Opere di

Costantino Mirai


Al Sole sulla laguna …(di Cabras)

Dell’amata laguna in queste sponde
Fra nostalgici ricordi ammiro ognora
Nel riflesso del sole in mezzo all’onde
Il dolce occaso e la splendente aurora
Strada di luce a illuminar le fronti
Orologio, dal buon Dio assai gradito,
Con l’eterno ticchettìo d’alb’e tramonti
Segni gli istanti del tempo infinito
Milioni d’anni continua l’erosione
Che nel profondo mar sbriciola il quarzo
Per is Aruttas che vanta, e con ragione,
Acque divine e spiaggia da gran sfarzo
Grato alla mente è l’indagar costante
Che attraverso la storia mi conduce.
Vedi ai primordi il primo navigante
Che il fassone con lo scirpo già produce
Quando il Faraon d’Egitto era agli albori
Già Cuccuru Is Arrius frequentavamo
E quando Davide da Dio avea i favori
A Tharros già i Fenici ospitavamo
Preistoriche costruzion sono i nuraghi
Di ciclopica forza e grande mente
Ché calcoli macchinosi appar di maghi
Difficili da rifare anche al presente
Shardana hai visto fra uomini potenti
Soverchiar le grandiose civiltate
E dei Popoli del Mar le invitte genti
Portar fino alle sponde dell’Eufrate
Rimembranze nel tempo assai distanti
Conservate nel cuor di Mont’e Prama
Sculture in pietra col corpo di giganti
Di glorie antiche a rivangar la fama
Abbiam sofferto l’attacco vil dei Mori,
Ma combattuto con rabbia e con furore
Come ricordano, scalzi, i corridori
Per salvare del Mondo il Salvatore
Più recente è di Cabras quel castello
Dov’Eleonora a scriver leggi dimorò
Barison coi Giudicati osò un duello
Ma in tal fortezza dal pericolo scampò
Maria Antonietta d’Austria, la regina
Del Regno di Sardegna e del Piemonte
Mai visto avea bellezza si genuina
E perciò volle baciarla sulla fronte
Con la lotta riscattammo la laguna
Dai padron, ma non ancor dai cormorani
Ora speriamo una maggior fortuna
Che il lavoro più proficuo sia domani
Ed a migliori speranze or mi conduce
Questo divin, radioso tuo fulgore
Possa essere alle menti e gioia e luce
Nell’unir tutti in un’immenso Amore



Fantasia, istruzioni per l’uso

III° Classificato al Premio Letterario “Maskaras” di Terralba (OR) 2008

La vita la viviamo logicamente come possiamo, visto che accade spesso che i risultati siano in netto contrasto con le nostre ambiziose proposte. La fantasia, invece, possiamo gestirla come vogliamo noi, e se poi l’abbiniamo anche all’ottimismo possiamo compensare avversità spiacevoli, qualunque sia la situazione reale, e prenderci anche soddisfazioni altrimenti impensabili. Tutto questo, e molto altro ancora, limitato o enfatizzato solamente dalle possibilità della nostra stessa genialità.
Non ci sono limiti, bada, a quello che puoi essere quando ti lasci andare a sognare beatamente ad occhi aperti. Se lo vuoi puoi essere il più potente della terra, il più forte, il più amato, il più ammirato, il più bello, il più intelligente, o tutto questo assieme, e non importa che questa tua esaltazione corrisponda alla realtà quotidiana, perché in quel momento sei esattamente il personaggio in cui ti sei immedesimato.
Facciamo una prova, sei in una spiaggia affollatissima di bagnanti, e senti i
vicini d’ombrellone che stanno programmando le ferie ai Caraibi e tu, in difficoltà ad arrivare con un euro a fine mese, e infastidito dal pallone che un pargolo (magari figlio del tuo principale) ti sbatte continuamente addosso, che fai ?
Puoi sempre cercare scampo sul materassino di plastica del tuo nipotino, ti ci sdrai sopra con l’ombelico rivolto al cielo, poche bracciate per allontanarti dal bagnasciuga, chiudi gli occhi e ….
Chi ti vieta di imbarcarti nel transatlantico della tua stessa fantasia e su di esso partire per una crociera di sogno verso quei mari lontani, dove fresche acque traslucide riflettono cieli sereni e nelle cui spiagge assolate ti attendono bellezze esotiche, pronte a colmarti di baci, a cingerti il collo di ghirlande di fiori e poi a ballare per te quelle danze sinuose che trascinano l’uomo in quei bazar del divertimento, dove le fantasie, specie quelle più audaci, sono la splendida realtà di ogni istante ? Chi te lo può vietare, sdraiato su quel materassino, logicamente con l’ombelico rivolto al sole e dolcemente cullato dalle pur sempre splendide acque del nostro fresco Mediterraneo ?
E’ stata una crociera di tuo gradimento ? Ohè, se non lo è stata puoi adeguarla al meglio della tua fantasia, tanto non ci saranno di certo imprevisti di nessun genere ! Hai speso qualcosa per questa crociera ? Pensa invece ai tuoi vicini al ritorno da un viaggio magari deludente, incappati in un uragano tropicale, rimpiangendo le troppe spese sostenute, disperati per le valigie che sono andate perse, spossati dal lungo viaggio e dal disagio per lo sciopero fuori programma degli aeroportuali.
Ma se vuoi fantasticarci sopra più a lungo, puoi immaginare per esempio di comprarti o, meglio ancora, realizzare in proprio la pilotina della stazza a te più congeniale, modificarla come vuoi per adeguarla ai tuoi desideri, logicamente anticipandoti da solo i complimenti più sperticati per la tua abilità, e per i tanti particolari che la renderanno unica. Durante il periodo di tale impegno, puoi anticipare mentalmente la conclusione del capolavoro, e partire quotidianamente per luoghi esosi, per il tempo che vuoi, con la compagnia che vuoi e con tanti soldi da spendere che ti puoi permettere di gettarne a manciate fra la gente per goderti la scena di tanta felicità.
Questa enunciazione è volutamente breve, ma tu puoi programmarla per settimane, mesi o anche anni se vuoi, finché continua a intrattenere piacevolmente i tuoi momenti d’ozio, specie se la pilotina te la stai costruendo davvero !. Non ti basta neanche tutto questo ? Allora, tanto che non ti costa proprio niente, perché fantasticare su cose accessibili a molti se puoi acquistare addirittura un enorme e supermoderno transatlantico, arredarlo come neanche un miliardario può permettersi di fare meglio, col personale di bordo il più selezionato e accondiscendente che ci sia ? Allora puoi soffermarti sulle piacevoli scelte di invitare a bordo solo i personaggi fra quelli di maggior spicco a te più graditi, umiliando magari chi ti guarda dall’alto in basso, dovesse essere il più osannato del mondo intero. Logicamente escluderai (e se ti va anche con frasi arroganti, tanto nessuno ti darà del maleducato) tutti gli antipatici. Infine, per i trattenimenti tuoi e per quelli dei tuoi ospiti, che naturalmente avrai selezionato con cura, accetterai solo i big dello spettacolo, dell’arte e della cultura che, conseguentemente, faranno a gara per avere il privilegio di essere tuoi ospiti e che potrai sostituire giornalmente, magari alternandoli, anche se ti trovi in mezzo a un oceano, per mezzo di uno dei vari mega-elicotteri parcheggiati nel vasto eliporto dirimpetto al ponte di comando.
Tutto questo tu lo puoi ! E ti garantisco che se lo farai non dovrai mettere mano al portafoglio, sissignore, puoi farlo senza spendere un soldo ! E, dopo che ti sarai permesso i lussi più esagerati e costosi potrai aggiungere soddisfazione a soddisfazione per la certezza di non dover temere un invito a presentarti negli uffici finanziari per lasciarti frugare nelle tasche, affinché non sfugga loro neanche un soldino. Attento però che, se nella realtà quotidiana dovessi incontrare per strada quel signore dell’ufficio delle imposte, potrai salutarlo tranquillo, questo si, ma attento di ricordarti che quello era solo un sogno ed è quindi importante di non farlo con aria ironica o strafottente, specialmente se hai qualche peccatuccio da confessare… non si sa mai!
Se con la fantasia ti prendi la rivalsa contro prepotenti che ti hanno fatto un grave torto stai attento a non lasciar trapelare i tuoi pensieri, sarebbe imbarazzante ! Per questo ora ti racconto un fatto che mi è capitato durante una delle lunghe passeggiate che sono solito fare nelle strade di periferia più deserte. Quel giorno avevo davanti a me un amico che faceva, anche lui, la passeggiata serale ed accelerai il passo per raggiungerlo quando, con mia grande sorpresa, lo sentii urlare a squarciagola:
“BASTAAA!”
“Ma guarda che stavo cercando di raggiungerti solo per fare una chiacchieratina con te, solo per questo!”
“Aaaa, sei tu, scusa, stavo parlando da solo sai… a te non accade mai?“
“Mi accade più di una volta, ma non urlo certamente in quella maniera!”
“Sapessi quante gliene ho dette a quel personaggio ! Ero talmente concentrato a dirgliene di tutti i colori che ho perso ogni ritegno.”
“Se è per questo anch’io stavo massacrando a pugni un personaggio simile, ma mica avrei continuato a menar botte anche a te, una volta che ti avrei raggiunto !”
Questo fatto l’ho raccontato solo per spiegare che occorre stare attenti, in
quanto il pensiero lo si può dosare confinato nella propria mente, ma la voce la sentono tutti, per cui se accarezzi idee simili, devi farlo solo nell’impassibilità più assoluta
La ragazza che vorresti solo per te ti ha lasciato per un bell’imbusto che ti supera solamente in bellezza o ricchezza ? Allora puoi scegliere di entrare nei panni del tipo che vorresti essere, magari nell’idolo delle folle, e ripresentarti alla tua bella con aria indifferente, in modo che sia essa a sciogliersi nelle pene d’amore, e puoi cedere solo per le sue lacrime o… non cedere proprio o, peggio ancora, riservare le tue attenzioni solo alle sue amiche.
Un marcantonio ti ha insultato e non hai potuto reagire perché te le avrebbe suonate di santa ragione ? Sfidalo nel ring della tua fantasia, e scarica “l’ira tremenda” riempiendolo di tante botte da dover smettere solo perché ti fa pena. Naturalmente poi cercherai di percorrere solo quelle strade che lui non frequenta, non si sa mai!
Il tuo desiderio è quello di avere tanti soldi da poterne spargere in giro? Pensa a quanti colpi di fortuna accadono nella vita, scegli quello che più ti aggrada e godine i risultati. Per esempio può accadere che ti ritrovi in una strada deserta proprio mentre passa la macchina di un supermiliardario che perde un bauletto pieno di banconote di grosso taglio. Strano? Eppure a me è successo, è successo veramente. Non trovo parole per descrivere la gioia nello spartire quei capitali coi parenti, amici e ad altri bisognosi. Non avrei mai smesso di farlo se mia moglie non avesse interrotto quella goduria con uno “Svegliati, che è ora di andare a lavorare”. L’ho odiata per questo!
Il direttore della tua banca ti ha telefonato un sacco di volte perché devi rientrare di una grossa cifra e, quando è il tuo turno e sei quasi sereno perché hai escogitato una serie di scuse inventate per dimostrare la tua stabilità finanziaria, ecco arrivare il signor Pecunia, il villico danaroso che, con la bisaccia a due saccocce ben rigonfie sulle spalle, appena arrivato si accaparra subito l’ammirata attenzione di tutti, direttore compreso, che lo invita nel suo ufficio, trattenendolo fino all’ora di chiusura.
Attento a come ti comporti, perché atteggiarti da prepotente non ti conviene. Che fare?
“Domani torno con un personaggio importante, assumo Berlusconi come segretario e vediamo che accade…”
Sbagliato ! Perché, se ci ragioni sopra, non puoi che renderti conto che onori e salamelecchi andrebbero tutti al tuo “segretario” e tu ti ritroveresti più umiliato che mai, e dovresti nasconderti per la vergogna. Meglio centrare una cinquina da sogno, comprare la banca e poi… vedi dove ti basta il cuore!
Questo per favore non raccontatelo al Cavaliere, che non gli venga in mente di vendicarsi assumendo me come suo segretario, per scaricarmi addosso le emicranie che causano i molti soldi. Che le cefalee provocate dai soldi siano brutte ne sono sicuro, perché le ho provate più di una volta anch’io, ma forse le mie erano anche peggiori, perché originate da motivi diametralmente opposti!
Ricorda comunque che le fantasie più gratificanti e durature sono quelle che si basano sui programmi effettivamente realizzabili. Coltivali quindi con impegno e cerca di concretizzarli davvero perché i complimenti degli altri, se veramente meritati, ti daranno grandi soddisfazioni e inoltre godrai degli indubbi vantaggi personali.
Qualche volta, però, è piacevole anche controbattere penose situazioni di chi ti contrasta con altrettante piacevoli rivalse, purché senza esternarle palesemente e sia inteso come un atto di piacevole ironia, fine a se stessa, senza insistere troppo e con troppa cattiveria, per evitare di finire con l’odiare il personaggio tuo antagonista
Odiare? Attento che l’odio è un sentimento da evitare assolutamente, perché è un feroce boomerang che causa solo angosciose pene interiori, in quanto non si lascia mai dominare del tutto, anzi finisce col possedere le sue vittime. Sforzati quindi di evitare rivalse improntate sull’odio, e cerca invece di lasciar perdere anche quando ti senti tradito dalla persona più fidata, magari dalla persona alla quale affideresti la tua vita con fiducia in caso di pericolo. Se ti trovi in simile situazione non esiste altra rivalsa più gratificante del perdono. So che non è semplice farlo ma, se neanche sforzandoti riesci a giustificare il gesto, puoi cercare conforto e consiglio, magari entrando in una chiesa deserta per lasciarti rapire dalle sue sacre, silenziose Presenze.
Allora, se ti concentri, puoi penetrare nell’astronave extragalattica della tua stessa fantasia e su di essa allontanarti dai mondi più lontani, fino ad arrivare la dove le strade sono di luce iridata, e vi si viaggia leggeri, trascinati dalle struggenti melodie delle armonie immortali che governano l’universo, dove basta che tu pensi “io amo” per sentirti dall’umanità intera teneramente riamato; dove i fiori, a loro volta composti da puri ed olezzanti colori sono vivi e ringraziano con un tenero palpito di gioia per la dolce carezza delle tue dita; dove , in presenza dell’eternità, il tempo, invenzione dell’uomo, non esiste, per cui ti ritrovi Adamo e il resto dell’umanità tutta come tuoi fratelli gemelli, tutti figli dell’unico Padre immensamente buono; dove, pensa, puoi sostare in piena serenità in quanto la parola “odio” non esiste neanche
Dio mio, come potrebbe, se siamo ai confini di quel mondo meraviglioso dove regna la Perfezione e la Perfezione non può che essere Amore, Amore sovrano!


Bolgia 3000

Diploma D’Onore Concorso Letterario Internazionale di Poesia “Prader Willy” 2007

Dove sospiri, pianti ed altri guai
risonavan per l’aere senza stelle
più alto ancor levossi d’altri lai
quello d’un rinnegato assai ribelle
“Vedo solo sfogare un’odio antico,
“dov’è il novello amor, di cui favelle
“accreditano il perdon pure al nemico,
“se in terra sol l’indulto or’è applicato?”
Per sbrogliar con onor simile intrico
al fucinier poter vien tosto dato
di veder d’ogni omo addentro il core,
perciò tosto in sulla terra ei ritornato,
tremando tutto per lo grande ardore,
corre a cercar la casta sua madonna;
ma ogni di ella prova un novo amore
lei sogna sol danzare in minigonna
com’Afrodite apparir dolce e soave
sovrastar nel sedurre ogni altra donna.
Il messaggero allor usa sua chiave
ché comprendere egli vuol ‘televisione’
ma con satira pesante ed aere grave

vede prendere a zimbello del burlone
persino il sacro successor di Piero
che dee tonar con giusta sua ragione:
“Dico che l’omo non pote essere fiero
“se la lussuria compare in parlamento
“e l’Imperador dileggia ed il suo Clero.
“dovrei cambiar l’antico testamento
“e l’umana variar generazione?
“Quest’io non posso, sarebbe un tradimento!
“Per l’intelletto umano è un’illusione
“scienza che al Buon Dio non sia gradita
“e se allunga la mano da padrone
“all’albero del sapere e della vita,
“per se stesso esaltar e la sua scienza,
“la dignità dell’onor n’esce ferita”
Il messo vuol sondar quale valenza
abbia nel cor dell’uom la civiltate
ma di valori moral c’è gran carenza.
Per molti più che l’onor giova viltate,
disagio trova in grembo alla famiglia,
le leggi sono spesso inosservate,
per le strade di notte è una guerriglia
tra lucciole, drogati e malaffare,
il benestante che spreca e gozzoviglia
e c’è chi nulla tiene da mangiare,
le leggi natural con ciò scompiglia
se il misero si cerca d’annullare.
Falsata è pure assai l’educazione
ché gioventù sconcertata spesso crea,
senza ideali e alcuna inibizione,
inneggiante ad Astarte antica dea
e se sorride è solo per finzione
quando col malaffare essa s’allea.
Il virtuoso con l’astuzia vien deriso,
civiltate par c’arretra o non avanza,
il lavoro proletario è spesso inviso.
Nel dovizioso è molta tracotanza,
il giusto è offeso e pur la religione,
scomparsa è quasi, ormai, la fratellanza
ché macchina malvagia è suo padrone
con picciol core… e pure di silicio.
Al meschin restagli sol tribolazione
di Sisifo ormai costretto al gran supplicio,
impotente a migliorar la vita grama
ché oprare ormai è senza beneficio.
E il debol, che giustizia solo brama,
cercala invan dagli uomini potenti
ché nemo, essi ascoltar, von chi reclama.
Tu notti insonni, digrignando i denti,
quegli ti ignoran, e i lor servigi danno
spesso a compari, amici e lor parenti.
Non serve il tribolar con grande affanno
ché, per parer lor, non sei nessuno
se seconda Basilea è il tuo tiranno,
richiedere giustizia è inopportuno
perch’ei ti niegan persino l’esistenza
se pensi d’ottener compenso alcuno.
Penar t’è amaro, se solo è penitenza
per impinguare il forzier dell’epulone
perchè pensa che di te puo’ fare senza.
e spreca assai per nuova costruzione
senza calcoli far per ciò che lascia.
quest’illogica mantien sua convinzione
Ei allor porta laggiù la triste ambascia
che d’un indulto alcun non v’è ragione,
ver ch’il ben fatto par che tutto sfascia,
e non vale il battagliar di pochi Prodi,
né di qualche pur convinto Cavaliere,
enuncianti lor teorie con grandi lodi
Torna quindi al suo regno e con piacere
inasprisce ancor più li tristi modi
maggiorando la fiamma al gran braciere


Amar chi t’odia

Amar chi t’odia è un’impossibil cosa,
Narra un proverbio di saggezza antica,
Chè nell’angoscia la mente non riposa
E persino il ragionar causa fatica
Se l’amico a te più caro nella vita
Ti ripaga la fiducia in tradimento
Ogni certezza dal cuor viene bandita
Ed al rancor ti spinge il sentimento
Per istinto vuoi rifarti, ed anche presto,
Perché questo è ciò che l’indole ti detta,
Ed è facile trovare anche un pretesto
Per la dura ed implacabile vendetta
Ma non puoi dire più d’esser cristiano
Ne invocare dal “Pater” qualche dono
O che ti porga in aiuto la Sua mano
Se per primo Egli chiede il tuo perdono
Cerchi allora consiglio in una chiesa
Ma le Divine Presenze, era previsto,
Ti consigliano solo l’ardua impresa
Di rifare quel che un tempo fece Cristo
Perdona lor, non sanno quel che fanno,
E la pace nel tuo cuor diventa un dono
Perché vivere nell’odio è un grave danno
Mentre dolce è rifugiarsi nel perdono
Con l’angoscia nel cuor, ma allegro in viso,
Con l’anima di pace assai bramosa
Saluterai come sempre col sorriso
Ch’amar chi t’odia ell’è possibil cosa


Un brindisi agli sposi:

Nelle feste non manca mai il piacere
Di buon vin sollevare un bel bicchiere
Per lasciarci cullar dal dolce Bacco
e dare ad ogni angoscia un forte scacco
Il vino è l’ingrediente principale
Che facilita il rapporto all’ospitale
Per Melchisedek fu il vino un gran richiamo
Per acquisirsi i favor del sommo Abramo
Fu al fenicio Chiram d’affermazione
Per molte imprese far con Salomone
Volle buon vin Maria in quel di Cana
E Gesù gliene riempì una damigiana
Siracide ha persino fatto scrivere
Che vino e musica la gioia son di vivere
Ma occorre stare attenti e sai perché?
Che il vin sconvolse il senno anche a Noè
Complice il vin Giuditta in una festa
A Oloferne staccò la regal testa
E Ulisse, nel pericolo più estremo,
Col vin turlupinato ha Polifemo
Ma se mi lascio prendere la mano
E scendo dal più sacro al più profano,
Complice l’abbondante bicchierino,
Persin questo bicchier mi par di-vino
Brindiam quindi all’amor di questi sposi
Che raggiungono insiem l’apoteosi
Con quel moltiplicate e pur crescete
Che molti figli in don consiglia il prete
Ma che troppo non sian moltiplicati
Che mica occorre batter dei primati
Se volete approdare a nozze d’oro
Il consiglio che Vi do è un gran tesoro
Che Vi facciate sempre il dolce dono
Di gareggiare per primi nel perdono,
Che è la cosa più gradita anche al buon Dio,
Prima venga il perdono e poi… l’oblio
Gioia, salute, soldi ed ogni bene
Con l’armonia è ciò che più conviene
E perché ognun l’augurio Vi rivolga
Chi non beve con me peste lo colga


Theofilo (Insegnami a pregare)

Menzione D’Onore Concorso Letterario Internaz. Prader Willy” 2007

Theofilo era un tipo fuori dal comune, figlio unico di un ricchissimo possidente terriero, si era allontanato ancora adolescente dalla casa paterna “per studiare filosofia in città” come diceva suo padre, ed era ricomparso solo alla sua morte per prendere possesso della cospicua eredità.
Poi rientrava nel suo paesetto solo una volta all’anno, per incassare dai fidati mezzadri i suoi “due terzi della resa dei campi”, come si usava in quei tempi.
Nel suo girovagare, però, aveva speso oltre le proprie possibilità finanziarie, pare creando industrie che poi abbandonava, dopo averle intestate a favore di missioni religiose in varie parti del mondo delle quali spesso era ospite, e per questo aveva finito col cedere quasi tutti i suoi beni.
Ora vecchio, male in arnese ed ormai povero, visto che delle cospicue risorse ereditate gli rimaneva solo un piccolo vitalizio e la casetta disadorna nella quale abitava, era definitivamente tornato nel suo paese, dove veniva comunque trattato con rispetto riverenziale, tanto che veniva consultato con l’appellattivo di “maestro”.
Passava giornate intere sui libri, sempre assetato di “conoscere” perché, diceva con le parole di S. Agostino che, “conoscere è un itinerario della mente umana verso Dio”
Quando il tempo lo permetteva lo si vedeva un po’ prima del tramonto arrampicarsi faticosamente fino ad una collinetta che si protendeva a lungo sul mare, si sedeva sempre sullo stesso masso, puntava i gomiti sulle ginocchia, appoggiava il mento sulle mani aperte, fissava intensamente lo spettacolo del tramonto e restava così, quasi in estasi, assorto in quella che i suoi compaesani dicevano essere “una intensa preghiera”.
Una sera gli si affiancò una signorina, una insegnante del paese :
“Maestro vi dispiace se vengo con voi ? Vorrei mi insegnaste a pregare come fate voi, magari pregando assieme”
“Ma se insegni catechismo, e mi dicono che lo fai anche bene !”
“Insegno agli altri ciò che io stessa non sono capace di fare, visto che non riesco neanche a pregare perché mi distraggo facilmente, cosa che mi accade perfino col Padre Nostro. Comincio sempre con molto fervore e attenzione ma poi mi ritrovo ad arrovellarmi col pensiero altrove, tanto da completare il solito ciclo di orazioni senza averne recepito il senso”.
“Proprio la preghiera che ti accomuna, come sorella, al Figlio di Dio ?”
“Specialmente quella !”
“Spesso turba anche me quel “rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”, e siccome le cose gravi sono molto difficili da perdonare, sembra che chiediamo di essere perdonati solo per le cose più lievi…“
“Avete toccato questo tasto perché i avete letto nel pensiero. Voi conoscete bene il problema che ho con la mia famiglia, con la quale evito i contatti da anni. Il fatto che si tratti di mia madre e dei miei fratelli non migliora assolutamente le cose, anzi. Io li amo ardentemente e li perdono di tutto cuore, ma poi non riesco a dimenticare che mia madre ha preso la decisione di passare quasi tutti i beni di famiglia ai miei fratelli proprio quando, dopo la morte di mio padre, avevo chiesto le mie spettanze perché ero intenzionata di dare la mia parte ai poveri.
“Mia madre è stata sempre una buona cristiana, ed è questo che non mi riesce di capire, perché mi ha voluto privare della gioia di donare, cosa che avrei fatto senza attendermi in cambio altro che un logico sorriso gratificante e riconoscente ? Questo mio problema lo conoscete bene visto che, sono certa lo ricordiate, Vi avevo chiesto un consiglio per come risolverlo, anche minacciando le azioni legali, solo “minacciando”, che sia ben chiaro, per far valere i diritti di legge, visto che in parte erano anche beni ereditati dai nostri nonni … e poi quei terreni sono tanti e così vasti che i miei fratelli non sono in grado di lavorarli da soli, tanto che utilizzano continuamente altri braccianti, ed è a proprio a loro che ne volevo far dono disinteressato.”
“Ma certo che ricordo ! Però secondo il concetto di giustizia di tua madre, che
poi ritengo anche di tuo padre, non ha ritenuto di doverti lasciare le terre, quasi tutte riscattate col sudore dei tuoi fratelli, che tu non avresti coltivato, mentre hai tanti nipoti che crescono in fretta e fra pochi anni ne avranno bisogno loro. Questo mi ha detto tua madre, e poi… quei braccianti sono equamente retribuiti. Perché questo dono, che per qualcuno potrebbe essere anche offensivo, visto che sono orgogliosi di procurarsi il pane con la volenterosa dignità del lavoro ? Tua madre ha ragionato con la mentalità antica di questa terra e, a modo suo, ti ha anche dimostrato molto affetto selezionando per te quelle cose che, anche se non molte, lei immaginava a te più care…”
La maestrina vorrebbe rispondere, ma riesce solo a emettere un mugugno indistinto, mentre il vecchio incalza con convinzione :
“La casetta al mare, dove ami passare le vacanze, la dote ben conservata nel tempo confezionata amorevolmente con le proprie mani e quelle di tua nonna, e i pochi gioielli sono quelli con cui lei si adornava da giovane e le ricordavano i momenti più felici, gioielli e dote poi che facevano gola anche alle tue cognate. Cerca di entrare nella sua logica !”
“Sono solo briciole, e poi a me basterebbe semplicemente un’umile richiesta e io potrei essere con loro molto generosa, senza aspettarmi altro che un doveroso grazie”
“Scusa ..” Taglia corto il vecchio
Sono arrivati in cima alla solita collinetta e Theofilo non dice altro, le mostra con un cenno un blocco di roccia lì vicino dove accomodarsi, mentre lui si siede sul solito masso, poggia come sempre i gomiti sulle ginocchia e lascia quasi cadere la testa fra le mani aperte, per godersi lo spettacolo di un tramonto che si prospetta di inaudita bellezza .
Scende un lungo silenzio, un silenzio rotto unicamente dal leggero e ritmico sciabordio delle acque sottostanti.
E’ il vecchio a sciogliere quell’imbarazzante situazione bisbigliando parole che le orecchie della maestrina riescono appena a percettire; è come se parlasse da solo…
“Mi piace immaginare il sole come l’orologio del buon Dio, sorge offrendo uno spettacolo di uno splendore fantasmagorico, solleva il sipario sull’immenso scenario del divino Creato, e poi quel sipario lo rinchiude con uno spettacolo sempre nuovo e di altrettanta immensa bellezza. Per noi è trascorso un lungo giorno, per l’eternità è meno di un’istante, insomma, infinitamente meno di un tic-tac del nostro orologio”
Tace per un poco e poi con la voce che a mano a mano si eccita :
“Vedi ? Si è formato come un ponte di luce che ci collega con l’infinito, un tappeto fiammeggiante degno, quasi, del piede di Dio….Prova a immaginare il Cristo del lago camminarci sopra per riceverti a braccia aperte, e ti sentirai tanto leggera da avere la sensazione di poterGli andare incontro a tua volta, camminando sull’acqua senza esserne sommersa”.
Tace ancora, il vecchio, e la sua faccia si illumina di un dolce sorriso.
“Vedi quei riflessi, quei giochi di luce ? Non sembra che su quelle acque, appena increspate, una mano fatata stia spargendo manciate di luminosi diamanti? Osserva da quel lato dove, con l’abbassarsi del sole, quel fulgido tappeto sta assumendo riflessi vermigli, vedi, è come se una pioggia di rubini lo stia irrorando. Pensa alla fantasia del Divino Artista, è uno spettacolo che varia ogni istante e non è, e nemmeno sarà mai, neanche per un attimo e per una sola volta nei millenni, perfettamente uguale a se stesso Se un simile spettacolo non esistesse, pensi che potrebbe essere pagato con le ricchezze di un uomo ricco?”
“Nè di un uomo, né di mille uomini, per ricchi che siano!”
Solleva ancora la voce il vecchio :
“Pensi che anche un malfattore possa vedere questo spettacolo come lo vediamo noi?”
“Certo, penso di si”
“Ma se il buon Dio lo volesse, potrebbe negargli questa gioia o almeno minacciarlo, ma solo minacciarlo, beninteso, magari offuscandone in parte l’immenso splendore ?”
“Ma è logico… potrebbe!”
“Eppure non lo fa perché, per dirla con le parole di Paolo “L’amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è l’amore”, mentre noi giudichiamo negativamente le azioni di chi riteniamo essere un buon cristiano, con l’infallibilità del nostro orgoglio che non considera la possibilità di cercar di capire, neanche la logica di un nostro caro”.
Pochi istanti di meditato silenzio e poi:
“Quando offendiamo il Dio dell’Amore ci è stato detto che abbiamo modo di cancellare tutto con una sincera confessione, ma dopo, per i peccati più gravi, non è che resterà ancora dell’astio, magari un giusto astio leggero?”
“No di certo, la confessione cancella veramente tutto, come se non fosse mai successo”
“Ecco, è questo il concetto di amare ardentemente e perdonare di tutto cuore”
Un po’ di silenzio e poi il vecchio, evidentemente in estasi, si eccita ancora nel descrivere poeticamente quel capolavoro del Sommo Artista, rassomigliando le bianche nuvole ad armoniosi batuffoli di cotone da dove, come dai dipinti ieratici, ci si attende debbano far capolino nugoli di angeli. Mostra poi in lontananza, uno stormo di candidi gabbiani, e più in là un gioco di delfini dalle gioiose e agili movenze, quasi una danza sincronizzata, che lo porta a commentare con enfasi:
“Saranno pure animali, ma con questo spettacolo stanno certamente ringraziando il Dio dell’Amore per il dono di questa pace serena, di questa splendida sera “
Ormai scende il crepuscolo e il vecchio si alza e fa cenno che occorre rientrare prima che si faccia completamente buio, si gira verso il sole ormai vermiglio e semisommerso, pronuncia poche parole impercettibili e, dopo pochi passi, a voce alta:
“Era uno spettacolo impagabile, abbiamo visto persino gli animali ringraziare a modo loro, e noi che vi abbiamo assistito nella maniera più gratuita, visto che non ne abbiamo fatto nessuna umile richiesta, ora stiamo andando via dimenticandoci quel doveroso grazie ed il logico sorriso gratificante e riconoscente per un dono così generoso.”
La maestrina è imbarazzata e fa per rifare indietro quei pochi passi, ma viene fermata:
“Non preoccuparti, siamo tanto abituati a ricevere doni come questo, che li immaginiamo come dovuti, e forse lo sono realmente, perché si tratta di veri doni e quindi non suscettibili a una controparte, perché donare, amare e perdonare non richiedono azioni di pareggio, altrimenti perderebbero, se non del tutto, almeno gran parte del loro valore, insomma non sono azioni di sola cortesia o di scambi di doni e quindi fini a se stesse, come la partita doppia, la cui quadratura a pareggio fa spesso tribolare il contabile. E domani non ci verrà chiesto un gesto di umiltà per ottenere il dono di un altro spettacolo come questo. E’ giusto così, perché è il chiaro insegnamento dell’amore divino, del dono gratuito, del divino perdono.
Scendono a piccoli passi, in silenzio, ma entrambi visibilmente agitati. A un certo punto la maestrina si ferma di scatto e…
“Ho deciso!”
“Dirai ai tuoi che li hai perdonati?”
“No, sarò io a chiedere il loro perdono perché, seguendo il Vostro consiglio di cercar di capirli ho capito me stessa. Che stupida sono stata! Giornate di festa che passavo solitaria, ed a parole dicendo di amare ardentemente e perdonare di tutto cuore, ma in realtà corrodendomi nella rabbia, mentre il pensiero che avrebbero sofferto per la mia mancanza non addolciva la mia pena, anzi, la rendeva ancora più angosciante Si, chiederò umilmente perdono, e questo non solo per un dovere cristiano, ma anche per tornare ad essere nuovamente felice nella famiglia riunita, rendendo felici anche loro”.
Il vecchio sorride compiaciuto e lei è un torrente di entusiasmo:
“Maestro, è stato bello lo stesso, anche se Vi avevo chiesto di insegnarmi a pregare …”
“Perché, cosa abbiamo fatto finora ?” L’interrompe bruscamente il vecchio, “ma, visto che dobbiamo fare altra strada… :
“Padre Nostro che sei nei cieli…“


Nozze d’oro – 13/04/08

Mi sento l’entusiasmo d’un bambino
nel declamarti, felice ed entusiasta,
la gioia dell’averti ancor vicino
chè cinquant’anni d’amor mica mi basta
Vorrei poter strappare il cuor dal petto
e prenderlo nelle mani, fra le dita,
e così testimoniar tutt’il mio affetto
e in un grazie compendiar tutta la vita
Mi sei stata vicina il giorno grigio,
eccelli anche nel poco e in ciò t’ammiro
su numerosa prole hai gran prestigio.
Per quell’amor che spargi tutt’in giro
Dell’unità familiar sei tu il prodigio,
con loro e te vicino amor respiro


Santa Marì’e Crabas

M’àdi contàu nannài miu ca sa Patròna de Crabas non dd’eus sceberàda nosu, ma esti stèttia issa chi s’àdi preferìu po sa devozioni chi dd’eùs sèmpiri riservàda.
Esti sunzèdiu ca una navi chi trasportàda, in mes’e is attras còsasa, duas istatuas meravigliòsasa : – su Cristus de Nicodèmu e s’Assunta Ausiliatrici, est’andàda a fundu po una temporada terribili. Is celestis viaggiadòris fùnt’abarràus a galla, e non mi narèas cà est’istèttia una coincidenza cà si fùnti spiaggiàus propriu in Turri Manna.
Po’ accumpangiài su Cristus a Crabas e sa Madonna a Aristanis, cummènt’ìanta decidiu is predis, s’est’organizzàda un’imponenti prucessioni. Is simulacrus ddus’ìanta carrigàus asusu de dus carrus de boi, e is animalis avanzànta docilisi, ma càndu fìanta arribbàus a su biviu chi tòrrada a sa Strad’e Frumini e anti criccàu de fai sighì sa Madonna facc’a Aristanis, is bòis si funt’arribbellàusu, e taniant’àsiu scudendiddus ! Si fùnti prima puntàus e appùstisi, arròsciusu de is cròppusu, hanti pigàu sa curreba facc’a Crabas, e sa Mamm’e Deus est’arribbàda annant’e Cresia Manna prima de su piovànu e de tòttus is fidelis, e est’istettia arriccìa cun prexiu mannu e festeggiàda cun amòri e devozioni. Su càrru cun su Cristus, invecisi, àdi pigàu sa currèba facc’a Aristanis e nisciùnsu de is prelatus de sa Diocesi had’agattàu fueddus po s’opporri a s’evidenti decisioni divina.
M’arragodu de ogni festa de Santa Maria de candu fiu piccioccheddu, e gge è passàu duas disi ! Certu cà insaras sa festa fìad’un’antra cosa… Non scetti po su prangiu speciali, is istàzzusu affrisciaus a sa bella mellus, is campionis cantadoris dialettalis chi si confrontànta improvvisendi a tema propostu de is organizzadoris, is garas de is cuaddus a pabas de su segundu ponti….. Pò sa giostra, su circu, su turroni, sa nughedda, po is fogus chi ti fadianta zaccarrài is origas, po sa carapigna e su gelau (cussu fattu cun sa nì arragòtta in s’ierru me is gruttas de su Gennargentu parìada prus saboridu!), ma puru, e ispecialmenti, po sa festa religiosa.
Is cantus de sa prucessioni beniànt’accumpangiàus de su rullu de una parìga de tamburinus morescusu e de un gruppu de sonadoris de canna (cummènti fadianta a suài scetti chenz’e arrespirai ? ) e fìada sighia cun devozioni de tottu sa idda cun sa presenza de meda predis, canc’unu canonigu e medas chiericchettus
Po’ tottu s’or’e sa missa a nosu chierichettus toccàda a s’alternai in su còru a pompài aria cun su fòddi a pabas de s’altari, pò azionai s’enormi organu a canne chi ammuntàda tottu su muru de una cappella, e arrazz’e musica celestiali!
Cuss’annu – non si fueddàd’ancora de sa guerra – s’omelia dd’aiàda fatta un predi giovanu giovanu, Don Melis, ma ge fìada arrazz’e predicadori! Aìada scommenzau aicci: – App’individuàu una strana moadìa chi attàccada a meda Crabarissus, ma scètti po is festas mannas. Su marì prim’e sa festa.. arrazz’e gioventùdi! Cammìnanta cridius chi pàridi chi àppinti pappàu marracconis imbidonaus! Su marì e sa festa custa moadìa cumènzada a si manifestài, cuncunu camminada comment’e asusu de una navi in mes’e sa tempesta. A s’uncrasi ddu ‘è genti chi scantonada, chi pàridi imparendi a camminai asus’e una funi, e a festa finìa si bidi cà sa conca ddi gìrada cummènt’e sa giostr’e prazz’e Iscàiu, ca non agàttada mancu prusu sa strad’e omu, e abarrada cricchendìdda de magasinu in magasinu fìnzasa a sa fest’e Sant’Antòni, a distanza de tres chidas.
Ma appustis aìada spiegàu ca sa festa vera non è cussa, ma è sa festa religiosa e àdi definìu fortunàus is Crabarissus puitta sa Madonna dda festeggiàus duas bortas, su 15 de Aùstu po’ s’Assunta, sa vera patrona de Crabas, ma puru e massimamente su 24 de Maiu “S. Maria Ausiliatrice” chi chèri nài “sa chi aggiudada” e specialmenti in dì de òi èsti a Issa chi deppeusu arraccumandài is necessidadis de is famiglias nostras ma, prusu ancora, dda deppeus suppliccai po chì esti prus bisongiòsu de nosu.
Po cussu cheru presentài custu sonettu, chi cherid’essi un’invocazioni fatta de:


Cabras a sa Mamma sua Divina

Amorevoli e Celestiali Ausiliatrici
Mamma e Isposa prescelt’e su Signori
Ascùtta in custa di bella e felici
Chi t’ha sempri venerada cun fervori
Fai chi òi tottu su mundu siad’in festa
Chi non prangad’in prasoni un’innocenti
Chi sa genti diventi prus’onesta
Chi si ravvedad’ogni miscredenti
Chi non duri sa miseria e nì su prantu
E in sa famiglia cun piaga dolorosa
Ispraghi de isperanza un lebiu mantu
Intercedi, o Mamma mia amorosa,
A tia non ti ddu nègad su Deus Santu,
Cà de Issu Tui ses Mamma, Filla e Isposa


A Cinzia

Segnalazione di Merito Concorso Letterario Internazionale Prader Willy” 2008

Ti abbiamo vista volare
Verso il successo
Leggera
Come la speranza d’un futuro radioso
Leggera
Come le fantasie dei tuoi vent’anni
Leggera
Come l’amore di cui ti circondavamo

Poi volesti esser più bella
Per il tuo Dio sbagliato
E ormai stanco del tuo incenso.
Potevi scegliere una
Delle tante porte aperte
Hai insistito sull’unica preclusa.

Perdona il vecchio che non capisce
Questo tuo volo pesante,
Pesante come un macigno,
No, più pesante,
pesante come
L’angoscia dei superstiti.

Possa il tuo olocausto essere collirio
Per gli occhi appannati del giovane
Che non trova la via d’accesso
Ai gratificanti traguardi,
Che il futuro gli prospetta,
Lungo i sentieri luminosi
Della vita


VOGLIO

Mi accadeva un tempo
di entrare in una chiesa vuota
per ascoltare in silenzio
le presenze dell’Infinito.
Una volta entrò un giovane
evidentemente esagitato
si guardò attorno senza notarmi,
si aggrappò a una croce,
urlò gesticolando il suo disappunto.
Mi ha dato l’impressione che…
abbia parlato con Dio !

In questa chiesa buia
vengo a cercar conforto
ma cresce la mia angoscia
dinanzi al Cristo morto…
Ed e’ logico che accada,
per cio’ che mi ricorda:
Ho crocifisso mia madre…
Ho crocifisso mio padre…
Ho crocifisso chi mi voleva bene,
Così facendo
ho crocifisso me stesso,
Volevo avere TUTTO...
e ho fatto il fesso!
Non lo merito,
ma fammi questo dono:
Fammi capir possibile il perdono!
“Ma chi sono io,
che voglio parlare con Dio ?”
PIETRO ... insegnami una chiesa
dove troneggia solo il Redentore,
morto… si, sulla Croce,
ma risorto… risorto per Amore!
Che trasformi i tanti miei vorrei,
in un unico, ma urlato a squarciagola,


VOGLIOOO… VOGLIO VIVERE DOMANI

una vita serena, fra la gente,
del mio passato peggiore
senza rifar niente
Voglio riconquistar l’amore, quello vero
Voglio cancellare il passato per il nuovo
Voglio, per quanto umile, un lavoro
Per cominciare a viver con decoro !

“Che strano… sento dentro di me
come una voce,(ma e’ la Voce di un giovane),
che mi dice : “Ma dai… che ce la fai !
Ma chi sono io che sto parlando con Dio ?”
VOGLIOOOO ……


Amarezza (sfogo del 2006)

Ormai solo la rabbia mi sorregge
Ma forse il caso non fa neppur notizia
Chè non esiste, mi pare, alcuna legge
Che possa farmi rendere giustizia
Nel sessantotto mi parevano sensate
Le premesse d’un’azione coraggiosa
Con quel “Se una piantina seminate
Noi faremo che cresca rigogliosa”
Ma poi per completare quel cantiere
Il contributo sparì per vil ricatto
Incappando nelle grinfie d’un cassiere
Che usava il suo poter con vil baratto
Si puniva l’onestà c’avevo scelto
Con palla al piè marciai ma solo a stento
Ché il passo fu d’allora meno svelto
Ma nessun mi riconosce quest’evento
Avea pur qualche amico fra i potenti
Ma la promessa, a uno slogan rigirata,
Mi fur chiari tutti i loro sentimenti
E se annaffiaron fu con acqua assai salata
Su di un terreno valido e capiente
Si riprovò a costruir nell’ottantotto
Per disguido comunal non feci niente,
E persi l’occasione e pure il lotto
Stav’acquistando un altro fronte strada
A fermarmi fu allora un’ispezione
Con le multe, distruggenti quale spada,
Non attesero, e andò persa l’occasione
Spiegai il tutto con raccomandata
Ai grandi che gestivano il potere
Come al mare l’avessi via buttata,
Della rabbia che ho in cor meglio tacere
Con il POR più di recente ci provai
Garantirono far tutto in pochi mesi
Ma fra inutili speranze naufragai
Fra i disagi e pure i soldi male spesi
L’ultima prova fatta è di quest’anno
Disposto a ripagare anche il pagato
Ma ne ho avuto solo grave danno
Perché della lista in fondo relegato
Il credito non m’aggiornan d’esercizio
Che pure mi necessita abbondante
Ed il tasso normale è un tal supplizio
Che persino per il ricco è assai pesante
Del passato non mi riesce esser pentito
Ma ne sono veramente assai perplesso
Forse è giusto che nessuno muova un dito?
E’ la domanda che mi porgo ormai più spesso
Col mio carattere arrendermi non posso,
Ma mi sento umiliato qual mendico,
Se lavorare per me è un paradosso,
Come uscire potrò da quest’ intrico?
Sugli sforzi titanici è l’oblio
Senza che alcun santo mi protegga
Non ho fatto questi sbagli solo io
Ma pagherò finché la rabbia mi sorregga
Sempre più spesso vedo il manigoldo
Cavarsela con due giorni di galera
Mentr’io, per aver negato il soldo,
Invan sacrificai la vita intera


Cummenti fiàusu

Non èsti facili a si contài cummènti si bivìada in Crabasa me is domus de is pòburusu, e in cussas dei is arrìccus puru non fìada meda mèllusu, a partì de settantacinc’annus faidi, de su 1935, po su pagh’e tempus chi mi pozzu arragodài deu
Hoi certamènti tanèus s’impressioni de istai meda mellus, ma is cosasa de su passau puru non funti tottusu de rinnegai.
Su dinài fìada a pagu a pagu, ma cussu pagu chi taniàusu tanìada valori, ca cun d’unu soddu andàsta a sa buttèga e pigasta “mesu zuccuru e mesu gaffèi”, e ‘ndi fadìasta sa provvista po tottu sa ghida. Su gaffèi, maccài ammisturau cun orgiu e chighiri tostàus’in s’atturradori, parìada fìnzasa saborìu, puitta non teniàusu is pretesasa de oi, e sa genti disiggiàda un’arricchèsa irraggiungibili po insàrasa “mille lire al mese” cantendiddu fìnzasa me is istradas specialmenti in su tempu bellu.
S’arrìbbu de s’istadiài cherìada nai traballu giài po tottusu is volenterosusu e s’umori de sa genti cambiàda, tantu ca sa gioventudi traballàda cantendi:
“Alligrai gioventudi ch’è arribbàda s’istadiài,
e ogni pòburu si salva ca non ammanca su traballu,
e abbundànza ddu adessi de ogni cos’e pappai,
finzas cussu chi prefèri a si diverti cun su ballu
assumàncu cun fiugrabia s’adi a podi spasterai
Alligrai gioventudi ch’è arribbendi sì’istadiai…“
Ma me is’atrasa istasonis non fiada facili a guadangiài su tanti de dinai po si preni su scraxiu ogna di, e prus pagu ancora a si procurai un sodd’e avànzu po si diverti ma, candu sunzedìada, cussu soddu guadangiàu cun tribolazioni, bessìada spendiu cun prescèri, puìtta una cosa mi pàridi chi sìa crara a tottus, sìanta amigus o furisteris, ca in arricchèsa e in miseria, in gioventùdi e in beccièsa, in or’e traballu o de arriposu, cun su caratteri nostru, is Crabarissusu èus sempiri criccàu de ispraghi allegria.
Sa genti s’accuntentàda de su pagu e cand’unu non ‘ndi tanìada, cun astuzia e umiltadi fìada capazz’e trasformài una fest’e pòburu in d’una sciàll’e arricconi, cummènti de cuss’otta chi, deppendisì sposai, Predu Manìu aìa fattu ghettài grida : – Ehi si ètta grida e s’avvèrtidi sa popolazioni (trumbetta) ca dominiga si spòsada Predu Manìu e s’invìtada a sa cerimonia tòttu sa ìdda (trumbetta) ma sigummènti Predu Maniu è pòburu seis pregàusu de si portài cos’e pappài, cos’e buffai e cos’e sezzi.
Non m’eis’a crei, ma sa fest’è durada duas disi, duas disi de allegria, puìtta tòttusu ànti postu su chi podianta, finzas is prus pòburus non si fìanta presentàus a manus asciuttas. Is pizzigaiòusu aìanta giàu un scànt’e pisci bìu-bìu, ziu Brebbi, padrinu de su sposu, casu istasonàu in abbundanza (ca arracchèidi su cicchettu, aìa nàu), is massàiusu ìanta postu oìa cunfettàda, fainxedda frisca, bridura e binu in abbundanzia, is macellaiusu – jài tottusu imparentàusu cun sa sposa – aìanta sacrificau tres brabèis, infinisi sa panetteria ìada triballàu tottu su sàbudu scetti po sa cerimonia
Sonadoris cun fisarmonica, sonus de canna e finzas cun is pippaiòusu aìanta incoraggiàu ballus sardus sighitivus de sa prazz’e is bàllus fìnzasa a sa prazza’e sa panga.
Oi nimmàncu su prùs’arrìccu de sa idda pòi fai unu sposaliziu aìcci bellu e in allegrìa ! S’unicu scuntentu fìada stettiu ziu Pabàssa, ca si fìada chesciàu aicci:
“Ddui fiada ogna grazi-e-deusu ma ammancàda sa mellus cosa, sa figu inforrada”
Su spòsu a tenùta nòa e scarpinus lucidusu de primu essìda, tanti chi zicchirriànta a ògna passu … fìada un incantu, ma a sa essìd’e cresia, sigumènti is peis fìanta dus numunus prus mannus de is crapittasa, s’indi fìada liberàu e s’iddas’ìada postasa a còddu, e manc’a ddu fài apposta, po guastài sa festa bella, aìad’imbrucconàu in d’una preda grossa, scadanchendisì sa conch’e su idu mannu, e mentr’is cumpangius ddi narànta arrièndi
“Scarravòna ca asutta ddu è dinai” sa sposina: –
“Chi t’ìddas’iasta lassadasa assumancus’òi is crappittasa!” Ma su sposu, azzappuittendisì sa pèddi asus’e sa conch’e su idu mànnu:
“Hei, cussu ge mi sanada a sòu, ma a goppài seniorìccu ita stoccada ddi torràu, is crappittas segàdas oh?“
Custu fattu sa genti dd’aìada pigàu a brulla e su sposu, intàntu chi s’arrannègu ddi fìada passau a sa lestra, aìada acciùntu :
“Mischinu seniorìccu ca is crappittasa dd’asa deppi pottài sighitivamenti, ma déu non m’adattàu a una penitenza aìcci mancu chi m’arregallàda tottu s’arenzia sua”
In cussus tempusu, po chì s’accuntentàda, bastàd’a tenni una carrettedd’e moènti po essi in possessu de un “mezzu” chi ti cunsentìada de ti spostài cun tòttu sa famiglia, e po cantu su mèzzu fèssi pòburu, a bortasa creàda fìnzasa gelosìa
Cuss’annu, cummént’e ogni annu po Mes’Aùstu , fiàusu andèndi, cun sa carrettedd’e moènti càrriga a s’inverosimili, a Marìu po ddùi passài sa fest’e s’Assunta e Ciccittu aìada saludau unu de is tantis goppàisi de Sant’Uànni, chi iàus’agattàu sèzziu in su murighèdd’e s’acquadroxiu a sa essìd’e idda, inghiriàu de un tall’e brabèis buffend’a sa disperada, ca s’acqua non mancàda de sigùru, de su momentu chi su grifoni fìada sempiri ghettendi
“Cerèa goppai, e òsu non movèisi oh ?”
“A pagu i brìbbasa ca ge ddu scideis ca non tengiu mezzu, commenti fazzu cun deghi pippiusu e cussa scarrabuddàd’e pobidda mia?”
Arribbàusu a Turri Manna, iàus criccàu un trèttu chenz’e arràst’e straccadroxiu, innùi s’anèa fìada prus bianca, e a distanza de assumàncus deghi mètrus de is atrus vacanzeris, po non si disturbài s’unu cun s’atru e, a pustis de hai ripulìu de sa palla manìa su trèttu nostu, si fiada accappiàu su moenteddu a unu de is tantis truncusu de tramatzu chi ddui fìada a pagu metrusu de distanza de s’arrìba e iàus sistemàu sa carrettèdda cun is istangas’a susu.
Asus’e is istangasa un lanzòru biancu cument’e sa nì (sbiancàu cun sa lissìa fatta in domu coèndi su chinisu), màntas’in giru, stòiasa me in s’anea po su croccadròxiu, una cascìtta cun is provvistas’in terra e accànta una cobidin’e linna cun pall’e trigu strexia beni in su fundu, e a intru is croccorigas de su inu, gazzòsasa e aranciàdasa, saborìasa e in abbondanza, de sa fabbrica de Grazianu (fabbriccadasa in Crabas attòttu) e duas lastras de ghiacciu imboddiàdasa cun meda sàccusu e ammuntàdasa cun d’una stôia èccia, po dèppi durai tre disi, e sistemàda aìcci, prima chi su ghiacciu si scallèssidi de un tottu, duràda tre dìsi adiaderus.
Appùstis de sa chena, po usanza fìada de còcciua lada, pìscada de nos’attottu in sa Ucca ‘e Sa Madrini e còtta in d’una sattajna cun tamatigas friscasa, una bella bracca de boghèri po sa passillàda a mari, andàda e torràda a Santu Anni, cun su xelu serenu e ogni stedda splendenti. Sa luna m’idd’arragodu manna comment’e un’arrod’e carrettòni.
Custu, òi, non si podi fai prusu… mancu chi tenis dinai meda, ca s’arrìba est’allagàda d’e furisteris adadì e de sinzua manna e sirìngas adanòtti, e chi ti òi fài su bagnu, prim’e agattài s’acqua, dèppisi imperriài tanti biddius chi non faid’a ddusus contài!
A or’e mesu dì si fadìanta su bagnu i feminas puru, cun’is camisòlasa chi arribbànta a brucc’e pei, intrànta fìnzas’acqua a fund’e coscia, e sa camisa si prenìada de aria chi parìada una mongolfiera, s’abbasciànta e s’indi pesànta un scant’e òttasa e ‘ndi essìanta pullìasa che una meraviglia, cun’is ominis chi castiànta a ogus mannus e cun’interessi cussas femminas, puitta fìanta tanti ingenuasa, mischìnasa de ìssasa, de non iscì ca sa camisola, un’otta sciùsta, s’attaccàd’a su croppusu e diventàda trasparenti. Oh…, ma non adèssi ca is ingenuus fiàus nosu ca creiàus ca non ddu scidìanta?
Cussa pulizia duràda a longu, a bortas de annu in annu, non cumment’e òi ca tòccada a si fai su bagnu un’otta a sa dì e appùstisi, bàstada a ti croccai in s’anea de s’arrìb’e su mari e t’agàttasa su corpusu prenu de “funghi”, in sardu s’iada a tradusci cugumbeddus, e sa cosa bella èsti, e s’assigùru ca dd’adi nau su dermatolugu, ca sa mobadìa de su cugumbèddu àcca non attàccada ai cussus lozzìnus bandullèrisi de i “barboni” ma scetti a chi si sciàcquada meda, ca su corpusu abàrrada chenz’e difesa.
Cand’appu arragodàu custas cosas a zia Candida s’èst’offendia malamenti puitta:
“Itt’ìasta a bolli nai ca fiausu loddancasa ? Càstia ca me is domus nostras, e giai sèmpiri me is domus de is attrus poburus puru, su lavamanu cun su treppiedi e sa brocchìtta de s’acqua asutta non mancàda de sigùru e, prim’e bessì, si sciacquiaus beni – sìada is mascusu che is feminas – sa facchi e su zrugu puru, tanti s’arrèstu e chi dimoniu ddu bidìada ? Non fìada de siguru comment’e òi, ca is bestiris elegantisi funti fattusu prusu po ammostài, che po cuài, tanti ca bideus giài tottus is piccioccheddasa cun su ìddiu in forasa – pucci, pucci – e can’ndant’a marìu ammòstanta giài tottu, cùssasa èi ca fùnti loddàncasa.
“Ge tanèis’arraxioni zia Candida mia, penzài ca, cricchendi de si scusai cun sa
moda, certas piccioccheddasa àndant’in giru in sa spiaggia fìnzas’a tittas in foras, ha-ha-ha, arrazz’e porcherìa, ha-ha-ha!”
“E ddu nàrasa arrièndi, brutta bestia, sporcacciòni comment’e tott’is òminis, càstia ca pobìddu miu m’à biu is tittasa scètti candu fiu allattèndi, e scètti su simmingiòi puru, ca cussu bribbanti maradittu si cuàda apposta po mi castiai, eppùru m’a fattu fai doighi fillusu, prusu stima de aìcci ! Ma non mi càmbisti lega ca fiaus fueddèndi de sa pulizia, ca cùssa chi taniàus insaras ge siddu fadìada abbastanza”
“Ge m’idd’arragòdu, puìtta càndu bessìu mammài mia mi controllàda fìnzasa appabas de origas, e candu pottàu sodri meda mi fadìada torrai a sciacquai beni, po non mi fai sbragungì de sa genti. Nòsu su bagnu ddu fadiàus’ogni tanti in cottilla in su laccu a pustis de hai sciacquàu is pannus, ma scetti candu su tempusu fiada callenti, e fiàus pullìus’abbastanza, cummenti narais fostei, e siguramènti non taniaus bisongiu de andài de su dermatòlugu, cumment’e oi, cà nosu non scidiàus mancu ita fiada sa “moadì’e su cugumbeddu!”.
Ma torràus a is arragodus nostrusu ca fiausu abarrausu in s’anèa de Turri Manna. Sa festa prù bella fìada, appùstis de su bagnu in s’acqua pullìa e frisca, una passillada in sa spiaggia po saludài is attrus villeggiàntisi e accettài su cumbidu de una bella tassa de grannaccia o de nieddera, cun d’una battudèdda spiritosa, me in su stazzu insòru.
In s’apprìgu nostu a su marì assottillànta gruppusu de conoscèntisi e insarasa, sezzius’in terra a sa turca, o cummènti naràda Ciccittu “a sa manèra de is beduinus” si contàda bribberìasa de is tempus passàusu e cun sa tass’e grannaccia sempiri girendi, si segàda un forastiu mannu infriscàu arrìba arrìba, e
“Ciccìttu puìtta non si contasa de is femminas arruolàdasa po sa Libia?”
“Ha ha, cussa fìa bella… aìu scrittu una lìttara de Tobruk, ca me in sa navi
nostra srebìanta feminasa po’ boddì oìa, ca a bordu ‘ndi teniausu prù de centu mattasa e i marinàius, cun sa gherra chi fiaus fèndi, non taniàus tèmpusu de ‘ndidda oddì”.
Una parìgh’e feminas sempliciòttasa, inzullàdasa de canc’un bribbanti, e maccài de cancùnu familiari attòttu – càndu non fìant’ìssasa a ddu fài po bribbanterìa – fìanta andàdas’a Municipiu a domandài si cussa cosa féssi bèrusu.
Cussu mraxiani de su podestàdi, ca ìada cumprèndiu sa brulla, aìada acciùntu
“Ma tòccada a frimai un documentu cummènti accettàisi de non criccài is ominis adanòtti puru”
E is feminasa frimànta cun su sign’e sa rughi narèndi:
“Assumancus adadì mi dd’app’a gosài su sposu miu…!“
Sa dì’e sa festa, a prandi, arràzz’e marracconàda e spasteràd’e pisc’e pischera arrustiu in s’arrìba ! Non scetti sa tass’e su inu, ma sa carraffina e sa croccorìga puru si sbudiànta a sa lestra. Su contornu fìada de arraìga o de lattùcca e po frutta foràstiu de Villaggiu Mussolini, bellu, mannu, arrùbiu e abbastanza friscu, puìtta beniad’infriscau lassendìddu mesu interràu arriba arriba.
A mariccèddu sa prucessiòni si fadìada in mari cun sa Madonna trasportàda de su pescherècciu prus mannu e nos’avàttu sighìàusu, cumment’e is attrusu, in fila indiana in d’una bracca ‘e poiggeri. A sa serràda, appùstis de is ballusu sardus cun sa fisarmonica e is sonus de canna, si sparàda puru una parigh’e guettus e appùstisi si podìada abarrài a baddài ballus sardusu in sa prazz’e Turri Manna
A s’un cràsi, prim’e rientrài, non fadiàus cumment’e certus turistas de oi, ca si spastèranta e làssanta is avanzus in giru, ma nosu po’ no’ iscaresci sa bell’educazioni, pulliàusu su logu nostu de su chi jàusu ammuntonàu: – scrox’e còcciua, de gingellasa, de arrizzoni, de foràstiu, spin’e pisci, òssusu de caboniscu e attras cosas puru. Nosu fadiàus una bella chèa e interriàus “educatamènti” is avanzus asutt’e s’anea, appùstis controlliàus un bellu trett’e arrìba po’ndi oddì is turronisi attostiàusu, sìada de su moentèddu nostru che de is attrus animàisi, e non po disposizioni de cussus fanaticus ecologìstasa de hoi, ma puìtta srebiada in s’ièrru po su fogu. Certus’unusu dd’usànta finzas po còi su pani, e màncu pani saborìu acca‘ndi essìada !
Puìtta in cùssus tèmpususu cùssa còsa non inquinàda cummenti nànta cussus ecomaniusu de òi, o… scusai, ecoo-ecologicus ìant’essi, ànzisi… fadìada parti del “ciclo della vita”, si studiàda me is primus’annusu de is elementarisi e me in su primu sillabàriu m’arragòdu ca ddui fìada fìnzasa illustràu meda beni ca ddu spiegàda : – de cussu concimu nascìa s’reba e sa bridùra, su bòi pappàda s’reba, s’omini si pappàda su boi e i fruttus de sa terra, ominis e bois digerìanta, insomma su contu chi non fìni mai !
E ge fìada arrazz’e concimi po sa terra !
Sa frutta abarràda meda prus pitticazza de òi e a bortasa fìada abitada de canc’unu strangiu puru, ma teniada unu sabori celestiali. Hoi, po ottènni fruttu de aspèttu bellu, ma tanti sciaboriàu chi non ddi bàstada su stògumu a ‘ndi pappài mancu
a su èrmi, ùsanta certas cosas chimicasa chi non si sprèdinti mancu in mill’annusu e àndant’a finì me in s’acqua asutt’e terra.
Nannài miu è bìviu a norant’annusu buffendi scètti s’acqu’e funtàn de sa cottìlla nosta, chi torrad’òi cun s’usanza de insàrasa non campàda mancu bindighi disi, e si s’adattàda a buffài s’acqua varechinad’e su grifoni, ddi fadìada siguramènti s’istintirìgu biancu cumment’e una candèba trochillàda.
A ddui penzai beni, jè adèssi a fròri su stintirìgu nostu puru !
E cànd’in sa prucessiòni, sèmpiri accumpangiàda cun sa musica de is tamburellus morèscus, de is launeddasa, de is pippaious e de is sonus de canna, e cun is cuàddus in prima linea, capitàda de pòni su pèi in mesu mesu a s’arregàllu fumànti, si ddu ripullìada cun d’un’ìdu chenz’e fài chistionis, mentri is amìgus narànta “Saludi e trigu”
puitta nosu ddu scidiàusu ca portàda fortuna e po cussu non si chesciàda nisciunsu, o scetti cancunu, e pagu òttasa puru, de cussus pallerazzusu chi po si fai notài fueddànta in d’una specia de italianu e andànta a sa prucessioni crazzàusu cun crapittas de primu essida, chi zicchirriànta ad ogna passu.
Si sunzèdid’oi, Gesu Maria ! Funti nendi ca, chi non poninti is mudàndasa a is cuaddus, non ddusu làssanta sfilài prusu màncu po is prucessionis mannasa.…



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