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Antologia del Premio letterario Il Club dei Poeti 2014
Sommario
Prefazione a cura di Alessandra Crabbia – Albo d’oro del Concorso – Rosa Annunziata – Sergio Baldeschi – Giuliana Bertolusso – Cinzia Bianchi – Margherita Bonvicini – Marialuisa Bottazzi – Fabrizio Bregoli – Raffaela Camiscia – Tommaso Cevese – Giovanni Cherubini – Benvenuto Chiesa – Alice Cislaghi – Susanna Ciucci – Angelo Maria Consoli – Loretta Conte – Laura Corsi – Francesca Croci – Chiara Ferrara – Merville Ferrari – Vincenzo Filannino – Emanuela Gelmini – Domenico Giuffrida – Lidia Lascari – Chris Mao – Calogero Mazza – Daniele Neri – Angela Oliva – Michele Paganelli – Liliana Paisa – Rocco Pedatella – Carmine Perlingieri – Maria Teresa Piccardo – Franco Pistono – Sonia Poretti – Rossella Priolo – Simone Romagnoli – Rita Romeo – Cristina Rulfi – Aldo Sarraco – Federica Tombari – Stefano Tonelli – Fulvia Vicentini – Gino Zanette – Filippo Zucchetti
Prefazione
È straordinario lo slancio mistico, celeste e graffiante che in ogni epoca, per quanto violenta e drammatica, s’innalza ribellandosi all’oggettificazione dell’uomo, alla reificazione dei suoi sentimenti, alla massificazione dell’individuo, e alla conseguente tristezza d’essere.
Questo cupo esistenzialismo, diviene comune a tutti coloro che tentano di volare oltre le categorie sociali e mondane così logistiche e aride, quasi feroci, e trova il suo catartico dispiegamento nella poesia, che è in verità lo strumento di difesa dalle disillusioni dell’anima, dai soprusi dei tempi, dalla consapevolezza della terribile e temibile assenza dei valori umani.
Per il poeta, l’assurdo di esistere senza poter condividere il suo slancio con il mondo intero, si trasforma in un solipsismo creativo, nel quale l’artista può con disperazione ricontattare quella stessa ideale speranza che lo tiene in vita.
Mai come in questi tempi ciò si verifica.
Nelle tempeste e nelle bonacce della vita, la musica delle sfere celesti, confina il poeta nell’esilio onirico che poco è letto dalla società, avida di sensazionalismi, e di assurde panacee per risolvere i suoi mali.
Noi, noi poeti, ci sentiamo travolti da ciò che è avulso dalla nostra natura sconfinata, prigionieri della nostra stessa bellezza fiammeggiante, mai appagati, pronti a tutto pur di gridare l’amore, la realtà quasi carnale della nostra essenza, e ci rivolgiamo al passato, alla natura, all’iperuranio, all’eden perduto, per tentare di ripristinare una gioia sommessa, tenace, costante e imperitura.
I poeti sono testardi, i poeti sono ostinati, né cessano mai di gettare le loro parole d’oro ed ebano, i loro versi teneri e rudi verso altissimi muri di cemento, che tuttavia sono colpiti dai loro strali, dai loro fulmini e dalle loro risate.
La loro resurrezione è continua, e vivono i loro versi, come direbbe Pasolini, «amando disperatamente la vita…».
Nulla quindi può oscurarli: ci sarà sempre una lampada accesa accanto alle loro penne che scivolano sui loro inferni e sui loro paradisi, irridendo i loro tormenti, ci sarà sempre una donna da cantare, un luogo indimenticabile da narrare, un amore morto da celebrare.
Ognuna delle poesie in visione potrebbe esser stata la vincitrice, perché sono tutte intrise di gioia, ardimento, afflato universale.
Forse è l’inenarrabile fato a decidere le sorti umane.
Ho scelto come criterio le più incisive e meno criptiche, perché il loro messaggio arrivasse a tutti noi come una freccia.
E vi chiedo come in una preghiera, di continuare, poeti, nemici alati di questo non-cielo, di questa non-vita, messaggeri del migliore dei mondi possibili, come direbbe Leibniz.
E questo è il mio augurio: che la noia e lo sconforto non vi consumino, ma vi spingano altresì a levare il vostro canto ancora più in alto, attraversando le traiettorie celesti, con tutto il coraggio e l’amore possibile.
La vostra
Alessandra Crabbia
Presidente della Giuria del Premio Sezione Poesia
Albo d’oro della diciottesima edizione del Premio Il Club dei Poeti 2014
La Giuria della XVIII Edizione del Premio di Poesia Il Club dei Poeti 2014, presieduta da Alessandra Crabbia per la poesia e da Massimo Barile per la narrativa, rende noti i risultati:
- Opera 1^ classificata: «Sibilla» di Alice Cislaghi, Busto Arsizio (Va). .
Questa la motivazione della Giuria: «Ispirata a Sibilla Aleramo, la grande pasionaria, che tutto rischiò per la libertà femminile e il suo diritto all’éros e alla libertà culturale, in tempi in cui la donna era relegata a un ruolo esclusivamente muliebre e materno, questa lirica esalta l’amore, ma il testo è solo parzialmente erotico. In esso si legge la sconfinata libertà dei corpi, divenuti quasi frammenti spirituali, gloria dei sensi delicati, furore ludico e impudico, che termina con la celestiale frase “…di libido privo”, quasi a voler confermare il nudo candore, la santità del corpo, la richiesta di una passione sublime che renda il corpo incorporeo, e l’anima di carne. L’assenza dell’amato nulla toglie a questo desiderio: tutto diventa reale al magico dispiegarsi di queste rime, che hanno in sé un’antica potenza rinascimentale. In un gioco di luci e ombre, di specchi e riflessi, emerge il femminile, selvaggio e beatificato. Bellissima». Alessandra Crabbia
- Opera 2^ classificata: «Mai stato disteso…» di Cristina Rulfi, Mondovì (CN).
Questa la motivazione della Giuria: «L’amore incompreso, assetato, incapace di resa, e anche ferito, palpitante, avido, descritto come ardente male: “…La febbre di te addenta, è ferina, ma non indica il luogo dove tu mi sleghi. Conduce alla soglia oltre cui spaventa l’arsura…”.
È anche l’amore nostro, mille volte provato e inseguito, mille volte non tornato. Le liriche sublimi di Saffo, Foscolo, Goethe, hanno cantato questo strazio e questa fame di futuro, di passione, in un disperato tentativo di rivivere l’amato dentro le stesse parole amare.
I pazzi, le femmine in estro dal ventre afoso, dice la poetessa, meritano l’addio solitario, “ al calarsi in gola quel grido di sabbia”. Poesia divorante, colta, che ci fa vivere il furioso splendore dell’inesorabilità». Alessandra Crabbia
- Opera 3^ classificata: «Luna» di Aldo Sarracco, Fragneto Monforte (BN).
Questa la motivazione della Giuria: «È questa una rammaricata poesia sulla fragilità maschile, che scorge la labilità del suo tempo, l’impermanenza feroce della vita sotto una falce di luna.
“…Mi strappa la speranza dalle mani, d’autunno i fiori sbagliati recide, nati senza aspettare la rugiada, e poi la lama feroce divide…”. E insieme a questa constatazione, si evince l’inganno del non esser mai riuscito a effondere l’amore spontaneamente, prigioniero dei diktat maschili: “…non sai piangere ormai, povero fesso…”.
Come in un notturno di Chopin, si snoda la trama malinconica ed eterea di questa poesia, per poi chiudersi, con un mirabile arpeggio finale: “ …Se non basta la vita per vivere, neppur basta la morte per morire”. Lirica meravigliosa». Alessandra Crabbia
- Opera 4^ classificata: «Impasse» di Francesca Croci, Predazzo (Trento).
Questa la motivazione della Giuria: «È pur vero che l’esistenza di una poetessa, attraversa ostacoli insormontabili, nella stessa bieca quotidianità, che la sua struttura femminile e ribelle come Lilith, è stigmatizzata e demonizzata dai più, e osteggiata dall’ignorare altrui.
“… Che cerchi sempre lo splendore dentro il mostro, che hanno deciso che il mostro sei solamente tu”.
La poetessa qui muore della sua stessa agonia, consapevole che per la sua natura antesignana nessuno mai sarà in grado di salvarla ma neanche di finirla. L’estetica del fallimento, dei vinti, è qui l’estrema rivolta contro l’aberrazione di un mondo senza gioia e follia. La solitudine del poeta è la fonte stessa della divina poesia». Alessandra Crabbia
- Opera 5^ classificata: «Gli anni» di Fabrizio Bregoli, Cornate d’Adda (MB).
Questa la motivazione della Giuria: «Lo scandire crudele delle ore, lo scorrere inesorabile degli anni, afferrerà tutti noi nel suo impietoso vortice, come il poeta, che passando presso la casa di un’anziana morente, la descrive con precisione metallica: “…la scalinata di cemento, le vetrate sporche di pioggia, le tapparelle giallognole, lacere, sempre abbassate… nel suo letto nella penombra d’un riposo imposto…”.
Ed è lacerante e sublime il particolare di questa morte imminente: “…un dalmata di porcellana le fa da guardia…”, quasi a indicare la fragilità dell’essere umano dinanzi alla morte, nella sua quotidianità spettrale.
Un giorno futuro, un altro passerà presso le finestre del poeta morente, come lui passa sotto di quelle, “…e anche lui, forse, si porrà grazie a te, le stesse domande”». Alessandra Crabbia
- Opera 6^ classificata: «Occhi di pesca» di Filippo Zucchetti, Perugia (PG).
Questa la motivazione della Giuria: «Ognuno può in questa poesia dare un senso suo, interpretarla come feroce uccisione della propria innocenza, sospensione consapevole della coscienza, crudele decisione di far morire la propria infanzia, di sopprimere il candore della fiducia, per non soffrire più, per non patire di quell’esistenza “…Piena di sale, che sparso nel mio taglio provoca atroce dolore…”. Sostanzialmente la violenza verbale è ritmata da una forza brutale e poderosa che sgomenta: la bellezza è quasi assassina di se stessa, e ci lascia soli in un’oscura meditazione». Alessandra Crabbia
- Opera 7^ classificata: «La vita» di Gino Zanette, Godega di S. Urbano (TV).
Questa la motivazione della Giuria: «L’esistenza è qui rappresentata con l’amarezza dei poeti latini.
L’Ade, eterno buio del non essere contrapposto all’essere, incombe minaccioso. Catullo docet: nessuno può scampare alla fine irriducibile, alla macabra sentenza della fine.
Nulla possono la rabbia, o il declino che indaga ancor di più sul significato della morte: “…E guarda la sogghignante luna che impavida resta impiccata al parafulmine della sua casa vuota”. Una danza oscura è la vita, e ancor più oscura la morte beffante». Alessandra Crabbia
- Opera 8^ classificata: «Ossimoro» di Fulvia Vicentini, Bergamo (BG).
Questa la motivazione della Giuria: «È questa una brevissima poesia, capace in sette versi di esprimere l’assoluta interdipendenza tra gli opposti, il loro viaggiare in entrambi i sensi, in cerca di significato e salvezza.
La stessa materia di cui la paura è fatta, è ciò che elargisce la vita, yin e yang inseparabili e uniti, diversi, ma con la stessa energia. Se si teme che il ghiaccio si rompa, l’acqua di cui è composto ci sorregge pietosa». Alessandra Crabbia
- Opera 9^ classificata: «Viola è l’attesa» di Emanuela Gelmini, Manerba del Garda (BS).
Questa la motivazione della Giuria: «Il colore dell’attesa, è quel viola incerto e alternante che soggiorna tremante nell’ansia abbagliante di rivedere l’amato.
Quel viola che rivela ferite aperte, che pulsa nelle vene, che diventa suono, pelle, timore. L’appartenenza sconfinata è viola, nel dolce-amaro dei sensi incantati e imprigionati, schiavi d’amore». Alessandra Crabbia
- Opera 10^ classificata: «Il Male» di Stefano Tonelli, Milano (MI).
Questa la motivazione della Giuria: «L’elaborazione del male della vita, è un dilemma shakespeariano che non lascia scampo. Ogni forma vivente è in transito in un groviglio dolente: “Strazia il mio cuore quella goccia dell’universo di lacrime e sangue che deve fecondare il fertile terreno della Vita…”.
Vita con la maiuscola, vita che spera, che lusinga, perché “…non può essere solo una cieca mattanza, un orrore furente, una divina latitanza”. Tutti noi siamo eroi, perché viviamo sapendo di dover morire, e al tempo stesso di essere esposti ai destini funesti. Tutti noi siamo urne piene di soave coraggio». Alessandra Crabbia
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