Curve alfabetiche

di

Cheikh Tidiane Gaye


Cheikh Tidiane Gaye - Curve alfabetiche
Collana "Le Schegge d'Oro" - I libri dei Premi - Poesia
12x17 - pp. 40 - Euro 6,50
ISBN 978-88-6587-0808

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In copertina illustrazione di Romina Cervi


Pubblicazione realizzata quale 1° premio del concorso letterario Anguillara Sabazia Città d’arte 2009-2010 – Associazione Culturale Arché


“I versi possono scoprire i sentimenti, l’intimità e l’esuberanza della vita entrando nella dimensione spirituale dell’esistenza, nel suo significato che va oltre la ricerca e la scoperta di piacevoli emozioni, in un mondo senza confini che anima la conoscenza dei segreti vitali dell’essere. Poetica comunicativa, fortemente emozionale, immediata e sincera che riconduce alla verità per un confronto, per un dialogo fra l’uomo e l’infinito pervenendo ad una precisa conoscenza di se stessi nel rapporto con il mondo circostante”.

Prof.ssa Myriam Vittoria Sebastianelli
Presidente Fondatore del Premio Letterario Internazionale Archè Anguillara Sabazia


Prefazione di Mario Sechi
Professore Ordinario di Lettera moderna e contemporanea presso l’Università di Bari

Come tutti i poeti moderni, a partire dall’amato Baudelaire, Cheikh Tidiane è un poeta in viaggio.
L’origine del suo viaggio è certa, è chiara, è nell’Africa vitale ed esplosiva degli anni Sessanta, al passaggio della decolonizzazione, e si può immaginare condensata nella sillabazione di un linguaggio materno non scritto, nel possesso di un codice culturale ricco e denso di significati, a noi europei ancor oggi in parte ignoto. Ma tale eredità materna gli si è proposta per così dire già interpretata nella rivendicazione di un’identità nuova e moderna, nel mito della négritude e nel carisma intellettuale e poetico di Léopold Sedar Senghor, con l’accesso alla pratica di una grande lingua di cultura come il francese, capace di includere e di stratificare l’esperienza, di accogliere dentro di sé modulazioni e funzioni espressive diverse.
Per quanto Fanon o Sartre, o Barthes, abbiano denunciato con buone ragioni gli effetti di inevitabile alienazione, prodotti dall’assimilazione delle élites africane ex-coloniali nell’istituzione linguistico-letteraria della Francia e dell’Europa borghese progressista, nessuno può negare la funzione di tramite, dall’oralità alla scrittura, dalla comunità indigena all’universo della comunicazione planetaria, che la lingua francese ha svolto in quell’epoca e che ancora svolge. Cheikh Tidiane, come decine di scrittori della sua e della precedente generazione, è approdato alla banchina di quel continente, si è misurato – senza troppa timidezza – con alcuni autori di quella storia, ha provato a dare forma e senso al suo viaggio. Ogni alienazione linguistica o culturale è un fenomeno a due facce: le strutture sintattiche, il lessico, i codici comunicativi della lingua di arrivo esercitano una costrizione, riplasmano il vissuto e l’immaginario, e però allo stesso tempo risentono e manifestano la pressione interna di quello stesso vissuto e di quello stesso immaginario, ne vengono deformati, riempiti, segnati. La scelta del bilinguismo, oralità e scrittura, è una scelta consapevolmente esercitata, misurata, calibrata. Si tratta, specialmente nei più avvertiti, di un lavoro di auto-traduzione, di commutazione di vettori di senso, che da un lato sembrano distanziare e forse depotenziare l’esperienza originaria, dall’altro la ripropongono e la impongono fuori dei suoi ambiti ristretti.
Ma nel caso di Cheikh c’è un passaggio in più, ed è un passaggio assai significativo, e che pone interrogativi nuovi. Mi riferisco alla scelta di transitare, a un certo punto della sua carriera di poeta, con queste Curve alfabetiche, dal francese all’italiano. Il suo viaggio comporta nuovi spostamenti, con il superamento di un’altra frontiera linguistica e culturale. Ne risulta un effetto di mescolanza, e di ulteriore arricchimento. La sua poesia diventa così un prisma, le cui facce si rivolgono a un pubblico eterogeneo, di identità imprecisa o imperfetta. Lo si vede qui nel trattamento del tema della parola, tema centrale in tutta una fase della poesia post-simbolista, e poi in particolare della poesia ermetica in Italia. Ebbene, tale tema assume nei componimenti di Cheikh una originalità e una freschezza assolutamente nuove.
Ai lettori il compito di seguire su questa linea il fascino di un’affabulazione poetica ricca di echi e di risonanze sorprendenti, cariche di grande energia, misteriose e struggenti.

Mario Sechi


Curve alfabetiche


Alla mia cara madre Aida Sy, riposi bene in pace
Ai miei figli Aminata e Amadou


«Le meilleur compte rendu d’un tableau,
c’est un poème…»
«Il migliore resoconto d’un dipinto
è un poème.”

Charles Baudelaire


Abortito, sepolto, vive
rivissuto
si alza imboccando la strada grondata
di bandiere, di salive e di sguardi soffocati
si alza e sfama
vive e annaffia
sei l’universo della parola.

Alfabeto, non sei solo sillaba
né lettera, né suono, né sguardo
non sei solo tuono né cadenza
sei anche l’incenso
l’aroma sapore di melodie.


Ho curato la mia ferita nel ventre del flauto
non mordo il suono del vento
colgo l’aria per dissodare le bocche orfane di melodie
e seppellire le doglie delle notti tristi.


Appassiscono gli alberi
ma la parola rimane
per cantare l’autunno

quando si spegne il cielo
quando piange la terra
rimane l’eterna:
la parola il pozzo
che non si asciuga mai.


Parola
sono eterna
il mio verbo il silenzio
limpido come il sorriso del bambino
il sogno mi illude
il saggio mi loda
poiché cerco il tuo rifugio
per sfuggire
all’oscuro destino
della fatalità.


Il sole mi riscalda
l’aria mi dà vita
la luna ravviva i miei sogni
la parola irrora la mia anima
la parola non teme nulla
nemmeno il silenzio del sepolcro.


Guarisce le ferite del tempo
la meraviglia della parola
è la sua limpidezza

è l’attore che recita le nostre
peripezie;
è il pittore che restituisce
al buon mattino
il suo risveglio
e non tramonta mai;
è la lingua sapore di sale
che penetra nei nostri pensieri;
è una carezza che ci addormenta
sotto l’ombrello delle nostre ansie.


Il mare disperato non cerca confini
la parola ricca non ha bisogno di essere sedata
il risveglio dell’anima che non dorme mai
rende le nostre spiagge un telaio
che ospiterà ogni nostro battito del cuore.


Busso la tua camera fiorita e colorata
mi si spalanca la tua finestra dorata
che si affaccia nel lago lessicale
dove le onde domate scuotono le righe
soave che l’orecchio apprezza e l’anima giova

sono il carpentiere
ogni lettera è una ricchezza
un pilastro
e la mia casa, una capanna
che sforna la poesia nel braciere d’incenso.


Fra le ali del silenzio
sui corsi e sulle corsie del mistero
si sporge l’occhio abbandonato
qualcuno lo chiama misero
qualcuno dice povero
qualcuno addirittura dice arido
ma so che sei l’inchiostro del verso.


Che il sogno si nutra di incubo
non sorprende nessuno
che la notte si vanti del buio
ci rende solo felici
che l’alba dipinga di latte il cielo
è una meraviglia
ma dal profumo della parola
vorrei che si cantasse il futuro
perché domani sarà sempre una nuova alba.


Conclave per partorire i miei versi
ti lodo alfabeto,
mi rivesto del tuo nome
ti canto e ti supplico
di guarire le mie piaghe

non dormire sotto le lenzuola
la tua pioggia cade
sulla mia terra arida
in cerca di benedizioni
non punire il mio linguaggio sereno,
non mi abbandonare in cattedra,
non mi mandare a redigere le mie prose
non gettare la tua saliva sobria nel vuoto
che caccia il demone nei miei sogni
ma annaffia le mie strade deserte e orfane
della purezza del ritmo e dei riti
la tua parola può anche non essere scritta

sono nato nella capanna dei versi
che la mia lingua tesse
e la mia bocca sforna
voglio spegnermi in piedi
stringendo il flauto
della mia oralità.


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