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Le antologie
dei concorsi de Il Club degli autori
Antologia del premio letterario
Francesco Moro - Sartirana Lomellina 2000
 

 

 

INDICE
 
Prefazione a cura di Umberto De Agostino, Mimmo Ombra, Antonietta Albieri, Federica Ballerini, Paola Bavera, Maria Luisa Beck-Peccoz Spanò, Claudio Bellini, Domenico Bisio, Carlo Borghetti, Massimiliano Brilli, Vittorio Buttazzoni, Carlo Carrea, Bruno Cavallarin, Paola Cenedese Bordignon, Chiara Maria Pia Colli, Lilia Derenzini, Donatella Destro Fontana, Gabriele Fanzini, Marco Galli, Vittorino Greggio, Silvestro Luisi, Livio Malusà, Giacomo Manzoni di Chiosca, Francesca Marchino, Lucia Maddalena Mastrosimone, Francesco Mazzamurro, Yvonne Moosmüller, Dino Valentino Moro, Roxana Morsella, Giovanna Mulas, Simona Pagliari, Carlo Pedretti, Francesca Pisani, Francesca Milena Pizzo, Giuseppe Pizzo, Luciano Postogna, Ermano Raso, Gaetano Respizzi, Alessandro Rufino, Silvio Sallei, Piero Sartirana, Luciana Scaglia Grenna, Adriano Scandalitta, Giovanni Scribano, Giuseppe Spiotta, Fabrizio Torri, Uccio Girolamo Tumbarello, GiorgioVinzoni, Elisabetta Zampa Mangino, Liliana Zinetti

 
Prefazione
 
"Il più sublime lavoro della poesia è alle cose insensate dare senso e «passione» un passo tratto da La scienza nuova di Giambattista Vico, una massima atemporale e aspaziale capace di riunire in un cerchio ideale tutti gli autori del globo, e fra essi anche la settantina di partecipanti alla terza edizione del concorso nazionale di poesia «Francesco Moro», che il Comune e la biblioteca comunale hanno voluto significativamente intitolare al professore sartiranese scomparso da qualche anno, illustre figura di studioso della cultura, della lingua e delle tradizioni lomelline. Come già avviene da tre anni a questa parte, in una densa cornice di pubblico, fra gli incuriositi «nonnini» sparsi per la sala della casa di riposo «Adelina Nigra» fianco a fianco con poeti, parenti e semplici cittadini, alcuni ragazzi hanno declamato le poesie vincitrici, infondendo un soffio di vitalità e di gioia all'interno dell'istituto assistenziale di via Cavour. Un palcoscenico di certo inconsueto per una manifestazione culturale in senso stretto, ma scelto proprio dagli amministratori pubblici per gettare verso gli anziani un ponte di solidarietà, di calore e di affetto, con l'unico strumento adatto per la circostanza, il suono dolce e soave del cuore. Ancora una volta in un afoso pomeriggio di luglio, al riparo dalla canicola esterna, la lettura dei componimenti è riuscita nell'arduo compito di immergere il pubblico nell'arcipelago incantato delle emozioni, dei palpiti profondi del cuore, dello spazio infinito dell'anima. E l'eccitazione manifestata dalla giuria nella selezione delle opere vincitrici è stata di certo pari alla soddisfazione di aver portato a termine un'iniziativa meritoria, che Sartirana ha saputo fare propria e rilanciare con la consueta disinvoltura con cui progetta e porta a compimento le più disparate iniziative culturali. Non a caso il centro lomellino può infatti vantare fra i suoi figli più autorevoli il premio Nobel per la letteratura Dario Fo, la cui madre, Pina Rota Fo, nel 1978 ha dedicato al paese natio il volume Il paese delle rane. Quindi il genoma dell'elevazione spirituale risulta radicato da decenni nel Dna del paese, che ha voluto inserire anche il premio «Moro» nel nutrito e prestigioso «carnet» di operazioni culturali, a braccetto con il percorso museale all'aperto (che contempla artisti di fama mondiale come Arnaldo Pomodoro e il lomellino Alberto Ghinzani), le mostre di antiquariato al castello e la stagione artistica (concerti, prosa e operetta) presso la sala polifunzionale «Pina Rota Fo», che a gennaio spegnerà la sua seconda candelina. Naturale, dunque, che il soffio della poesia non potesse mancare a Sartirana, i cui amministratori hanno voluto introdurre per la terza edizione anche un riconoscimento in denaro proprio allo scopo di potenziare la manifestazione.
Piacevolmente animata la riunione della giuria (il presidente della biblioteca Luisa Denari, il professor Giuseppe Castelli, il poeta dialettale Felice Martinotti e il pubblicista e segretario del concorso Umberto De Agostino), che dopo dettagliata discussione si è trovata concorde sul nome di Paola Cenedese Bordignon, l'autrice trevigiana che si è aggiudicata la medaglia d'oro con Il vento e il silenzio. A seguire Giacomo Manzoni di Cosca, residente a Lavìs (Trento), e il mortarese Adriano Scandalitta, ormai «abbonato» all'agone in versi sartiranese e quest'anno classificatosi terzo con Consuntivo.
Quindi, per concludere, una cerimonia che ha attirato a Sartirana una folta schiera di poeti, affezionati a un concorso internazionale che ha ormai spiccato il volo verso vette solo fino a qualche anno fa sconosciute.
 
Umberto De Agostino
pubblicista e segretario del concorso
 
 

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MIMMO OMBRA
 
L'urlo
 
Era la vita che gemeva
nei meandri tenebrosi del
male.
I palpiti morivano,
schiacciati,
sotto i macigni:
...e l'amore
era uno scoglio arduo e solenne.
 
Il silenzio era enorme,
paradossale,
fra tanto sibilare di eventi.
Lo schiocco dei baci
era una guerra fredda e
traditrice.
Uno schianto: erano treni
compressi dalla loro forza.
Il silenzio tornò a
regnare.
 
Un urlo si levò dalla massa
dei vermi,
un urlo
balzò dall'impietrito abbraccio della
natura.
Era la vita che gemeva
stritolata
dalle sue stesse forze.
Era la vita che gemeva
in tutte le sue forme.
Un eco vibrò,
per un attimo,
poi
tacque:
il suicidio
era compiuto.
 
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MARIA LUISA BECK-PECCOZ SPANÒ
 
Minuto
 
Minuto.
Stella cometa,
nascita e allarme.
Girandola
di pienezze
per me,
padrona e schiava
del presente.
Nuoto
in quest'incanto,
sirena maldestra
di un oceano improvviso
di richiami.
Minuto,
passato
e futuro splendente,
regalo
e appartenenza
di altri,
ingiustizia
e guadagno indiscusso.
Giubilo di momento
da godere umilmente,
inginocchiati
nella polvere corrotta
&endash; e scintillante &endash;
di un'essenza
timidamente
mistica,
inaspettatamente resuscitata,
illusoriamente
immortale.
 
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CARLO BORGHETTI
 
Vento di primavera
 
Soffia,
come un sussurro dal cielo soffi,
come un bisbiglio alla terra soffi.
Io mi perdo dentro te,
ti sento in me
ti sento mio.
Soffia,
mi abbraccia come un padre
mi avvolge come seta
io mi perdo dentro te,
ti sento mio.
Soffia,
soffia, soffia ancora ti prego.
Vedo il blu del nostro cielo
vedo le nuvole rincorrersi
vedo gli uccelli giocare.
Soffia,
porta questa foglia lontano,
porta la mia voce nel mondo,
porta le mie lacrime a tutti...
Son lacrime di primavera...
Lacrime nel vento.
Soffia.
 
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LILIA DERENZINI
 
Il vento sulla pelle
 
Tante volte la mia terra ho sognata
lungo l'Adriatico l'ho ritrovata
è sempre là mai dimenticata
per tutta la vita l'ho cercata
approdo di gente sradicata
Fiume da troppo tempo lasciata
quando nel '48 l'ultimo vento
d'aprile mi aveva baciata
ho toccato ancora
la pietra del Carso dal mare levigata
lungo la costa incantata
in via Ciotta sono andata
dal nonno dal padre sempre sognata
nella pietra liscia della
città vecchia ogni volta
la bellezza di mia madre si è specchiata
negli spazi aperti del porto
il vento sulla pelle mi ha sferzata
mentre fuggivo dalla mia città balcanizzata.
 
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GABRIELE FANZINI
 
Una poesia che piange
 
Brilla nel cielo un stella d'argento
non è di Natale
ma d'una macchina infernale
s'oscurano i cieli
la morte incombe
sul popolo in fuga scacciato e piangente
rossa la terra del sangue innocente
per motivazioni che non valgono a niente
un grido si leva
là: sotto le bombe
una mamma piegata un ginocchio che piange
stringe suo figlio che non le risponde
fermatevi a popoli
in nome di Dio
richiamate i fratelli che avete bandito
sia la pace un dono divino
tacete armi ve lo ordina Iddio
per la lussuria, il denaro e il potere
dimentichi quello che tu eri ieri
ma quando l'ora tua verrà
con la stessa moneta ti pagherà
allora quel conto si chiuderà!
O potenti del mondo
ditemi: perché?
Una poesia che piange mai morirà.
 
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MARCO GALLI
 
La vita è sogno?
A Katia, con tutto il mio Amore.
 
Se la vita è sogno,
lasciatemi sognare.
Se dolce sogno è la vita,
lasciatemi vivere.
Se immerso in morbido sogno
posso estasiato respirarle accanto,
non destarmi, mondo, dal mio sonno.
Se vana illusione è la soave armonia
della sua voce,
o i caldi acquerelli ambrati dei suoi occhi,
non destare, mondo, la mia mente,
lasciala dormire,
che non sia che col velo delle palpebre,
anche le carezze di questo stato
in un soffio svaniscano.
Se sì seducente è vivere immerso
in questa fluida bruma,
non condannare me giammai ad arida
morte, col ridestarmi.
 
Milano, 8 Febbraio 2000
 
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VITTORINO GREGGIO
 
Luna sul mare
 
Luna. Come una Musa,
nell'incantesimo della sera
tu fai capolino, e
complice delle stelle,
i tuoi bagliori argentati
sul mar fai luccicare, seducendo;
col tuo candido sorriso,
i cuori innamorati.
 
Il tuo apparire, raggiante e sereno,
evoca poemi,
a scrittori e Poeti.
 
E come la fata Morgana,
al crepuscolo dell'alba,
col canto dei gabbiani
nell'azzurra sfera,
sparisci sussurrando
con amore e nostalgia,
 
arrivederci.
 
 
 

 
solitudine
 
Rifugio sereno,
di momenti bui e tristi di nostra vita,
e candida dolce compagna, di pensieri e rimpianti.
 
Malinconica armonia
che nel profondo del tuo silenzio,
meditar fai, angosce e delusioni.
 
Sei la pausa celeste che vaga
nell'immensità delle menti:
illuminando crepuscoli lontani,
e accarezzando con un petalo di rosa,
nostalgie e passioni.
 
Sei l'importante, sincero equilibrio,
che speranza infondi nei nostri cuori.
 
Senza di te, la vita non ha anima.
 
Anch'io ti godo &endash;
e grazie che esisti.
 
 
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LIVIO MALUSÀ
 
Tic-tac
 
Da un silenzio profondo
mi giunge:
tic-tac, tic-tac, tic-tac;
dove-sei, cosa-fai, con chi-sei?
 
Qua con me ti vorrei,
per aprirti il mio cuore,
per parlarti d'amore.
 
Ed ancora:
tic-tac, tic-tac;
dove-sei, cosa-fai?
 
Misura del tempo mio che fugge,
come nessuno, mai,
ti penso, ti bramo, ti piango.
 
E sempre:
tic-tac;
dove-sei?
 
Qua con me ti vorrei,
per sentire il tuo amore,
per lenire quel sordo dolore,
che toglie a mia vita sapore.
 
Gli occhi dischiudo
e l'incanto svanisce:
è sol la mia mente
che sente
quel lento tic-tac,
quel forte bum-bum
che mi porta lontano.
 
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LUCIANO POSTOGNA
 
Gli specchi
 
Negli specchi di casa
si riflettono
sensazioni visive
che non mi sorprendono più.
Ora, mi guardo
nel cielo velato da nubi,
dove i raggi d'un sole filtrato
m'illuminano
con toni pacati,
o nel cielo notturno,
dove la luna falcata e le stelle,
avare di luce e discrete,
m'imbiancano
come ali d'Arcangelo.
Ora, mi guardo
nelle gelide acque
d'un fiume ipogeo,
che perenne scorre
negli abissi del Carso severo,
laggiù, dove il gocciolio
che scandisce i millenni,
va in sintonia armoniosa
col mio cuore fremente.
Ora, mi guardo
nel verde intenso dei prati,
quando, al tramonto,
i raggi del sole tangenti
teneramente carezzano
i petali, ormai socchiusi, dei fiori
ed Espero, timidamente,
si scopre sulla volta celeste.
In questi spazi
sorprendente mi specchio,
ma irriflesso
il mio corpo rimane.
 
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ALESSANDRO RUFINO
 
Luce dei miei occhi
 
Il pensar s'avvicina
sulle ali della mattina,
notte insonne pensando a te mia
bambina.
 
Intreccio di pensieri,
forme strane, cumulo di misteri
sentimenti soppressi, l'amar in sospiri.
 
Luce dei miei occhi tu sei,
ovunque andrò ci sarai,
ogni cosa che farò m'illuminerai.
 
Mia sirena,
il pensar d'ogni sera mi trascina
alla deriva d'ogni mattina.
 
Sofferenza che nel limbo mi conduce,
solo con la luce
prendo pace.
 
Del resto,
fermar non posso tutto questo.
Sensibile creatura,
con la tua imperturbabile natura,
aiuta questo cavaliere senza spada,
questo disperso senza strada,
questo naufrago del pensiero,
luce dei suoi occhi, illumina ogni suo
momento nero.
 
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LUCIANA SCAGLIA GRENNA
 
...Roccia...
 
Roccia,
tempestata di piccole pietre, multicolori,
emergente dalle onde del mare,
ti hanno fatto assumere
la forma di un leone in agguato
pronto a salvare il più bisognoso d'aiuto,
offri tante occasioni per aggrapparsi a te,
sei come
l'àncora per la nave,
la scialuppa per il naufrago alla deriva,
fissa dimora per i mitili,
sei silenziosa,
sembri di ghiaccio
apparentemente
ma penetrando sotto il tuo strato rugoso
sei trasparente,
hai tanta umanità e
voglia di vivere.
 
 
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UCCIO GIROLAMO TUMBARELLO
 
A mio figlio
 
Volli chiamarti Chico
per lasciarti bambino,
per tenerti lontano
dai crocevia della vita.
Volli chiamarti Chico
per lasciarti dormire
sul divano.
Volli chiamarti Chico
per tenere sulla fronte,
a protezione,
la mia mano.
Non è bastato.
Sei cresciuto col vento
e come i gabbiani
hai preso il volo.
Ritorni uomo maturo
a quel divano.
Mi ritrovi stanco,
con i capelli bianchi
Mi guardi camminare
sulle strisce pedonali.
Attraversavo crocevia
senza guardare!
Ora sei tu
a tendermi la mano.
Vorrei dirti... e non oso.
Mi cammini davanti
e mi fai strada.
Mi fermo a guardarti.
ti sembrerà strano,
vorrei proteggerti ancora
posando sulla tua fronte
la mia mano.
 
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