Poesie e racconti nel galloitalico di San Fratello

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Autori Vari


Autori Vari - Poesie e racconti nel galloitalico di San Fratello
Collana "I Gelsi" - I libri di Poesia e Narrativa
14x20,5 - pp. 280 - Euro 20,00
ISBN 9791259512321

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Antologia dedicata alla memoria del prof. Benedetto Di Pietro (1942-2019) straordinario studioso del galloitalico di San Fratello amministratore del gruppo “San Frareu – Zzea parduoma u dialott dû nasc paies”


BIOGRAFIA DI BENEDETTO DI PIETRO

Benedetto Di Pietro nacque il 2 Settembre 1942 a San Fratello, piccolo centro nebroideo della provincia di Messina, e qui trascorse spensieratamente la fanciullezza, il periodo della scuola elementare. Per la frequenza della scuola media dovette recarsi a Patti e poi a Messina, al “Maurolico” per il Ginnasio e al “La Farina”per la prima liceale, dove avvertì, grazie alle straordinarie lezioni del professore Giuseppe Miligi, il fascino per la cultura classica.
Nel 1960 i genitori, volendo assicurare al figlio un futuro migliore ed occasioni di studio a lui più congeniali, sotto la spinta del flusso migratorio di quegli anni, decisero di trasferirsi a Milano e vi rimasero definitivamente contro ogni loro più rosea aspettativa. Dal 1960 al 1987 risiedettero a Melegnano e successivamente a Riozzo di Cerro al Lambro.
Questo avvenimento segnò la sensibilità del giovane tanto che anche in piena maturità rivisse tale distacco con forte nostalgia come si evince da un suo inedito: “Era il 17 settembre del 1960. A San Fratello si festeggiava il patrono S. Benedetto il Moro. Io attraversavo il paese, tra ali di bancarelle colorate, per andare a Sant’Agata di Militello, dove avrei preso “La Conca d’oro” alla volta di Milano”.
Nella nuova sede i primi anni furono veramente difficili, combattuto tra lo smarrimento e l’ansia del nuovo da un lato e il rimpianto dei dolci ricordi della sua terra dall’altro anche perché, come egli stesso scrisse, “Milano si rivelò subito che non era una terra promessa e che la Sicilia dei miei 18 anni, l’Eden dell’adolescenza, sarebbe rimasta impressa a fuoco nella mia mente e nel mio cuore. A Milano, la mia condizione di “meridionale” mi fece scoprire già sui banchi del Liceo di essere un emarginato. (…) Mi integrai presto grazie alle mie modeste conoscenze musicali, imparando così che solo l’arte ha la capacità di unire i popoli”.
In tale contesto per l’appunto gli furono utili le lezioni musicali del maestro organista padovano Alessandro Gasperini, che a Messina insegnava canto nella scuola di musica “S. Pio X” tanto che, appena giunto a Milano, si era premurato di seguire un corso di perfezionamento di musica leggera con Ober Albani.
Nel 1961 incise per la Saphir un 45 giri e nel 1963 con il complesso dei “Records” vinse il microfono d’oro nel concorso per complessi musicali.
Ma in quegli anni fu lo studio ad assorbire costantemente il suo impegno sotto l’assidua preoccupazione di inserirsi quanto prima nel mondo del lavoro. Completati gli studi liceali, conseguì anche l’Abilitazione magistrale e poi si scrisse a Torino in Ingegneria Elettronica, con specializzazione in telecomunicazioni, presso il British Institute of Engineering Technology.
Finiti gli studi nel 1967, iniziò l’attività lavorativa insegnando per un breve periodo radiotecnica ed elettronica presso l’Istituto Afha Italia di Milano; poi però, spinto dal desiderio di conoscere il mondo, accettò con entusiasmo l’allettante proposta di assunzione da parte della Snam Progetti, società del Gruppo Eni per l’ingegneria petrolchimica e il main contracting, per la quale lavorò fino al 2001 (tranne la breve interruzione, dal 1988 al 1990, al servizio della Montedison). Ne seguirono numerosi viaggi in molti Paesi anche extraeuropei e lunghe permanenze all’estero, specialmente in Inghilterra ed Austria, dove ebbe maggiore disponibilità per dedicarsi alla composizione e allo studio.
Non gli fu difficile conciliare gli impegni di lavoro con le esigenze di famiglia (nel 1969 aveva sposato Anna Maria Del Signore) e l’affettuosa cura per i longevi genitori, ma nell’animo, forse anche come contrappeso alla sua formazione scientifica, avvertì in maniera sempre più pressante il fascino, mai sopito, per la letteratura e il mondo umanistico. E così le continue letture, nell’appagarne l’incessante sete di conoscenza, se da un lato arricchirono e potenziarono la sua cultura, dall’altro ne affinarono lo spirito creativo ed il gusto poetico. Ed appunto le riflessioni sulla caducità delle cose e la ricerca di una positiva valenza dell’effimero, imposto con virulenza sempre maggiore dalla vita di ogni giorno, lo spinsero a ricercare risposte nell’elaborazione artistica tanto da individuare nella poesia, e più in generale nell’arte e nello studio, l’elemento catalizzatore e rasserenante per il suo animo. Solo così riuscì, se non a superare, almeno ad attenuare quella frattura tra mondo ideale e reale, causata in lui dalle difficoltà ed eventi dolorosi ma specialmente dal cordone ombelicale che lo tenne costantemente legato al paese natio.
Rafforzandosi in lui l’amore per l’arte e lo studio dei classici, sentì il bisogno di riprendere i contatti con il suo professore Giuseppe Miligi, che puntualmente continuò a visitare ogniqualvolta giungeva a Messina, ricevendone suggerimenti e saggi consigli per le composizioni e progetti di studio.
E, proprio partendo dalla rivisitazione delle esercitazioni liceali, andava componendo testi poetici che puntualmente venivano pubblicati in antologie e riviste locali. Nel 1983 decise di stampare “in proprio” la prima raccolta, “Passatopresente” in cui confluirono molte delle precedenti poesie; poi pubblicò “Eco silente” (ed. Campus, Lodi 1985), “Sembiante” (ed. Prometheus, Milano 1991) con una nota introduttiva di Guido Oldani, “Tra la sella e l’infinito” (ed. Prometheus, Milano 1994) con Introduzione di Giuseppe Miligi, “Canto del mio dire” (Prometheus, Milano 2008), “Risoluzioni involutive” (Prometheus, Milano 2016) e “Consonanze” (Montedit, Melegnano 2018).
In prosa compose il romanzo “Il canto della pernice” (Manni ed. Lecce 2010), la raccolta di racconti brevi “In una sera” (Montedit, Melegnano 2013) e il romanzo “L’allegra Repubblica di Queras” (Manni ed. Lecce 2014).
Inoltre il nostro Benedetto, nella consapevolezza che le arti fossero tra loro complementari (non per nulla era solito ricordare che gli antichi vollero sorelle tutte le Muse e, presso l’Università della terza età di Melegnano, tenne anche per parecchi anni Corsi sulla Scrittura creativa e sul Rapporto tra poesia e musica), avvertì l’esigenza di ritornare alla musica. E così, oltre a varie canzoni musicate da diversi compositori, col pensiero sempre rivolto alla terra natia e alla festa che si svolgeva proprio il giorno in cui era emigrato per Milano, nel 1989 compose “Al Santo Moro”, testo e musica dell’inno dedicato a San Benedetto da San Fratello. Inoltre diede vita a due operette liriche “Un sogno … una realtà” (1983), di carattere sociologico, ed “Eleuteria: il pianeta libero” (1994), opera di fantascienza, musicate da Sergio Ceroni. Ed ancora come libretti lirici compose le operette “Preghiera per il Terzo Millennio” (1995), “Pellegrini del Nuovo Millennio” (1999), ispirate alle sacre rappresentazioni (Passione di Cristo) ed ai pellegrinaggi medioevali, e la commedia musicale “Il cammello amaranto” (2000), uno spaccato di vita milanese, tutte e tre musicate da Gian Elia Prinelli. Per le musiche di P. Losito scrisse “Il bastone fiorito” (2010) canto natalizio, “L’isola dei fannulloni” (2011), commedia musicale e “C’era una volta il mare” (2012), racconto musicale.
Da tale pur scarno elenco di opere è possibile dedurre quanto sia stato vario e complesso il suo spessore culturale e la vastità degli interessi, ma risulterà ancora più evidente se consideriamo l’incidenza che ebbe nell’organizzazione e partecipazione ai molteplici convegni di studio e conferenze, ai concorsi di poesia e prosa, ottenendo vari riconoscimenti e premi.
Fu anche presidente di parecchi concorsi letterari e diede il suo valido contributo sia come socio de “Il Club degli autori” e sia come collaboratore della rivista “Il Melegnanese”, per cui a ragione è stato da molti definito artista poliedrico ed eclettico; fu tra l’altro critico letterario e d’arte ed ebbe buona conoscenza di alcune lingue straniere.
Ma, se il momento compositivo per il nostro autore costituì un modo per evadere dalla realtà e si radicava sempre di più nella necessità di superare il contingente pur nell’incessante fluire del tempo, egli, lungo il suo percorso formativo, assunse come imperativo categorico anche la necessità di codificare la parlata del suo paese. E ciò prima che cadesse in disuso visto che, come aveva notato nei suoi sparuti ritorni e come scrisse in un suo inedito, “i genitori non insegnavano più ai figli la lingua sanfratellana, quasi provassero vergogna, (…) Ne parlai con Miligi che mi rimandò subito a due esperti: Salvatore Trovato e Vincenzo Orioles”, due illustri docenti, il primo dell’Università di Catania e l’altro dell’Università di Udine. Si trovò così catapultato in un settore di studio, la linguistica, che esorbitava dalla sua formazione. Ma egli, sorretto da amore viscerale per il paese natio e sollecitato dall’oggettiva difficoltà che incontrava per la trascrizione di tale parlata, approfondì con rigore scientifico l’argomento. E così non solo verificò con ricerche, anche lessicali, le implicazioni storiche fatte unanimemente risalire alle migrazioni verso il sud di popolazioni di origine franco-provenzale, bretone e lombarda al seguito dei Normanni, da cui la denominazione di Galloitalico, ma specialmente, pur prendendo le mosse dai preesistenti tentativi, compose alcuni scritti con trascrizione fonetica.
Per tali primi lavori, sempre su indicazione del prof. Miligi, si avvalse anche della collaborazione del prof. Cavarra, docente di italiano presso il liceo classico “La Farina” di Messina, dove uno dei sottoscritti autori, il prof. Nicolò Bellitto, in quegli anni insegnava Latino e Greco. Fu così che durante le loro frequentazioni ebbe l’occasione di rivedere, dopo non pochi anni, il carissimo Benedetto, l’amico dei trascorsi paesani, rimanendo colpito dall’affettuosità e dalla spontaneità della parlata sanfratellana con cui si presentò. Il puntuale e gioioso riferimento ad episodi della passata fanciullezza e della comune esperienza studentesca messinese confermò quanto cordiale fosse rimasto il suo carattere e, discutendo dei suoi interessi culturali, diede ampia riprova dell’incredibile attaccamento al paese. Il suo ripiegare nell’ironia, e ancor più spesso nell’autoironia, conferiva maggiore spontaneità alla conversazione, mentre la dotta e ricercata esposizione dei concetti, rifuggendo da qualsiasi forma di esibizione, esaltava l’umiltà della sua forma mentis, pronto com’era a stemperare col suo bonario sorriso ogni divergenza e contrasto di vedute senza d’altra parte abdicare alla sostanza concettuale. Dava così conferma della talentuosa sua personalità, della forte empatia con cui legava con gli altri e, senza mai porsi in posizione di superiorità, riusciva a coinvolgere nella discussione ed essere convincente nell’argomentazione delle sue tesi. Accettava e promuoveva il dialogo, come momento di arricchimento, rispettoso delle idee degli altri e pronto a cogliere quanto di positivo vi fosse, come per l’appunto viene riconosciuto da quanti ebbero il privilegio di conoscerlo e di apprezzarne le doti umane.
Sempre a proposito della sua attività sul Galloitalico di San Fratello egli scrisse: “Il risultato della mia impresa fu costellato di dubbi, ma nella vita ho imparato che tutto è perfettibile. Sapevo che altro era attendere di avere tutto finito, pronto e inattaccabile, altro era pubblicare cose a volte inesatte, migliorabili, smentibili. Nel primo caso c’era solo un rischio, lo stesso che sicuramente è incorso ad altri nel passato: di non riuscire a vederne la luce a causa della fine della propria esistenza. Nel secondo caso si sarebbero avuti documenti inesatti, ma che avrebbero potuto costituire la base per successivi studi. Scelsi quest’ultima opzione”.
Frutto di questa esperienza di studio e di ricerca fu la pubblicazione di una raccolta di racconti brevi “Ami d carättar” (Uomini di carattere), 1997, Akron, Furci Siculo, con un saggio di Vincenzo Orioles e Introduzione di Giuseppe Cavarra e nel 1998 della raccolta di proverbi e detti sanfratellani “Ghj’antiègh d’sgiàiu accuscì” (Gli antichi dicevano così), Akron, Furci Siculo con la presentazione di Giuseppe Cavarra.
Con tali scritti Benedetto Di Pietro se da un lato attirò l’attenzione dei cultori del Galloitalico di San Fratello, determinando un incremento di composizioni pur con trascrizioni fonetiche a volte molto approssimative, dall’altro lato lui stesso ricevette una ulteriore spinta per migliorare la codificazione del Sanfratellano alla ricerca di un sistema quanto più coerente. E vi riuscì, sempre con la collaborazione e il continuo supporto del prof. Salvatore C. Trovato, solo allorquando si liberò della trascrizione fonetica. Infatti nel 1999 con la pubblicazione di  tarbunira” (All’imbrunire), Il Lunario, Enna, con Postfazione di Giuseppe Miligi, nella Nota introduttiva lo stesso prof. Trovato scrisse: “Tarda, perciò, ma utile, interessante e certamente benvenuta, arriva in sul finire del secolo e del millennio l’esperienza di Benedetto Di Pietro, di cui mi accingo a esporre i fatti salienti del sistema ortografico”. Si poté così finalmente parlare di un coerente sistema di scrittura del Galloitalico di San Fratello tanto che nell’aletta anteriore della copertina dell’ultima sua pubblicazione, “Ô Frosch” troviamo scritto: “Benedetto Di Pietro, (…) coadiuvato dalle università di Catania e di Udine, ha fondato un suo sistema di scrittura”.
E proprio utilizzando tale nuovo sistema nel 2000 pubblicò “U scutulan di la rraca” (lo scossone della rocca), Montedit, Melegnano, con Postfazione di Vincenzo Orioles; nel 2004 appare “Faräbuli” (Favole): 42 favole di Jean de La Fontaine scelte e riscritte nel dialetto galloitalico di San Fratello, Grafiche Tielle, Sequals (PN); e poi “Favole”, Cinquanta favole tradotte da Benedetto Di Pietro nel dialetto galloitalico di San Fratello, ed. limitata, Milano, 2005; “I Primi Canti Lombardi di San Fratello”, Montedit, Melegnano (MI), 2007; U principìan, Milano 2013 (edizione in proprio, traduzione di Il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry); Ô frosch (Poesie nel dialetto galloitalico di San Fratello), Montedit, Melegnano ed assieme a Benedetto Iraci, “Sbughjann nta li paradi” (Pascendo tra le parole), Montedit, Melegnano, 2015.
Sempre con la casa editrice Montedit, nella collana Apollonia, da lui stesso fondata e diretta, nel 2016 ha curato l’antologia “Parole sanfratellane nel Web”, raccolta di poesie e prose di autori vari, pubblicate nel gruppo Facebook “San Frareu – Zzea parduoma u dialott dû nasc paies” fondato da Carmelo Faranda e diretto anche dalla stesso Di Pietro, e nel 2017 ha curato le pubblicazioni: G. Mazzullo, “Cû gruopp a la gaula”; G. Cancelliere (1947-2022), “Pinsier emozziuoi e rigard”; S. Emanuele (1924-2015), “Acquedolci”, postuma, e, ancor prima, A. Versaci, “Chjiechjari a d’aumbra di Rracafart”, 2006, e B. Lo Iacono, “Nta li sträri e li cunträri”, 2012.
Ma, purtroppo, il 18 ottobre 2019 la morte improvvisamente lo colse nel pieno della sua attività.
La moglie e la figlia, onorandone la volontà, hanno deciso di donare ai Sanfratellani l’ingente patrimonio librario ed anche alcuni dei trofei e premi conseguiti dal marito nel brillante percorso letterario, come segno dell’attaccamento che nel cuore il prof. Benedetto Di Pietro serbò sempre per l’amato paese natio.
Tale materiale, opportunamente censito dal fraterno amico Carmelo Faranda, per il quale si è interessato a farlo trasferire a San Fratello, sarà fruibile in un apposito locale a lui dedicato dall’Amministrazione Comunale nella biblioteca B. Craxi.

Nicola Bellitto
Carmelo Faranda
Ciro Reitano


Poesie e racconti nel galloitalico di San Fratello


PRESENTAZIONE

La presente antologia “Poesie e racconti nel galloitalico di San Fratello” del Gruppo Facebook, “San Frareu – Zzea parduoma u dialott dû nasc paies” è dedicata al prof. Benedetto Di Pietro, alla sua memoria… purtroppo, perché avremmo voluto che egli anche di questa, come della prima, fosse stato il curatore ed invece dal destino è stato prematuramente strappato ai suoi amori. Tra questi certamente c’era il paese di origine, San Frareu, il cui richiamo avvertì sempre nel cuore tanto da convincersi “che era un dovere fare qualcosa per salvare il dialetto delle nostre madri e che bisognava trovare un sistema di scrittura1”. Proprio in questa direzione ha rivolto l’attenzione di studioso riuscendo dopo approfonditi studi a crearlo ed a individuare le regole necessarie per la sua scrittura. Con ciò ha determinato uno straordinario impulso di nuove composizioni ed iniziative culturali, compresa la fondazione, da parte di C. Faranda, dello stesso Gruppo Facebook, di cui fu responsabile scientifico ed anche amministratore. Tutto ciò con l’unico precipuo scopo di far conoscere non solo il paese con le sue particolari tradizioni culturali, ma specialmente la sua parlata appartenente al ceppo galloitalico
Ed appunto in questo alveo si inserisce questa seconda antologia, opera corale di un nutrito numero di autori che vedono ora pubblicate in raccolta le loro creazioni letterarie, già apparse in ordine sparso sul sito del Gruppo.
Essa si compone di due parti: la prima, “In memoria”, comprende le ultime composizioni di amici paesani morti in questi anni; la seconda, “San Fratello nel paese e nel mondo”, quelle di quanti, vicini o lontani, hanno sempre caro il paese e con l’uso della sua lingua sentono il bisogno di affermare il senso della loro appartenenza. Comunque tutti tali scritti, come osservò lo stesso prof. Benedetto nella presentazione della sua opera Ô Frosch “vogliono essere memoria e sprone affinché si conservi la lingua, pur con le inevitabili modificazioni, come veicolo di informazione sul passato di San Fratello2”, costituendone veramente uno spaccato sui suoi usi e peculiarità.
Nella gamma dei generi letterari sviluppati si impongono i testi poetici seguiti da altri in prosa molto brevi a carattere aneddotico e più raramente da racconti di respiro un po’ più ampio che, talvolta, per la forma dialogica si configurano come lavori di teatro in nuce.
I temi, quasi sempre radicati nel tessuto etnografico del Paese, sono quelli che si intrecciano e si rivelano nel legame sentimentale profondo con i luoghi, nel mito del nostos, nel ricordo vivo della vita del tempo antico come quotidianità o memoria storica di avvenimenti gioiosi ricorrenti, le feste e le sentite tradizioni folcloristiche, o di eventi tristi, le frane, veri drammi di tutta la Comunità. In tale varietà tematica si alternano i registri del lirico, dell’ironico, del comico, del sarcastico, del dolente o dell’amaro e poi il didascalico della saggezza degli antichi od il numinoso che si svela nella poesia orante della Fede. Ne risulta il peculiare quadro della humanitas sanfratellana cui fa da specchio e collante la lingua galloitalica per l’apporto fondamentale del suo stile asciutto, essenziale, senza fronzoli e delle sue peculiari e gradevolissime sonorità.
Inoltre questa raccolta, sulla scia della precedente, delle numerose altre pubblicazioni e della quotidiana attività del gruppo, non solo si impone come testimonial dell’attaccamento dei Sanfratellani per la loro parlata, ma sancisce definitivamente che il Galloitalico di San Fratello, sebbene non abbia ancora ottenuto, nonostante le insistenti richieste, il riconoscimento ufficiale di minoranza linguistica, ha acquisito in realtà lo status di Lingua, capace di esibire, oltre alle origini antiche, alla pervicace resistenza di isola linguistica come idioma parlato, anche un consistente corpus letterario in costante sviluppo quantitativo e qualitativo.
Per il Gruppo l’antologia costituisce un traguardo significativo, risultato della sinergia di due fattori: da una parte la vena letteraria degli autori, che hanno risposto con sempre maggiore disponibilità e straordinaria inventiva e dall’altra il lavoro paziente, pur invisibile, dei curatori con lo scopo di raggiungere uniformità nella ortografia, mantenendosi fedeli al metodo ed allo “stile” del compianto professor Benedetto Di Pietro, esempio di intelligenza profonda, di moderazione forte e salda, di passione per la lingua dell’amato paese nell’interesse dei fruitori del Galloitalico.
È per noi motivo di orgoglio comunicare che con i proventi della pubblicazione di questa seconda antologia, così come già con quelli della prima si sono donati circa novanta libri alla biblioteca comunale “B. Craxi” di San Fratello, si cercherà di contribuire, per quanto possibile, alla sistemazione della donazione libraria della famiglia Di Pietro. I libri di tale donazione sono stati con grande perseveranza e cura inventariati dal fraterno amico Carmelo Faranda e già trasferiti presso la medesima biblioteca, in un locale interamente dedicato alla memoria del compianto prof. Benedetto.
Infine a noi sia permesso esprimere l’augurio che questa Antologia possa servire sia da occasione di confronto sereno sul tema dell’ortografia e sia da stimolo perché ogni Sanfratellano, riconoscendo nella propria parlata la sua identità, possa ulteriormente nobilitarla, col contributo di altre composizioni, e favorirne la divulgazione.

Nicola Bellitto
Carmelo Faranda
Ciro Reitano

1 AA.VV. Parole sanfratellane nel Web, pag. 11.

2 B. Di Pietro, Ô FROSCH, pag. 7.


NOTA SUL GRUPPO

Il Gruppo Facebook “San Frareu – Zzea parduoma…” a dieci anni dalla fondazione: finalità e risultati.
Il Gruppo Facebook “San Frareu – Zzea parduoma u dialott dû nasc paies” oggi, a dieci anni dalla sua fondazione, conta 3116 iscritti. Fu concepito per divulgare gli usi, costumi e tradizioni di San Fratello, tramite l’utilizzo della lingua quale collante tra emigrati e residenti, ma ebbe anche come finalità la riscoperta delle sue potenzialità culturali e produttive.
Ero pienamente convinto che così si sarebbero potuti riallacciare rapporti e risvegliare il senso di appartenenza tra i molti Sanfratellani sparsi nel mondo: sarebbe stato sufficiente una foto, un video, una parola in dialetto, per dare con i numerosi commenti ulteriore linfa all’antica parlata in parte snobbata dalle nuove generazioni.
In verità tutto ciò fu conseguenza del rapporto che, casualmente, io ebbi modo di instaurare col prof. Benedetto Di Pietro. Per la prima volta lo incontrai a Viggiù come relatore, assieme al prof. Orioles dell’università di Udine e al prof. Ferrario, in occasione del convegno su “Diaspore antiche e moderne. Galloitalici tra Nord e Sud”. Rimasi molto affascinato e mi emozionai non poco per l’entusiasmo con cui parlava del nostro idioma. Quando alla fine mi avvicinai per congratularmi per la interessante relazione, sentendo il mio cognome, affabilmente mi rispose: “Tu u sei chi nieucc suoma cusgì (tu lo sai che noi siamo cugini)?”. Da allora non ci perdemmo più di vista; ci sentivamo spesso al telefono, mi inviò alcuni dei suoi libri e tramite la loro lettura mi appassionai sempre di più alla nostra parlata, tanto più che da me era utilizzata quasi giornalmente con i miei suoceri anche loro emigrati dal paese.
Quando nel 2012, con altri amici sanfratellani residenti in Lombardia, decidemmo di organizzare al paese l’evento “Sanfratellani nel mondo”, toccò a me occuparmi della giornata dedicata al galloitalico. Ne parlai col prof. Di Pietro che si rese subito disponibile: l’evento riscosse notevole interesse. E, proprio in quell’occasione, mi balenò l’idea di fondare il Gruppo Facebook.
Consapevole dei miei limiti nel settore, ne parlai al prof. Giuseppe Foti, anche lui studioso del galloitalico. Egli apprezzò la proposta accettando di far parte degli amministratori e così pure il prof. Di Pietro che, sebbene in quel periodo fosse impegnato nella scrittura di un suo libro, accettò anche la nomina di responsabile scientifico del gruppo. Pochi mesi dopo anche il prof. Filadelfio Vasi entrò a far parte degli amministratori.
Così iniziammo a pubblicare poesie, racconti, foto del paese e delle feste. La novità piacque molto, tanto che ogni sera ci trovavamo a parlare in dialetto in quella che io avevo definito Piazza della Portella virtuale. Quindi invitai tutti coloro, che sapevo avessero scritto testi in Galloitalico, a trasmettermeli affinché il prof. Di Pietro li uniformasse al suo sistema di scrittura prima della pubblicazione nella bacheca del Gruppo. Iniziò così un’intensa attività di raccolta e pubblicazione tanto che talvolta non si faceva in tempo a revisionarli subito tutti. Giornalmente la bacheca era fonte di riflessioni, proverbi, argomenti di quotidianità paesana e, per renderla più interessante, abbinavo delle foto.
Nel 2016, per non disperdere tale prezioso patrimonio, ritenemmo opportuno raccogliere i testi più interessanti in una antologia dal titolo “Parole sanfratellane nel Web”. Con i proventi della vendita acquistammo e regalammo alla biblioteca “B. Craxi” di San Fratello circa 90 libri.
Purtroppo il 18 ottobre 2019, all’improvviso venne a mancare il carissimo prof. Benedetto Di Pietro, padre della scrittura sanfratellana, uomo di straordinaria saggezza, la cui assenza si avverte ancor oggi.
All’inizio del 2020 entrò a far parte degli amministratori il comune amico prof. Nicola Bellitto, di cui avevamo avuto modo di apprezzare l’attaccamento al paese e la passione per la scrittura galloitalica, avendo egli già pubblicato diversi testi. Fu sua l’idea di effettuare su Facebook corsi di scrittura sanfratellana; ne tenne due, seguendo il sistema del prof. Di Pietro, per avvicinare e incoraggiare alla composizione gli amici del Gruppo, anche col supporto di video realizzati appositamente ed inseriti in un canale pubblico Youtube.
Purtroppo, come succede nelle migliori famiglie, per divergenze varie il prof. Foti decise di dimettersi da amministratore.
Successivamente entrò a far parte degli amministratori un altro appassionato della storia e delle tradizioni sanfratellane, il carissimo amico dott. Ciro Reitano e con l’intenzione di allargare il gruppo dei responsabili sono stati nominati moderatori alcuni amici del gruppo, che hanno dato un notevole contributo alla quotidiana attività del sito: la prof. Maria Teresa Mancuso, l’insegnate Benedetta Mondello, la sig.ra Bettina Cortese ed il sig. Giuseppe Mazzullo.
La pubblicazione di questa antologia dedicata al nostro carissimo amico, prof. Benedetto Di Pietro, con i testi pubblicati successivamente alla prima, è solo uno dei tanti traguardi, raggiunti da questo gruppo che a tutt’oggi risulta essere l’unica “associazione culturale” che si occupa giornalmente della divulgazione del galloitalico di San Fratello.

Nicola Bellitto
Carmelo Faranda
Ciro Reitano


NOTA DEI CURATORI

Il Sistema ortografico adottato in quest’opera, ricalca con lievi modifiche quello della precedente antologia del gruppo “Parole Sanfratellane nel Web”, Montedit 2016, curata dal prof. Benedetto Di Pietro.
L’impianto teorico-scientifico del Sistema Ortografico, utilizzato nella scrittura delle composizioni contenute in queste antologie, è sicuramente migliore rispetto ai precedenti, anche se anch’esso perfettibile, come ammetteva lo stesso suo ideatore, il prof. Benedetto Di Pietro.
I curatori, per una più puntuale e meticolosa sua applicazione, proprio in ossequio al carattere di scientificità, si sono sentiti in dovere di intraprendere uno studio approfondito e metodico delle nozioni basilari di Linguistica generale.
Queste acquisizioni ed approfondimenti di varia natura hanno per loro costituito un più agile e preciso strumento di discussione, con l’auspicio che in futuro possa anche esserlo con quanti, fruitori e cultori, ne avranno interesse.
Dopo la puntualizzazione di certi elementi fondanti è stato possibile avere maggiore consapevolezza di quanto necessario per una conoscenza appropriata del Galloitalico: avere idee chiare e distinte della fonetica, della fonologia per pervenire alla comprensione della corretta ortografia del Sanfratellano.
La collaborazione è stata fattiva ed in sintonia, nel rispetto delle “posizioni” di ognuno, specialmente in occasione di scelte “sofferte”, facendo prevalere il criterio della ragionevolezza e del buon senso al fine di ottenere decisioni unificanti e condivise.
La costante riflessione su tale sistema ortografico ha fatto riscontrare qualche diversità di vedute cui si pensa di aver posto rimedio con semplici accorgimenti. Ad esempio, con l’uso dell’accento grave sulla “i” in posizione finale del monosillabo “chi” si è voluto disambiguare le pronunce [kə] e [ki], e, con l’utilizzo dell’accento circonflesso nelle forme contratte degli aggettivi possessivi mî, tî, sî per distinguerle dai pronomi personali mi [mə], ti [tə], si[sə] e con l’adozione di altre regole per il segnaccento.
È sembrato inoltre utile, al fine di comprendere ed agevolare l’uso del nuovo sistema di scrittura, riproporre le note fonetiche che il prof. B. Di Pietro era solito inserire nelle prime pagine delle sue opere.
Infine si ringrazia quanti locutori, lettori e cultori vorranno segnalare eventuali sviste, errori contingenti e financo contraddizioni ma, ancor di più, quanti con la loro adesione renderanno questo sistema di scrittura sempre più idoneo ed unificante nell’attuale varietà di scritture del galloitalico di San Fratello. Tutto ciò perché fortemente consapevoli che bisogna anche focalizzare le cose più semplici perché, pur apparentemente più facili, in realtà più difficili, ricordando con ciò il consiglio di Tommaso d’Aquino nell’incipit del suo De ente et essentia: “…quia parvus error in principio, magnus est in fine” (…poiché un errore piccolo in principio può diventate grande alla fine).

Nicola Bellitto
Carmelo Faranda
Ciro Reitano


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