Di radici come ginestre

di

Assuntina Fiorito


Assuntina Fiorito - Di radici come ginestre
Collana "Le Schegge d'Oro" - I libri dei Premi - Poesia
14x20,5 - pp. 52 - Euro 8,50
ISBN 9791259511539

Clicca qui per acquistare questo libro

Vai alla pagina degli eventi relativi a questo Autore


Pubblicazione realizzata con il contributo de IL CLUB degli autori per il conseguimento del 1° posto nel concorso letterario «M. Yourcenar 2021” sez. poesia»


In copertina: Illustrazione di Eliana Milani (tecnica: matita, pastelli e gessetti)


All’interno illustrazioni a matita di Eliana Milani e Agostino Miglio


Ringraziamenti

Grazie alla mia famiglia per il sostegno, a Eliana Milani e Agostino Miglio per le illustrazioni, a Raffaella Ricchi per i consigli e l’entusiasmo.

Il mio grazie alla Casa Editrice Montedit per la professionalità e la presenza sempre costante durante tutto l’iter della pubblicazione.

Grazie a mia madre e a mio padre. Mi piace pensare che lassù, da qualche parte, hanno fatto il tifo per me.


PREFAZIONE

Assuntina Fiorito, con la sua silloge di poesie dal titolo “Di radici come ginestre”, offre un soave canto lirico che s’ammanta delle molteplici suggestioni del mondo naturale e si alimenta della viscerale passione per la sua terra di Calabria, mettendo in evidenza come sia ancora fortemente avvinghiata alle “radici” della terra natia.
In questa breve raccolta di poesie, intensa e fortemente sentita, emergono la meraviglia e l’incanto davanti alla bellezza della vita e alle molteplici manifestazioni del vivere.
La sua Parola è intensa e penetrante, capace di creare la poesia disvelando, rivisitando, plasmando e miscelando l’universo emozionale che la poetessa custodisce nel profondo del cuore, e si avventura nei “sentieri dell’anima”, tra le immagini d’un amorevole recupero memoriale e le atmosfere d’un personale microcosmo che creano una nuova soffusa dimensione lirica.
Durante il processo lirico si avverte chiaramente che v’è la ricerca d’una “qualche verità” o soltanto la volontà di comprendere l’autentico senso del vivere: echi di lontani ricordi si miscelano con le “trame del cuore” e si colorano di nuovi significati nella costante osservazione delle meraviglie della natura che si accendono davanti ai suoi occhi e degli “scampoli di vita” che hanno contrassegnato il cammino sentimentale.
La Poesia diventa allora substantia taumaturgica che allevia la pena nel dispiegarsi dei giorni del vivere e del processo lirico: si fa soave “melodia che culla” ed estrema “dolcezza che ammalia”, voce del cuore che riconduce alla verità del proprio essere e dolce richiamo che innalza a una dimensione superiore.
L’intenso recupero memoriale illumina la scena lirica e il nucleo pulsante della poesia d’una poetessa dall’animo puro e dal cuore semplice: ecco allora che la visione poetica si espande in tale direzione ricordando la “primavera calabra/in un tempo lontano”, che si accompagna con il “sospiro” del sogno e “l’estasi di una giornata semplice”; e tutto si profuma dell’“aria dolce di camomilla”, del sambuco, dell’agave in fiore, delle “spighe mature”; si nutre “dell’acqua cristallina e cieli limpidi” e del “respiro della luna”; e, poi, emerge l’intenso ricordo della sua “vecchia casa” nel paese, bassa e piccola come “le casette del presepe”; la figura della madre che stende le lenzuola e del padre che appende il mantello ed il cappello; l’eco di risate di bambini, la saggezza delle donne anziane, “il profumo di menta della caramella” che riportano il cuore e la mente alla “semplicità di un’arte antica”, alla “ricchezza dell’antica povertà” che ardeva di amore e di semplicità.
Il ricordo si fa ancora più intenso quando il pensiero ritorna a quella “terra gialla assetata”, una “terra sofferente” che miscela dolore e rabbia, quella stessa terra che ha lasciato, ma che “è rimasta dentro di lei”: il mare è ancora “nei suoi occhi”, il mare che rappresenta “la gioia e il suo dolore”, la casa e il rifugio, “l’azzurro che colora i suoi pensieri”, “l’infinito e la paura che disorienta”, “il calore del sole” ancora sulla sua pelle.
La visione lirica, in altre poesie, diventa una forma di esortazione a riprendersi la vita dopo aver superato gli inevitabili affanni e le stanchezze, dopo aver metabolizzato la “malinconia e la nostalgia” e, ancor più, diventa rappresentazione della sua grande passione per i libri, con il loro “odore che inebria l’anima”: quegli stessi libri che, come lei confessa sinceramente, conoscono “i suoi desideri, le sue emozioni e le sue paure”.

Massimo Barile


INTRODUZIONE

Perché “Di radici come ginestre”


Quanto profonde sono le radici?
Radici delle proprie origini, radici degli alberi polmoni della terra, radici di dolorose ferite, radici abbarbicate alla terra che non si spezzano, resistono e rinascono, restituendo nuova vita all’umanità, proprio come quelle della pianta così cara al grande Leopardi “La Ginestra”.
La ginestra, fiore del deserto o fiore gentile, icona di resilienza, forza e determinazione, che sopravvive sulle pendici aride di un vulcano nelle condizioni più difficili, quasi di sfida, a testimoniare il coraggio, la speranza, e a consolare con il suo dolce profumo un paesaggio devastato dalla furia della natura.
Ed è la poesia stessa che assume tutte le caratteristiche della ginestra, cocciuta, ostinata, capace di respirare anche sotto una campana.
La poesia che attraversa la realtà, la rappresenta toccandone l’essenza, si ammanta di sentimenti, emozioni, dolori, e con la sua bellezza ci salva dalle ombre.
La poesia che rassicura, che è casa, con la premura di una madre e le paure dei figli, è il porto sicuro quando si smarrisce la strada, quando tutto sembra perduto, ed è proprio in quell’istante che con poche parole, quasi in musica, alimenta una luce fioca capace di riaccendere la speranza e infondere fiducia in un giorno nuovo.
Poche lettere, vocaboli in versi, metafore, che con la loro potenza riescono a metterci in contatto con l’essenza intima delle cose, restituendoci la vista della realtà profonda di tutto ciò che ci circonda, rimuovendo quasi per incanto la fredda superficialità, per mostrarci la nuda anima che alberga in ogni aspetto della vita umana.
E ancora, il giallo della ginestra che nella mia mente richiama il giallo dei frutti tanto cari a Montale “I limoni”.
Il giallo colore del sole, della luce, così come il giallo dei limoni, unica speranza che apre una breccia nella visione pessimistica del poeta allontanando la tristezza:
“Quando un giorno da un malchiuso portone
tra gli alberi di una corte
ci si mostrano i gialli dei limoni;
e il gelo del cuore si sfa,
e in petto ci scrosciano
le loro canzoni
le trombe d’oro della solarita1“.


È la possibilità di una porta semichiusa, l’attenta osservazione, un odore, un colore che diventa musica, l’inaspettato che ci sorprende, come il sole a mezzanotte o l’incanto del doppio arcobaleno, tutto questo per me è la poesia, dalle radici come ginestre, alla cui potente bellezza tutto si arrende.

L’autrice

1 E. Montale, «I limoni» da Ossi di Seppia, (1925)


Di radici come ginestre


A mio marito Toni e a mio figlio Samuel,
i miei più grandi sostenitori.


Poesia

Il suono di te
distende le fronti contratte
come calore sulle pieghe.

Respiri
anche sotto una campana,
ostinata,
come il tepore delle braci.

In te la meraviglia
del sole a mezzanott
l’incanto del doppio arcobaleno,
la sorpresa di un regalo
dopo montagne di compleanni dimenticati!

Parola che crea,
disvelando verità taciute, sottese,
o rimaste per troppo tempo sulla soglia.

E ti appartiene l’onestà e lo scherno,
ma anche la cordialità del mare
che restituisce vive pietre dalle mille forme.

Apparente barlume
fra i dubbi sentieri dell’anima mia.

E mi calmi,
come litanie di ninne nanne,
come seno pieno di madre.

Poesia
a te ogni cosa s’arrende!


Prigioniera di un sogno

Quando le case
chiudono gli occhi
e i nidi dormono
la donnina scarna
ripercorre quella stradina
bianca, di polvere odorosa.

La lucertola è ancora lì
avida di sole,
sussulta ad un suo passo
e rapida scompare
in un anfratto di pietra.

Conosco questo vento
che alita aria dolce di camomilla,
e l’eco di una voce di madre
si dissolve abbracciando
l’ombra di un sambuco.

La memoria di un sole più giallo!
E l’onda di spighe mature
s’infrange nell’agave in fiore
di una primavera calabra
in un tempo lontano.

Nell’aria, il sospiro
ancora tiepido
del sogno
riempie una lacrima
che dilaga in un ricordo.

Un battito d’ali
un fruscìo di foglie morte,
insiste, reclama il mio sguardo!
Dalla finestra il becco
di un pettirosso
mi regala semi di libertà
solitari, come diamanti!


Da lontano un canto

Fruscìo
di stoffe al vento
un fiore tra i capelli
nel cerchio
di mani che si stringono.

Danzano
bambini
ondeggiano
solleticando
il ventre di una stella.

Nenie popolari
s’innalzano
nell’aria
ebbra
del giallo profumo.

Una lacrima furtiva
racconta l’estasi
di una giornata semplice.


Eri tu (A Vanessa)

Ti ho vista accarezzare sogni mentre sfogliavi le tue carte
e con la scia del loro inchiostro
dipingevi orizzonti lontani dei più bei colori,
quelli di una primavera ai suoi bagliori!

Ho visto una rosa al tuo passaggio
dissetarsi con una goccia di rugiada
e il vento diventar quiete
a protegger la poesia di un’ape in fiore.

E nelle persone che hai sfiorato
hai lasciato il tuo profumo,
nel tuo incedere fiero ed elegante di cigno,
che si prepara alla sua danza.

È stato per amore,
il più grande, il più puro, il più vero,
se il cuore straziato di una madre,
quel dì,
in quell’ultimo soffio tuo leggero
ha allentato la sua stretta,
ha aperto la finestra al vibrar delle tue ali
di farfalla ormai guarita.

Sulla chioma di una stella sei salita
non ti sei voltata!
Ormai libera,
libera di andare
libera di volare!


Il giorno nuovo

Era ieri,
dispersi,
come gregge senza pastore,
ubriachi senza meta
nell’assenza di parole e dormiveglia dei pensieri,
solo i battiti del cuore a rammentarci d’esser vivi.
Le case unico rifugio
nido di riscoperte usanze secolari
agognato premio per il ritorno
di ogni reduce anonimo dottore.
Tace quasi la natura nelle strade
assorta e in attesa
risanata da acque cristalline
e cieli limpidi,
fermi e bianchi
come statue.
Oggi
un fiore assetato spunta
fra le grigie pieghe di un deserto,
come un pellegrino
messaggero
di lontane e fiduciose novelle.
A neri notiziari dirai di raccontare realtà alternative,
in viaggio roseti vedremo
nel freddo vitale
varcare i confini,
al posto dei carri di umanità perduta
nell’aria ancora urlanti
le negate carezze!
O nemico invisibile
è il tempo della resa,
allenta la tua furia,
trema la terra sotto il trono infetto!
E il gemito di vita del re bambino,
come il nascituro della stalla,
annienterà la tua corona virulenta,
annunciando al mondo
il giorno nuovo.


Davanti a un dipinto

Tu che osservi
quando nel respiro della luna
si sveglia la campagna assonnata,
e il canto del gallo
come riverbero di sole tiepido
si dissolve nell’aria di una mattina d’estate.

È il rumore del giorno o il silenzio della notte
ad accendere l’estro divino?

E ti vedo mentre crei e disfi
come Penelope la tela
e organizzi spazi per la luce perfetta.

Dalla lira di quale dea
proviene il canto che ti ispira e crea?

La mente indaga, intreccia trame,
s’accampano segreti per assecondare la ragione.

Sarà di un padre quell’ombra stanca in fondo alla via?

Dagli occhi della donna alla finestra
cerco il filo che mi conduce nei vicoli di qualche verità.
La piega all’angolo della bocca
racconta scampoli di vita, segno di saggezza,
o forse è solo una linea ruvida
nata dalla mano tua tremante.

Cerco di leggerti pittore,
sei tu un poeta
che con il pensiero abitato dai colori
consegni al mondo frammenti di immortalità.


A te mare

Il mare è la mia gioia e il mio dolore,
il mare è l’acqua e la terra che non ho,
il mare è la mia casa e il mio rifugio,
è l’amico e il fratello sconosciuto.

Il mare è il suono che accorda la mia mente,
è l’azzurro che colora i miei pensieri
è luce e tenebra
è il dolce e il sale
è pane e vita.

Il mare senza forma, pietra dalle mille forme.

Il mare mi appartiene.

Il mare è l’infinito, la paura che mi disorienta,
la forza che mi scuote e mi incoraggia,
la tenerezza che mi culla, la dolcezza che mi ammalia.

È la stretta sicura che mi cinge.

È il dolce richiamo, quando timido mi tende le braccia
e quasi stanco mi apre il suo cuore.

[continua]


Se sei interessato a leggere l'intera Opera e desideri acquistarla clicca qui

Torna alla homepage dell'Autore

Il Club degli Autori - Concorsi Letterari - Montedit - Consigli Editoriali - Il Club dei Poeti
Chi siamo
La Rivista
La voce degli Autori
Tutti i nostri Autori
Per iscriversi
ClubNews
Il notiziario gratuito
Ultimi inserimenti
Homepage
Avvenimenti
Novità & Dintorni
i Concorsi
Letterari
Le Antologie
dei Concorsi
Tutti i nostri
Autori
La tua
Homepage
su Club.it