Apeiron

di

Andrea Violi


Andrea Violi - Apeiron
Collana "Le Schegge d'Oro" - I libri dei Premi - Poesia
15x21 - pp. 52 - Euro 7,80
ISBN 88-8356-659-9

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Pubblicazione realizzata con il contributo de IL CLUB degli autori in quanto l’autore è finalista nel concorso letterario “J. Prévert” 2001


Prefazione

Raffinata raccolta di poesie che risale a qualche anno fa, precisamente al 1998, nella quale ancora una volta Andrea Violi offre generosamente e delicatamente, quasi porgendola su un vassoio dal gusto classico, la sua poesia sempre intarsiata di superbe incertezze, di immersioni nell’inconscio, inesprimibili angosce quasi si trovasse in meditazione in una personalissima stanza dal vago sentore metafisico.
La continua elaborazione di quelle atmosfere (dominate dal silenzio e dai giochi di luce, dalla visione di ombre malinconiche e dalle immagini lontane rischiarate appena da spiragli misteriosi) non è altro che la ragione del viaggio in una vita complicata e feroce nella quale il poeta consuma immobile / folate / di energia corrosiva. In quel lento camminare in pungenti pomeriggi autunnali può capitare che il vento della vita sparga e scompigli le carte da gioco o surrealmente che pachidermi calpestino omelettes e panna montata, farfalle della sera si arrampichino distratte sui grattacieli di vetro o auto senza freni inibitori scendano in retromarcia tra giardini e labirinti di città abbandonate e paesi favolosi: visioni della follia, luoghi inesplorati, deserti da indagare, dedali da percorrere alla ricerca di una via d’uscita come ogni giorno la mente del poeta ostinatamente tenta di fare.
L’uomo sbatte incessantemente contro i muri della quotidianità come la pioggia che scivola e scorre, l’uomo non conosce ciò che lo aspetta tra le pieghe del destino e in un mare infuocato / di sogni e desideri si trova a navigare cercando di evitare la deriva e nel contempo in questo lungo e tormentato viaggio cercar di strappare ore di vita / con le unghie e con i denti: la direzione viene indicata da una stella splendente, da un cristallo luminoso, dall’amore di una donna e dal suo sorriso forse uniche ragioni del viaggio fino a scrivere esiste un limite/oltre il quale/l’amore diventa follia.
Senza vane attese, false speranze o sogni destinati a frantumarsi ecco un uomo, capace di infinite dolcezze e spietati preavvisi, ancora desideroso di vivere e portare in luce, ora e sempre, le richieste di un amore che non conosca mezze temperature.
La sua parola dissimula, sovverte e conquista, colpisce al cuore, a volte si dilegua ma sempre riaffiora più incisiva di prima tra miraggi metafisici, spettri visivi, vuoto pneumatico o spesso velo di polvere sulle superfici in una metamorfosi sempre in agguato. Raffinato nei segnali poetici, rinserrato nelle consuete armonie e malizioso di quel ghigno luciferino, infuocato dalla passione di una sensibilità ferita e capace di trasformarsi in una cascata di dolcezze ben consapevole che nulla si trascina in eterno / contro le leggi degli dei.

Massimo Barile


Apeiron


Aria


Il faro

In capo al mondo
sto,
immerso nell’inconscio
a ruotare
senza volere
luce da emanare,
senza aspettare
navi ad attraversare,
senza credere
nei quarti di luna.
Seduto
non sogno
ma aspetto,
e il giorno
prima o poi
si farà applaudire
dalle mani chiare
e dalle ciglia nere,
dai quattro venti
e dai miei sentimenti
che appesi ad un filo
vedo
e non so dove portare,
finchè la notte
rimane così fredda.
Assesterò
un pugno
al centro
delle mie
superbe incertezze,
ed io
o loro
usciremo
ancora vivi.


31 OTTOBRE

Il pomeriggio
si specchia
in un lago opaco di luce,
disseminato
di foglie variopinte
gettate
come carte da gioco
dal vento mazziere.
È già l’ora
delle lampade,
i cinguettii
risuonano strani
e inattesi,
un tenue tappeto
di violini
rischiara
e accompagna
lo spirito.
In lontananza
il silenzio.


LA SALITA

Nella mente percorro
la lunga teoria di tornanti,
il vento a sferzare il viso,
qualche volta la pioggia
a sciacquare il parabrezza,
e l’arrivo come un’ossessione,
per ammirare in un momento
tutte le ragioni del viaggio
nel sorriso di una donna.


OASI

Amo
camminare
nel parco deserto
dei pungenti pomeriggi autunnali,
avvolto più
nelle pagine di un libro
che nel mio cappotto,
rimandando
di momento in momento
il risveglio
e il ritorno.


DIARIO DI UN PAZZO

Esiste un limite
oltre il quale
l’amore diventa follia.
Il tempo trascorso
lontano dai suoi occhi
è un’inutile agonia,
un assurdo spreco.
Il giorno più radioso
vale quanto
la notte più buia,
i suoni, le voci del mondo
formano un coro distante,
attutito.
Nessuno può comprendere,
nessuno è così poco saggio,
sciocco, ingenuo.
Ma non importa.
Non importa.
E sospeso fra
un tramonto
ed un’altra aurora
non chiedo
al destino
se non l’occasione
di incontrare
il suo sguardo,
ancora e sempre.


Come un falco
in rapidissima picchiata
arriva a sovrastarmi
l’incertezza,
compagna fedele
delle menti accese
e malinconiche.
Furioso
contro questa vita
complicata e feroce
consumo
immobile
folate
di energia corrosiva,
sprigionata
dalle trappole
del caso.
Mi chiedo
se possa aver fine
di fronte all’amore
l’assurda
finale
incomprensione
degli esseri umani.


UNA VACANZA

I pachidermi
in fila indiana
calpestano omelettes
e panna montata
su sentieri tracciati
con matite spezzate
e linee di sangue bruno.
Le farfalle della sera
si arrampicano distratte
sui grattacieli di vetro
della città abbandonata,
o si gettano
nelle bianche mongolfiere
che solcano il cielo grigiazzurro.
Le automobili
senza freni inibitori
scendono in retromarcia
tra giardini e labirinti
di un paese favoloso
e folle,
come la mia mente
e la mia vita,
almeno mi auguro.


Una morbida, sorniona,
indolente serata
trascorsa
da una brezza
fresca e promettente
si scioglie e scorre
tra le pareti immobili
e gelose
dei monti verdi sdraiati.
Lievi profumi
e luci leggere
rasserenano
i pavimenti e i cuori,
gli uomini e le case
allo stesso modo.
Sulla soglia sottile
a separare
l’estate e l’inverno
si aggira
una sagoma bruna
affascinante ed ombrosa
che sempre
mi lascia a bocca aperta,
che sa accarezzare
o mollare ceffoni
come nessun’altra,
che si avvicina e si allontana
mille volte al giorno,
che mi farà morire
con un sorriso.


ACQUA


GOCCE

La pioggia scroscia
e batte
sull’asfalto,
scivola e scorre,
rotola,
ingombra la notte
col suo fruscio,
sibila e si gonfia,
ticchetta, riempie,
si fa ascoltare,
monotona cantilena
fredda
più del silenzio.
Pensierosi
non si può che stare
sul ciglio
della notte
ad aspettare sogni
per potersi
asciugare.


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