Con ali segrete ho dipinto l’Amore

di

Carlo Bramanti


Carlo Bramanti - Con ali segrete ho dipinto l’Amore
Collana "I Gelsi" - I libri di Poesia e Narrativa
14x20,5 - pp. 124 - Euro 10,00
ISBN 978-88-6587-2277

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Secondo una leggenda giapponese, chi piega mille gru origami vedrà avverato il proprio sogno. Un uomo, distrutto dalla depressione, prova, lasciando impressa su ognuna delle gru una goccia di vita, un haiku. Ma dopo aver piegato l’ultima, l’uomo (il “creatore”) si accascia sulla sua scrivania. La gru prende vita…
Grazie all’aiuto di un bambino e del vento, insieme all’amica barca, anch’essa origami, la gru riuscirà ad evadere dalla stanza nella quale è imprigionata, a raggiungere la linea sottile che unisce cielo e mare e le altre 999 gru già volteggianti sulle acque del tramonto.
Il suo volo risveglierà e salverà colui che l’ha creata.
Quel vento misericordioso anche dopo la morte dell’uomo continuerà a spingere le sue creature, simbolo di conforto e Amore, verso chi si sente perso, avvolto dalle spire della disperazione. Io cercherò nel mondo le persone che hanno ricevuto questo dono e trascriverò le brevi poesie impresse nelle gru; poco importa se qualcuno mi darà del matto: armato di coraggio, proverò a imitare il creatore, piegando a mia volta gru e racchiudendo in ognuna di esse un sogno o un dolore, nel tentativo di salvare me stesso e coloro che celano il mio sentire.


Arriva un momento nella vita in cui ti chiedi cosa stai facendo per te stesso e per gli altri, un momento in cui vorresti lasciare alle spalle ogni cosa che ti ha ferito o fatto gioire, e ricominciare come se nulla fosse mai successo. Un altro viaggio che non sia un sogno illumina la mente, lo immagini pieno di sorprese e fiori sconosciuti. Ci sono giorni che sanno stare sulla soglia del tempo e della ragione, risvegli che spingono verso la magia di questo viaggio: nessuna spina, nessuna malattia dell’anima o del corpo può turbarli. I ricordi sfumano, ridandoti il sorriso di volti amati, mentre irrompe la chiara consapevolezza che il senso di tutto è a un millimetro dal tuo essere. Ci sono giorni in cui hai il coraggio di lasciare l’apparenza agli altri e gioire del volo di un passero che hai salvato dalla bocca di uno dei tuoi gatti, sapendo che a spiccare il volo non sarà il passero ma la tua anima.


Con ali segrete ho dipinto l’Amore


A mia Madre,
fiore reciso,
unico stelo rimasto
del sacrificio.

Tu eri già poesia senza bisogno che io ne scrivessi una.


I versi sono frutto del momento, di uno stato d’animo, di tutto ciò che ha fine. Ma la poesia non verrà consumata dal tempo, anzi, da esso verrà levigata come lo scoglio carezzato dall’onda, così che a ogni granello di sabbia possa gridare in silenzio la sua immortalità.


—-%—-<@

I primi origami (da ori piegare, kami carta) nacquero probabilmente con l’invenzione della carta, attorno al 100 D.C. in Cina. Una delle forme origami più famose è la gru, per i giapponesi simbolo di purezza.
A tal proposito esiste una leggenda secondo la quale chiunque pieghi mille gru avrà i desideri del proprio cuore esauditi.
Si narra che una bambina giapponese di nome Sadako, dopo essere stata esposta alle radiazioni della bomba atomica di Hiroshima, stesse morendo di leucemia all’età di dodici anni. Sapendo di questa leggenda decise di piegare 1000 gru per far avverare il suo desiderio di poter continuare a vivere. Il suo sforzo non riuscì ad allungarle vita, ma spinse i suoi amici ad erigerle una statua nel Parco della Pace di Hiroshima. La statua rappresenta una ragazza in piedi con le mani aperte ed una gru che spicca il volo dalla punta delle sue dita. Ogni anno la statua è adornata con migliaia di corone di mille gru. La storia di Sadako è diventata soggetto di molti libri e film. In una versione, Sadako scrive una poesia che in italiano suona così:
“Scriverò pace sulle tue ali intorno al mondo volerai perché
i bambini non muoiano più così”.


Il vento ululava sul brusìo di bambini lontani.
La gru rimase ad ascoltarli, a cercare di carpirne parole e segreti.
Il piccolo uccello fissava il tramonto con occhi invisibili, desideroso di volteggiare su quel mare dorato che abbagliava la finestra chiusa.
Avrebbe voluto aprirla, sentire su di sé gli ultimi raggi del sole, bagnarsi di quelle onde spumose che da sempre animavano i sogni più nascosti della sua amica barca.
Sapeva che ciò era impossibile – ella non aveva mani – ma che costava sognare?
Le mani che l’avevano creata ora dormivano da ore, forse giorni.
“Il tempo, quando si è prigionieri di qualcosa, non ha più senso”, pensava, contemplando fiori di riflessi nel mare.
“Anche se riuscissi a raggiungere quel tramonto, dopo aver volteggiato due o tre volte, il vento ti spingerebbe in acqua ed essendo fatta di carta, come me, annegheresti. Non lo capisci? Vuoi forse morire?” disse l’amica barca, accanto all’uomo immobile che aveva creato anche lei.
Il creatore rimaneva accasciato sulla scrivania, sotto una luce via via più flebile mentre i riflessi marini dipingevano rose, farfalle dalle ali luccicanti.
“Mia dolce Amica, non posso stare qui, sull’orlo di questa finestra, e vivere solo d’inerzia. Chi ti ha detto che il vento è nostro nemico? Tra un po’ scenderà il buio e avvolgerà anche noi. Non desideri per un secondo solcare il mare, fare ciò per cui sei stata creata? Noi dobbiamo trovare il modo di uscire da questa stanza. Lo dobbiamo fare per il nostro creatore, perché siamo frammenti della sua anima, i più leggeri, tutto ciò che di bello e lieve è rimasto di lui”.
“È vero, noi siamo pieghe della sua anima. Ma tu non sei una vera gru, come io non sono una vera barca. Mettitelo in testa. Siamo origami, carta straccia nata da un uomo che ci ha creato e abbandonato”.
Ora la gru non ascoltava più i bimbi ma i bimbi ascoltavano lei, come un cuore candido ascolta un sogno. Erano rimasti dietro la porta, riuscendo a sentire, nello sciabordio del mare, i suoi discorsi. Quasi in lacrime, il più piccolo di essi prese una conchiglia dalla sabbia e la scagliò con forza contro i vetri della finestra, poi scappò lontano lontano, in un altro sogno. Gli altri bimbi lo seguirono, ridendo e schiamazzando.
Crakkkkkkkkk Crungeeeee… I vetri si frantumarono subito: mille lembi appuntiti di cielo caddero sulla sabbia bianca e un primo alito di vento poté carezzare le ali della gru.
“Siamo ciò che scegliamo di essere”, disse quest’ultima all’amica, lasciando che il secondo alito la trasportasse fuori, fino a sfiorare il sole morente, fino a farsi attraversare tutta dall’odore salmastro delle onde.
“Non sempre”, pensò la barca guardando il creatore che le giaceva accanto. Di colpo, la sua amarezza fu infranta da un forte richiamo proveniente dalla conchiglia. Il mare, proprio lui, in tutta la sua maestosità, la chiamava a gran voce. Ma la barca era troppo lontana dalla finestra per essere aiutata dal vento. Vedeva la sua amica gru volteggiare in cielo, ascoltava la voce delle onde, senza potersi muovere. Si sentì sola, persa. Fino a quando la mano del suo creatore, risvegliatosi a nuova vita, la prese e poggiò sul ciglio della finestra.
“Ho fatto un sogno”, le disse l’uomo. “Un sogno lunghissimo, in cui l’ombra di un drago a due teste voleva incenerire tutto ciò per cui avevo lottato. Stavo per decidere di non risvegliarmi più. Sentivo le mie viscere bruciare a ogni suo sputo di fuoco. Poi, d’un tratto, ho sentito nel buio un battito di ali lievi, l’odore del mare che ha spento ogni dolore. E lì vi ho visto, mie creature, dominare il cielo cremisi e solcare le onde ambrate”.
Sospinta dal vento e cullata dalle parole del creatore, la barca poté oltrepassare la finestra per posarsi sulle acque agitate, raggiungendo così l’amica; neanche si accorse che pian piano la carta di cui era fatta si tramutava in legno e che le ali della gru adesso erano di carne e piume.
Sotto l’ultimo sole d’Estate, l’aspettavano l’ombra di una bambina con le mani aperte verso il cielo, e altre 999 gru da ascoltare e amare.

Il creatore aveva scritto un haiku* o una poesia breve su ognuna delle mille gru.
Si dice tuttora che un vento misericordioso le porti a coloro che vivono in completa solitudine e pensano di non avere un domani.


* L’haiku è un breve componimento giapponese di tre versi in diciassette sillabe (5,7,5).


Ho trentasette anni, la maggior parte dei quali passati a cercare queste gru: fino ad ora ne ho trovate trentasei. Ho girato il mondo, ho discusso amabilmente con le persone cui il vento le aveva donate. Alcune ce l’hanno fatta a ricostruirsi un futuro e a superare solitudine e malattia, altre no, ma tutte, tutte hanno compreso che la vita non è solo ciò che vediamo: c’è una luce inestinguibile oltre l’apparenza, che a volte il cuore sente. Questa luce è una strada che può avere mille nomi, ma un unico, infinito senso: l’Amore.
Ora che la mia vita è appesa a un filo, ho deciso di donare a voi le gru che ho raccolto, con tutto l’Amore di cui sono capace.


I

Un origami
sono, per l’alba muta.
L’aura di un sogno.


II

Sfioro la Maonia:
mondi in gocce di pioggia
chiedono pace.


III

Scusa se ho
osato sognarti.
La mia mente,
sai, non m’appartiene più

come la barca
del pescatore
in tempesta

come il petalo
ghermito dal vento
all’Anemone

trasvola
i flutti
del sogno
estatico.


IV

Un palloncino
tra le rose stupite.
Nessun dolore.


V

Ho salvato
la tua foto
per ricordarmi
cos’è la bellezza
e per non cercarla più.


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