Verso il mare
Desolati poggi asciutti d’acqua
frustati dal maestrale
che da ponente soffia verso il mare.
Vorticando scuote con ira
ogni chioma
in giorni lievi esitando accarezza
le zazzere rigogliose
di mandarini e limoni.
Scivolosa la carreggiata
scende verso il mare
nel mattino che nasce
fra umidore e salsedine.
Il mare: una tavola blu
un movimento di schiuma bianca
che s’infrange ora con rabbia
ora con dolce tenerezza
sul bagnasciuga di conchiglie e sassi.
Affondano i piedi tra sabbia e rifiuti
(avanzi di fuochi e bottiglie),
di sogni e desideri sotto
cascate di stelle,
rami di pino ormai radi di aghi
mi sfiorano il viso,
raccolgo pigne vuote
la resina mi incolla alla mia terra
Verso il mare…
il messaggio della risacca
risuona nell’aria
tra le grida di gabbianelle in volo.
(Roccelletta, agosto 2008)
Intermezzo (5)
Battiti di ali,
voli di aquile,
in cielo
si accende
una fiamma d’oro.
Le mie radici
Affondo le mie radici
in una terra arsa dal sole e dalla solitudine.
Attraversano colline d’argilla e sabbia,
antichi boschi di lecci e abeti.
Rincorrono antichi greti di fiumare in secca
e piene di una secolare miseria.
Scendono le mie radici nel tufo e nelle cave
di carbone,
fonte di vita dei miei antenati.
Si allargano le mie radici alla ricerca
della mia idea di vita.
Entrano nella leggenda dei briganti,
cantati da poeti solitari.
Arrivano le mie radici fra le rovine
del Convento di Corazzo
nella mia fantasia dimora
di misteriose comparse.
Tornano le mie radici alla terra dolce
di semplicità amara,
di giovani donne chine a cogliere olive,
o sedute davanti ad un telaio a tessere sogni.
Scendono le mie radici dalla Sila al mare,
attraversano solitarie contrade fantasma.
Eccolo il mare…
le mie radici lambiscono il mare,
nel quale mi immergo, con cui sono tutt’uno.
Respiro ossigeno puro, linfa ed energia,
risalgo la corrente e ritrovo la via.
(Tiriolo, agosto 2004)
Binari
Binari che corrono,
rotte d’acciaio verso l’infinito,
scambi
che deviano il corso dalla vita,
e si fermano davanti ad un muro.
Binari incandescenti d’agosto,
verso mete inviolate
e sogni proibiti.
Sferraglia un vecchio treno merci,
e il suo fischio rompe
il silenzio della mente.
Sempre in corsa
ad ogni stazione qualcuno scende,
per salire sul treno successivo.
Sui binari coperti di neve
scivolano
la vita e le frustrazioni,
rincorrono ogni battito.
Sui binari si rincorrono
realtà e fantasie,
evocano passato
già percorso da spiriti di ieri,
attendono il futuro.
Binari centenari e solitari,
attraversano pianure e
valicano montagne.
Binari che narrano guerre e onori,
che sfrecciano attraverso
nuovi confini,
continuano a correre
impassibili all’infinito.
(Oglianico, settembre 1997)
Il fiume
Il fiume da lassù
dove il suo guizzo di vita ha inizio
saluta il silenzio
e dalle nevi eterne e apre la via.
Scende, e la sua corsa tumultuosa
si snoda tra valli e pianure
nella sua corsa frenetica
si trascina dietro dolore e lacrime.
Taglia in due colline e boschi,
e nel suo letto cittadino
regale continua il suo cammino.
Le sue sponde hanno vissuto guerre,
passate glorie,
i battelli percorrono ormai stanchi
navigli in secca.
Spacca in due Torino,
e sotto i ponti antichi riversa il suo incedere,
carico di memorie lente e rabbiose.
La sua corsa continua in una pianura verde,
fertile,
il grano e le viti
traggono da lui tutta la forza
che al suo passaggio lascia.
Arriva alla sua foce
e si allarga come un fiore, splendido e terribile,
si getta in mare e finalmente ritrova la sua casa.
(Oglianico, gennaio 2005)
Tornare un giorno…
La strada si snoda intorno al monte,
e dall’ultimo tornante m’appare il tetto grigio
al fondo della valle.
La stretta mulattiera scende ripida
sotto il sole di mezzogiorno.
Avvicinandomi, l’onda dei ricordi m’assale,
mi vengono incontro e con tristezza mi lascio
prendere per mano.
Il vento porta risate e voci dal passato,
apre la porta ad una vacanza piena di malinconia.
Cerco i luoghi dei suoi racconti,
la freschezza e l’allegria della sua gioventù.
Lo scroscio dell’acqua fresca e cristallina
della vecchia fonte mi fa sentire
il battere dei panni sulla pietra,
le ceste piene sopra il capo di giovani spose
già invecchiate dal lavoro e i figli,
le vedo risalire il sentiero e stendere lenzuola
bianche e fresche di telaio.
Mi ritrovo tra le fronde del vecchio noce,
e giù nell’orto carico dei frutti di stagione
ti vedo china ad incalzare i solchi pieni d’acqua,
per un attimo sollevi il viso… e il tuo sorriso
mi riempie il cuore di un sottile dolore…
Le prime ombre si allungano e nella valle
come stelle si accendono le luci,
il silenzio scende sulle mie emozioni
che mi avvolge come una coperta.
(Vaccariti, agosto 2005)
Il cielo di notte (Vaccariti, 2007)
La casa è in silenzio
il sonno è compagno di ogni battito
e io bevo la quiete notturna,
abbaia con insistenza un vecchio cane
inseguendo una volpe.
Seduta sul marciapiede dissestato
assorbo ogni suono,
mi incantano le luci nella vallata
e respiro l’odore della mia terra.
Alzo lo sguardo…
si ferma a metà il respiro
stelle…
infinite…
la via Lattea è come una magia…
mi lascio guidare dall’invisibile
mi ritrovo tra nebulose e buchi neri
senza materia, spirito puro e
parte dell’universo
agli albori della vita.
Torno su di una stella
che regala sogni e desideri
nella notte di San Lorenzo.
(Tiriolo, agosto 2007)
Porto (Santuario di)
Sassi,
la via attraversa
boschi muti.
Maggio esplode,
il sole africano
avvampa la schiena.
Occhi lucidi
il cuore gonfio
di dolore e fede.
In silenzio
Si muove la fiumara
umana
verso Porto.
La luce filtra
tra annosi rami,
s’insinua tra pini
e castagni,
l’aria e diversa,
soave è l’aura che avvolge
il luogo.
Sassi,
rendono il cammino duro;
si apre la valle…
eccola !
Pellegrini a capo chino
preparano lo spirito
ad accogliere la fede,
nutrirsi della parola professata.
Intorno a me
l’aria è rosa in volo solo
la mia anima.
(Tiriolo, agosto 2006)
Sila
Tra silenti aghi di pino
m’inoltro nell’antica “Silva”.
Attraverso il silenzio della natura
dove altissimi abeti svettano
cercando luce e sole.
Finalmente l’aria è solo mia,
mi appartiene, come questa terra
inaridita da siccità e degrado.
Silenzio…
Voglio solo sentire la vita
che è già passata,
voglio sentire
lo schioppo dei briganti che spara,
e l’eco generoso ne svela i segreti.
I lupi, liberi e fieri,
i fuochi dei pastori,
inverni e poi ancora primavere
Si apre una radura magnifica,
felci, pigne e funghi si mescono
in un tappeto di colori,
e sempre sovrano
il silenzio,
rotto solo da mio respiro,
dall’ansia
che ho di carpire ogni sfumatura,
celarla dentro me.
Chiare le acque del lago Ampollino
argenteo miraggio sognante,
e atavica fonte di vita.
Il fermo immagine nei miei occhi
si sovrappone
altri monti innevati e alteri,
confine del cuore
del mio nord e il mio sud.
Intermezzo (4)
Frammento…
Un attimo di stelle,
tracce di rugiada
splendente d’infinito.