No smoking

di

Andrea Asti


Andrea Asti - No smoking
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
15x21 - pp. 184 - Euro 12,00
ISBN 88-6037-107-4

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fotografia di Tommaso Rifugio


Prefazione

“No smoking” è un diario esistenziale dell’Autore che, tra profonde riflessioni e sprazzi di cinismo, intraprende una impresa assai ardua e faticosa: smettere di fumare. Il resoconto di questa “avventura” vienea fissato quotidianamente su questo memoriale nel quale vengono annotate le sensazioni, le sofferenze, le fragilità, i dissidi d’un uomo e alla fine questa personale agenda diventa un libro, un compagno di viaggio con il quale raccontarsi e rapportarsi senza reticenze, senza pudori, senza giustificazioni anche se dovrà fare i conti con un eventuale fallimento. Ecco allora che in esso v‘è racchiuso un po’ di tutto, la vita stessa di Andrea Asti, la passione sempre nascosta di diventare uno scrittore e quale migliore occasione per dare libero sfogo alla creatività, alle mille riflessioni possibili, alle scelte da intraprendere durate un intero anno di vita dettagliatamente raccontato in questo diario. La vita quotidiana con la quale fare i conti, lo sguardo attento all’umano evolvere della situazione con toni, a volte malinconici altre volte ironici, guardando il mondo esterno.
Le motivazioni per smettere di fumare, il fumo come schiavitù, il ricordo del tempo passato al pub a bere e a fumare, quasi metà della propria vita, e quel luogo come il simbolo dei vari fallimenti nel tentativo di smettere di fumare.
La redazione del diario ovvero la scrittura del libro diventano un modo per cercare di smettere con il fumo, come proporre a se stessi un patto: “se riesco a non fumare riuscirò sicuramente a scrivere qualcosa di accettabile magari un libro”. Le sigarette fumate per puro orgasmo, le mille scuse accampate per l’ultima sigaretta, quella del momento giusto, le immancabili ricadute, il nervosismo, la sensazione di apatia e di insofferenza: il timore di sentirsi “fuori tempo, fuori luogo, fuori tutto”, e poi quel frenetico osservare le persone affannarsi e alienarsi dietro stupidi problemi quotidiani.
L’incubo può anche diventare divertente e Andrea Asti, ad un certo punto, scrive “sognare sigarette volanti che gravitano nella stanza e si attaccano al soffitto, mi guardano con un sorriso invitante e poi iniziano a fumare me”.
Ecco che viene in superficie, tra il serio e il faceto, la figura di un uomo combattivo ed orgoglioso, sofferente dalla nascita d’una malattia, l’artogriposi, che impedisce il naturale sviluppo di alcuni muscoli, la conseguente vita costellata da difficoltà e sacrifici che ha fatto nascere insicurezze ed ansie ma, alla fine, emerge prepotente la consapevolezza di vivere una vita “pienamente”: il proprio lavoro, la casa, la famiglia, gli amici e una donna che regala il suo amore.
La personale lotta ingaggiata contro il fumo conduce lontano tra una miriade di riflessioni e divagazioni d’ogni genere: dalla città di Torino alle vicende di cronaca, alle storie degli amici, alla passione per il gioco del calcio, al proprio lavoro in banca come broker con lo squallido grigiore esistenziale, la prima sigaretta all’età di diciassette anni, le frustrazioni, la mancanza di ambizioni, la rabbia contro il mondo, la caduta nella noia.
Ogni cosa deve avere il suo tempo e non c‘è un posto dove nascondesi se non dentro se stessi, “non è questione di scelte, è questione di quello che sei dentro”: tutti noi passiamo la maggior parte della vita ad attendere qualcosa, l’importante è ritrovare l’equilibrio dopo le crisi perchè la vita prende strade diverse e il rischio esiste sempre.
Scrivere di sé e della vita diventa terapeutico, fa sentire migliori, ci si rende conto di inseguire un sogno: scrivere per dare un senso al proprio dolore, per “sentirsi vivo”.
Ci sono dei momenti nella vita in cui pare di essere folgorati da un’illuminazione e ci si rende conto che il “senso della vita” era lì davanti ai nostri occhi mentre noi cercavano chissà dove.
Le solite e fatidiche domande sul senso della vita, chi siamo, dove andiamo, e la costante ricerca d’una crescita personale attraverso la scrittura, la difesa continua della propria individualità anche nel raccontarsi con sincerità, nel mettersi a nudo senza preoccupazioni di sorta.
L’imperativo uno solo: mai mollare. Anche se vale solo per la voglia e la passione di scrivere non per il vizio del fumo. La vita ci presenta sempre il conto e, ad un anno di distanza, dopo il lungo diario che diventa un “viaggio spirituale” v‘è la presa d’atto del fallimento dell’ennesimo tentativo di “smettere di fumare” e forse la constatazione dell’incapacità di portare a termine un “progetto concreto” ma la voglia di scrivere è ancora più forte ed è questa la “salvazione”, la cosa più importante.

Massimiliano Del Duca


No smoking


Alla mia famiglia, sostegno di una vita
Ai miei amici e a chiunque abbia lasciato
un qualunque segno nella mia esistenza

A Lei…


A Vera e Pegy per il preziosissimo lavoro di revisione e correzione


A Tommaso Rifugio e alla “mano” di Daniele per la foto di copertina


“Nel momento in cui uno si impegna a fondo, anche la provvidenza allora si muove. Infinite cose accadono per aiutarlo, cose che altrimenti non sarebbero mai avvenute…Qualunque cosa tu possa fare, o sognare di poter fare, incominciala. L’audacia ha in sé genio, potere e magia”

Goethe


10 AGOSTO

Ebbene sì, mi sono deciso per l’ennesima volta a smettere di fumare. Chissà se fallirò di nuovo davanti a me stesso, ai miei amici e soprattutto a Lei. Le motivazioni sono tante e spero che fra di esse ci sia quella giusta. Prima di tutto 500 euro all’anno in sigarette. Dopo che ho scoperto di doverne tirare fuori 190.000 per la casa nuova cominciano a sembrarmi troppi. E poi è troppo tempo che ho deciso di volermi bene. E una persona che per tredici anni butta veleno nei suoi polmoni non può sostenere, senza prendersi per il culo, di volersi bene. Ah sì, ho anche deciso di essere libero, di svincolarmi da questa forma di schiavitù che mi ha sempre portato a pensare e ad agire sulla base della prossima sigaretta, roba tipo: “il dolce no grazie, esco un attimo per una cicca” oppure “scusami eh, vado fuori a fumare… Eddai non ti arrabbiare, hai voluto venire tu qui che non si può fumare”.
E così oggi ho deciso di smettere. Beh no, in realtà l’ho deciso ieri, o forse un mese fa, boh, non ricordo, ma oggi è di sicuro il primo giorno che non fumo. È mezzogiorno e so che la pazzia prenderà presto il sopravvento.
I fumatori sanno benissimo che le sigarette migliori sono quelle in compagnia degli amici, magari davanti ad una bella birra. È conclamata la stretta correlazione tra fumo e alcol, ci sono serate in cui non capisci se stai bevendo troppo perché stai fumando come un tubo di scappamento o viceversa. Ma io che ho due palle così, stasera subito serata al pub. Prova del nove già il primo giorno, esame finale a inizio corso, testiamo questa mia forza di volontà che troppo spesso mi ha fatto vergognare di me.
Il pub… Avrò modo sicuramente di parlarne spesso. Si può dire che negli ultimi 12 anni sia stata la mia seconda casa. Ho vissuto sbronze colossali, partite di poker, risate, incazzature, ho gioito per i miei successi e ho pianto per più di una donna… Ho vissuto in questo pub. E in questo luogo di amici e tentazioni sono anche naufragati i miei due ultimi tentativi no smoking. Chissà se sono deficiente o coraggioso… Ma magari una sigaretta stasera me la concedo, è pur sempre il primo giorno no? Cacchio, comincio bene…


11 AGOSTO

Secondo giorno. Non ho ancora spiegato perché sto facendo tutto questo. È più che un diario, è una motivazione stessa per smettere di fumare: forse se riesco a non ricominciare riesco a riempire queste pagine, forse se riesco a riempire queste pagine corono un sogno. Forse riesco finalmente a scrivere un libro. Prima notiziona su di me: sono uno scrittore mancato. Mancato dall’ispirazione e colpito da tante belle scuse che mi hanno convinto a chiudere progetti prima ancora di cominciarli. Con un po’ di buona volontà e tanta fortuna, magari riesco a creare un bel circolo vizioso che mi spinge a scrivere per non fumare e a non fumare per avere ancora qualcosa da scrivere… Contorto, lo so, ma necessario.
Secondo giorno dicevamo. Ho fallito l’esame di fine corso. Per forza, non ho studiato, non mi sono preparato. Ho fumato una sigaretta e non me la sono neanche goduta perché l’ho dovuta condividere con il mio senso di colpa. Ma del resto non fossi fallibile e ogni tanto non cadessi, che noia sarebbe questo diario? Purtroppo il motivo non è così nobile. La verità è che sul momento ero convinto di poterne fare a meno, ero lì che bevevo la mia birra e parlavo con gli amici e non mi mancava nulla. Però poi quella fottuta sigaretta l’ho fumata lo stesso.
Oggi si ricomincia. Ho un cratere nello stomaco e in questo momento potrei uccidere per una sigaretta, ma oggi si ricomincia. Paradossalmente, dopo la caduta di ieri sono ancora più motivato, ma credo di essere arrivato ad una conclusione: a me fumare piace proprio. È chiaro che nei fumatori subentra sempre il vizio e delle mie quindici sigarette giornaliere almeno una decina erano accese per abitudine, ma ci sono quelle cinque che fumavo per puro orgasmo. Un momento a cui rinuncerò con fatica è il mio giro serale in macchina pre-rientro a casa, magari dopo aver accompagnato a casa Lei. Canzone giusta in sottofondo e viaggio libero fra i miei pensieri. È per questo motivo che adesso come adesso ho paura che non smetterò mai completamente. Certo sarebbe bello riuscire a limitarsi a due-tre sigarette a settimana, quelle giuste nei momenti giusti e con le persone giuste… E rigorosamente a scrocco. Ma temo che ciò voglia dire non smettere, temo che concedersi questo lusso contribuisca a non tagliare del tutto il cordone ombelicale con il fumo e quindi a farmi restare a rischio di ricaduta. Non è quello che voglio. Non è libertà... Non quella assoluta almeno.


13 AGOSTO

Non ci sperate proprio. O non preoccupatevi. Dipende dai punti di vista, dipende sempre tutto dai punti vista. Comunque non sono intenzionato ad aggiornare questa sottospecie di diario tutti i giorni e ammesso che lo sia, so già che non lo farò, quindi perché illudersi? La verità è che sono un disastro. Sempre un sacco di idee, di voglia di cambiare il mondo. E poi sempre quella schifosissima sensazione di apatia, di svuotamento, di insofferenza verso tutto e tutti. Quante volte ho aperto gli occhi sul mondo e quel mondo non era mio, ho vissuto in mezzo a persone con il dubbio di non conoscerle e attraversato situazioni di cui non ho un ricordo.
Ci sono giorni in cui mi sveglio e sento nitidamente che c‘è qualcosa di sbagliato. Per dare a me stesso un’idea romantica della situazione ovviamente penso che ad essere sbagliato sia tutto ciò che ho intorno, ma so che non è così. In quei giorni ad essere sbagliato sono io, esclusivamente io. Fuori tempo, fuori luogo, fuori tutto. In quei giorni le persone mi fanno schifo. Affannate a rincorrere il tempo senza capire che il tempo non lo agguanteranno mai, persi dietro i loro piccoli e stupidi problemi quotidiani, con quelle facce tristi che esprimono continua insoddisfazione verso quella cosa che chiamano vita ma che non conoscono affatto. Ah sì, io in quei giorni sono migliore, io in quei giorni capisco che loro buttano via la loro esistenza mentre io sono destinato a soffrire perché cosciente che il destino dell’uomo su questa terra sia un altro… Io in quei giorni sono un essere superiore. Anticonformista, creativo, profondo, ribelle, VIVO... E quindi sbagliato. Il tempo di una giornata di lavoro, o di una notte, e torno a mischiarmi allegramente a tutti gli esseri umani. Torno ad essere schifosamente normale.
Sono nervoso. Nessuna sigaretta negli ultimi due giorni, ma in compenso un sovraccarico di energia che potrei sfondare un muro a capocciate. Forse è per questo che scrivo più di quanto avrei pensato… E dire che smettere di fumare dovrebbe portare sonnolenza. Mah!


14 AGOSTO

Ieri sera ho assaporato Lei. Sono riuscito a non cadere nella disperazione più acuta grazie alla sua presenza. È stato rassicurante sentire il suo corpo fra le mie braccia e godere dei brividi che le sue mani mi danno quando mi sfiorano. A volte non ci serve altro che stringerci forte e, guardandoci negli occhi, respirare profondamente i nostri pensieri.
In compenso una sigaretta l’ho appena fumata. I sabati mi mettono ansia per la difficoltà che ho sempre avuto a riempirli. Giornate intere a decidere se andare in palestra, vedere Lei o qualche amico, leggere un libro, scrivere un libro, e poi sempre spese a rintronarmi davanti alla TV o a bighellonare da una camera all’altra.
Quello di oggi poi è particolarmente pesante. Un pre-ferragosto dove il paese sembra un enorme cimitero di negozi chiusi e tapparelle abbassate. Adoro questo mio piccolo paese e la tranquillità che sa donare, ma a volte è come se il silenzio mi esplodesse nella testa. Oggi è una di quelle volte.
Non che dopo questa sigaretta questa sensazione di ansia se ne sia andata, peccato che sia un’ottima considerazione quando ormai è già troppo tardi. Del resto due sigarette in 4 giorni ci possono stare no? Ecchecacchio, sto già facendo miracoli e a forza di gomme da masticare e caramelle salverò anche i miei polmoni, ma mi brucerò lo stomaco. Mi sto prendendo in giro? Sono debole e senza spina dorsale? Può darsi, ma non sono ancora pronto a rinunciare completamente al fumo.


16 AGOSTO

Sono talmente poco pronto a rinunciare al fumo che ieri ho impersonato magnificamente la parte del famigerato turco. Non che sia tornato a livelli storici, ma considerato che negli ultimi giorni avevo ripulito un po’ i miei polmoni, ieri è come se gli avessi buttato sopra una bella gettata di catrame.
Che devo fare? Ho sempre adorato fare festa. Stare con gli amici intorno ad una bella tavolata, mangiando e bevendo del buon vino, è il mio quadro ideale di relax e divertimento. È l’essenza della vita stessa. Sono quattordici anni che associo a questo bel quadretto l’idea della sigaretta e dovrebbe essere così facile rinunciarci? A volte davvero mi chiedo come possa la gente di punto in bianco smettere di fumare. O questi tizi hanno una forza di volontà ereditata da un altro mondo o non si sono mai goduti la vita e i suoi piaceri come ho fatto io.
A volte ho la sensazione che rinunciare al fumo debba necessariamente implicare la rinuncia a tutto quello che ho sempre associato alle sigarette: stadio, cene, birra, musica… Una vita d’inferno insomma, piuttosto mi ammazzo. So che è solo un’associazione mentale, ma so anche che è fortemente radicata in me e che fino a quando non la estirperò non potrò mai smettere di fumare.


18 AGOSTO

Due giorni senza nicotina. L’astinenza totale, ma saltuaria, è una tortura che non posso continuare a sopportare. O smetto o fumo! Soffro già di incubi. Sogno sigarette volanti che gravitano nella mia camera da letto e si attaccano al soffitto, mi guardano con un sorriso inquietante e poi iniziano a fumare me, cominciano dalle gambe e quando arrivano alla testa mi sveglio di scatto. Per ore, da sveglio, ho ancora il ricordo nitido di quegli occhi arrossati e profondi come un buco nero. Negli ultimi dieci giorni ho già fatto questo sogno due volte e sinceramente comincio a temere che il mio inconscio stia cominciando a perdere il fragile equilibrio che si era costruito.
Vado qui ad elencare i momenti della giornata in cui il mio organismo era abituato ad assumere la sua giornaliera dose di veleno durante la settimana lavorativa:
– ore 9.00 a.m. Uno dei momenti topici della giornata, l’evacuazione in bagno. Accompagnata da una sigaretta mi dava l’impressione di venire sempre un po’ meglio del solito. Come dice sempre il mio migliore amico: “Una cagata pagata non ha prezzo”
– ore 10.30 a.m. Pausa caffè, the o cioccolata. Il gusto che mi rimaneva in bocca dopo aver consumato, un po’ di sano tabacco lo chiamava proprio.
– ore 12.30 a.m. La prima sigaretta a cui è stato facile dire di no. Nulla più di una scusa per spezzare il ritmo lavorativo prima della pausa pranzo.
– ore 2.15 p.m. La sigaretta post pranzo e pre pomeriggio, una della più sacre.
– ore 3.30 p.m. Vedi sigaretta delle 12.30, ma questa mi manca un po’ di più, forse a causa del desiderio incommensurabile di uscire dall’ufficio che fa capolino quell’ora del pomeriggio.
– ore 5.30 p.m. La sigaretta della libertà. La consacrazione dello stacco fra il lavoro e la vita.
– ore 9.00 p.m.- 1.00 a.m. Un numero di sigarette variabili a seconda dell’attività serale. Si andava da un paio se restavo a casa a guardare un dvd, fino ad un massimo di 6 o 7 se andavo al pub con gli amici.
Ora che con questi dolci ricordi mi sono fatto male a sufficienza, posso mettere in bocca una gomma da masticare.


21 AGOSTO

Sono passati undici anni. Era il 1993 quando due carissimi amici rotolarono giù da una montagna e aprirono uno squarcio dentro molti di noi. Ora quella ferita si è chiusa, ma come in ogni rimarginazione le cicatrici sono rimaste. Fui l’ultimo fra gli amici a vederli vivi. E per una stupida amichevole di calcio estiva rischiai pure di non aprire quando suonarono alla mia porta la sera prima.

Dopo qualche giorno scrissi questo per loro.

È triste sentire la morte dentro di sè
Vedere il nulla negli occhi degli amici
Quel nulla in cui il cuore si è perso.

Sento le voci lontane
I loro corpi muoversi
I loro visi ridere

Poi il buio, il silenzio
Il dolore atroce che cattura l’anima
Che cambia le persone, per sempre

Quelle urla, quelle lacrime, non le scorderò mai
Gli occhi velati di pianto
L’abbraccio struggente degli amici

Ma il dolore è gioia
La morte è vita
E una luce si riaccende

In ognuno rifiorisce la speranza
Ogni cuore riprende a battere
Gli occhi a brillare, le labbra a sorridere

Perché è così che Dio vuole
Perché è così che loro vorrebbero

A Paolo e Roberto


22 AGOSTO

“Ma se scopri che tuo figlio ha la Sindrome di Down che fai?”. Questa è la domanda che ho fatto stamattina ad una cara amica in attesa del secondo figlio e in procinto di eseguire un’ecografia per stabilire la percentuale di probabilità che tale sindrome si manifesti nel nascituro. Ora mi chiedo: ma sono stupido o cosa?
Non si fanno certe domande a una donna incinta e infatti non mi ha insultato solo perché è una delle persone più dolci che conosca. Tutti i genitori sono convinti che il loro figlio sarà sano, forte e bello. Nessuno prende in considerazione le possibilità più funeste. Ma del resto come rispondere a una domanda del genere? “Ma, guarda, sicuramente abortisco. Non posso mica sprecare la mia vita per uno che poi non capisce neanche cosa gli dico. Sarebbe un inferno per tutti, gli faccio solo un favore” oppure “beh, certo rischia di essere un po’ dura, ma è mio figlio, frutto del mio amore. Gli vorrei bene comunque”.
La verità è che una risposta ad una domanda del genere non esiste o comunque non ha senso porsi il problema tanto per fare due chiacchiere. Solo davanti al fatto compiuto, davanti ad una certezza, due persone possono decidere in coscienza come comportarsi. Scontato il fatto che sono contrario all’aborto, certe decisioni vanno rispettate e, soprattutto, va rispettato il dolore che provoca prendere una decisione di questo genere.
Se questa mia amica leggerà mai queste pagine le porgo le mie scuse, ma c‘è un motivo per cui non posso fare a meno di pormi certe domande.


23 AGOSTO

Sono invalido. Soffro dalla nascita di una malattia chiamata artogriposi. Agisce sulle articolazioni non permettendo che lavorino correttamente, e su alcuni muscoli impedendone il naturale sviluppo. Come molte malattie ha vari livelli di gravità. Io non so dire quale sia il mio, so che non posso correre, giocare a calcio, alzare pesi consistenti e fare molte altre cose. Sul mio corpo ha provocato il malfunzionamento di molte parti: impossibilità quasi totale di movimento delle dita dei piedi e delle caviglie. Una forma piuttosto accentuata di lordosi. Impossibilità di estendere completamente il braccio destro e di muovere con naturalezza il polso ad esso collegato. Sviluppo muscolare insufficiente lungo tutto il corpo.
Soffro di questa malattia dalla nascita. Sono nato così. Da qui la convinzione, in chiave molto ironica, di essere nato fortunato. Ora che sono fortunato lo so, ma il cammino è stato lungo.
Non mi risulta sia una malattia diagnosticabile quando si è nel grembo materno e soprattutto dubito fortemente che lo fosse trent’anni fa, ma non credo faccia molta differenza. Considerato l’amore che i miei genitori hanno sempre riversato su di me sono certo che oggi sarei qui anche se loro avessero avuto la possibilità di fare una scelta diversa.
Non è facile per me descrivere quello che sono adesso e meno che mai la strada che ho dovuto percorrere. Non posso sicuramente dire di aver avuto una vita facile: i primi anni in cui passavo settimane intere in ospedale, i mesi estivi a sudare dentro armature di gesso, le lunghe sedute di fisioterapia quando avrei voluto guardare la TV, le risate delle ragazze quando chiedevo loro di uscire, gli occhi strabuzzati dei bambini quando Frankestein passava per le strade. Tutto questo ha inevitabilmente segnato il mio carattere: le mie insicurezze e le mie ansie hanno origini profonde e in un certo periodo hanno minato non poco la mia voglia di vita.
Ma ho lottato molto e sono orgoglioso di quello che sono diventato. Sono convinto di essere una persona migliore di quella che avrei potuto essere se non avessi avuto questi problemi. Non poter agire come gli altri mi ha fatto sentire diverso, ma ho imparato nella vita che diverso non necessariamente vuol dire peggiore. Il fatto di non potermi muovere come gli altri ha fatto sì che imparassi a coltivare qualità che gli altri soffocano. Ho imparato ad ascoltare le persone e ho sviluppato una sensibilità che potesse aiutarle; ho scoperto di essere bravo a dare consigli e di essere apprezzato per questo.
Oggi ho più di quanto molte persone possano sognare. Ho un lavoro, una casa, una famiglia, una marea di amici e Lei, che con la sua capacità di andare oltre il mio involucro ha reso ancora più salda la mia esistenza. Oggi ho la consapevolezza di avere vissuto una vita non sempre facile, ma piena. Sono cosciente di avere una personalità non sempre comprensibile a chi mi sta intorno, così come di avere determinate ansie, solidificatesi nel tempo, che mi accompagneranno per sempre. Ma ho la certezza impagabile che tutto quello che caratterizza la mia vita me lo sono sudato e guadagnato fino all’ultimo atomo… E questa è una cosa che mi fa godere.


25 AGOSTO

Ho perso un po’ di vista l’obiettivo principale negli ultimi giorni. Ho divagato con riflessioni personali e temo non sarà l’ultima volta. Ho sempre adorato parlare, dare libero sfogo ai pensieri, sfamare il mio IO con pindariche evoluzioni filosofiche o viaggi sfibranti all’interno dell’inconscio.
In questi giorni sono in ferie. Le avevo prese in origine per andare a trovare un amico in Francia, ma poi per una serie di sfortunate coincidenze non se ne è fatto nulla. In fondo è stato meglio così. Restare a casa mi dà la piacevole sicurezza di poter usare al meglio il mio tempo per poter fare cose che non faccio mai, adducendo come scusa la mancanza del tempo stesso. Che poi nella realtà usi in modo proficuo il mio tempo è tutta un’altra storia.
Non avere tentazioni particolari mi sta aiutando nella mia personalissima lotta contro il fumo. Ormai ho un modo tutto mio di combattere questa guerra. Non si può proprio dire che abbia smesso perché qualche sigaretta l’ho ancora fumata, ma almeno non sto avvelenando i miei polmoni a getto continuo. Due giorni fa ho anche comprato un pacchetto; voglio dimostrare a me stesso che sono in grado di gestirmi le sigarette anche se le ho sempre a portata di mano. E soprattutto dopo un po’ che sono andato a scrocco con gli amici i loro sguardi mi hanno fatto capire chiaramente che la dovevo piantare lì... È proprio vero che nelle battaglie più dure della vita bisogna contare solo su se stessi.

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