Passione amorosa

di

Angelo Passera


Angelo Passera - Passione amorosa
Collana "Le Schegge d'Oro" - I libri dei Premi - Narrativa
14x20,5 - pp. 156 - Euro 13,00
ISBN 978-88-6587-5087

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Pubblicazione realizzata con il contributo de IL CLUB degli autori in quanto la silloge è finalista nel concorso letterario J. Prévert 2010


I veri protagonisti della passione amorosa vivono l’amore in maniera devastante. L’amore crea emozioni, le rende vere e sul più bello le dissolve. Angelo Passera sembra voler entrare nella psiche dei protagonisti per carpire le più sottili emozioni e vivere in modo partecipe i loro drammi. Molti sono i personaggi che vivono questa passione, la rendono parte di se stessi, nella gioia, nel dolore e nella maternità. Questo fuoco arde nei loro petti, basta un’illusione per sollecitarla e cresce, cresce a dismisura. Non c’è fuoco, né gelo, tale da sfidare ciò che una donna può accumulare nel proprio cuore, perché è come un canto immortale con il suo calore fluttuante e febbrile. Le disgrazie dei protagonisti struggono l’animo, lo rovesciano da destra, a sinistra, fino a quando la ragione prenderà il sopravvento, subentrerà allora l’equilibrio della rassegnazione, che li porterà a rialzarsi e a scoprirsi dentro.

Ago1958


Passione amorosa


Spirito ribelle

Lo spirito ribelle di Francesco lo indusse ad abbandonare la terra alla ricerca di fortuna.
Nonostante le ripetute e insistenti preoccupazioni dei genitori, volle lasciare il certo per l’incerto, lo annoiava la routine quotidiana, voleva avere un futuro tutto suo.
“Si vive una sola volta,” soleva ripetersi.
“Voi avete vissuto la vostra vita, io voglio vivere la mia, non m’importa se domani farò l’accattone, voglio crearmi un futuro tutto mio e vedrete che il tempo mi darà ragione.”


La famiglia di Francesco

Dispiaciuti, a malincuore, i famigliari accettarono la sua volontà, consapevoli che un loro eventuale diniego avrebbe potuto destabilizzare la già precaria situazione familiare. Figlio unico e in quanto tale erede della più grande azienda agricola del pavese, non volle avere il benché minimo ripensamento, ormai la decisione era presa ed ora non restava altro che dare attuazione ai suoi propositi. Il padre Carlo Viola non riusciva a farsene una ragione al pensiero di aver perso il figlio e all’eventuale vendita dell’azienda per una modica cifra perché, ben si sa, quando si è costretti alla cessione di un bene si subisce il deprezzamento dello stesso. La madre Benedetta Colli, dopo qualche periodo di sbandamento, aveva accettato la decisione drastica del figlio, che era a suo modo di vedere pure ammissibile, in quanto il cammino ognuno se lo deve tracciare, così adesso pensava “vivere nell’agio ci agevola, ma la vita è tutta un’altra realtà, qui le difficoltà sono all’ordine del giorno e solo chi ha nervi saldi e spirito di sacrificio riesce ad uscirne fuori.”


L’addio di Francesco

Fino all’ultimo il padre cercò di farlo desistere da quella decisione, ma lui ormai era inamovibile, così, all’età di ventuno anni, salutò il suo bel paese, Alberobello, la sua splendida dimora e incominciò la sua avventura in America.
“Vedrete andrete fieri di me, il futuro mi sorriderà,” furono le sue ultime parole, mentre i suoi genitori rispondevano all’unisono, “Lo siamo già adesso.”


Prime difficoltà

Con un discreto gruzzolo di denaro, un diploma stiracchiato di tecnico pratico operativo e un grande dispiacere nel cuore dei genitori, incominciò così la sua avventura americana. In breve trovò una casa in affitto, dopo di che si buttò a capo fitto alla ricerca di una sistemazione e con un gran colpo di fortuna, in quanto quel giorno alla prova di colloquio non si era presentato nessuno, trovò lavoro come spazzino, mansione che sicuramente gli avrebbe dato modo di comprendere cosa volesse dire la parola sacrificio. Si alzava la mattina presto e fino a sera tardi non rincasava, ma la forza di volontà era tale che avrebbe smosso il mondo. I primi giorni furono durissimi, per lui che era abituato ad alzarsi quando il sole incominciava a battere in maniera insistente sulle persone, lui che vedeva nell’azienda del padre la sua fonte di benessere, che aveva sempre le tasche piene senza mai fare niente e provocando spesso, a sua insaputa, l’ironia da parte delle persone che lo circondavano, ma tutto questo non lo spaventò. Con un’incredibile forza di volontà riuscì persino a frequentare dei corsi serali, prendendo sempre più padronanza con l’inglese e in breve tempo fu in grado di comprendere la nuova lingua e di parlarla anche in maniera discreta. La sua vita cambiò radicalmente quando incontrò sul suo cammino la donna che avrebbe, poi, dato uno scossone alla sua esistenza.


Tania

Come un lampo a ciel sereno entrò in maniera perentoria nella sua vita una donna che cambiò il suo modo di pensare, era la sua prima grande storia importante. Tania Pozzo rappresentava tutto per lui, il sole, le stelle, la vita. La casualità li fece incontrare in un giorno afoso d’estate, quando la stanchezza del ragazzo aveva toccato il culmine, le strade erano piene di polvere ed il suo viso era diventato una maschera di sudore, ma gli occhi di lei limpidi e azzurri sprigionavano mistero e infinita dolcezza. La sua voce mielosa sembrava adirata dalla polvere che si sollevava e l’attenzione di Francesco fu subito catturata da quel corpo sinuoso ed elegante, la guardava con insistenza e lei sentendosi osservata ricambiò con un sorriso, aveva fatto colpo ed ora non gli restava che sapere di lei.


Primo amore

Pensò bene di accordarsi con un suo compagno di lavoro che si sarebbe assentato per una mezz’oretta, adducendo quale motivo che aveva una commissione importante da sbrigare. L’impegno era scoprire dove abitava la ragazza e non ci mise molto perché risiedeva ad un centinaio di metri dal quel posto, in un gran bel quartiere residenziale. Con sua grande sorpresa rimase esterrefatto allorché scoprì che lo stava aspettando e che fingendosi stizzita, all’improvviso gli rifilò un gran bel scappellotto. Sorpreso, la strinse tra le sue braccia, la baciò e lei ricambiò con grande sollievo, quasi non aspettasse altro, poi, senza proferire parola alcuna, si allontanò. Rimase perplesso quando venne a sapere che erano già diversi giorni che frequentava sempre la stessa strada, ma mai, neanche una volta, era riuscito a catturare la sua attenzione. Strana la vita, era bastata un po’ di polvere per dare l’avvio a quella storia importante.


Una storia importante

Lui che era sempre stato irascibile, scontroso, triste e solitario, si sentiva improvvisamente solare e pieno di vita e avvertiva soprattutto il desiderio di vivere con quella persona accanto. Uscirono spesso la sera e ogni volta scopriva dei lati particolari del suo carattere, a volte risultava dolce, piena di vita, espressione di quella calma e tranquillità da lui sempre ricercata, altre volte appariva scontrosa e senza un benché minimo motivo si alterava.


Un mestiere nobile

Doveva conoscere se stesso e proprio quel lavoro rappresentava un banco di prova adatto a comprovare le sue reali capacità.
“È un mestiere nobile il lavoro dello spazzino, consiste nel ripulire le case e le strade del sudicio che produciamo, nel rendere meno brutta e meno infetta la nostra esistenza.
Stupidi e ingrati coloro che usano in senso dispregiativo la parola spazzino, che non capiscono quanto questi operatori siano straordinari e preziosi. Moriremmo di puzzo, di vergogna e di peste senza di loro, una città con pochi e cattivi netturbini è un covo di veleno e di morte, una barbaria fisica e morale” e a New York nessuno voleva fare lo spazzino.
I pochi che accettavano di farlo lo facevano per la gioia dei topi, delle mosche e dei cani randagi. Raccoglievano il sudicio alla rinfusa, rompendo i sacchetti dove stava racchiuso e svuotando male i bidoni, lo buttavano svogliatamente sui camion perdendone mezzo contenuto per strada, lo rovesciavano in buche scavate a fior di terra, dove lasciavano ad ammorbare l’aria già putrida di miasmi. Francesco, invece, lavorava in maniera tale che tutto procedesse per il verso giusto, scopava sempre sia vicoli che marciapiedi, sturava le fogne, non rompeva mai i sacchetti. Era insomma un bravo operatore, un netturbino che faceva il proprio mestiere con orgoglio e con scrupolo, perché così operando gli pareva di essere un medico che cura le malattie e che la sua scopa fosse uno dei farmaci necessari per sanare la città.


Il giorno del loro primo incontro

Dopo quel giorno e quel dolce e tenero abbraccio, Francesco e Tania incominciarono a frequentarsi sempre più assiduamente.
Rimane ancora, adesso, impresso nella sua mente il ricordo del loro primo incontro, quando doveva ancora arrangiarsi con la pronuncia del suo inglese, considerato che erano ancora poche le volte che seguiva quel corso serale,
“What is your name, come ti chiami?”
E lei, “Tania.”
“What do you read, che leggi?”
E lei, “I study, studio.”
“Wat do you study, che studi?”
E lei, “Architecture.”
Era rimasto di stucco perché una cosa è abbordare una sciacquina qualsiasi e cosa ben diversa è avvicinare un’intellettuale, una che studia Architettura; tuttavia e senza dimostrarsi intimorito le aveva chiesto: “What do you like to go out whit me, ti piacerebbe uscire con me?”
E lei: “Are you maried, are you engaged, sei sposato, sei fidanzato?”
Parole che gli avevano tolto il respiro.
“Sposato, fidanzato?”
Non aveva mai avuto nessuno lui, con i bei giovanotti che ci stavano in giro, nati e cresciuti in città, chi si curava di un taccagno nato e cresciuto in mezzo alla campagna, cioè di uno che sull’amore del corpo ne sapeva meno di Maria Vergine. La gente è convinta che tutti sappiano tutto di tutti, invece no, sull’amore, uno come lui, nato e cresciuto in mezzo alla campagna sapeva soltanto quello che sentiva trapelare dalle persone, che con un po’ di spacconeria dicevano di essersi portati a letto le donne di mezzo paese. A vent’anni lui non aveva ricevuto ancora nessun bacio e quello era stato il primo, per giunta inaspettato. Risero a crepapelle quando scoprirono che ciascuno di loro sapeva parlare bene l’italiano, perché pure Tania era nata in Italia e si era, poi, trasferita in America con i suoi genitori per motivi di lavoro.


La fatidica notte

Quella sera gli sembrava particolarmente bella, con quei meravigliosi occhi neri, quelle meravigliose mani d’avorio e quella voce di velluto che ipnotizzava. Con quel corpo di giunco, con quei lineamenti da fata, con quella pelle color ambra e quei capelli neri, il nero dell’ebano, lunghi fino alla cintura, gli appariva come una bella statua greca. Quella sera comprese che la forza della passione supera ogni ostacolo, quella sera scoprì il suo corpo, il piacere dei sensi e la consapevolezza di sentirsi desiderato. Quella sera, in riva al mare, per non sciupare repentinamente l’amore spirituale e illibato, si erano messi a cercare le conchiglie, trovarono, invece, un sasso a forma di cuore e mentre lo osservavano un’onda investì Tania bagnandole tutto il golfino. Non aveva nulla sotto il maglioncino, nemmeno il reggiseno e a vedere quel bellissimo corpo, ormai seminudo, un improvviso calore divampò nel suo cuore, lentamente le si avvicinò, la attrasse a sé e i loro corpi divennero un tutt’uno, in un attimo conobbe il linguaggio dell’amore.


Un’infanzia infelice

Tania era nata in Italia, in un paesino in provincia di Cremona, Pizzighettone, e per ragioni di lavoro la famiglia si era trasferita a New York. I genitori persero la vita quando lei aveva solo quindici anni e venne aiutata ad uscire dallo sconforto dai nonni paterni, che dirottarono tutte le loro attenzioni su di lei, tant’è che riuscì a diplomarsi in lingue straniere e più in là a superare il provino d’ingresso per accedere alla facoltà di Architettura.
Le poche amiche che aveva la consideravano una ragazza timida, che sotto l’espressione un po’ accigliata nascondeva un animo buono.
Quando conobbe Francesco frequentava l’Università ed aveva già sostenuto diversi esami, superati tutti a pieni voti, ma la vita, a volte, riserva delle sgradevoli sorprese e nell’arco di un anno morirono di infarto, dapprima il nonno e successivamente la nonna dal dolore per aver perso il proprio compagno.


Estremo dolore

La conoscenza di Francesco, un po’ imbranato e un po’ burlone, le aveva consentito di pensare in maniera meno assidua a quanto le era nuovamente successo, così dapprima per scherzo, poi per amore, si era invaghita di quel ragazzo un po’ fuori dal mondo.
Dopo quella magica notte Tania incominciò ad avvertire malesseri vari, dapprima al ventre, poi alla schiena e poi dolori a tutte le ossa, spesso accompagnati da conati di vomito, che continuavano a susseguirsi nell’arco della giornata, ma nonostante ciò teneva il dolore solo per sé, non voleva che nessuno si accorgesse del suo stato di sofferenza, non voleva rendere partecipe nessuno dei suoi malesseri, nemmeno l’unica persona che le voleva tanto bene.
Spesso la sera non se la sentiva di uscire perché sosteneva che doveva preparare un esame molto difficile ed aveva bisogno di tenere alta la concentrazione, ma tutto questo durò sino a quando il suo corpo non negò più l’evidenza, era incinta da almeno tre mesi, e solo adesso lui capiva i motivi dei suoi ripetuti dinieghi e solo ora si sentiva più che mai imbranato.
Lei aveva, naturalmente, abbandonato l’Università perché voleva far crescere il loro bambino con le massime attenzioni, voleva dare tutta se stessa per quella sua nuova vita e calarsi a pieno nel ruolo di mamma. Lui si dimostrava più che mai premuroso e appena terminato il lavoro si involava velocemente dalla sua compagna, l’accondiscendeva in tutto, la ricolmava di regali, di leccornie, di tutto ciò che la facesse sentir meglio.
Qualcosa, tuttavia, non tornava, troppe volte si rinchiudeva in bagno e per diverse ore non ne usciva, troppe volte la vedeva alterata per qualcosa che non comprendeva. Tania sentiva delle strane voci che le ronzavano insistentemente nella testa, si sentiva depressa senza capirne il motivo, proprio adesso che il loro cammino avrebbe dovuto essere in discesa. Strana la vita, quando ti sembra di volare ti rendi conto che non riesci nemmeno a camminare. A furia di insistere, riuscì a convincerla a consultare un ginecologo, che appena la vide si mostrò subito preoccupato, tanto da decidere di sottoporla subito a tutta una serie di esami, che comprovarono la presenza di una situazione di rischio, sia per lei, che per il nascituro, non più procrastinabile, tanto da richiedere un intervento chirurgico immediato, che lui stesso pensava potesse essere risolutivo, ma, purtroppo, le strade della vita seguirono un altro inesorabile percorso, sorsero complicazioni che portarono prima alla perdita del piccolo nascituro e poi alla morte della stessa Tania e fu così che diede addio alle due più grandi gioie della sua vita, triste e inesorabile esistenza.

[continua]


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