti esterni e comunque bandendo l’irrazionale. Ecco, tale pretesa a oggi e non da oggi può, almeno a mio avviso, dirsi tramontata definitivamente. Talune delle frasi aforismatiche che qui troverete sono emerse dalla mia componente di irrazionalità. E naturalmente non le rinnego. Con questo non intendo definirmi un pazzo, ma dire che comunque alcune massime mi sono scaturite senza che io mediassi il mio valutare il mondo con la ragione. E non ritengo sia un crimine o comunque qualcosa di cui vergognarsi. Lo ritengo invece un omaggio a quella parte di me che, per fortuna, non padroneggio. Ma pensiamo che noia se, un giorno magari neppure troppo lontano, arrivassimo a essere convinti di esserci padroneggiati in tutto o comunque di poter padroneggiare tutto con il pensiero. Bene, per quanto mi concerne desidero che quel giorno mi sia lontano anni luce. Un concetto che ci tengo poi a precisare, e non da oggi, è che questa raccolta non è figlia del mio solo contributo ma nasce dai contatti avuti con persone per via, occasionalmente oppure con un respiro più largo. Qualunque persona io abbia incontrato, anche se di alcune non mi ricordo (sono pur sempre un uomo no ?), deve sapere che qui troverà qualcosa del mio incontro con lei. Ci troverà qualcosa che mi ha insegnato, magari pure inconsapevolmente, così come qualcosa che non mi ha insegnato o non ha inteso insegnarmi. E comunque sia l’apprendere, sia nel bene che nel male, è sempre un apprendere. Non dimentichiamolo mai. Sbagliamo di grosso ad assegnare un valore soltanto alle esperienze che ci hanno segnato positivamente e non ne attribuiamo affatto, invece, a quelle che ci hanno lasciato strascichi negativi. Non è giusto esaltare soltanto le prime e soffocare le seconde. Perché, si badi, i pensieri, paradossalmente, emergono forse soprattutto da quelle esperienze che ci hanno lasciato dolore e lacerazione. Qui mi concedo qualche parola di digressione. La gioia rischia di renderci passivi, nella misura in cui noi, per così dire, ci sediamo sugli allori di una soddisfazione colta. Il dolore, viceversa, ci mette in moto, ci obbliga a estrarre da noi stessi le risorse di cui disponiamo e di cui, spesso, neppure conosciamo l’esistenza. Questo vale per le azioni ma anche per le parole, dunque per i pensieri che nelle parole trovano una delle loro modalità d’espressione, direi quella privilegiata. E non si tratta allora di rinnegare quelle esperienze che pure ci hanno fatto del male, i pensieri aiutano anzi, direi, molte volte a ricondurle nella più esatta e opportuna dimensione. Anche nel “pensare a distanza”, ovvero dopo tantissimo tempo, senza rimpianti, senza maledire quel momento che ci ha dato da pensare, ecco, anche in questo l’uomo trae un’indubbia opportunità di arricchimento per la propria esistenza. Pensare, e magari scrivere questi pensieri, cosa che peraltro consiglio (ci ritorno tra breve), è una forma per mettere un metronomo alla propria vita e sentirne i battiti. Senza paura, senza fretta. Nulla è più nemico di un pensiero che darsi la fretta di partorirlo. Spesso i pensieri esigono di uscire con calma, senza andare di corsa, con sofferenza, ma in ogni caso vogliono il loro tempo. E arrivo al perché sia a mio avviso non soltanto necessario ma sublime poter articolare i propri pensieri quali che essi siano. In questo bisognerebbe imparare da alcuni giovani che tengono un diario in cui annotano di tutto, dalle loro speranze alle loro incertezze, ai loro amori realizzati o delusi. Tutto vive in forma di parola che dà forma a un pensiero. Non si abbia mai paura di scrivere su un foglio quanto si pensa. E si chieda a se stessi una cosa soltanto: sincerità, ovvero onestà di analisi. Il che equivale a dire a se stessi: non penso e scrivo come il mondo mi ha detto di scrivere e pensare, ma mi ci gioco io in prima persona. Si dirà: ma qualche riga fa hai scritto che sei grato alle persone incontrate perché sono loro praticamente ad averti scritto i pensieri. Incontrare persone ed esserne ispirati a questo riguardo, però, non implica affatto soffocare la propria identità né dimenticarsi di essa. La presenza altrui ci può ispirare, ma non ci fonda. Tutto deve sempre partire da noi. Vorrei soffermarmi un istante anche su un legame a mio avviso indissolubile tra due componenti, ovvero il nostro pensiero e la nostra ricerca. Pensiero equivale a ricerca. Ricerca equivale ad avvertire in se stessi un’incompletezza che mai si muterà in completezza ma perlomeno potrà essere attenuata dal nostro stesso pensare. Perché il pensiero significhi ricerca occorre assolutamente che esso si traduca in ulteriore domanda. Pensare, ecco, non è solo e tanto darsi risposte quanto generare ulteriori domande In alcuni aforismi di cui leggerete questo concetto lo troverete espresso in modo chiaro. Rifacendomi alla distinzione del noto scienziato Karl Popper tra “società aperta”e “società chiusa”, parlerei appunto di pensiero aperto nel caso di un pensare che ci apra a nuovi orizzonti perché è in grado di generarci nuovi interrogativi, e di uno chiuso nel caso opposto, ovvero in quello in cui ci accontentiamo del pensiero come risposta. Questo non equivale a mettersi dei punti fermi. Uno su tutti, se stessi. Il pensiero parte da me e a me ritorna per rivelarmi oltre ciò che sapevo di me stesso e consentirmi, appunto sottoforma di domanda, di proseguire il cammino. Siamo, o comunque dobbiamo essere, pensieri in costante movimento. Peraltro la vita cammina, non è qualcosa di statico, e se volete è allora anche un cammino che ci è proposto e non imposto dalla vita stessa. Non saprei immaginare la mia vita non solo per un giorno, ma neppure per un misero momento senza l’attività del pensare. Questo non significa essere sempre seri e non saper ridere mai di se stessi. Anche il pensare consente di ridere di se stessi, magari anche nella misura in cui si constata che quel pensiero è un po’ sgangherato e che ci si può, ci si deve impegnare di più per conferirgli la forma giusta. Pensare di non pensare equivarrebbe, per me, a un suicidio. Se dovessi dare ai genitori un consiglio per educare il loro figlio, fermo restando che non avrei mai la presunzione comunque di farlo, direi loro: abituatelo a pensare, a capire che le cose non hanno mai un solo significato e un significato definitivo fintanto che le si sottoponga all’attenzione di un pensiero libero e appassionato, di un’attività cogitativa che non si lascia imbrigliare dai conformismi, dal già detto o dai luoghi comuni. Diffidate sinceramente da coloro i quali vi diranno che la vita è una sola e che pensare sia una perdita di tempo. Non corrisponde affatto al vero. Certo, la vita bisogna anche un po’ godersela, ma anche il pensare rappresenta un modo per poterlo fare, quantunque magari a volte sia meno divertente che concedersi ad altre attività. Meno divertente ma, aggiungo io, più appagante. E poi si ponga mente anche alla dimensione “altruistica” del pensiero, quella che porta a diffonderlo ad altri che ne faranno magari un’occasione di approfondimento, o forse ne negheranno la validità ma dopo averne tenuto conto; il pensiero può dilatare gli orizzonti o ridisegnarne i contorni, in ogni caso non sarà stato vano che lo si sia partorito. Ci sono pensieri che resteranno relegati nel contesto storico che li ha generati. Non per questo non sarà valsa la pena averli generati. Anche perché non dobbiamo mai mettere in soffitta la componente generativa, procreativa di un pensiero, quella che lo conduce, appunto, a preparare altri pensieri più profondi ed elaborati Il pensiero è, al contempo, culla e creatura, padre e figlio, questa è la sua magia. Non si lascia comprimere, pur se si concede alle nostre parole nella consapevolezza che esse non ne potranno costituire una fotografia nitida ed esaustiva. Ma esiste. Non importa se breve o lungo. Non è l’estensione l’unità di misura della validità di un pensiero, ma la sua intensità, l’onestà intellettuale o morale con cui chi l’ha partorito lo ha regalato a se stesso e al mondo. Forse il pensiero, chi lo sa, è persino una forma di preghiera. A volte pensando preghiamo , e non ce ne accorgiamo. Chiediamo alla nostra persona che quel pensiero esca dai confini angusti della penna e dell’elaborazione per scoprirsi realtà d’azione. Forse chiediamo che esso diventi anche un dono. E non per incensarci, tanto per dirci quanto siamo stati bravi a partorirlo. Ma semplicemente per dire che in quel pensiero sono contenuti gli elementi fondamentali della fratellanza, elemento da non trascurare mai in ogni più piccola azione che si compie. Ecco, pensare costituisce indubbiamente uno dei più grandi e significativi atti di fratellanza. È compiere dei passi nella consapevolezza che nessuno di essi è trascorso vanamente. P come passo, p come pensiero. Il pensiero è camminare, accorgersi che quel cammino, ben lungi dallo stancarci, ci regala ogni volta più energie di prima. E sono energie che, poste al servizio di altri passi, disegnano con sempre maggiore precisione la strada. Quella strada è la scoperta dell’amare attraverso i pensieri. Inizialmente molto sfuocata, indecifrabile, dunque poco chiara, poi sempre più nitida. Il pensiero non deve fare i conti con ciò che innanzitutto è, ma con quanto innanzitutto non è. Questo appunto gli insegna ad aggiustarsi, a ridefinirsi, come un dono in continua composizione che necessita di essere continuamente perfezionato. Ma, a differenza degli oggetti che, per poter essere elevati a strenna, devono essere fatti e finiti una volta e per tutte, il pensiero si può già donare per via. Anche quando è appena abbozzato, anche quando si nutre di pochi concetti, poche battute. Anche in questo caso, occorre fare sicuramente attenzione. Taluni pensieri, infatti, se sono arricchiti di molte parole perdono il loro senso autentico e la loro bellezza. Pensieri e parole si rincorrono continuamente. Ma credo siano i primi a dire alle seconde quanto di esse sia veramente necessario a realizzarli per via. Spero che i pensieri proposti qui sotto siano al servizio di un concetto chiaro a chi mi farà l’onore di leggere queste pagine: pensare è sentire il vero respiro del vivere. E dunque mai negarsi al pensiero. Anche quando, magari, può costare fatica.


Il gioco dei pensieri


1.

Recarmi in chiesa mi rende felice e mi preoccupa allo stesso tempo. Nel primo caso perché so di amare Dio e sento in me il desiderio di cercarlo in ogni forma animata o inanimata, nel secondo per il fatto che so di essere un peccatore e che certe volte, nel cercarlo, sono colto da cattiveria e da pigrizia che non dovrebbero appartenermi.


2.

Mutare con le cose che ci circondano non è necessariamente un male, lo può diventare nel momento in cui, dopo tale mutamento, non riusciamo più a ritrovare noi stessi.


3.

Nello svolgersi della mia esistenza desidero passare inosservato, cioè essere una persona che fa della discrezione il modus operandi del suo vivere. Questo, però, non significa che io debba perdere la voglia e soprattutto il gusto di osservare quanto mi sta intorno; semplicemente lo devo fare senza spirito di dominio e senza atteggiamenti roboanti.


4.

I filosofi non ti regalano la verità ma ti insegnano il gusto e la gioia di credere sempre che sia possibile raggiungerla, per quanto di verità assoluta non sia mai possibile parlare.


5.

Non si può mai affermare con certezza se sia meglio articolare un pensiero lungo o breve. Forse chi ha la capacità di vedere le cose davvero importanti della vita si contenta del pensiero breve perché le sa mettere al centro dell’attenzione senza tanti giri di parole e chi invece articola un pensiero lungo, prima di arrivare all’essenzialità, si perde in qualche sovrastruttura di troppo. Ma è soltanto una possibile interpretazione. Così è anche se io affermo che il pensiero breve è tipico della persona superficiale e quello lungo di chi invece desidera andare alla profondità delle cose. In conclusione, la superiorità di un pensiero breve o lungo è determinata dall’onestà, intellettuale e vorrei dire anche morale,di chi lo produce. Non è un fatto di quantità, ma di onestà dell’intenzione.


6.

Ogni volta che mi faccio cogliere impreparato dai messaggi che il silenzio intende mandarmi spreco minuti preziosi di vita. Per fortuna il silenzio è comunque un amico che non si stanca mai di tenderci la mano.


7.

La parola fede ha a che fare con il concetto di vuoto. In altre parole, fede e vuoto devono saldarsi stabilmente, perché è soltanto il vuoto che l’uomo prova a poterlo indurre a compiere un vero cammino di fede, da intendersi come qualcosa di continuamente ridefinibile, anche con cambiamenti radicali. Fede è essere sempre pronti a ricominciare daccapo perché ci si è accorti di non avere mai fatto abbastanza per cercare Dio davvero.


8.

L’uguaglianza degli uomini è un traguardo da coltivare, la loro diversità, al contempo, un diritto da garantire.


9.

Mi sono negato nel mio essere uomo tutte le volte in cui ho vantato di avere un diritto di vita o di morte su una zanzara o una formica e in generale su chi è indifeso e fragile. Mi riscopro uomo quando penso che la mia dignità non è superiore a quella di una zanzara o di una formica. Non mi sento signore, ma compagno di tutte le creature. E se poi penso che Dio ci ha creato tutti fratelli, non ho problemi ad ammettere che tale mia fratellanza debba estendersi anche ai più piccoli animali e a quelli situati dalla scienza al livello più basso della scala evolutiva.


10.

Non ho mai capito se la geometria abbia la valenza positiva di circoscrivere il mondo così da consentirci di comprenderlo meglio o quella negativa di comprimerlo così da tenere fuori dalla comprensione umana aspetti importanti di quanto ci circonda. Forse sono vere entrambe le cose. In ogni caso la geometria si è rivelata un’ottima e feconda invenzione del genere umano perché introduce quel concetto di spazialità e di limite senza il quale non saremmo comunque in condizione di orientarci.


11.

Il mondo è una matita dorata che disegna prati e ci invita a depositare su di essi semi di pensieri. Da essi devono nascere piantine di matura riflessione.


12.

Scrivo per dare al mio pianto la forma di un sorriso o per dare al sorriso l’illusione dell’eternità.


13.

Non posso chiedere al mondo di cercare di diventare migliore se non lo chiedo innanzitutto a me stesso.


14.

La storia dell’uomo si ripete nella misura in cui l’uomo non fa nulla per comprenderla. E per comprenderla deve innanzitutto amarla, cioè considerarne la valenza didattica in qualunque modo essa si sia manifestata, che è quanto dire, in qualunque modo egli l’abbia prodotta, sia pure se essa abbia avuto a volte, come in effetti ha avuto, conseguenze inintenzionali rispetto alla sua volontà.


15.

Quando gioisco per un pensiero non è solo né tanto per il pensiero in se stesso, quanto per il fatto che è riuscito a crearmi terreno fertile per la elaborazione di un altro pensiero.


16.

Ognuno di noi deve portarsi dentro l’idea di Stato, direi addirittura pensare di essere lo Stato. Questo non garantisce che diventeremo tutti persone civili e responsabili l’una verso l’altra ma ne può essere una buona, validissima premessa. E pregherei di considerare che questo non rappresenta un soffocamento dell’individualismo, della dignità dell’uomo singolo, ma ne costituisce al contrario una suprema affermazione se deriva dall’acquisizione e dall’adozione di un atteggiamento di responsabilità nel pensare come nell’agire.


17.

La ricchezza economica merita di chiamarsi con questo nome soltanto se si pone a servizio del benessere generale, allora si fa anche ricchezza spirituale e interiore e quindi acquisisce il suo vero senso.


18.

Perché devo ritenere che il tempo ci sia signore quando invece è esattamente il contrario? Noi chiediamo al tempo di fermarsi, ma è in realtà il tempo che chiede a noi di fermarlo, non materialmente ma, direbbe Bergson, cinematograficamente, affinché abbiamo la capacità di dotarlo di senso vero. È il tempo che domanda a noi di spiegare il perché della sua esistenza e del suo senso.


19.

Non c’è peggior torto fatto alla storia che cercare in essa alibi per i nostri cattivi comportamenti.


20.

Talvolta penso che chi usa la sanità per guadagnare sulla pelle di altre persone bisognose non dovrebbe avere più diritto ad alcun tipo di cura perché, se ha scherzato sulla salute altrui, non ha il diritto di vedere presa sul serio e con attenzione la propria.


21.

A volte essere timidi non significa essere rinunciatari, ma semplicemente più riflessivi e capaci di ponderare le situazioni.


22.

Ogni canto reca in sé il gusto del divino. Non sarà un caso che canto cominci per c, come cielo, il canto ci porta il cielo dentro e ci fa essere parte del cielo. Non mi sembra davvero poco.


23.

Chi, scrivendo poesie, pensa solo a metrica, forma e ridondanze linguistiche varie si scordi pure di potersi definire poeta, la vera poesia è nel modo di essere della persona e attinge sempre alla semplicità. Ecco, la poesia deve saper far cogliere l’essenza e la bellezza della semplicità.


24.

Esistono due religioni ben distinte che però si completano tra loro. Quella dello sguardo che ci insegna a cogliere la bellezza epidermica delle cose e quella del senso nascosto che si ha quando invece tale bellezza epidermica diventa il trampolino di lancio per andarle oltre e cogliere la bellezza più profonda.


25.

Un bacio sincero è un pensiero che ama in silenzio.


26.

Come sapremmo dare un senso più vero alle cose, talora, se rinunciassimo a ingabbiarle nelle parole.


27.

Più salgo con la mia presunzione più, ne sono certo, mi condannerò all’umiliazione.


28.

E se a volte gli scrittori usassero le storie create per mascherare la pochezza delle loro biografie personali? A mio avviso il rischio esiste.


29.

A mio modesto parere l’ateismo non esiste. Dipende da che cosa si intenda per Dio. I materialisti non erano proprio atei, per esempio, solo che il loro Dio lo fissavano non in un’entità trascendentale ma nell’immediata constatabilità della materia. Comunque credevano in qualcosa. E anche quando qualcuno afferma di non credere in alcun Dio ma negli ideali, costui ha semplicemente fatto di tali ideali il suo Dio. Dunque, anche in questo caso, non può essere considerato ateo.


30.

Le finestre profumano degli sguardi di chi guarda dentro di esse per osservare il mondo e amarlo.


31.

La disabilità vera di cui l’uomo deve avere paura non è la menomazione fisica, ma la percezione della fatica, se non addirittura dell’impossibilità, di amare.


32.

Quanti sono i filosofi sparsi per il cielo che si stanno scusando con Dio per avere osato, con il loro pensiero, sostituirsi a lui?


33.

Educare i bambini o i ragazzi è educare, al contempo, anche noi stessi. Se ci rendessimo conto di questo, credo che l’educazione farebbe diversi passi avanti.


34.

Volete fare ai vostri figli uno splendido regalo di Natale? Allora secondo me dovreste donargli la capacità di saper valorizzare quanto hanno vissuto durante l’anno che ha portato al Natale e quella di capire che, bello o brutto che sia stato, è servito a farli crescere.


35.

Chi non sa ritagliarsi nella vita uno spazio per ascoltare la voce e i messaggi che promanano dal suo dolore è destinato a soffrire veramente perché non ne ha capito il ruolo per la propria crescita.


36.

Dal mio punto di vista, chi in modo arrogante si rivolge a me dicendo “lei non sa chi sono io” mi ha già rivelato di sé tutto quello che ho bisogno di sapere di lui. Per compatirlo e per non imitarlo.


37.

Tutte le volte in cui la stupidità urla, l’intelligenza ha il dovere morale di tapparsi le orecchie.


38.

Una sola parola è il più delle volte sufficiente per rendere un pensiero banale o viceversa indimenticabile. Se vogliamo approfondire, non dimentichiamoci della banalità perché potrebbe ritornare a farci visita e rattrappirci il pensiero, non banalizziamo la dimenticanza perché altrimenti non sapremo più chi siamo stati e siamo, di conseguenza neppure chi saremo.


[continua]


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